Mrogn
di Federico Federici
(dintorni: topografie, corsivo)
Rimandata la partenza.
Senza indizi. Senza inizio
i dirupi, l’abitato, il campo.
Per segnarlo o cancellarlo
sulla carta ogni luogo è
un altro, ogni casa tronco.
Siamo già nel bosco?
***
(la casa cantoniera)
Pochi passi al muro
ben piantato in terra.
Ha pulito la radura l’ascia,
corre a filo d’erba il vento.
Non si penetra nell’ombra.
Entra in noi l’ombra del bosco.
***
(presso una casella sul pendio)
La radice sotto i piedi
penetra nel mondo.
Sembra quasi che sia
lì tra i sassi il passo,
i passi dove siamo
già passati.
***
(altri rilievi, non prove)
Che parola mise sulle tracce,
o che parole erano le tracce?
Chi parlò,
senza coprirsi di silenzio?
Le radici, i fili, i rami,
dure dita di insepolti,
non trattengono le frane.
Non ha ossa il bosco.
Non c’è luogo nel paesaggio,
strada o varco: solo buchi
nella polvere dei gechi,
solo fischi dietro ortiche
e sterpi: aria o serpi?
Ogni tanto a una spari,
per vedere se sia viva
o ha forma, se esca fuoco
o sangue. Mentre salta
ancora da quel colpo colta
in testa, pensi: siamo tutti
serpi?
***
(secondo testimone: un veterinario)
«L’altra cosa aspetta
noi che la cerchiamo
dove fa la tana, vera
o falsa, forse cieca
all’ombra che la copre,
al passo che la sfiora
inerme, si compatta
alle radici, ferma
il cuore, fa una crepa,
asciuga la saliva in terra.»
[…] (2016, Premio Elio Pagliarani) su Nazione Indiana a cura di Francesca […]