Un sogno a Rimembranze

di Giorgio Mascitelli

Tutti dicono che prendo troppa valeriana, ma io non posso farne a meno. E’ un’abitudine, una necessità, un vizio. Una volta ne ho perfino sciolto una pastiglia  nella Coca Cola  per vedere l’effetto che fa. Anche i colleghi d’ufficio mi dicono che esagero e che prendo troppa valeriana. Sì, lo so, è vero, ma quella sera ero stracotto. In ufficio avevo fatto tardi. Già passata l’ora di cena, ma non quella per una buona tazza di valeriana. Quando finalmente arrivò il trentatré, salii, mi sedetti sui sedili di legno, mi allentai il nodo della cravatta, slacciai il bottone del colletto e viaggiai. Non sapevo perché quella sera avessi preso proprio il trentatré. Lavoro all’Isola e abito a Lambrate di solito prendo il metrò che è più comodo e più veloce. Non sapevo davvero perché proprio quella sera, in cui avevo finito eccezionalmente tardi di lavorare, avessi scelto di prendere il lento tram: che fosse una scelta dettata dalla troppa valeriana?

A ogni modo il tram non era pieno, ma quasi tutti i posti a sedere erano occupati. Quando mi rovesciai sul mio posto, la tizia seduta di fronte a me per un istante smise di compulsare il suo smartofono e alzò gli occhi, per poi riabbassarli subito e riprendere le sue consuete attività.

Quando ero salito, non sapevo perché avevo scelto il tram, diciamocelo un mezzo di trasporto un po’ obsoleto, ma pian piano le mie palpebre mi fecero capire: dormire, sì semplicemente dormire. Il procedere sferragliante e gli strappi mi cullavano: logico che gli occhi si chiudessero già dopo pochi metri. Ricordo ancora qualche frammentaria immagine di piazza della Repubblica, poi nulla, il buio, l’oblio, in una parola il sonno.

Non sapevo quanto avevo dormito, ma una mano mi scosse. Per un istante fissai il vuoto nell’attesa che la cimmeria nebbia si diradasse e sorrisi come un ebete, allora riconobbi di essere al capolinea nel piazzale di Rimembranze di Lambrate. Poi chiusi di nuovo gli occhi, insensibile alle numerose scrollate e alle richieste di scendere.  “Lasciatemi dormire, ho sonno, non mi rompete, devo aver preso troppa valeriana”, così andavo mormorando. A un certo punto i due tranvieri smisero di tampinarmi e se ne andarono dicendo semplicemente: “peggio per te, ora te la vedrai con il Grande Controllore”, ma io già dormivo.

Fui svegliato da una luce azzurrina, che riempiva la vettura peraltro vuota, poi mi sembrò di alzarmi in volo, vedevo dai finestrini gli ultimi piani delle case come se fossero i piani terra. Le poche finestre con le tapparelle alzate offrivano soltanto spettri di cose nella penombra: armadi, poltrone, tavoli. Mi girai e lo vidi: un immenso controllore che teneva il tram nel palmo della sua mano. Ma allora esisteva! Avevo sempre pensato che fosse una leggenda metropolitana diffusa per ingannare le attese alle fermate e negli ATM point. Non sembrava severo, però gli dissi lo stesso “ho l’abbonamento”.

  • Sì lo so, ma non basta-. Mi rispose con un velo di malinconia.
  • Perché non basta mai?
  • Perché devi sognare nel tuo letto e stare sveglio sui tram.
  • Ho troppo sonno
  • Io sono il grande controllore e controllo che veglia e sogni non si mescolino mai.
  • Ma perché?
  • Perché, perché …. sempre a volere sapere un perché! Questa è una regola, una procedura, cose tecniche che i profani non possono discutere. A furia di voler sapere perché, guarda come sei finito! a dormire a Rimembranze dentro un tram vuoto.

Non rimembro più nulla di quella notte.  Al mattino mi risvegliai su una panchina del parchetto nel piazzale prima del risveglio del traffico, tant’è vero che feci quattro passi fino al centro esatto del piazzale: ero da solo in un luogo rotondo in compagnia di un piccione. Era probabile che mi fossi sognato tutto, si sa che spesso la valeriana favorisce sogni strani. A ogni modo avevo diritto a una doccia e a un cappuccino prima di tornare al lavoro. Il piccione tubava e mi guardava interrogativo, poi alzò la testa e smettendo di tubare mi disse “tu prendi troppa valeriana”. Poi si allontanò beccando qua e là e continuando a fare quelle cose che i piccioni delle città fanno e li distinguono da noi uomini delle città.

4 COMMENTS

  1. Naturalmente le opinioni in materia alimentare espresse dal protagonista nel racconto non sono quelle dell’autore che si limita a riportarle

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