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Il burattino, l’asino e i porno, o del nuovo puritanesimo

di Giorgiomaria Cornelio

All’età di 14 anni abbozzai, insieme ad un minuto gruppo di amici, il progetto di un cineforum che avrebbe dovuto includere “Ecco l’impero dei sensi” di Nagisa Oshima e “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini. Del primo titolo avevo ereditato una videocassetta pubblicata in una collana dell’Espresso dal titolo immaginifico: “I classici proibiti”. Del secondo tentammo di recuperare un dvd alla biblioteca cittadina, convinti della non eccezionalità della richiesta. Eravamo in torto: il film ci fu negato –ça va sans dire– per via della nostra età. Protestammo invano e chiassosamente, come sempre si protesta prima di comprendere la sbrigativa prammatica degli apparati burocratici. Avremmo realizzato in seguito, e non senza ricorrenti dimenticanze, che a denunciare i ladri è naturale che si finisca in galera, e che la parabola di Pinocchio è compendiario della giustizia umana:

“Il burattino e l’asino sono versioni equivalenti del medesimo archetipo: la fatica della vittoria sulla condizione puramente naturale e meccanica. L’una usata da Marco Aurelio, l’altra da Apuleio, al medesimo fine. Collodi adoperò entrambe. Faticosa vittoria! Collodi mostra come per ottenerla si deve rinunciare a ogni fede nelle istituzioni umane, liberarsi interamente dalla illusione della giustizia e dell’utopia.” 1

Resta il fatto che quella che veniva fatta passare come tutela della nostra “innocenza” era, al contrario, un modo di velare la speciosità d’un sistema paralitico di cui avvertivo, già da allora, la violenza e il ragguaglio, come se fossi spettatore malinformato, comunque inadatto alla “visione”.

Scrivo questo perché non deve giungere come una sorpresa la recente decisione di Tumblr di abolire dal suo sito tutti i contenuti per adulti, ennesima tappa di un processo di cesure industriali che tradisce -dietro al pretesto dell’inclusione- un puritanesimo démodé che credevamo malconcio e inadeguato. Lo ritroviamo invece agghindato di progressismo, come nell’esercizio di sfrondatura del vocabolario accademico, da cui spariscono parole (“frocio”, “troia” 2…) il cui carattere offensivo rivela nient’altro che la nostra incapacità di affrontarne gli strati densi di memoria e la nostra testardaggine a non voler riconoscere nei nomi una realtà che è più di se stessa.

Poco davvero bisogna sorprendersi, allora, quando a Milano viene ⇨ abolita una mostra per qualche segno pruriginoso e un intenzionale fraintendimento del contenuto, fraintendimento che ad ogni modo manifesta un rigurgito collettivo da cui non scampano neppure quelle opere che penseremo confortate dietro al titolo di “classici” (si veda ⇨ quanto è accaduto al Balthus).

Renderemo conto anche di questa violenza. Per l’immediato, l’alto edificio del progresso è validato dal complesso delle sue statistiche.
 
Fa ombra, è vero, ma per chi vuole sporgersi c’è ancora la Luna.

 

NOTE

NOTE
  1. Elemire Zolla, Uscite dal mondo” [Adelphi, 1992[🡅
  2. L’intento di queste righe non è quello di suffragare l’impiego di queste parole, ma di favorirne lo studio e il ribaltamento: varrebbe la pena ricordare che per Dino Campana la poesia è una “troia incommensurabile”.🡅

8 COMMENTS

  1. Intervento interessante e pertinente. Sulle somiglianze e soprattutto sulle convergenze tra politicamente corretto e morale vittotiana ci sarebbe molto da dire. Per il momento ricordiamoci della censura del film di Woody Allen, anche se in questo caso la censura non ha dichiarato infame l’opera ma l’autore

    • “Una pratica aberrante e reazionaria come la pornografia”. Quale pornografia? La sua affermazione non ha luogo, se non quello del fraintedimento. La pornografia è un universo plurale. È come dire: una pratica aberrante e reazionaria come la letteratura.

  2. Mentre gli esempi di censura cinematorgrafica o il caso Balthus riguardano la creazione del consenso intorno a una visione culturale, l’esclusione dei contenuti porgografici su Tumblr avviene in modo algoritmico e automatico, stornando la responsabilita’ umana dei gestori a favore di una impersonale imparzialita’ digitale che ha invece un orientamento politico fortissimo.
    Se andamo oltre i tanti esempi di falsi positivi (nudi che non lo erano) e falsi negativi (foto porno non riconosciute come tali), (vedi su Tumblr, ma episodi simili anche su Facebook), il filtro selettivo dei contenuti connota politicamente le piattaforme degli OTT, e curiosamente l’orientamento generale e conservatore e a destra.

    • In balia dei negativi, se l’efficienza ancora trema significa che c’è ancora da respirare (vero è che serve a poco continuare ad ignorare “questo orientamento politico fortissimo”),

  3. Alcune note un po’ a lato. Si dice spesso che tutto è recuperabile, e che l’arte non scandalizza più, e se vuole scandalizzare, lo fa cinicamente. E’ chiaro che in un mondo senza censura, addio scandalo. Nessuno potrà più épater né il borghese, né il puritano, né il politicamente corretto. Se un po’ di censura ancora esiste, potremmo, da artisti e scrittori, tirare un sospiro di sollievo. C’è ancora un po’ di lavoro da fare, non tutto è poi cosi digeribile. Intorno ai bambini, ad esempio, c’è un’enorme ipocrisia: una valanga di pubblicità (vestiti e non solo) comincia a erotizzare i bambini a partire dagli otto anni, i videoclip di musica pop sono spesso dei porno soft alla portata di tutti, ma una piccola mostra puo’ scatenare isterie fortissime. Ma qui direi non c’è nulla di nuovo.

    Più interessante tutto quanto riguarda la dimensione storica della lingua e non solo. Anche qui l’arte esiste per ricordarci che un mondo svuotato dalle pulsioni negative puo’ assumere il profilo inquietante di un’utopia-distopia, dove l’oblio forzato della storia umana è posta come una condizione necessaria per essere moralmente corretti.

    Su Tumblr e Facebook, mi sorprendo della sorpresa. Sono piattaforme che hanno un proprietario, un privato, e come tale fa un po’ quel che gli pare, anche se a noi sembra di vivere nel bengodi della comunicazione onnilaterale e istantanea. Qui la censura, magari ci risveglia un pochettino dal nostro sonno di giulivi utilizzatori di infrastrutture della comunicazione che non abbiamo creato, prodotto, gestito noi.

    • “Più interessante tutto quanto riguarda la dimensione storica della lingua e non solo. Anche qui l’arte esiste per ricordarci che un mondo svuotato dalle pulsioni negative puo’ assumere il profilo inquietante di un’utopia-distopia, dove l’oblio forzato della storia umana è posta come una condizione necessaria per essere moralmente corretti.”

      Ecco, che via sia ancora censura non è poi così preoccupante: il vangelo dell’antitradizione non ne risentirà poi molto. Rattrista piuttosto vedere la cancellazione come operazione di sfrondatura progressista: è in questo fraintendimento che si giocano i ribaltamenti linguisti. Stuccare il dizionario di vuoti “politicamente corretti” è una barbarie che ferisce ugualmente sacro e profano, e per me che vivo in Irlanda è questa “l’aria che tira”.

      “Su Tumblr e Facebook, mi sorprendo della sorpresa. Sono piattaforme che hanno un proprietario, un privato, e come tale fa un po’ quel che gli pare, anche se a noi sembra di vivere nel bengodi della comunicazione onnilaterale e istantanea. Qui la censura, magari ci risveglia un pochettino dal nostro sonno di giulivi utilizzatori di infrastrutture della comunicazione che non abbiamo creato, prodotto, gestito noi.”

      Internet è ancora alla preistoria. Quando risveglieremo il modo d’essere della “rete” (per ora cigolante e rugginosa), allora il gesto del connettersi sarà realmente fecondo (di una fecondità tutta fatta di “feritoie”, però).

      Grazie del commento, Andrea

  4. “La cancellazione come operazione di sfrondatura progressista”, si, questo è il fenomeno più infido, anche perché intorno ad esso si giocano non solo carriere di censori “liberal”, ma anche di politicamente scorretti acclamati dalla folla. In ogni caso, è un tema tosto, Giorgiomaria Cornelio. Bene che ci hai messo mano e grazie a te per il pezzo.

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mariasole ariot
mariasole ariothttp://www.nazioneindiana.com
Mariasole Ariot (Vicenza, 1981) ha pubblicato Anatomie della luce (Aragno Editore, collana I Domani - 2017), Simmetrie degli Spazi Vuoti (Arcipelago, collana ChapBook – 2013), La bella e la bestia (Di là dal Bosco, Le voci della Luna 2013), Dove accade il mondo (Mountain Stories 2014-2015), Eppure restava un corpo (Yellow cab, Artecom Trieste, 2015), Nel bosco degli Apus Apus ( I muscoli del capitano. Nove modi di gridare terra,Scuola del libro, 2016), Il fantasma dell'altro – Dall'Olandese volante a The Rime of the Ancient Mariner di Coleridge (Sorgenti che sanno, La Biblioteca dei libri perduti 2016). Nell'ambito delle arti visuali, ha girato il cortometraggio "I'm a Swan" (2017) e "Dove urla il deserto" (2019) e partecipato ad esposizioni collettive. Ha collaborato alla rivista scientifica lo Squaderno, e da settembre 2014 è redattrice di Nazione Indiana. Aree di interesse: esistenza.