Spiagge, eterotopie, corpolatria
di Ornella Tajani
Si on ouvrait les gens, on trouverait des paysages.
Moi, si on m’ouvrait, on trouverait des plages.
Agnès Varda
[da Les plages d’Agnès]
L’eterotopia foucaltiana è un luogo reale che accoglie la dimensione dell’immaginario. Secondo Jean Rieucau e Jérôme Lageiste, curatori del numero della rivista «Géographie et cultures» dedicato a La plage : un territoire atypique, «la nozione di eterotopia di deviazione, intesa come spazio in cui gli individui assumono un comportamento deviante rispetto alla norma prestabilita, aiuta a spiegare meglio l’idea della spiaggia come luogo di fuga, in cui determinate pratiche diventano possibili».
L’eteropia, continuano i due autori, presuppone l’esistenza di un sistema d’apertura e di chiusura che la isola e al contempo la rende accessibile. La decodificazione dei codici sociali riscontrati in spiaggia può consentirne una migliore comprensione come costruzione sociale e culturale. L’eterotopia costituisce anche una rottura temporale, una fuga dalla vita quotidiana.
Per Gorges Cazes, la spiaggia è «una successione di desideri dominanti».
Mostriamo il nostro corpo – scrive Lageiste -, ci offriamo ostentatamente allo sguardo altrui, al desiderio altrui […]. Il gioco sessuale praticato in spiaggia ricorda in molti modi le tattiche d’approccio primitive e ormai vietate. Così il sesso costituisce senza dubbio uno degli elementi d’attrazione della spiaggia. In Brasile la «corpolatria» è ormai talmente intrinseca […] da aver assunto le forme di una grande esposizione pubblica dei corpi sulle spiagge urbane.
Corpi. E da ognuno
si leva una voce. Molti
come cercando, come andando lenti
verso una sacra meta
camminano nell’acqua.
Altri più frettolosi sulla riva
portano passi decisi verso un niente.
Qualcuno più piccolo scava, edifica,
qualcuno disteso, immobile
sonda i propri complicati pensieri.
Questa è la carne della specie
stesa sotto un cielo magnetico
[…]
Mariangela Gualtieri
L’agosto celebrava proprio là
la sua grande orgia pagana
da Le giovani parole (Einaudi, 2015)
«Si tratta di relazionarsi con una natura addomesticata, facile da conquistare, soddisfacente dal punto di vista del gioco che vi si svolge […] La spiaggia non richiede nessuna competenza fisica, morale o intellettuale per poterne fruire. La spiaggia appare come un luogo riposante perché offre un compromesso fra il confort della distesa sabbiosa e il carattere imprevedibile, indomabile del mare che la osserva a distanza» [Lageiste].
Le foto sono tratte dalla serie Ramos di Julio Bittencourt [qui il suo sito], che ha fotografato per tre anni le piscine artificiali di Ramos, fra le favelas della zona nord di Rio de Janeiro. Nella sua prefazione al libro che presenta questo lavoro, Martin Parr ha scritto: «you can almost smell the beach when you look at these images».
“La solcatura del sesso… pareva d’esse a Ostia d’estate, o ar Forte de marmo de Viareggio, quanno so’ sdraiate su la rena a cocese, che te fanno vede tutto quello che vonno” (Gadda che descrive il corpo violato di Liliana nel Pasticciaccio)
Molto vero, molto bello. Interessante.
Mi ricorda questo mio gendai:
corpi al sole d’agosto il cimitero delle automobili
Molto interessante, Ornella, e ben costruito l’equilibrio tra testi e immagini.
Interessantissimo, grazie.
Sottopongo all’autrice del pezzo una connessione che a me sembra suggestiva. (Mi è venuta in mente peraltro questo pomeriggio in una spiaggia poco frequentata, mentre mi spogliavo guardandomi in giro, cercando di capire perché mi sentivo quasi a mio agio). È ormai social-mediamente accettabile pubblicare foto nel profilo di facebook che ritraggano le proprie nudità, purché siano state scattate su una spiaggia. Ora la spiaggia funziona, come eterotopia di deviazione, perché è un luogo fatto come noi lo conosciamo, perché sappiamo che le convenzioni sociali ci proteggono e ci giustificano “qui e ora”. Ma portando altrove questi comportamenti (o forse no, chi si spoglia su facebook in tenuta da spiaggia non è altrove…) l’effetto è più interessante. Senza contare che facebook, come tutti i luoghi interattivi della rete, può forse essere considerato, al pari dello specchio, eterotopico… (Forse un’eterotopia di crisi, ormai). Se ho detto banalità, vi chiedo scusa.