Il posto dei tigli
di Claudia Bruno
Le mattine di giugno hanno un profumo tutto speciale, che sa di pistilli e cielo, foglie verdi e vento fresco sulle strade accaldate. È così che i tigli alla fine non si trattengono, e si lasciano sbocciare tra le foglie grappoli di fiori.
Non pensate che si possa restare indifferenti a questo incantesimo, no. I fiori di tiglio hanno un profumo inconfondibile, quello delle gioie nascoste, dei piaceri rimasti a lungo inascoltati. Il profumo delle attese segrete, degli imprevisti benaccolti. Un odore grato, a cui essere grati.
Persino le api sarebbero d’accordo. Una volta trovato, non si cambierebbe l’odore dei tigli con nient’altro al mondo, perché l’odore dei tigli occupa un posto preciso nello spazio. Un posto interno a cui, presto o tardi, fare ritorno.
Tigli, propri dei boschi e dei piani montani, sanno vivere abbastanza da diventare sculture. Potrete incontrarli coltivati nei parchi metropolitani o in fila per uno lungo i viali di città. Radici profonde e chiome generose, più di settecento specie per circa cinquanta generi diversi. Ci vuole un’indole continentale per superare gli Urali, raggiungere la Fennoscandia, il Caucaso, il Mar Caspio, il Mar Nero, i Pirenei. Al netto delle latitudini, una famiglia estesa di alberi, arbusti e piante erbacee in cerca di terreni ricchi d’humus.
Se vorrete soffermarvi un poco all’ombra di queste fronde, accanto alle cortecce grigie e quanto più vecchie screpolate, noterete che le foglie sono cuori rinverditi dalle nervature essenziali, scure sopra e vellutate sotto, che i fiori di cinque petali se ne stanno sospesi a mezz’aria raccolti in cime da un peduncolo insieme a una foglia diversa dalle altre, allungata e pallida. “Brattea”, è il suo nome, ed è un’ala sola che protegge e disperde i piccoli frutti nel vento – perciò “tiglio”, dal greco ptilon, che significa “ala”.
«Facciamo quella strada» dice la bambina, il ragazzo, la madre, il nonno. La strada dei tigli è sempre un’altra cosa. Ci sono strade che non profumano, questa sì.
Ancora più intenso è l’odore dei fiori essiccati, capaci di calmare spasmi e spossatezze, irrequietudini e insonnie. Una carezza. Da assumere per infusione dopo i pasti, la sera, appena prima di spegnere le luci. Sulla ricetta dei tigli c’è scritto così. «Tutto sta nel mescolare». Estratti e idrolati con sciroppi di radici. Elisir pronti a sciogliere indurimenti di sangue e ristagni di pensiero.
I tigli sanno, lasciateli fare.
Forse è questo che l’insonne non ha parole per chiedere? che l’irrequieto va cercando nei suoi andirivieni senza capo né coda, i tigli?
Non ci è dato conoscere tutto, ma è pur vero che davanti al richiamo di giugno persino i tormenti si fanno più tenui. Alla gola si appoggiano quasi, con la grazia di un valzer precipitano, talvolta fino al fondo del petto. Non illudetevi, durerà quanto deve durare. Luglio arriva sempre senza avvisare e lascia scivolare a terra le infiorescenze appassite a formare tappeti.
Una sera d’estate, camminando senza meta, potrà capitare anche a voi di posarci leggere le piante dei piedi. Allora, sospendendo il passo, vi sembrerà quasi di sentire le cortecce più anziane sospirare tra le fenditure, per tutti i petali perduti nel tempo.
Riferimenti
Acta plantarum, www.actaplantarum.orgNegri, Nuovo erbario figurato, Hoepli, 2014
Allen J. Coombes, Alberi. Guida fotografica a oltre 500 specie in tutto il mondo, RCS, 2006
Wolfgang Goethe, La metamorfosi delle piante, Guanda, 1992
Claudia Bruno (1984) vive tra Roma e Londra, ha scritto Fuori non c’è nessuno, romanzo di racconti pubblicato nel 2016 dalla casa editrice Effequ. Suoi racconti sono comparsi sulle riviste letterarie Cadillac, Abbiamo le prove, Colla, Flanerí, Pastrengo, Costola, Verde, Il Paradiso degli Orchi. Ha pubblicato saggi e tenuto interventi su geografie, corpi, tecnologie. È sempre in cerca di tutto ciò che non è troppo umano.
Magnifico. Sensazioni che vanno dritto all’anima.
I tigli sono la consolazione per cuore irrequieto, ferito.
Hanno la dolcezza del fiore d’arancio.
Qualcosa che evoca il principio della vita. Qualcosa che si deve scoprire per la sua finezza.
Ah, il piacere sempre si rinnova
E sempre rinconcilia l’animo all’orecchio
Solo a un tuo soffuso accento
Olimpico di Weimar!
Mi hanno tolto i fiori d’arancio e mi hanno dato i tigli:minchia che guadagno!