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Necrologi

di Nadia Agustoni

poi si deve vivere

1

uno entra col fucile nel reparto. il factotum del padrone viene dalla caccia. si dà arie con tutti quanti. a casa ha una pistola. sempre armato. domenica caccia al negro e lo dice forte. la razza è il sangue. bisogna pulirsela dentro. si fa bello con l’impiegata. le spiega che spara alle lepri e ai fagiani. non li raccoglie nemmeno. gli basta sparare. ai suoi la selvaggina non piace. parla dei negri. ne arrivano come le frotte degli insetti. pesci mezzi morti i negri e gli operai morti di fame. non si spiega niente agli operai. nascono fottuti. la povertà gli sta dentro. ci guarda come il suo cane. gli occhi sono due cani anche loro.

2

va a dire tutto al padrone. lo chiama per nome. gli mette la mano sulla spalla. passano nel reparto. dicono dov’è l’africano, dov’è quello lì. deve lavorare di fuori. spianare la ghiaia. chiama una ragazza grassoccia. prendi in mano la carriola. va a tirare su la carta nel cortile, lo sporco. pulisci insieme al nero. se ti tocca lui bene, tu misuralo. ridono.

3

vomitare, stancare le braccia a non portargliele contro. parlano parole di grandine. dei malati di mente. le cose così dure le impariamo un giorno e un altro giorno. le impariamo come nuove. lo stesso male delle prime volte è un male sempre. ci scoppiano i polsi, le vene. aumentiamo il ritmo a non rispondere. bisogna fingere di stare tranquilli. la morte a rate senza scadenze quando poi si deve vivere.

 

queste cose appese a un armadietto

1

la visita medica ti spogli. la fanno nello stanzino in cima al reparto. ti metti senza maglietta e sporco. il medico dice non è niente, non si preoccupa nemmeno se sudi. ascolta il torace. dice di soffiare in un tubo. dà colpi sulla schiena. la schiena è la vita degli operai quasi tutta. in certi posti uno per assumerlo lo spogliano nudo. guardano le palle, il sedere. deve aprire la bocca, sembra un mercato delle bestie, sembra il cavallo. al cavallo si vede nei denti se sta bene.

2

qualcuno deve anche pisciare. controllano il sangue per via di tossine. un giorno c’è l’esame dell’udito dentro un furgone A.s.l con tutto il macchinario per le orecchie. l’esame lo fa una dottoressa. la stessa da anni e sorridente. c’è una collezione di foglietti a casa. ci scrive non sono sordo. ci sono le lastre fatte all’ospedale. la schiena come avessi giocato a pallacanestro con un sacco di carbone addosso.

3

giovani non ci si pensa vada tutto in vacca. bisognerebbe scappare prima. sono i pochi soldi o gli affetti che frenano. si scappa con la testa, ma lanciando le macchine come se la vita la tenessero loro incrostata dentro. un pezzo per volta viene quest’altra vita. diventare ferro non si riesce. sai sempre qualcosa che non sapevi. giorno per giorno impari com’è vivere un solo giorno. non guardare troppo in là. sono i nostri resti umani. sono queste cose appese a un armadietto. un blu che cura gli occhi. li lascia non ancora ciechi.

4

gli spogliatoi alcuni hanno i ganci alla porta. il lavandino grigio di pietra. il sapone nel barattolo per grattare via il grasso delle macchine. sono con le maniche alzate. porto in bocca un sapore di scatolette. mangio in piedi pane e tonno. bevo acqua come si beve la sete. pausa non consentita, ma mi fa male un piede. passo sotto le telecamere e mi vedono. dirò dei cerotti. li tengo nella borsa con un ricambio e la maglia infeltrita. i cerotti per un dito che sanguina. non ti tolgono la scarpa. il ferro nella scarpa è il peso nei piedi.

7

uno dei vecchi racconta. beccò due finocchi una mattina quando entrava. uno messo di dietro glielo sbatteva dentro. l’altro con la faccia di luna… bisognava vederli. le mani nei capelli a dirlo anche ora. in direzione le impiegate ridevano, i culattoni certo i culattoni. li chiamano uguale un po’ tutti. la vita nelle parole è un male raggiunto.

10

si rompe una macchina. i meccanici arrivano come una troupe del telegiornale. andare via subito. ti danno un’altra macchina o vai a pulire in terra. non stare mai fermo. pagano ogni minuto. i nuovi li mettono a togliere ragnatele, a vuotare i bidoni. le donne a pulire la mensa. lavare le piastrelle nei corridoi. i molti tempi della fabbrica sono veloci. li creano con la voce grossa.

 

Testi tratti da I necrologi (La Camera Verde, 2017).

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francesca matteoni
francesca matteonihttp://orso-polare.blogspot.com
Curo laboratori di poesia e fiabe per varie fasce d’età, insegno storia delle religioni e della magia presso alcune università americane di Firenze, conduco laboratori intuitivi sui tarocchi. Ho pubblicato questi libri di poesia: Artico (Crocetti 2005), Higgiugiuk la lappone nel X Quaderno Italiano di Poesia (Marcos y Marcos 2010), Tam Lin e altre poesie (Transeuropa 2010), Appunti dal parco (Vydia, 2012); Nel sonno. Una caduta, un processo, un viaggio per mare (Zona, 2014); Acquabuia (Aragno 2014). Dal sito Fiabe sono nati questi due progetti da me curati: Di là dal bosco (Le voci della luna, 2012) e ‘Sorgenti che sanno’. Acque, specchi, incantesimi (La Biblioteca dei Libri Perduti, 2016), libri ispirati al fiabesco con contributi di vari autori. Sono presente nell’antologia di poesia-terapia: Scacciapensieri (Millegru, 2015) e in Ninniamo ((Millegru 2017). Ho all’attivo pubblicazioni accademiche tra cui il libro Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell’Inghilterra moderna (Aras 2014). Tutti gli altri (Tunué 2014) è il mio primo romanzo. Insieme ad Azzurra D’Agostino ho curato l’antologia Un ponte gettato sul mare. Un’esperienza di poesia nei centri psichiatrici, nata da un lavoro svolto nell’oristanese fra il dicembre 2015 e il settembre 2016. Abito in un borgo delle colline pistoiesi.