Prove d’ascolto #6 – Alessandro De Francesco

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posa la mano su una superficie traslucida che respira

dentro al palmo della mano la curva della superficie si alza e si abbassa a temperatura tiepida       talvolta freme     si arresta      ricomincia a pulsare      il tessuto è schiarito da un punto luce senza provenienza

nonostante la semi-trasparenza del tessuto non è dato capire se c’è un corpo dentro    o una stanza    o se tutto il contenuto è nella superficie stessa     che continua a respirare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
stanno chiusi tutti dietro    alcuni possono uscire per qualche minuto quando si deve fare benzina poi vengono nuovamente spinti dentro     le scosse del veicolo e le curve modificano la loro distribuzione nello spazio     talvolta gli uni premono gli altri respirando affannosamente    altre volte sono disposti in una geometria provvisoria      non parlano quasi mai     l’odore dei corpi e il tatto prevalgono sulla vista   l’abitacolo è privo di finestrini ed è probabilmente notte ormai     la notte      questo atto di essere trasportati da un luogo all’altro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
il rombo ha frequenze molto profonde ed è prolungato nel tempo a un volume elevato satura tutte le stanze ma non se ne capisce la provenienza    le finestre sono chiuse ed è troppo presente perché possa infiltrarsi dalle fenditure ogni tanto sembra possibile distinguere pezzi di linguaggio in una massa unica quasi senza variazioni    nessuno dei presenti si ricorda quando è iniziato esattamente   qualcuno nota in un angolo di una stanza che un corpo si sta muovendo   è di dimensioni molto ridotte e pulsa a ritmo irregolare    talvolta lentamente   altre volte a fremiti   non ha occhi né arti    forse dei peli stanno sotto questo oggetto liscio che è in vita       le minime variazioni del rombo sembrerebbero dipendere   secondo alcuni   dal ritmo della sua respirazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
nel tardo pomeriggio  di ritorno dal lavoro   si rende conto che una massa corporea molto alta sta immobile nell’arco della porta tra una stanza e l’altra     sembra che lo osservi ma non ha né arti né occhi né forma definita   non dice niente    non vuole niente     è un territorio di tessuti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
spesso volumi convessi appesantiscono i rami degli alberi           talora sono fatti di foglie che ritmano l’aria             altre volte da condensazioni bianche dove scavano gallerie                           i rami allora tracciano volte     passaggi di sotto       cunei lunghi

dentro i volumi   nelle intercapedini scavate dai vettori   o nella tana vuota ricoperta di foglie vengono forse posizionati obiettivi che abbracciano un ampio arco di paesaggio    cercando informazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
le tende     fatte di tessuto sintetico bianco e ricoperte da un sottile strato di neve     sono disposte su uno spazio molto vasto dove predominano     polvere marrone    pietre      e le colline circostanti    il perimetro militare regola gli accessi      dal promontorio non è possibile avvistare persone al di fuori di qualche

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
sopra una distesa di luci e nervi le cose corrono veloci dietro il pendio è una volta convessa in discesa   riflessa in verticale  con l’aiuto di pinze corridoi di gomma e traiettorie vengono posizionate due telecamere alle estremità dell’oggetto   che si trova attualmente     secondo alcuni   dietro il frigorifero     al rumore dell’accensione sullo schermo appare improvvisamente il volto di una bambina che fissa l’obiettivo     le vengono fatte domande   alle quali non risponde

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
tempo minerale      corpo vitreo       tegumenti
e piú tardi      o allo stesso tempo      27 immigrati rumeni chiusi dentro una camionetta vengono scoperti sul territorio e rinviati oltre il confine

in una teca del british museum un uomo sumero in bronzo sta aspettando         davanti a sé       da 4000 anni     con occhi lisci e senza pupille           esplora spazi siderali   il rumore della membrana    la bacca rossa che cade nel ruscello mentre nessuno passa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
l’appartamento è vuoto da sempre le luci sono accese in tutte le stanze e non ci sono interruttori per spegnerle   il quadro elettrico è assente             in un angolo di una stanza   non lontano da una finestra     una palla           respira     la superficie è interamente ricoperta dal derma e innervata da un sistema circolatorio piuttosto visibile sotto lo strato della pelle     la sfera misura circa 18cm di diametro non ha orifizi e non emette suoni  il suo unico moto è dato dal rigonfiamento ritmico   a intervalli di circa 4 secondi        dovuto alla respirazione

 

 

 

 

 

 

*

 

 

Esercizio ragionativo in forma di descrizione e sintesi visiva su Parentheses di Alessandro De Francesco.

di Mariangela Guatteri

(Maggio 2016)

 

In una gabbia tipografica voluta minima ci sono spazi ciechi in cui solidi e superfici respirano.

In una gabbia tipografica voluta minima lo spazio è diminuito con accorgimenti che lo rappresentano perimetrato, sovraffollato, saturato da un suono, privo di aperture, ingombrato, stipato, confinato in una stanza.
Qualcosa, seppur minima, respira; e succede che sorge il dubbio circa il contenuto della superficie di un tessuto.
Il contenuto della superficie potrebbe essere lo spazio da esplorare: il tessuto stesso.

Uno spazio tessutale rappresentato in una gabbia tipografica voluta minima è costituito di segni testuali.
Una superficie tessutale ha ulteriori dimensioni rispetto a quelle immediatamente visibili quando la si scorre.
Si scopre che i suoi costituenti sono molteplici e di varia natura ma non è possibile toccarli. Il senso del tatto non è in una condizione produttiva, non genera aria (un gesto sui segni testuali non sposta nulla).
Eppure c’è una continua attività respiratoria.

Respirano corpi che sono un incognito; senza identità, ad alcuni l’aria manca.
Ci sono palle, superfici, immigrati e masse corporee che occupano quasi tutto lo spazio.
Ciò che respira è senza orifizi.

Senza orifizi non si può respirare se non attraverso il proprio tessuto poroso o tramato o che consente l’osmosi.
Qui ancora non si ha certezza di come avvenga la respirazione. Apparentemente non è manifestata alcuna necessità di scambio; ciò risulta coerente con l’ipotesi che quello che respira contiene tanto il suo spazio interno quanto quello esterno.

Chi ha fatto esperienza di spazi diminuiti, tornando a respirare, può comprendere cosa, in definitiva, una delle azioni automatiche vitali per eccellenza consente in termini di dimensioni. Queste non si limitano affatto a quelle volumetriche, o facilmente misurabili, oppure di immediata percepibilità. L’automatismo respiratorio nutre il tessuto e lo fa muovere; la dimensione vitale del respiro è uno spazio che non si vede, che potrebbe risolversi sulla superficie, su una stringa, oppure essere contenuto in essa, ribaltando le consuete cognizioni dello spazio.

In forma di descrizione la superficie tessutale del linguaggio osserva quello a cui dà forma e fa muovere, e informa e istruisce; dà notizia perciò del suo territorio d’azione.
Una tenda innevata su un’area vasta, perimetrata e militarizzata. Un territorio, una superficie traslucida. Pezzi di linguaggio sono riconosciuti in un’unica massa sonora compatta. Paesaggi cadono con un solo salto nelle traiettorie di captatori d’informazione. Archi di paesaggio, tane, corridoi, schermi e distese cablate: luci, nervi. La presenza umana è irrilevante; non dice; respira male; sta in uno spazio esiguo.

Quando è iniziato tutto ciò, non è un tempo congeniale alla memoria dei fatti. Questi succedono correndo lungo nervature tessutali; hanno i loro percorsi nelle loro conseguenze; sono informazioni: le regola una matrice che vive in una gabbia tipografica.
Nella gabbia tipografica non c’è orifizio: né entrata né uscita. C’è superficie, e questa ha trovato il modo di respirare mentre contiene e si contiene nel mondo.

 

 

*

 

Prove d’ascolto è un progetto di Simona Menicocci e Fabio Teti

 

 

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