Formati per fare ebook
[Seconda puntata dell’autore di Poesie Elettroniche sui formati digitali per leggere poesia. Una riflessione su cosa voglia dire oggi fare e leggere un ebook di poesia elettronica dal punto di vista delle specifiche. Leggi anche la prima puntata]
di Fabrizio Venerandi
Quando si parla di ebook oggi si parla di qualcosa la cui natura è ambigua: mentre tutti sappiamo cosa è un libro perché ne conosciamo le caratteristiche tecniche sommarie, l’ebook è un oggetto non solo virtuale, ma anche non formalizzato in maniera univoca.
L’ebook paga lo scotto di diversi peccati originari:
- nel suo nome fa riferimento ad un contenitore di dati e non ai dati stessi (il contenuto). Si parla quindi di libri elettronici e non di poesia elettronica, o di narrativa elettronica, quasi che l’oggetto fisico libro sia di per sé la forma perfetta per la trasmissione del pensiero, anche nella sua forma digitale;
- a cascata dal primo punto, l’ebook è pensato come un mp3 del libro, ovvero una versione elettronica di un testo che esiste già in una forma cartacea. L’ebook non è quindi un libro digitale, ma un libro digitalizzato;
- non esiste un formato ebook universale, anzi, non esiste proprio un formato ebook. Quello che oggi conosciamo come ebook è un agglomerato di specifiche pre-esistenti nate per fare altro (in genere, siti web), riadattate per l’occasione.
A questo si aggiunga la lotta tra i grossi player della distribuzione, ognuno con dispositivi, DRM (protezioni/vincoli), formati differenti.
Ad oggi i più diffusi formati per leggere ebook, ePub2, mobi (nella sua forma base e nell’evoluzione del kf8) non sono nati per fare letteratura elettronica. Non c’è possibilità di inserire codice eseguibile all’interno dell’ebook, ma solo di utilizzare sistemi di marcatura (X)HTML e fogli stile in CSS.
Mentre ePub2 è un formato aperto le cui specifiche sono disponibili online, mobi e kf8, formati oggi proprietari di Amazon, possono essere creati solo con programmi di Amazon e letti solo con applicazioni di Amazon.
Benché non siano nati per fare letteratura elettronica, anche con questi formati di base è possibile uscire dal giardino del libro lineare e progettare testi di hypertext fiction (o hypertext poetry). Ovvero sfruttare la marcatura per creare dei link tra le diverse parti del proprio ebook, proponendo al lettore un percorso di lettura variabile a seconda delle sue scelte.
L’hypertext fiction è stata alla base del lavoro che ho fatto con la collana delle polistorie dal 2010 ad oggi. L’ipertesto è uno strumento semplice che permette di avere sviluppi letterariamente molto interessanti e con una gamma espressiva molto più ampia di quello che generalmente si pensi. Nella mia esperienza, con soli cinque testi, siamo passati dall’ebook game di derivazione interactive fiction, a romanzi costruiti come libro game, fino ad opere in cui la struttura narrativa diventa un materiale di consultazione ipertestuale (esemplare da questo punto di vista Cuore à la coque di Mauro Mazzetti).
È corretto ricordare anche che l’hypertext fiction viene fatta in ebook nonostante gli ebook. Sia i formati, sia il supporto degli ebook reader degli elementi non lineari, non sono particolarmente attenti a questo tipo di sviluppo non libro. Nonostante, questo negli ultimi anni, sono cresciuti titoli che sfruttano questa modalità anche per un pubblico generalista, in genere nella più semplice modalità storia a bivio.
Il discorso cambia radicalmente con EPUB3, formato che permette di avere elementi multimediali al suo interno (video, audio e sincronizzazione testo/audio), visione reflow o fixed, marcatura HTML5 e soprattutto codice Javascript essenziale per creare testi di letteratura elettronica. Questo è il formato che ho scelto per la scrittura delle Poesie Elettroniche.
EPUB3 è in sostanza un pacchetto zip contenente diversi file di configurazione in XML, pagine web in XHTML5, CSS2 con un subset di CSS3, eventuali file audio e video, codice Javascript, SMIL di sincronizzazione testo/audio, immagini rasterizzate o vettoriali in SVG, font.
EPUB3 è oggi nativamente leggibile su iPad, iPhone e iOs in genere, su ogni macchina Apple e – attraverso pacchetti come Adobe Digital Edition e Calibre – su ogni piattaforma Windows e Linux. Esistono anche App di terze parti per Android.
Il supporto delle diverse applicazioni migliora di anno in anno, nonstante il formato abbia avuto diversi rallentamenti, per motivi sostanzialmente tecnici ed economici. Le specifiche, complesse, non hanno un supporto omogeneo da parte dei vari lettori di ebook: non esistono ebook reader e-ink che nativamente leggano EPUB3 e l’intera piattaforma Amazon Kindle non legge e non converte il codice inserito negli EPUB3. Anche Apple, pur supportando il formato, ne ha rallentato l’espansione proponendo un proprio formato proprietario, l’improbabile .ibooks. Non ultimo, un EPUB3 per sua natura non è più la copia di un libro di carta, ma si propone come prodotto originale, il che, per una casa editrice, significa destinare risorse ad hoc per un prodotto che vivrà solo nella sua forma digitale.
Nonostante questi impedimenti e rallentamenti, l’EPUB3 appare ad oggi il formato più adatto nel medio termine per la creazione e lo sviluppo di letteratura elettronica. Ancora di più dopo l’assorbimento dell’IDPF (i padri di EPUB) all’interno del W3C: qualunque sarà il futuro dell’editoria digitale avrà a che fare con i formati e le specifiche già oggi utilizzate all’interno dell’EPUB3.
Benché sia d’accordo con gran parte di quanto detto temo che l’epub3 sia il solito troppo poco troppo tardi
Per fare vera innovazione nel mondo dei libri digitali dovremmo staccarci radicalmente dal concetto di libro come contenitore e passare al concetto di storia.
E per farlo anche l’epub3 non è adatto perché mantiene la visione di contenitore in contrapposizione al contenuto.
Vero che l’EPUB3 non è il punto di arrivo, ma una transizione peraltro contraddittoria in molti aspetti. Ma da un punto di vista prettamente editoriale mi sembra un passaggio ancora importante per poter produrre e quindi vendere contenuti di letteratura elettronica. La percezione di “prodotto”, culturale ma anche commerciale, non mi pare oggi possa averla – per dire – un sito web.