Il rovescio della libertà

di Giorgio Mascitelli

Massimo De Carolis, Il rovescio della libertà. Tramonto del neoliberalismo e disagio della civiltà, Macerata, Quodlibet, 2017, € 22.

Sarebbe un vero peccato che la ricezione di questo libro di Massimo De Carolis restasse confinata agli addetti ai lavori del dibattito filosofico- politico contemporaneo non solo per i meriti di una scrittura chiara e  non priva di un rigore didascalico che non dà mai per scontati i concetti chiave su cui si fonda l’argomentazione, ma anche per le qualità, per così dire, cartografiche del testo: mi sembra infatti che questo saggio costituisca una vera e indispensabile mappa per orientarsi nella crisi politica, economica e di valori odierna.

Assunto di partenza di De Carolis è che il neoliberalismo non sia semplicemente una dottrina politica ed economica, ma un’ideologia complessiva che tende a rimodellare tutti gli ambiti dell’esistenza umana a partire da una certa antropologia, ossia da una certa idea dell’uomo e della sua natura, e a presentarsi come una tecnica di governo di ogni dimensione della vita. Non è un caso, infatti, che il testo fin dal sottotitolo si richiami a un concetto, il disagio della civiltà, estraneo alle categorie politico-economiche oggi in voga e tipico del pensiero filosofico umanistico e psicoanalitico. Coerentemente con questa premessa, la tesi che l’autore sviluppa “è che a spingere, ai nostri giorni, il neoliberalismo verso il suo inesorabile tramonto non siano le urgenze economiche o gli equilibri politici fluttuanti, ma principalmente la sua incapacità di riconoscere, capire e governare fino in fondo proprio la dimensione antropologica primaria che esso stesso ha contribuito a fare emergere.” ( p.16). In pratica il mondo che è stato generato da decenni di politiche neoliberali è totalmente ingovernabile e persino incomprensibile secondo quegli stessi metodi di governo.

L’idea cardine su cui è stata costruita questa operazione di governo è la catallassi: questa parola, coniata su un prestito dal greco da alcuni economisti neoliberisti, indica l’ordine spontaneo che nasce da una sorta di gioco di mercato a cui partecipano tutti i membri di una società nel perseguire i propri interessi individuali. Questo ordine non solo è superiore a quello prodotto da qualsiasi pianificazione politica ed economica, ma soprattutto non attiene soltanto alla sfera dello scambio economico. Infatti la catallassi investe tutto l’agire umano che, in sintesi, è improntata a una regola generale del do ut des, che funziona in tutti gli ambiti dell’agire sociale. In altre parole le regole di mercato non funzionano solo per l’economia, ma definiscono la stessa azione umana in ogni momento dell’esperienza sociale. E’ questa tra l’altro uno delle grandi differenze con il liberalismo classico, nel quale, per esempio, Adam Smith affiancava all’egoismo razionale del soggetto di mercato uno spazio in altri ambiti della vita per azioni determinate da sentimenti morali.

Il gioco della catallassi è, secondo i neoliberisti, l’unica possibilità per una società di resistere ai rischi di rifeudalizzazione, con questo termine viene indicata la tendenza da parte dello stato o di gruppi di potere privato di bloccare la libertà di scelta dei cittadini ottenendo di solito ubbidienza in cambio di protezione. Le politiche di governo devono pertanto contrastare questi rischi creando le condizioni nella società perché la catallassi possa operare. Queste politiche però devono per quanto possibile ridurre al minimo le decisioni, ossia l’atto politico vincolante per l’intera collettività, e invece, tramite una serie di provvedimenti amministrativi e di incentivi e l’introduzione di regole informali, in breve tramite quella che si chiama governance, favorire la scelta individuale.

Ovviamente De Carolis ha qui buon gioco a mostrare che la caratteristica essenziale della nostra società dopo trent’anni di governance neoliberista è proprio quella della rifeudalizzazione: dall’abnorme aumento di potere di gruppi privati in grado ormai di trattare i governi nazionali dall’alto in basso come ai tempi di Carlo il Temerario, alla sempre più frequente nascita di enclaves ormai non sottoposte alla legge fino al ritorno delle compagnie di ventura e dei signori della guerra nei paesi ‘salvati dalla dittatura’ dalle varie guerre umanitarie. Con un’analisi stringente e rigorosa De Carolis mostra come tale risultato non sia il prodotto di congiunture impreviste ma l’esito naturale delle teorie neoliberali. La catallassi infatti non è nient’altro che la semplificazione idealizzata delle condizioni in cui si svolge concretamente il gioco del mercato. Basti pensare a titolo d’esempio che la distinzione fondamentale in questa teoria tra ‘decisioni’, negative perché basate su un’imposizione di una volontà sovrana sugli individui, e ‘scelte’, positive in quanto espressione della creatività individuale che non vincola nessun altro, è nella realtà molto meno netta, dove le scelte di alcuni soggetti potenti si trasformano in vincoli per la libertà di scelta di molti subordinati e in definitiva in decisioni travestite da scelte. A questo proposito sono molto illuminanti le considerazioni che De Carolis dedica all’uso di metafore sportive da parte dei teorici neoliberali per illustrare l’azione della catallassi perché richiamano l’idea di una competizione paritetica retta da regole formalizzate e stabilite in precedenza quando nel quotidiano non esistono o quasi circostanze del genere.

Nonostante ogni giorno emerga sempre di più l’evidenza dello scacco del neoliberalismo nel gestire le grandi questioni del nostro tempo e in definitiva nel governare il disagio della civiltà, De Carolis rileva che esso ha ottenuto un grande successo antropologico nella modificazione della cultura diffusa che vede sempre più soggetti affidarsi al gioco della catallassi in ogni ambito della vita e a un’accettazione della prospettiva della atomizzazione della propria vita sociale. Il neoliberalismo ha ottenuto questo successo perché ha lavorato sul desiderio di riconoscimento individuale tramite la sua misurazione con un valore apparentemente oggettivo quale il denaro; in questo modo esso offre, tradotta in una forma misurabile e secolarizzata, l’idea calvinista del successo terreno come segno della benevolenza divina, che Max Weber considerò essere alla base dello spirito del capitalismo. Dunque sconfitta socioeconomica e successo antropologico del neoliberalismo sono due volti della stessa medaglia.

Incidentalmente  vorrei osservare che l’attacco alla cultura umanistica perché improduttiva a cui si  assiste oggi e le riforme della scuola, che mirano a liquidare qualsiasi funzione di formazione culturale della stessa, in un quadro del genere assumono un significato ben più profondo di quello comunemente attribuitogli: non si tratta semplicemente di un attacco ad articolazioni dello stato sociale, ma l’eliminazione di pericolose fonti di idee per una vita alternativa rispetto a quello dell’umanità atomizzata e dedita al gioco del mercato che il neoliberalismo prefigura.

Il libro di De Carolis si conclude con la constatazione che il tramonto del progetto neoliberista rende necessaria una nuova alleanza politica per governare le contraddizioni lasciate aperte. E proprio il ritorno della politica o meglio il ritorno di una dimensione politica nelle nostre vite  può essere il cammino di uscita da un processo di atomizzazione sociale ormai dominante, visto che l’ascesa del neoliberalismo  non sarebbe mai stata possibile senza il processo di radicale depoliticizzazione che ha investito il mondo occidentale nel suo complesso a partire dalla seconda metà degli anni settanta.

 

 

 

1 COMMENT

  1. Già, catallassi, ovvero morfogenesi spontanea. Come se il mercato potesse esistere al di fuori di un ambito legale. Come se la nozione stessa di proprietà non fosse un costrutto giuridico. E la legge chi la fa? E come?

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