I poeti appartati: Anna Giuba
Tre poesie
di
Anna Giuba
Ciclostile
Il vecchio feto rannicchiato
nel cofano rosso di una renault 4,
innescava riflessi condizionati,
compromessi di coscienze
annacquate dal terrore.
Al funerale, Giulio arricciava la lingua
sull’ostia consacrata,
umida di saliva ministeriale.
E sfilavano le facce bianche e nere
di una democrazia crocifissa a se stessa,
testimone di una storia di lutto e lotta.
Alla tavola di famiglia,
telecamere accese in via Caetani,
tua figlia non mangiava,
nascondeva la cotoletta sotto il piatto.
Tu non sapevi, padre, non potevi capire
che tua figlia vomitava
il tempo di quell’oggi, confuso e tetro.
Tu questionavi, muto, si parlava
di malattia.
Ma tua figlia era una ribelle corporale,
destinata ad espellere una storia
che non si può digerire,
neppure con il maalox.
E il male vero era in altro luogo,
e non c’erano esorcismi di sorta
per la satanica orgia di potere
che perpetrava schermaglie abrasive
e aberrazioni,
per una stella morta e senza punte
che voleva pace.
Tua figlia era Italia di quell’anno,
bomba di cibo familiare,
stomaco stanco d’ingoiare.
Esplodeva nel bagno di piastrelle azzurre,
una rivolta di ventre senza piombo.
Ed è spina nel cuore di tua figlia,
che la famiglia non abbia capito
l’intreccio vago del dolore di conflitto
confitto nel dolore di un paese.
Ma ormai è una storia in bianco e nero,
l’hanno sciacquata gli anni,
come pioggia su una lapide di pietra.
I ciclostili della stella a cinque punte
sono sbiaditi e archiviati, chissà dove.
La Morte è altrove.
*
Guernica
È stata una ribelle nata, tua figlia:
la sua vita scellerata di follia,
disperata di furori astratti,
tu non l’hai mai compresa.
Si perdeva in deliri che sfioravano
gli archetipi sorgivi
di una veggenza profonda,
e senza sonda.
Tu hai scelto il sonno che non fa svegliare,
per gli anni offuscati di vecchiaia,
di pace armata, al ferro corto, e apparente
per la guerra impalpabile e fetente
d’una lotta d’intestini, e familiare.
E ancora pensi a tutto,
tu sai quanto costa il soldo di sudore,
lei sa che ti deve la vita in ogni senso.
Eppure, vive per resistere, e vibrare.
È nata il ventisei di aprile,
il giorno delle bombe su Guernica,
di una chitarra di Liberazione.
Tua figlia è lampadina che irraggia
raggi triangolati sul macello.
E la sua anima al tungsteno
irride al ministro degli Inferni
che sbavarda un idioma idiota
e controlla, occhio di toro,
la telecamera al catrame
sul libro della faccia.
L’olocausto del Nulla si sta compiendo,
legge per legge,
occhio per occhio invisibile,
decreto per decreto.
(tutto molto concreto).
Tu lo sai, sta accadendo.
Tu ascolti, o non ascolti.
Tu taci, e ti allontani con disgusto.
Ma tuo figlio, il giusto, è il soldato
dal pugnale spezzato d’angoscia
dell’anestesia globalizzata
d’ustione e morte.
Specchio d’umanità dolente e muta,
è Ettore caro agli dei, proclive al focolare,
il suo coraggio silenzioso.
E la lampada della Sapienza
tace, e non irradia,
spenta dalla tua rassegnazione.
Tace il demone di tua figlia,
ammutolito dalla Storia che si perpetua
sempre uguale a se stessa.
Tace lo sguardo, serra gli occhi,
poi li riapre con meraviglia di stupore,
sentendo come la coscienza possa uccidere
ogni Nero presagio, e l’urlo del dolore.
*
Autodafé
Vostro Onore,
lo uccisi almeno un milione di volte.
Ora che mèndico il suo sorriso
con ali di cigno, iridi di bufera,
lui non c’è, e la sua assenza
parla più di ogni parola,
neppure sussurrata.
Vostro Onore,
nel corridoio del tribunale,
irto di lucciole di neon
gli raccolsi la coppola caduta
con sguardo di bambina,
ma il grido eclatava rabbioso
assetato di natura, e violentava
di più e di più, ancora una volta,
contorceva l’anima di cactus
cresciuto all’ombra dell’aprile.
Vostro Onore,
Esimio, Reverendissimo, Eccellente,
lei capì.
Eppure chiuse i polsi
in manette di cristallo,
cerchiò il cuore di spine ad una strige
negletta nel crucifige.
Ora muoio in questo fuoco, ma non abiuro,
e lo giuro, Vostro Onore,
che la mestizia della perizia
fu umiliazione cocente, annichilente,
commisurata al metallo
di centimetri di psiche dilaniata
da anni di lotta bombarola
per una donna, forse, troppo sola.
Vostro Onore, ora la avvoco.
Il suo potere fu gioco di vanità crudele,
storpiò l’innocenza, ruppe la decenza.
E le chiedo con parole antiche,
Chi non sognò almeno una volta
di uccidere suo padre?
Mi piace pensare ad Anna come “appartata” nel senso di messa da parte per quanto è preziosa. Da non esibire o sfoggiare con boria, ma da proteggere. Per tutelare la purezza di parole che massacrano e accarezzano. Che, proprio per questo, profumano di vita.
Grazie.
Buongiorno,
questi tre testi poetici fanno parte di un progetto molto più vasto, “Ritratto di famiglia”. L’intreccio di un microcosmo familiare con la storia del Novecento. I tre testi pubblicati qui fanno parte della sezione “Padre”. Buona domenica a tutti.
Anna Giuba ci regala tre spaccati profondi, credo siano cellule pronte a moltiplicarsi ed a portarci in un viaggio carico di emozioni piene di sensibilità e consapevolezze anche, dove necessario, dolorose ma vere.
Anna ci racconta emozioni che sono cellule di mondi più grandi fatti di emozioni e consapevolezze anche dolorose, aspetto l’evoluzione di questo percorso per poter condividere sempre di più il suo mondo espressivo.
Tanto appartata che non la conoscevo, resto folgorata dalla scrittura di anna giuba che in questi anni di poesia gnomico minimalista noiosamente pretenziosa nella sua sentenziosità, suona ad un ritmo originale temi importanti e cogenti. Grazie per queste tre poesie, ad anna e a Francesco che le ha postate. C’è una raccolta che si può leggere? Stampata od inedita?
Ciao Rosaria, e grazie. “Ritratto di famiglia” è una raccolta, sezioni “Padre, “Madre” e “Figlio”, che incrocia un microcosmo familiare con la storia del Novecento italiano. E’ appena terminata, e ancora inedita. Ma penso non avrò difficoltà a pubblicarla, perché la poesia non punta sul commercio, ma sulla qualità dei testi. Speriamo. Se vuoi scrivermi, fallo pure ad annagiuba13@gmail.com. Ti aspetto!
Dovremmo amare ed onorare i Poeti, la voce con cui ci parla la Coscienza Umana Universale. Lo fanno con dolore, come partorire. Anna Giuba non è appartata, è solo che vola molto in alto.
Ti amo e ti onoro Anna Giuba per come sai distillare le emozioni e le parole e per il tuo dolore che è il mio dolore.
Grazie Antonio.
Grazie per queste poesie, emozionanti
Grazie Rosaria e soprattutto grazie ad Annarella. Grazie a quanti sono intervenuti e a quanti interverranno. Ad Antonio, che ringrazio, dico solo che i “miei” poeti appartati volano alto, per definizione, in alto e di lato. Basta leggerli. effeffe
https://www.nazioneindiana.com/tag/i-poeti-appartati/
bellissime
Grazie Carmine. Spero prima o poi di conoscerti, condividiamo molto. A presto!
Sono belle davvero, sono come pettini di ferro,
di quelli che graffiano e ti tirano via un po’ di pelle.
Brava, molto brava!
Grazie, Mario. :-)
Anna Giuba, oltre a queste e altre splendide poesie, ha scritto diversi, formidabili romanzi. Il fatto che sia semi sconosciuta la dice lunga sui criteri di selezione delle case editrici (perlomeno di quelle medie e grandi) in questo paese. Grazie a ff che ci permette di leggerla e apprezzarla nonostante tutto.
Grazie a te, Francesco. Colgo qui l’occasione per segnalare i tuoi racconti, “I durmienti”, La scuola di Pitagora editrice. Non è un reciproco leccamento, è solo una questione di giustizia. Anche in questo, questo paese mi sembra deficitario. Eppure continuo ad amarlo più di ogni altra cosa. Forse sono stupida.