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Appello di Italialaica

Cari amici,
vi presentiamo questo appello che renderemo pubblico dalle ore 14 di domani, giovedi’ 7 aprile. Chiediamo la vostra adesione per poter far parte del drappello dei primi promotori. Cosi’ come fara’ Italialaica, vi preghiamo di diffonderlo con tutti i mezzi a vostra disposizione e di iniziare una raccolta di firme.

La decisione di intitolare a Giovanni Paolo II la stazione centrale “Termini” della capitale della repubblica italiana non è che il culmine, davvero eccessivo, di un crescendo di delirio idolatrico da cui l’intera società italiana è investita in questi giorni. Sull’onda di un servilismo e di un’eccitazione mediatica e politica senza precedenti, si smarrisce ogni memoria del carattere laico delle istituzioni, del profondo pluralismo culturale, politico e religioso della società in cui viviamo, del carattere estremamente controverso, perfino per gli stessi cattolici, dell’eredità del defunto Papa. Si è perso in questi giorni, soprattutto, ogni rispetto per i milioni di cittadini che dissentono dalle opinioni e dalle convinzioni di questo Pontefice.

Riteniamo che, quanto meno, decisioni destinate a segnare a tempo indeterminato il volto di Roma dovrebbero essere assunte solo una volta esaurita l’attuale ondata emotiva. Le organizzazioni che, tra gli altri, firmano questo appello e che fanno attualmente parte della “Consulta laica” del Comune di Roma, annunciano che, se la decisione di intitolare la stazione Termini a Giovanni Paolo II sarà confermata, si ritireranno da tale organismo.

Claudio Bocci per “Altrevie”
Annamaria Del Monte Masini per “Scuola e Costituzione”
Franco Grillini per “Sinistra Libertaria”
Enzo Marzo per la “Fondazione Critica liberale”
Sandro Masini per “Ass.Democratica Giuditta Tavani Arquati”
Antonia Sani per “CRIDES”
Mirella Sartori per “Italialaica.it”
Nicola Sferragatta per “Societa’ laica e plurale”
Giulio Cesare Vallocchia per “NO GOD-Atei per la Laicita’ degli Stati”

7 COMMENTS

  1. con due addenda:

    “Viene il sospetto che non sia così, e che questa convergenza di milioni di sguardi, sentimenti e pensieri su un uomo solo, sfigurato idealmente fino a farne il Cristo crocefisso e risorto, il Padre e la guida spirituale del mondo intero, sia invece il frutto, peraltro prevedibile, della miseria di una civiltà che si vede passare davanti agli occhi ogni giorno morti, violenze, ingiustizie, atrocità di ogni genere, e che non sa più provare un sentimento adeguato né avere abbastanza fiducia in se stessa e nei propri simili da prospettarsi un cambiamento.”

    Lea Melandri su “Liberazione”

    &

    “Gli oltre venticinque anni di Pontificato di Karol Wojtyla sono stati una conferma delle critiche che già avevo espresso dopo un anno del suo Pontificato.

    Secondo la mia opinione, egli non è il Papa più grande ma il più contraddittorio del XX secolo. Un Papa dalle molte, grandi doti, e dalle molte decisioni sbagliate!

    La sua «politica estera» ha preteso da tutto il mondo conversione, riforma, dialogo. Però, in tutta contraddizione, la sua «politica interna» ha puntato alla restaurazione dello status quo ante Concilium, a impedire le riforme, al rifiuto del dialogo intra- ecclesiastico e al dominio assoluto di Roma.

    Questa contraddizione si evidenzia in undici ambiti problematici. Riconoscendo gli aspetti positivi di questo Pontificato, mi concentrerò quindi sui suoi aspetti critici e contraddittori.”

    secondo paragrafo da “Wojtyla, il Papa che ha fallito”

    del teologo cattolico Hans Kung

    Da il “Corriere della Sera” 26 marzo 2005.

    Questo articolo l’ho trovato sul sito: http://www.cdbitalia.it delle Comunità Cristiane di Base.

    (Perdonatemi il taglia-incolla.)

  2. La PROTEZIONE CIVILE mi ha avvisato nel modo più efficace (= con messaggino sul cellulare): “X enorme afflusso, da mercoledì h 22 chiuso accesso code x saluto Papa. Venerdì x funerali stop traffico Roma; area S. Pietro piena schermi in piazze e Torvergata”.

    Direi che il ***fenomeno*** è stato disciplinato con perizia. Personalmente non farei MAI diciotto ore di fila per sfilare mezzo istante davanti a una salma, se non, forse, per i miei figli (ai quali ieri, nell’***indifferenza generale***, è stata augurata la morte). Ma poi mi sono tornate in mente le parole di una canzone:

    “Sai,
    la gente è matta
    forse è troppo insoddisfatta
    segue il mondo ciecamente
    quando la moda cambia,
    lei pure cambia
    continuamente
    e scioccamente…”

    Altre masse affluiranno sabato per poter dire “C’ero anch’io” alle nozze di Carlo e Camilla.
    Che volete farci?
    La gente evolve lentamente. E non sarà certo uno sparuto drappello capitanato dal giovanottino Andrea Inglese ad accelerarne la crescita.

    Molti di più, per fortuna, sono stati gli italiani che hanno scelto (e sono stati liberi) di restare a casa.

    A proposito, ricordate quando Pope John Paul II si mise in testa una cresta di penne da pellerossa, dimostrando simpatia per la Nazione Indiana?:-/

    Che dire, infine, della ricca materia letteraria ispirata a Scarpa e Moresco (per fare un paio di esempi) dall’ingrediente “pontefice”?
    Un po’ di gratitudine, che diamine!

    Riassumendo: non sottoscrivo questa iniziativa annunciata da SPALANCHIUSA, anche perché, al suo interno, vi sono membri della cui intolleranza sono rimasto vittima (si fa per dire) di recente, anche se a parole si atteggiano a convinti democratici.

  3. In effetti, qui si prendono di mira “decisioni” di marginale importanza.
    Questo tono accorato dovrebbe essere riservato a cause ben più significative per l’etica e per lo stato laici. Lo spreco degli appelli è fastidioso, e rischia il folklore.

  4. Cambiare targhe, carte intestate, insegne, database, gadget costa. Oltre al costo di informare chi lavora con i luoghi in Italia e all’estero. Se un turista si informa a Parigi e gli dicono di arrivare a Roma Termini, poi non scende a Roma Giovanni Paolo secondo. Meglio dedicargli una nuova opera. Cambiare i nomi dei luoghi così su due piedi mi sembra superficiale.

  5. Concordo in pieno con la protesta di Andrea Inglese e vi aderisco senza riserve.
    Aggiungo che non si tratta di una decisione “marginale” per almeno due motivi.
    Il primo è il rispetto che si deve ai luoghi condivisi, ai loro nomi, al linguaggio stesso, alla comunità insediata (civitas) che li ospita e che vi si riconosce, al di là di attribuzioni posteriori, successive e forzate.
    Il secondo, non meno rilevante, è il cedimento furbastro, populista e scopertamente interessato, del Sindaco di Roma e della coalizione politica che lo sostiene, alla falsa – ripeto falsa – emozione de massa che la morte del papa sta provocando.
    La Stazione Termini, come qualsiasi altra stazione e molti altri complessi romani, è un monumento laico e civile – che, storicamente, prende di solito il nome dai luoghi in cui sorge ( Stazione Centrale, Stazione S.M. Novella, eccetera) – tipico della fase post unitaria delle nostre città, quando la nazione cominciava a riconoscersi come comunità civile, prima che religiosa, e non è, ripeto non è, rinominabile a piacere.
    Come ho scritto altrove, oggi, al supermercato GS di Piazzale degli Eroi a Roma, si facevano acquisti mentre dagli altoparlanti invece della solita musichetta sgorgava l’omelia del cardinale Ratzinger e i successivi inni cerimoniali.

  6. due coniderazione per tashtego: l’appello che ho pubblicato non è mio, né ho contribuito alla suo elaborazione. In un altro momento non l’avrei neppure condiviso. (A proposito di appelli, in genere, la penso come Emma.) Oggi mi sembra doveroso pubblicizzarlo, e sono pronto a sottoscriverlo.

    Io non credo che l’emozione di massa sia “falsa”, semmai è oscura, sintomatica, confusa. Essa è in qualche modo catturata dalla forma del rito (che è sempre in qualche modo “vuota”). Ma concordo pienamente con la tua analisi: intorno a tale emozione si sono subito scatenate le varie speculazioni politiche e ideologiche.

  7. Sottoscrivo pienamente il ragionamento di Diego911. Non ho nulla contro l’ondata emotiva che ha suscitato la morte del papa (il popolo ciaddavè i suoi momenti di esaltazione collettiva), né contro la voglia di intitolargli qualcosa. Ma se la stazione Termini diventasse Stazione Giovanni Paolo, per il turista che – a Roma – chiedesse informazioni ci sarebbe il pericolo di venire indirizzato alla quasi omonima basilica (Giovanni & Paolo).
    Solo per questo, e non per opporre una contro-onda di tipo laico, ritengo più ragionevole intitolargli qualcos’altro.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ha pubblicato uno studio di teoria del romanzo L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo (2003) e la raccolta di saggi La confusione è ancella della menzogna per l’editore digitale Quintadicopertina (2012). Ha scritto saggi di teoria e critica letteraria, due libri di prose per La Camera Verde (Prati / Pelouses, 2007 e Quando Kubrick inventò la fantascienza, 2011) e sette libri di poesia, l’ultimo dei quali, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, è apparso in edizione italiana (Italic Pequod, 2013), francese (NOUS, 2013) e inglese (Patrician Press, 2017). Nel 2016, ha pubblicato per Ponte alle Grazie il suo primo romanzo, Parigi è un desiderio (Premio Bridge 2017). Nella collana “Autoriale”, curata da Biagio Cepollaro, è uscita Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016 (Dot.Com Press, 2017). Ha curato l’antologia del poeta francese Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008 (Metauro, 2009). È uno dei membri fondatori del blog letterario Nazione Indiana. È nel comitato di redazione di alfabeta2. È il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.