Prove d’ascolto #9 – Alessandra Greco
_da studi inediti (2012/2016) fondati su ragionamenti inerenti l’udito, la vista e la liquidità_2016
I.
(25 decibel è un sussurro)
le stelle cadono dell’inchiostro lo stilo meticoloso cadono sulla pelle come punti vuoti la porta si chiude come una grande croce le strutture hanno domini complementari la stella neve la neve manifesta tutto in perfettissimo silenzio quando è il segno che hai paura di morire cosa dicevi? vieni nel mio buio più profondo le stelle cadono dentro uno spazio bianco non c’è alcuna sovrapposizione cadono in scie fanno un piccolo lago di lisci ami a lato la testa l’anello l’universo gocce acustiche tenute in un’unica perla parole discontinue rescissioni secondo settimo primo terzo taglio affondi però tutti di ammirazione e di affezione in direzioni invertite e polari abbacinanti e seduttrici che era buia la notte che tu mi chiedevi se andava tutto bene in onde ai bordi dei foglietti temporali preparando oltre l’insidia quelle stelle morenti e un netto concorso di luci la chioma scintillante degli alberi in aprile o come si apre un fiore secondo consonanze l’albero genealogico occupa un foglio e le spiegazioni gli altri due senza guardare fa osservare: le radici continuano a crescere viste da un’altra angolazione il naufragio della voce nell’aria lo smisurato ingrandire dei suoni nei luoghi chiusi il vetro poroso tempo dentro un cannone la dimensione degli spazi in questi astri contenuti quindicesima notomia di un suono all’orecchio
II.
(scrizione che il cervello sia uno spazio geografico e architetturale)
lla piccola sfenoide incisura del rostro lacrimale the female nude drawing faces & expressions ove scorrere diluito ipermnesico medizin und plastik nervo che si fa cristallo sfera sul labbro superiore e al di sopra degli angoli boccali diradare et de la duplicité monstrueuse avec planches coloriées de anditu et olfactu borgo spinae praeparate cerea campo cutaneo di proiezione di tutti i centri remoti icones oculi humani il punto alla sera non viene all’esterno ma solo al mattino trascina rariora artifiziale e le sue pareti dilatano e si restringono matutinus occorre pensare alleanza in astri organorum fabrica autem catoptrum microcosmicum de lactibus sive lacteis venis microcosmi in laminis aereis et ecce foramen unum in pariet liquido ostendens l’impulso a correre dei venti pone davanti questa immagine lembi di fondo della ragione un circolo in un più grande circolo svanire in plain view parola in ordine suffuso in start ci sono lacrime nelle cose fin dove continua corr
in questo modo la sua rapidità diventa normale da uno spazio vuoto nel quale siamo svegli
III.
(giorno#X)
il livello strada risplende le schegge dell’asfalto sono bagnate di pioggia infatti fuma splendente vapori iris come quando emette con le labbra un respiro e sospirando si intensificano le sofisticate luci delle griglie di viaggio del segnale di velocità/modifica# il ritrovo# la funzione della vita tendenzia/sintesi# in atmosfera tutta contenuta attraverso dietro luna all’interno parato un lembo del lenzuolo avanza dal letto una sorta di immagine fuori campo un suono fuori campo che passa dietro la testa e verticali distende albedo inis candor oris dove il linguaggio si muoveva da solo
*
Nodi
Contrario alla folgore che riceve l’istante, il silenzio sottomette il tempo.
Un nodo, in generale, deve avere tre caratteristiche:
- la semplicità di esecuzione,
- una buona tenuta,
- la possibilità di essere sciolto agevolmente.
i. (nodo Senneh)
dicono che nel silenzio si nasconda sommessamente tutto ciò che è passato 1
teleidoscopio minuscola piccola ballata un piccolo giro nel bosco attraverso praterie e ripidi sentieri miniatura fortificata nel cuore risolto quando ha lasciato
allora il distacco sul colore
l’image – di quello che era prima – non corrisponde più alla sua descrizione
è un déjà vu
con moltiplicati rami e campi gruppo doppi
simula inquadrature di situazioni familiari nodature
(contigue al corpo in modo da
formare angoli
di spola sul retro verso della pelle) – l’apertura si cangia e si assorbe
focus ponte bocca di ponte vetri elaborati con rami e foglie dai bracci
si assemblano in forme simmetriche variano con i movimenti gli innesti
bello della figura guardare nella meraviglia all’interno nel posto dove
conserva il vertice angolare di caduta sul margine della rima
il riposo silenzioso di una cosa chiusa 2
con continui slittamenti del ciclo ritorni a elemento astuzia
di una figura capovolta riscritta completamente nel suo uso
ruota nell’epitelio pigmentato della retina concava in direzione opposta al cristallino
traiettorie a scomparsa a tessuti neri exibisce al fondo del tapetum nigrum con colori
quello che era prima non è rigenerabile
colui che li ha creati riposa nell’orizzonte 3 in improvvisi crolli sgranature da
dove per inerzia chiude il brano
il sistema blocca a margine fra trama e sorriso osserva se stesso
in minimi scatti senza mai ripetersi trascinando il bordo dell’elemento
ai fabbricanti di tappeti
il problema del bordo è trattato con molta cura e spesso risolto in maniera perfetta il campo con motivi di alberi e giardini il riquadro centrale è un bacino con uccelli acquatici il Sumach per mutare i colori onde si strappa il filo e si lascia pendere sul rovescio il Saph o “buono per tutti” o “preghiera per famiglia” dove il campo è diviso in più nicchie e la fascia più larga dell’incorniciatura è cosparsa di fiorellini 4
ii. (luoghi con notevoli ampiezze di marea)
salve – sono b—–, habito in —– e cerco un lutiao di costituire
mi una piva e un —— (mouthpiece?) e ancie in piu per la mia
povera zampogna —- era molto maltratto e addesso in un condizione
molto ridotto.
salute – b—– 5
in che sien fra loro concordi e somiglianti la luce e ‘l suono 6
la prima e seconda giornata di lunazione non contano
la terza indica il tempo [atmosferico]
se questo nella quarta e nella quinta giornata si mantiene come nella terza
allora quel tempo perdurerà fino alla prossima luna nuova 7
l’anello sparisce ancora quando il suo piano passa pel nostro occhio
poiché allora non vediamo che la sua grossezza
e sparisce pure quando il suo piano passa tra il sole e la terra
poiché in questo caso la sua faccia illuminata non è rivolta verso di noi
la terra avendo il tempo di incontrare altre due volte il piano degli anelli
la loro disparizione è doppia 8 è l’otre-caos rimembra
e niun d’essi poter tremare altro che successivamente
e poterne una parte standosi quieto il rimanente
trapassando da una regione ad altra condizione
seguendo la vibrazione dell’acqua percossa
talché sott’essa si oda chi parla fuor d’essa
come al passaggio gli armenti vengono all’aperto
alla maniera della muta vocalica discordano piegati al suono
appena catturati emettono suoni caratteristici e profondi
lo spazio entro il quale possa volgersi intorno a se stessa l’idea che
la voce una volta emessa non può più tornare indietro 9
sotto questa doppia sparizione si avverte quasi prossima a indovinarne le forme
l’osservante vede in prossimità mutarsi i suoni in immagine
l’osservatore in azione ruota la danza si sdoppia devia
nel passaggio che fa apparire tutte le fantasie
III. (45° seguendo con gli occhi il percorso)
possono dirsi coincidenti
dove la mancanza fa un velo cesella traiettorie dello sguardo immagini interne
gioire per il giardino che è stato promesso 10
giorno dopo estremità tendenti a
giorno dodici che chiude il ciclo un bacino con uccelli acquatici
non odono solo bisogno di appartenenza
proiettando le immagini del prisma poi su uno specchio questo sembra infinito
l’acqua sale di livello da dieci a venti metri
la voce maschile scende di circa un’ottava
quella femminile di circa due toni
coloro che si occupano della definizione e misurazione del tempo ne sono a
conoscenza
parola penetra nella trama – permuta i colori
capace di ridurne gli echi essa sta nelle osservazioni da parte a parte
separata dal visibile nell’andatura poiché allora non vediamo che la sua grossezza
annodature slegature intervalli di giro –
quando traduce i moti che racchiudono i gesti e fa di mille immagini una lacuna
e sott’essa si ode chi parla fuor d’essa si odono i nomi e non si comprendono
grande arte di luce e ombre si strappa il filo si lascia pendere sul rovescio
il silenzio in cui compare il suono ricucito il campo diviso in più nicchie
nella quarta e nella quinta si mantiene come nella terza oltre la ripetizione
scioglie il nodo a una velocità tale da illudersi che muove
è possibile camminare nel domitor 11 e niuna distanza poter tremare altro che sovra passo
percorrerlo attentamente in tutta la sua magnificenza rammentare
aperto in assenza di vertigine
deporvi la bocca SE SEI – CHE PARLA – INSICURO DELLO SPAZIO
dire: (continua)
allora dissero (chi non le conosceva): è un lampo – e – appartiene al diavolo.
*
IC 1101
– distanza da luce erosa –
ibridi strati aperti
i. pulvis et umbra
galassia s.f.:
- (astr.) via lattea; estens. sistema stellare, sistema di stelle;
- fig. gruppo, circolo, ambiente, sfera, mondo, universo, insieme.
le terre emerse mutano per attrazione e vergenza
a volte la costa isola la terra e la assorbe
una zona d’ombra può incontrarsi sovente sopra vento
quando slitta sulla misura dell’occhio
solo di un metro sul livello del mare
l’ombra di costa si fa intermittente
il complesso delle onde assume una morfologia
piatta su ampie distese
argilla – silt – sabbia fine
sabbia media – piccoli ciottoli
ciottoli – blocchi
distinti in silente
il controllo dell’indeterminato
modula approssimativamente la transizione
decelera in lievi seeing 1 con la rapidità del colpo di uno sparo
lungo le cotidali l’ampiezza aumenta progressivamente
e i suoni possono essere percepiti come sensazione dolorosa
esiste una logica nella corsa all’obiettivo
esistono forze che non sono reali
scaffalature – sospeso – ancoraggio
pieghevole – scarico in ceste – folder – manichini
linee d’ombra ad arco e vortici tracciano la mappa delle polveri visibili a latitudini galattiche
[ basse e intermedie
l’esistenza del modello partecipa dell’esistenza dell’oggetto come un’impronta
carichi sull’acqua – concentrazioni – traslazioni di reliquie – alcune scomparse – riconfigurazioni
ii. pulvis scintillans
l’impronta è l’alba di ogni immagine 2
il sole é sorto alle 6:15 ed é tramontato alle 18:26
esce dalla cicatrice di un mercantile
la luna é sorta dall’est (81º) alle 7:22 ed é tramontata all’ovest (282º) alle 20:36
si tagliano dagli arbori con taglienti e duri ferri
il coefficiente di maree é stato 106 (molto alto)
abbiamo avuto 12 ore e 11 minuti di sole
il tempo in cui la luna é stata visibile é stato di 13 ore e 14 minuti
è stata luna crescente
della terra tocchiamo con mano essere scabrosissima e aspra
la scelta quasi inevitabile di bruciare a distanza da luce erosa le tratte
ripetono i corpi si sfogliano si dimagrano e cambiano
ripetono quasi che si avesse a scavare in qualche difficile sottosquadro di panni
la sponda alta una decina di metri l’uso della rete per riportare
in grande la Aprente 3 recitata sul capo
quindi stallano mesi in capanne lungo le pareti del porto
bruciare la propria identità nei fogli identificativi ha un bel corpo
sottovolto e spinti direttamente dalla piena forza del fiato
marea maris refluxus recessus
perché la fiamma quel basso mare più leggera solcasse
e nel riflusso sedesse 4
i suoni invece di disperdersi verso l’alto discendono
asse parallelo ai corridoi – asse relativo ai piani – vari interassi tra i corridoi
alternarsi di creste e solchi – frange d’interferenza – connessure
alcune impronte scompaiono da un’immagine all’altra mentre ne compaiono di nuove tra luce e luce
conchiglie – diatomee – ossa – fiori – gocce 5
iii. pulvis et ipecacuanhae opii 6
microgenerico: fenomeno: immigrazione clandestina
dominio inerente virtualizzato: società
società macrogenerica: dimensione umana
la superficie si presenta suddivisa in zone chiare e scure
arco – arco a tenda – cappio – doppio cappio – occhio di pavone – spirale – misto 7
l’obiettivo del fondale è comunicare le linee vanno come onde da un lato all’altro
una rete di preghiera sfrangiata che raccoglie attraverso punti focali come l’arco ma con un
[ tralcio crescente nel mezzo
ricoperta da uno spesso strato di sottilissima polvere le linee partono da un lato e rientrano nel
[ mezzo dello stesso
strato che ha una profondità di circa dieci metri come il cappio ma con due cappi interni che
[ vanno in direzioni opposte
ricerca attraverso database fra oltre 51 milioni di passeggeri archiviati
cerca qualcuno:
il controllo viene effettuato alla perdita del punto focale
il controllo viene effettuato ma istantaneamente la finestra si chiude
per estensione si definisce ora serrata anche la corrispondente porzione della retina
dove la luce diventa un fatto elettrochimico come il cappio ma con un piccolo cerchio nel
[ punto di svolta
un secondo lobo di marea rivolto in direzione opposta per attrito col fondale le linee formano una spirale
la linea di riva e quindi il livello del mare si muovono
e si muoveranno nel futuro con modalità diverse
da luogo a luogo una zona d’ombra potrà circondare completamente la sorgente
e il suono venire deviato verso l’alto punto di flesso 8 composto con varie figure
per questo essere nel negativo di una doppia conformazione
la polvere nera e la polvere infume
si mostrerà a noi come una macchia luminosa o potrà rimanere invisibile del tutto
se godono di una maggiore capacità di attrazione saranno posizionati alla fine del percorso – per invogliare a percorrerlo tutto – scenografie a tema cambieranno ciclicamente – primo piano espositivo – fascia espositiva centrale – fondale espositivo 9 – perdite diffuse trascurabili imputabili a gocciolamenti
come il prototipo con l’icona vi lasci un’impronta far sì che il modello si travasi nella copia
nulla di magico come si vede né in mare né sulle superfici d’asfalto irregolari dei flussi
per questo e altri motivi di variazione invitiamo a far attenzione agli annunci algia senza ritorno mare
[ con la sua prospettiva invertita
*
Riferimenti e note:
Nodi
1 “Dicono che nel silenzio …”, proverbio arabo.
2 “… il riposo silenzioso di una cosa chiusa …” , Maurice Blanchot, Lo spazio letterario, Giulio Einaudi Editore, 1967.
3 “Colui che li ha creati riposa nell’orizzonte…”, Inno al Sole di Akhenaton, scritto nella Tomba di AY.
4 “Il problema del bordo è trattato con molta cura e spesso risolto in maniera perfetta il campo con motivi di alberi e giardini …”, http://www.treccani.it/enciclopedia/tappeto_%28Enciclopedia-Italiana%29/
5 “Salve – sono b—-, habito in —– e cerco…”, https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/zampognari/conversations/topics/166
6 “in che sien tra loro concordi… ”, Dizionario e bibliografia della musica, Peter Lichtenthal – 1836.
7 “La prima e seconda giornata di lunazione non contano …”, (Prima et seconda nihil, tertia indicat: quarta et quinta talis, tota luna æqualis), http://nuke.come-si-fa.it/Svago/Proverbi/Proverbilatini/tabid/1134/Default.aspx
8 “… l’anello sparisce ancora quando il suo piano passa pel nostro occhio, poiché allora non vediamo che la sua grossezza; e sparisce pure quando il suo piano passa tra il sole e la terra, poiché in questo caso la sua faccia illuminata non è rivolta verso di noi … la terra avendo il tempo di incontrare altre due volte il piano degli anelli, la loro disparizione è doppia …”, Dizionario delle scienze matematiche pure ed applicate: 1: ABB-AZI. Pag 190.
9 “Nescit vox missa reverti”, la voce (qui nel senso di parola) una volta emessa non può più tornare indietro, (Orazio, Ars poetica, 390)
10 “Gioite per il giardino che vi è stato promesso”, (Corano XLI. Fussilat, 30-32)
11 Domitor, sarebbe il nome proposto per il cinematografo da Lumière, contrazione del latino dominator, che rispecchia i sogni e le suggestioni.
IC 1101
IC 1101 è una galassia della costellazione della Vergine.
1 Seeing: capacità di vedere.
2 Léroy-Gourhan, cit. in A. Monaci Castagno (a cura di), Sacre impronte e oggetti “non fatti da mano d’uomo” nelle religioni. Atti del Convegno Internazionale-Torino, 18-20 maggio 2010, Alessandria 2011 (a cura di), L’Archivio “Erik Peterson” all’Università di Torino, Alessandria 2010.
3 La Fatiha in arabo: الفاتحة , ‘al-fātiḥa’ costituisce la prima Sura del Corano (al-Fātiḥa vuol dire infatti “la Aprente”).
4 Sallustio e Tacito volgarizzati da fra B. da San Concordio e da Bernardo Davanzati, volume unico, Padova Tipografia della Minerva, 1841, pag. 81.
5 Ruggero Pierantoni, L’occhio e l’idea. Fisiologia e storia della visione, Bollati Boringhieri, 1981, pag. 146.
6 Thomas Dover (1660-1742). La polvere di Dover era una medicina tradizionale utilizzata contro le sindromi da raffreddamento e la febbre. Era anche conosciuta con il nome di pulvis et ipecacuanhae opii. Non è più in uso nella medicina moderna.
7 Impronte digitali, classificazione.
8 Punto di flesso: (geom.) punctum flexus contrarii, il punto dove le due curve della linea sinuosa si incontrano.
9 Metodi e dimensioni di esposizione nel Visual Merchandising. https://storemanagement.wordpress.com/il-visual-merchandising/
***
Tra limite e totalità. Appunti sui testi Alessandro Greco
di Luigi Severi
Quindi l’ali sicure a l’aria porgo,
né temo intoppo di cristall’o vetro;
ma fendo i cieli, e a l’infinito m’ergo.
(G. Bruno)
Tanto più egli sarà dotto, quanto più si saprà ignorante.
(N. Cusano)
1. I testi di Alessandra Greco, offerti alle Prove d’ascolto 2015, sono excerpta da un lavoro sul mondo, nella sua accezione umana e più che umana. Espressione, questa, troppo spericolata, senza dubbio, per orecchie contemporanee, soprattutto di molti odierni poeti, troppo invischiati nell’antiretorica (in effetti ormai arciretorica) di poetiche del piccolo passo, involontariamente minimaliste (quando non minime): eppure, l’asciutta, e anzi scabra, vertigine universale che si ricava dalla lettura della Greco non ha nulla di retorico: viceversa, vibra asciuttamente di un coraggio conoscitivo tutto incardinato nella misura della scrittura, in una tecnica (di ascendenza modernista) scaturita da uno scatto di visione di cui i pochi testi regalatici in lettura danno un’idea parziale ma sicura.
La ragione di questa vertigine, di questo incanto freddo è nella capacità della Greco di partire dalla coscienza della provvisorietà euristica umana, sulla traiettoria Montaigne-Wittgenstein, per tentare, proprio dall’interno di queste sconnessure tutto sommato fruttuose, innesti sedimentari di una conoscenza pregressa e possibile, di tensione, imperfettamente bruniana, alla totalità. Proprio le continue fessurazioni che minano i testi della Greco, infatti, non solo teatralizzano le zone nere del linguaggio, ma anzi ne fanno scaturire, quasi fossero pause involontariamente associative, durevoli intenzioni di senso, radicate nella storia biologica dell’uomo, ovvero al di fuori del suo tempo linearmente ricostruibile (cioè della storia propriamente detta).
2. Per questo il primo testo della sequenza – a preludio dell’intera opera, nonché di questa scarna selezione – ha per titolo NT (nessun tempo). Si tratta in effetti di una vera e propria dichiarazione di poetica. Per la Greco, la dimensione in cui la scrittura si colloca è altra da coscienza, autocoscienza e storia: è nella zona comune a parola e oggetto, osservatore e osservato, quella zona cioè in cui essi «forse si incontrano e si dimenticano subito dopo», influenzandosi e confondendo i ruoli.
Non si tratta qui soltanto di un’idea di esperienza interiore come collisione e cooperazione esplosiva tra «non sapere» e «oggetto ignoto» (così Bataille, presente alla Greco); quanto di un’aspirazione a uno stato di conoscenza possibile, aperta a intermittenza (quasi per intervalla insaniae) su un mondo come interazione potente tra chi osserva e quel che è osservato, e anzi come intervento creativo del primo sul secondo: «oltre le porte vi sono possibilità che l’osservato si produca se l’osservatore lo compone».
Il punto di partenza, insomma, è un mondo modernamente svelato, giusta l’intuizione devastante di Heisenberg, tra principio di indeterminazione e idea di un travaso tra occhio dello scienziato e fenomeno descritto, spinta poi all’estrema conseguenza, sulla strada della cosiddetta “interpretazione di Copenaghen”, di un radicamento dell’oggettività nella non-oggettività di chi osserva, e viceversa. La scrittura, come disposizione pura all’ascolto, può scattare proprio su questo displuvio teorico e, più ancora, immaginativo. Da una parte, calcando in senso negativo la dipendenza dell’oggetto dall’occhio di chi osserva, la festosa relativizzazione di ogni conoscenza, secondo una linea che da Pirrone conduce a Berkeley e all’idea dell’infinità degli universi (tanti quanti i punti di vista) di un fisico come Hugh Everett III; dall’altra, l’idea (tipica anch’essa della fisica quantistica) della dipendenza, e persino dell’indivisibilità qualitativa, tra particella osservata e occhio osservante, tra organico e inorganico, tra infinitamente piccolo e infinitamente grande, secondo una linea che, stavolta, dal Timeo porta diritto alla «filosofia nova» nolana, cioè a quella corrispondenza reciproca di ogni parte dell’universo celebrata con toni febbricitanti (De la causa, principio et uno: «cossì ad una potenza attiva tanto di cose corporali quanto di cose incorporee […] corrisponde una potenza passiva tanto corporea quanto incorporea», ecc.).
Su questo piano si muove, come su uno sfondo azzerato eppure brulicante di tutto, la scrittura della Greco: l’interdipendenza tra ogni entità, vivente e non vivente, osservante e osservata, permette di scavalcare la misura carceraria del tempo, e di tentare una conoscenza altra, còlta per fili trasversali, umani solo in quanto extraumani.
3. Da qui il trittico di testi intitolato Nodi. Nella prima tavola (I: nodo Senneh), l’antica tecnica dell’annodatura del tappeto è atto concreto, ripetuto nel tempo («è un déjà vu») e intimo a infiniti luoghi familiari («simula inquadrature di situazioni familiari nodature»), ma anche allusione al testo stesso («dove per inerzia chiude il brano») e soprattutto alla struttura dell’occhio e all’azione del vedere («ruota nell’epitelio pigmentato della retina concava in direzione opposta al cristallino / […] exibisce al fondo del tapetum nigrum con colori»).
Questo sconfinamento dal tessuto manufatto, al testo verbale, al tessuto oculare, agisce sull’accostamento di frammenti eterogenei, da estratti dalla Treccani online, a un proverbio arabo sul valore del silenzio come rifugio del tempo, all’Inno al sole attribuito al faraone Akhenaton, alla complessità etimologica di “caleidoscopio”, sintesi di una percezione aperta e stupita («bello della figura guardare nella meraviglia all’interno nel posto dove»). Osservazione, gesto, ars mechanica densa di narrazione, canto astronomico, e struttura biologica, composta nel tempo con muto e corale sforzo di generazioni: siamo immessi in luoghi con notevoli ampiezze di maree, come recita il titolo del secondo testo. In questo caso, ad annodarsi sulla pagina sono suggestioni e intuizioni e immagini legate a suono, luce, scorci astronomici, attraverso segmenti di voci tratte dal materiale (ancora una volta collettivo) di dizionari di primo Ottocento (il Peter Lichtenthal, per la musica; il Montferrier, per le Scienze matematiche pure ed applicate), la cui voce frammentata è posta in contatto con proverbi latini («la prima e la seconda giornata di lunazione non contano / la terza indica il tempo [atmosferico]») e con l’Ars poetica di Orazio («la voce una volta emessa non può tornare indietro»). Un territorio comune, questo, ad esseri e epoche, che ha per confini simbolici la percezione («in che sien fra loro concordi e somiglianti la luce e ’l suono», a apertura del testo) e lo scatenamento dell’immaginazione («nel passaggio che fa apparire tutte le fantasie», a chiusura del testo). Per questo nel terzo movimento (45° seguendo con gli occhi il percorso) il percorso è più decisamente umano: a partire dalle esplorazioni scientifico – immaginative («proiettando le immagini del prisma poi su uno specchio questo sembra infinito»); attraverso l’immagine del tappeto, come regola di metamorfosi («annodature slegature intervalli di giro») o gioco di corrispondenze («il silenzio in cui compare il suono ricucito»); fino al risveglio del suono – parola, comprensione e creazione al tempo stesso («parola penetra nella trama – permuta i colori»). Rito di esplorazione della realtà, propria e altrui, attivato da sempre, anche di là dal significato comunicabile:
dire: (continua)
allora dissero (chi non le conosceva): è un lampo – e – appartiene al diavolo.
4. I tre testi della successiva sequenza, IC1101 – che è nome (come spiega la stessa autrice nelle note) di un’importante galassia, tanto vasta quanto debolmente luminosa per via della distanza – sembrerebbero essere animati da un percorso addirittura opposto rispetto ai Nodi: tanto questi vengono definiti da un piccolo intreccio umano, in cui si sovrappongono costanti più che umane; quanto quelli partono da indicibili enormità siderali, per associarvi minimi e ravvicinati movimenti di umanità. La sostanza di queste tre tavole testuali (pulvis et umbra, pulvis scintillans, pulvis et ipecacuanhae opii) non è, invece, troppo diversa: tanto più che la stessa galassia è quasi un vertiginoso intrico di materia (visibile o oscura) – «nodi quasi di stelle», come voleva Leopardi.
Così, alle voci di Orazio e Milton (se pulvis scintillans è tratto dalla storica traduzione latina di «A broad and ample road, whose dust is gold / And pavement stars»), si somma ancora una volta la voce comunitaria del dizionario, dalla Crusca del 1806 a Wikipedia. Viene dunque tracciata, ancora una volta, una vasta campitura, sempre però frammentaria, e non a caso all’insegna della traccia: dai dermatoglifi, a sabbie e sedimenti, a diari astronomici, a database («fra oltre 51 milioni di passeggeri archiviati / cerca qualcuno»). Tra scenari cosmici, disegnati con la freddezza del prelievo da testo scientifico, al lavorio delle maree, quel che rimane è l’immagine dell’impronta ovvero, a rovescio, l’impronta dell’immagine («l’impronta è l’alba dell’immagine»: così in epigrafe): tracce del visibile (del percettibile) si susseguono, si dissipano e si sommano, in un continuo scambio di segni e di resti che accomuna soggetto e oggetto («l’esistenza del modello partecipa dell’esistenza dell’oggetto come un’impronta»), entro un unico spazio vivente e metamorfico:
alcune impronte scompaiono da un’immagine all’altra mentre ne compaiono di nuove tra luce e luce
conchiglie – diatomee – ossa – fiori – gocce
Dal cuore stesso di una contraddizione viva, lo spazio tra osservatore e osservato, interazione e mutua creazione che forse è principio di esperienza e di immaginazione, forse del loro contrario («forse si incontrano e si dimenticano subito dopo forse si produce un’immagine che / tuttavia non ricordano»), nasce una scrittura disposta a tracciare scorci di una «mappatura» (scrive l’autrice nella nota) potenzialmente assoluta.
5. La tensione conoscitiva che anima questo lavoro è, dunque, altissima. Per salti, nella scrittura possono accostarsi tracce di una rispondenza quasi ilozoista, di fisiologia totale, tra le parti del reale: dai legami segreti tra segni e luoghi in apparenza lontani tra loro («linee d’ombra ad arco e vortici tracciano la mappa delle polveri visibili a latitudini galattiche»); alle simmetrie tra la «geografia, lo spazio esterno» e la «geografia del corpo umano» (così ancora l’autrice). È un’idea, questa, continua nella nostra protomodernità, greca e medievale (il medioevo del Megacosmus et Microcosmus di Bernardo Silvestre), e nella nostra modernità, variamente telesiana o spinoziana. Ma quei «rapporti analogici» tra i diversi «aspetti della realtà», evocati alla base del suo lavoro dalla Greco, non hanno nulla a che fare con moderne (sebbene ugualmente utopiche, e persino politiche) Correspondances, quanto con certa preveggente poesia presocratica, quale il poema fisico di Empedocle: se non che la sapiente similitudine empedoclea è diventata, modernamente, scatto di accostamento tra materiali sedimentati quasi a caso, eppure in qualche modo pour cause, dentro un univoco, sebbene imperfetto, meccanismo di scrittura. L’esito impressiona per l’insegnamento che lascia: la tecnica della Greco sembra nascere dall’incontro di un Perì Physeos empedocleo travolto dal tempo, ed ereditato in frantumi; col lavoro su materiali esogeni e documentari di un Pound, ma senza la poundiana sintesi della melopea, troppo esplicitamente ricostruttiva per poter essere considerata affidabile.
In questo contrasto, tra impulso totale e distanza dal canto unificante, è la ragione stessa dell’opera. Da una parte, una fiducia nello scavo verticale della scrittura, alla ricerca di un senso forte, perché comune a molti uomini nel tempo, e perché di ampia visione; dall’altra, il limite necessario della provvisorietà, che frammenta il discorso sul nascere, lasciandolo allo stato di segnale, di traccia in avanti. Il che non sottrae, ma anzi aggiunge forza all’intenzione della scrittura: consapevolmente lontana da verità discorsive e da invenzioni melodiche, e invece costituita da prelievi, eco di altri, raramente riscritti, sempre accostati senza verifica, cioè in modo provvisorio ma aperto a una (a ogni) ricezione possibile. È apertura verso l’altro in ogni sua forma, secondo la via di un pensiero, antico e costante nella cultura umana, nutrito di slancio lato sensu scientifico – e capace di ricondurre all’umano, ma su basi nuove, di distacco fecondo:
deve poter mettere un riferimento lasciare una giacca un odore una storia
allora potrebbe svegliarsi e sapere di aver fatto un sogno che lo riguarda molto da vicino
potrebbe parlarne
Reinventare la facoltà di seguire e di lasciare tracce, come in un sogno di conoscenza che allontani dall’ossessione necrofila della storia, vuol dire aprirsi («molto da vicino») all’alterità; seminare in modo liberatorio la propria piccola storia («lasciare una giacca un odore una storia»); per ricevere infine l’altrui, «che lo riguarda molto da vicino», come del resto ogni minima vicenda del mondo: così da tornare, finalmente, a «parlarne».
*
Prove d’ascolto è un progetto di Simona Menicocci e Fabio Teti