Overbooking: Kareen De Martin Pinter
Nota di lettura
di
Francesco Forlani
su Dimentica di respirare di Kareen De Martin Pinter
Prima di raccogliere le idee su questo libro che, come ho avuto modo di dire ad ognuno dei miei amici lettori, considero tra le cose più belle lette in questi anni, mi sono andato a cercare i significati possibili della parola apnea, dall’etimologia tutto sommato semplice, diretta- apnèa s. f. [dal gr. ἄπνοια «mancanza di respiro», comp. di ἀ- priv. e tema di πνέω «respirare»]- e ho scoperto così l’esistenza della maledizione di Ondina. Tra le mille leggende che equiparano queste creature acquatiche alle sirene omeriche, ve n’è una secondo cui, Lorelei tradita dal proprio cavaliere si fosse vendicata obbligandolo alla veglia eterna, all’impossibilità del sonno, pena la morte per assenza di respiro. Anche nel romanzo di Kareen De Martin Pinter creature angeliche popolano i fondali della storia, sono le ama, le pescatrici giapponesi maestre dell’arte dell’apnea, arte trasmessa da generazione a generazione per più di mille anni. Giuliano riesce nei suoi lunghi anni d’immersione nella vita a condividerne lunghi e interminabili momenti di non respiro, perfino a incrociare lo sguardo di una di loro dopo avere pescato negli abissi.”Prima di perderle di vista, però, mi voltai a guardarne una, era bellissima. E anche lei mi guardò. Un filo luminoso lanciato dai suoi occhi m’immobilizzò.”
Ma quale sarà mai la colpa di Giuliano e dunque la sua maledizione? Una parte di responsabilità nella morte del fratello più grande, un tentativo maldestro di aiutarlo a rimanere più a lungo sott’acqua per vincere la sfida con un altro amico anch’egli tuffatore. La sua colpa è quella che ci si porta dietro da sopravvissuti e che sembra non dare pace. Toccare il fondo è davvero una sfida contro il tempo, un’esperienza che contempla preparazione, allenamento, attraversamento della soglia sospesa tra la vita e la morte. La frase del romanzo procede così per sospensione del respiro, accelerazioni, riprese brusche e la lettura diventa un rito d’iniziazione a quella misura imponderabile oltre la quale non v’è più misura, il respiro cessa. Come in ogni rituale che sia pervaso di sacralità deve esserci una condivisione e allora eseguiamo insieme a Giuliano gli ordini del suo maestro d’immersione Maurizio, ogni singola
fase della guarigione della delfina Mary, l’amicizia con Marco ma soprattutto il miracolo che ogni volta si ripete quando la vita, la nuova vita di un neonato si ricongiunge all’acqua. In certi momenti si sovrappongono le immagini del bellissimo film di Jean-Luc Besson, le Grand Bleu (1988), ispirato alla vita di Enzo Maiorca e Jacques Majol, soprattutto la dimensione onirica, il sogno ad occhi aperti di chi fa immersione. Del resto come nel più celebre dipinto dedicato ai tuffatori, custodito a Paestum, anche in questa narrazione c’è una parte di cielo- nel momento in cui il tuffatore spicca il volo e si distacca da terra- e poco importa se questo avverrà perché è destino o come un atto testamentario. Dimentica di respirare infatti non è un consiglio, né tanto meno un ordine da eseguire, ma una legge e come tutte le leggi insieme inesorabile e liberatoria.