Italia De Profundis
di Marco Rovelli
Il titolo del libro di Giuseppe Genna va preso alla lettera: Italia De Profundis (minimumfax, euro 15) è davvero un testo testamentario. La prima cosa che appare alla lettura è inevitabilmente il torrenziale processo di verbificazione del mondo, che si misura di continuo con il proprio annichilimento. In un fallimento disperato, il verbo cerca continuamente di indicare fuori di sé, volto al trascendimento. Trascendere il verbo, trascendere l’Io. Quell’ipertrofico Io che non cessa di confrontarsi con la propria fine. “Cade la parola, cadono le immagini. Escludi tutto” – è scritto nel libro. Che è una grande autopsia sul corpo dell’Italia che è il corpo stesso dell’autore, in un “indentramento” che coincide con un rovesciarsi fuori di fantasmi e traumi, squadernati, cartografati, “autoptizzati”. “Vedo l’Italia. Vedo me. Non sono io”. Il de profundis allora è recitato per l’ammasso mortuario dell’Italia, un immondo “termitaio” che corre allegramente verso “un orizzonte di deflazione psichica”, e anche “lo Stato privo di politica perché si è fottuta l’idea stessa della pietà, dell’amore, dell’alterità” (insomma quell’orrore italico popolato di figure grottesche e brutali che prende corpo nella seconda parte del libro, nel racconto di un’esperienza comica e tragica in un villaggio turistico, luogo di luce degradata), ma – nello stesso movimento – è recitato per il corpo carnale dell’autore stesso, che destinalmente esibisce le proprie molteplici morti (a cominciare da quelle fisiche: del padre, quella futura di Genna stesso predetta da uno “sciamano” che parla coi morti).
Nel corpo scritturale di Genna esondano i fantasmi, fantasmi interiori che sono, insieme, esteriori (prodotti del resto dal grande teatro della coscienza, dall’Inland Empire insomma). E Genna racconta luoghi di crisi, dove i traumi (i fantasmi reali) prendono corpo: la morte del padre, dunque, ma anche “storie di merda che ho dimenticato”, eventi estremi (l’eroina, le pratiche sadomaso, la morte procurata a un malato terminale) la cui narrazione-finzione, in un gioco gestaltico figura-sfondo, nasconde la realtà – ma in quell’esibizione del personaggio la realtà è realmente occultata. A occultarla palesemente, e definitivamente, la lettera di Genna spedita a se stesso, o a un altro – che è lo stesso.
Testamento, Inland Empire – erano le due parole chiave che avevo ben stampate in mente dopo la lettura di qualche capitolo del libro. Poi, a pagina 220, ecco Venezia, la proiezione (guarda il “caso”) di Inland Empire, l’incontro con David Lynch – che fa da soglia alla seconda parte del libro – e le cose dette da Lynch a Genna nel corso di un “indentramento” nelle calli veneziane. Attenzione, meditazione. E la fine del film (in tutti i sensi possibile dell’espressione, peraltro), che è un testamento. Il testamento dell’Io. Ciò che anche questo libro è. Il testamento della fabula. Il testamento di “Giuseppe Genna”. Per parafrasare quel che scrive di Lynch: “Si tratta di capire chi fa testamento. Se io so che faccio testamento, bisogna cercare di capire se io sono Giuseppe Genna, coincido con Giuseppe Genna, oppure sono altro da Giuseppe Genna, cioé un’attività di coscienza più larga che vede Giuseppe Genna…”
(pubblicato su l’Unità il 31-12-2009)
«L’oscenità degli italiani?
Assistono alla Storia
ma non partecipano»
Valerio Venturi
Milano
L’epiteto che lo accompagna su internet lo definisce “miserabile”. Giuseppe Genna frena: «quello era Hugo; ma lui ci credeva, non usava la distanza ironica.» Di mestiere, Genna fa lo scrittore. E’ una persona gentile che cerca un lavoro che non trova, anche se pubblica per Mondadori ed è letto all’estero. E’ un umanista, dice, che cerca un posto per costruire un punto di riferimento culturale a Milano e non lo trova. E’ un autore che cerca delle risposte; che crede nella necessità di una rivoluzione socialista – «tutte le rivoluzioni lo sono» – affinchè si ritrovi il contatto perduto tra le persone a causa del sorriso ironico.
Un aperitivo nel posto più lontano dalla Milano da bere che offre la zona di Porta Romana (comunque un bar) è l’occasione per parlare di tante cose. Prima di tutto, del suo nuovo romanzo – è un romanzo? – Italia De Profundis , pubblicato per Minimum Fax.
«Nel testo, il personaggio “Giuseppe Genna” vede il cadavere di suo padre, frequenta uno sciamano che gli dice che morirà prima dei 60 anni, ama e non è riamato, gira per Berlino; poi si fa di eroina, ha rapporti con tre travestiti, uccide o forse no una specie di Piergiorgio Welby; è giurato a Venezia, parla con David Lynch, è solo, va in un villaggio turistico allucinante. Strema, almeno quanto è stremato…»
Tutto frullato in una specie di diario per dire che l’Italia è arrivata al De Profundis…
Siamo un Paese all’avanguardia nell’antiumanismo, un territorio in cui un insegnante è pagato un terzo che negli altri paesi, in cui l’intellettuale è un cretino. In quanto scrittore non ricco, mi dice una ragazza di una editrice, ho meno possibilità di fidanzarmi di uno che fa un altro lavoro: tutte queste cose hanno un riflesso immediato, politico. Certi soggetti hanno ridotto l’Italia a un termitaio. Ho scritto certe cose perchè so che c’è una sostanza antropologica della nazione, ma so che non esiste lo Stato, e lo dico avendo lavorato a Montecitorio. Il governo attua direttive che arrivano da Bruxelles, da Washington… Dal punto di vista geopolitico ormai siamo ai margini; conta di più il Botwsana – e cito questo Paese non a caso.
A parte la geopolitica, cosa c’è che non va?
Una volta c’era il treno pedagogico dato dalle grandi ideologie – comunismo e Dc – ma gli italiani sono ancora quelli di piazza Loreto: i milanesi che riempiono via Larga al comizio di Mussolini e quattro giorni dopo sono ad assistere mentre si appende il dittatore. Questa è l’oscenità: si assiste alla storia, ma non si partecipa. Noi italiani restiamo all’avanguardia, perchè non credo esista un Paese che abbia corrotto e prodotto un tale simulacro dell’umanismo. Qui da noi l’empatia è rotta; tra umano e umano vedo un flebilissimo legame. Alla gente non frega un cazzo se uno muore per strada. Questa è una affermazione qualunquistica, ma la verità oggi è questa; e la società impone a me di diventare così, un microfascita antropologico. Alla fine potevo scrivere, nel mio libro, “Giuseppe” o”Italia”: uguale. Viviamo in uno Stato debordante e contagioso.
Nel romanzo racconta la sua esperienza tragicomica in un villaggio vacanze abitato da neo-italiani…
Io lì sono comico, non ironico. L’esperienza al villaggio, che è fantozziana, è in realtà tragica perché il personaggio “G.G.” non soltanto è nel villaggio turistico (una bolla spaziotemporale in cui si condensa il peggio che la nazione può esprimere), ma “è” il villaggio turistico. Ciò che accade è comico perché il comico è una funzione del tragico.
Muore una persona, ma gli astanti pensano ad ingozzarsi…
Ma non c’è ironia, solo comicità. …L’ironia è un nemico che ha distrutto l’amore e il rispetto per l’altro; è la parodia, un atteggiamento portato avanti indiscrinatamente nell’arte. Prendi Cattelan che impicca i bambini-manichini. Io dico: Impicca i bambini! Credici davvero! E invece è solo il gioco dell’idea. Scandalizza? Si, ma ci si può fare un sorriso perchè so che ciò che si vede non è vero…
Il nemico da combattere è l’ironia…
È uscito un libro, Il Tempo Materiale , dove questa cosa è detta esplicitamente… Tutto questo è nell’aria: di fronte al comico ridi e non capisci più un cazzo; per questo è rivoluzionario, ma l’ironico è diverso.
Nocivo?
E purtroppo la sinistra è il regno dell’ironia; la Dandini ne è l’emblema: simbolo del non prendersi e del non prendere mai sul serio la cosa in quanto cosa, l’altro in quanto altro. È anche la misinterpretazione di Berlusconi, che è più di tutto un sintomo di un desiderio degli italiani. A sinistra c’è il predominio del protocollo culturale ironico; a destra la radice fascita qualunquista, leghista, consumista: cioè la negazione dell’altro. …Questo non riconoscere la serietà impedisce di fare il vero gioco. Quindi non si gioca più e non ci si diverte più. E’ scomparso il sentimento tragico, cioè la forza del comico.
In Usa osservare è ancora più “cool” che partecipare?
Persino lì sono messi meglio di noi: in realtà lì il gesto tragico è ancora possibile. Pensiamo a Wallace: non è morto per l’ironia ma contro l’ironia. Se ci è arrivato lui! Questa è la roba bella della letteratura: senti che l’altro è un tuo fratello.
In Italia servirebbe quindi…
La rivoluzione, che sia socialista o comunista – non fascista, quella è stata solo un adeguamento massivo alla natura profonda dell’italiano – non è importante. Ma è impossibile perchè c’è stato un tale dilagare dell’atteggiameno post-moderno, per dirla in termini intellettuali, che c’è isolamento. E una rivoluzione sarebbe ironica. Chi ci crederebbere?
Il web può essere una buona piattaforma per far comunicare le persone?
Il sito Carmillaonline, che seguo, ha 400mila visite al mese: ci leggono in tanti e per tanto tempo. .La mia esperienza professionale parte col web: ho tirato su quello della Mondadori, poi mi hanno cacciato e ho trovato lavoro grazie a due esuli di Cuore che hanno dato vita a Clarence, che da chat abbiamo trasformato in portale. Fu un caso devastante: 1 milione di utenti e facevamo i cazzoni tutto il tempo.
Del tipo?
Alla riunione sulla morte di Agnelli dovevamo decidere il titolo. “Si è spento lentamente come una Duna”, disse qualcuno. Io proposi: “«questa volta la cassa non è di integrazione”. Era il nostro modo di lavorare! …Anni stupendi di cui uno da collaboratore assunto – l’unica volta nella vita. E’ una esperienza che rifaremmo, ma non troviamo i finanziatori. Lo sapevamo che era una bolla, però non immaginavo che dopo ci sarebbe stato il vuoto. Da allora non trovo lavoro; vivo grazie agli anticipi di Mondadori.
Ma non bastano.
Se fai della passione il tuo lavoro, se questo è umanistico, per me muori. Prima amavo la lirica, poi ho lavorato alla rivista Poesia e sono uscito devastato, non ho più scritto un verso; e non scriverei più un romanzo se uscissi dal giro: sono così intriso di letteratura che vedere le macchiette, l’editore che ti rompe i coglioni perchè il testo deve vendere con una scrittura alta ma che sia gradevole a tutti, è una agonia …Per questo sono andato a Minimum fax: ho potuto pubblicare come credevo. Per me non è fondamentale essere accettato; ha senso anche un abbraccio mancato. Ma se il lavoro sull’io, quello che si fa scrivendo, è interrotto, è pesantissimo. Poi non è che guadagno tanto da dire: “vado a Amsterdam e scrivo da là”. Non ho l’auto, ho un cinquantino scassato…. Un conto se sei Lucarelli, Ammaniti; un altro se come me vendi 10 mila copie. Poi c’è una congiuntura culturale politicamente devastante. …Per questo bisogna militare nella via umanistica. Il web è importante – nei 90 ero tra i pochi a crederci – perchè se metto su una recensione di un libro, determino l’acquisto di almeno 1800 copie: nel mercato di oggi, ragionando da avvocato del diavolo, è tanto: la media è di 2500 copie vendute.
Si dice che gli italiani non leggono e che sono analfabeti di ritorno.
Anche di andata. Il 7% della popolazione acquista un libro ma non è detto che lo legga. Il 2,5% è composta da lettori medi; questo determina una struttura del mercato assurda. L’editoria cerca il mainstream, le cazzate alla Moccia spacciate per letteratura – a meno dei casi alla Saviano, che lo leggono anche i microfascisti ma non sposta nulla. Allora per fare ‘ste robe lasci perdere chi compra centomila titoli all’anno. Per come impostano il mercato – le macrotirature in certi casi neanche previste – fanno errori: le classifiche sono pagate per indurre me a comprare in un certo modo. Prima entravo nelle librerie di Milano, alla domenica, e parlavo con commessi competenti che ne sapevano quattro volte più di me, adesso trovo solo supermercati antiumanistici. Non ci vado più nelle catene… Compra su internet, ti dicono. Ma anche Ibs è di Messaggerie! Da ‘sta roba qui non ne esci. Sto parlando di editoria, ma questa “colla” è l’Italia.
02/01/2009 – “Liberazione”
Un buon dittico, per una volta, tra Unità e Liberazione; grazie a Marco e a Di Costanzo, V.
Egregio Giorgio, giusto per non cambiare, vengo da Vibrisse dove non si fa altro che lamentarsi. Vorrei che gentilmente mi dicesse come si fa per contattarla, per chiederle cortesemente di effettuare una recensione del mio nuovo romanzo su Carmilla, onde poter spostare 1800 lettori e far felice il mio giovane editore che merita, soprattutto me che faccio una fatica del diavolo a non lementarmi come scrittore, nonostante i calci in culo che come tutti prendo. Questa è una richiesta seria. La ringrazio anticipatamente per un gentile riscontro, possibilmente altrettanto serio.
Molto interessante l’intervista; invece dell’articolo di Marco Rovelli non ho capito quasi nulla.
Testo superbo e favoloso, quello di genna, che apre numerose strade e quesiti. Innanzitutto, detto brevemente:
1 Perché, nella guerra letteraria contro di sé, non verbalizzare anche quell’eccedenza che è la vita non scritta, senza nome, nella quale è meno facile non assolversi? Il Giuseppe Genna non virgolettato sembra paradossalmente procedere larvatus…
2 Basta il Piano sottile, la metafisica dell’ Inland Empire ed il coraggio dell’illeggibile noia per evitare che il testo faccia la fine di Gomorra, straletto e neutralizzato?
3 Merda Italia e merda “Giuseppe Genna”. Ma la lettera che lui s’invia è tutt’altro che italiana. Non è vero che, a differenza di Wallace, lui non si pone fuori dal cerchio della civiltà di massa. Riesce ad essere oltre Wallace ed oltre il suo snobismo, oltre i non-umani cui si “commistiona” ed oltre il loro antiumanismo hitleriano. Più sveglio di tutti!
4 Le quattro storie di merda ce lo fanno anche detestare, perché abbiamo ancora dentro il calore dell’ “amorosa mancanza” e perché nella sua deviazione da “lei” appare molto italiano (“spreco di sè”), però poi c’è il tragico del villaggio vacanze, e quindi … Vai con l’immedesimazione da spiaggia! E quell’epilogo non torna …
lo sai che c’è Genna? C’è che fumo un miolione di sigarette al giorno sapendo che mi porteranno lentamente alla morte. un morto che cammina fumando, pienamente cosciente. C’è che se tranne pochi lampi per pochi lassi di tempo tutte le genti che incontri se intavoli un simile De Profundis che bene o male intono da solo dal 98 (tempi di liceo) la gente si rompe il cazzo e resti te e le tue parole, te le tue copie. Siamo solo, moriremo soli, ridendo di tutte le facce da cazzo, di destra, sinistra e centro che formicolano, formicolano, per sfuggire da loro stessi. tutto qui, Basta saperlo, sedersi ed aspettare. Tutto qui
fabio, l’italia è una cloaca di zombie. :)))
Venuto al mondo, Margaret Mazzantini: questa è Letteratura, vera Letteratura. Leggetelo, punto e basta.
Confesso un mio limite: ho pregiudizi nei confronti dei figli dei repubblichini (R.S.I). Ho avuto due Genitori meravigliosi (li ho adorati) ma non avrei esitato ad ammazzarli se fossero stati repubblichini. L’unico dovere che un figlio sano ha nei confronti dei genitori repubblichini (o ex, fa lo stesso) è quello di sopprimerli: in nome della decenza, dell’umanità, della carità, della dignità!!!
Si stava giusto discutendo col sodale Rendo del fallimento che a nostro avviso e’ diventato il web letterario italico 2008 e l’intervista al Genna ne riprende molti spunti su scala piu’ grande, nazionale: termitaio, marginalita’, empatia rotta, ironia, scomparsa del tragico.
Da un punto di vista modellistico, diremmo che ormai siamo un sistema ad emergenza zero: dall’insieme delle singole azioni e delle micro aggregazioni, non emerge nulla, non un senso comunitario qui, non una coscienza sociale piu’ su; o forse, quello che pure emergerebbe, annega nella corrente del flusso epifenomenico, entropico e stolidamente caotico.
Come se ne viene fuori? Non so: una guerra, un katechon, un lento afflosciamento di questa merda elastica nella quale siamo finiti come microcosmo e come nazione. Quasi tutte le grandi narrazioni sociali, da quelle religiose a quelle politiche, sono basate su un viaggio di emancipazione rispetto allo stato iniziale brado. Ma qui il viaggio s’e’ interrotto, la celia ha sostituito il bisogno.
Nel mio lavoro, poesia compresa, “comportamenti emergenti” sono ancora osservabili per mezzo di reti neurali, automi cellulari ed algoritmi genetici; ma questi non hanno ferite, sono begli oggetti razionali del tutto a-politici, ai quali puoi dire di estinguersi se non portano da nessuna parte. Invece lo zombie umano e’ condannato alla non vita in pubblico (come scrittore e come cittadino), finche’ gli crolla il privato in testa o finche’ l’iterazione al gesto ironico termina per estenuazione.
io invece sono convinto che la rete stia producendo oggi più che mai dei modelli di aggregazione nuovi. E sicuramente sarà in grado di articolare vere e proprie forme di lotta, politiche e culturali. Politiche perché culturali. Ne parlavo a firenze qualche giorno fa con un amico scrittore – conosciuto proprio su nazione indiana- ed eravamo assolutamente d’accordo su una cosa. la web community non è virtuale, o almeno non solo. Ci sono dinamiche di progettualità comune come nel passato nemmeno i cartelli avanguardistici e politici erano riusciti ad avere. non solo tastiere, tanto per intenderci, ma competenze e appropriazione di sistemi di informazione, comunicazione e produzione artistica, che se fossero in vita gli enciclopedisti d’antan si crederebbero finalmente a casa. Tutto è finalmente a portata di mano, di vita, per intenderci con un livello di analisi e di riflessione senza precedenti. faccio un esempio. Questo post di Sergio Bologna, è girato in rete come in passato raramente accadeva se non attraverso testate giornalistiche come il corriere o simili. https://www.nazioneindiana.com/2008/11/13/a-gamba-tesa-sergio-bologna/
cito questo post perché controcorrente per una serie di motivi che proverò ad elencare. Innanzitutto , la gravità dei contenuti, poi la lunghezza dell’articolo, la specificità dell’intellettuale, la gratuità del pezzo ecc ecc.
Insomma di che scardinare uno dopo l’altro i paletti che si vogliono piazzare di fronte al fare cultura oggi. paletti come.
quel che non costa non vale
(e infatti sergio Bologna non ha venduto a nessuno il suo elaborato)
quel che vale ha un’esclusiva
(infatti il post è girato in rete, in alcuni casi senza citare la fonte ma che importanza ha?)
ho sempre pensato che esclusivo è ciò che esclude e in tal senso l’inclusività della rete (vd la figura dei commentautori) mi sembra talmente evidente…
Certo non è sempre facile essere all’altezza del “bacino di utenza” ovvero delle possibilità della rete, ma in questo sta la scommessa di quanti la rete la fanno, AGRATISSS, in nome di una idea. Di letteratura, di comunità, ma soprattutto di trasformazione dell’esistente. Ho cominciato a leggere il libro di Giuseppe, conosciuto, enfin, a Roma, a casa di un amico – di rete- ad Agropoli. Un libro che traduce l’idea di flusso in rete come nessun altro, pardon, di flusso in vita. E allora ben vengano libri così, reti capaci di riportare a riva pesche miracolose. Libri che ti fanno dire che era valsa la pena restare al largo così a lungo.
effeffe
quel che dice sull’ironia… ma per curiosità, che studi ha fatto?
Bimodale: tu dovresti solo tacere, e sai perchè.
Giorgio Di Costanzo (Ischia), visto che non riesci ad elaborare una risposta, mi vengono dei dubbi che tu possa spostare alcunchè. In fondo, quello che speravo che mi dicessi era come mettermi in contatto con Carmilla, dal momento che attreverso il sito non ci riesco. La richiesta comunque era stata formulata con estrema gentilezza e non meritava di essere ignorata, non da un uomo di cultura.
Se c’è qualche persona che può istruirmi, o farmi da tramite, la ringrazio di cuore.
Non ho mai letto Giuseppe Genna. Spero scoprirlo: l’articolo mi ha dato la voglia di entrare nel suo universo. Osservo una differenza con la letteratura francese: c’è una storia “autobiografica” mescolata all’analisi della società; invece i romanzi francesi scrutano lo specchio dell’intimità senza vera confronto
con la società odierna, l’intimità ha la prevalenza.
Muolo, Di Costanzo ha solo riportato il testo di una intervista di Genna a Liberazione. Dovresti chiedere a Genna, non a Di Costanzo.
Non ho mai letto Giuseppe Genna. Spero scoprirlo: l’articolo mi ha dato la voglia di entrare nel suo deretano. Osservo una differenza con la letteratura francese: c’è una storia “autobiografica” mescolata all’analisi della società; invece i romanzi francesi scrutano lo specchio delle intimità senza vera confronto
con la società odierna, le intimità hanno la prevalenza.
@ FELICE MUOLO
Piccolo consiglio: lascia perdere i signori di Carmilla. E’ tempo perso.
@ a Giuseppe Genna,
rivolgo cortesemente la richiesta che erroneamente ho posto a Giorgio Di Costanzo, che poteva pure scomodarsi a segnalare l’errore. Che sicuramente non ci sarebbe stato se fossi stato più attento (a chi non capita di equivocare?) e l’intervista fosse riportata sul sito in maniera più chiara e comprensibile.
Muolo,
1) Di Costanzo ha riportato fedelemente una intervista, se tu davvero ha creduto che a parlare fosse lui e non Genna, significa che non hai capito gran che di quello che hai letto.
2) Genna non è un redattore di NI e non so neppure se sta leggendo questo post, quindi cosa gli rivolgi a fare la richiesta qui?
3) Se sul sito di Carmilla non ci sono gli estremi per essere contattati significa che non vogliono essere contattati, mi spieghi allora perché dovremmo permettere di farlo noi da qui, a quale titolo?
Che senso ha parlare di Italia o di italiani, visto che viviamo in uno stato senza sovranità ?
@ Gianni Biondillo, se t’incazzi in questo modo all’inizio dell’anno….
@ Gianni Biondillo,
mi accorgo ora che hai cancellato un mio intervento. Prendo nota che date un’informazione parziale: erano scuse a Di Costanzo e una risposta a Iannozzi. Ho ammesso di aver equivocato per delle colpe, presumibilmente una mia e una del sito, c’era bisogno di offendere?
Grazie, siete molto ospitali.
Felice, io non sono incazzato, questo post non è mio e io non ho cancellato nulla. Non so neppure di cosa parli. Rilassati.
Felice, è stato un caso disgraziato, sono stato io a cancellare il tuo intervento non volendo! Ero dietro nel retrobottega dei redattori e stavo per cliccare la finestra di una chat e invece ho sbagliato bersaglio… Scusa, davvero non era voluta, anche perché non c’era motivo.
@gianni biondillo
se qualcuno a nome tuo offende non è certo colpa mia se ti addebito l’offesa. Rilassati rivolgilo a chi ha preso il tuo posto.
@marco rovelli
Accetto le scuse. Anche se constato che c’è molta confusione nel retrobottega e anche voi, come è capitato a me, equivocate, quindi non sono il solo a non aver “capito un granchè”.
Amici come prima e BUON ANNO
Senta Muolo: lei sta male.
bellomunno?
effeffe
Muolo, d’accordo che sei un mulo, lo sono anch’io per certi versi, ma davvero non c’è che da perdere tempo prezioso a star dietro a certe persone. Poi sei libero di fare quel che credi. In ogni caso, per Carmilla hai solo da contattare Genna: è poi lui il tuttofare, che decide chi andrà on line e perché e chi invece no.
@marco rovelli, d’accordo, abbiamo bevuto troppo in questii ultimi giorni ma lei sta peggio di me perchè forse continua mentre io ho smesso.
Precisato questo, vorrei dire tutta la verità a chi mi ha accusato sotto mentite spoglie di non aver “capito un gran che” dell’intervista di Genna. L’intervista non l’ho letta per niente, pensavo addirittura che fosse una recensione, dal momento che non c’era differenza di caratteri di scrittuta tra le domande e le risposte, come di solito succede. Ne avevo lette parecchie di recensioni sul libro di Genna, compresa quella denigratoria di Parente apparsa su minimumfax, per cui non mi andava proprio di sorbirmene un’altra. Scorgendo il testo superficialmente, mi erano venuti sotto gli occhi il nome Carmilla e delle cifre. Siccome da tempo cercavo di mettermi in contatto con questo sito, ho inviato il post. Tutto qui. Ne avete fatto un caso ma si vede che qualcuno ha smarrito il cruciverba.
@Iannozzi, ti avevo già dato una risposta ma è stata accidentalmente cancellata. Te la ridò e vediamo se questa volta rimane. Come tu sai, il mese scorso ho pubblicato il mio quinto romanzo. Prende le mosse dalle false utopie proclamate nel ’68. Pensavo, e penso, che a Carmilla l’argomento interessasse, dal momento che sul suo sito appare la dicitura: Cultura contro.
Poi, perchè non mi rivolgo direttamente a Genna? Credo sia superfluo: un’occhiata a un sito che riporta una sua intervista lui dovrebbe darla. Non mi si dica che chi si è preso il disturbo di inserirla non si sia premurato di informarlo. Non credo che l’Italia si sia capovolta in occasione del nuovo anno.
Azz’!!! E chi se lo avrebbe mai creso!
Ovvio che Genna, o chi per essa, sa che qui c’è un articolo che lo riguarda, così come è a conoscenza dei commenti.
Ritengo improbabile che Genna venga qui a commentare per darti il suo indirizzo di posta elettronica o qualche altro riferimento utile. Su Carmilla sono stati tolti tutti gli indirizzi di posta; così anche sul sito di G.G. Ciò ti dovrebbe far riflettere.
Non mi sembra però che il pezzo di Massimiliano Parente sia in alcun modo denigratorio. Parlo come semplice commentatore, non in altra veste.
L’articolo di Rovelli non l’ho letto: posso immaginarne il contenuto, come navigato lettore di blog.
Lo so bene. :-)
Ti ho risposto che devi rivolgerti a Genna in prima persona: è lui che tiene su Carmilla, in ogni senso. Capiscimi.
Ricapitoliamo, Muolo. Con calma:
Forse perché sei un nuovo frequentatore del sito non sai che è spesso d’abitudine, con spirito di servizio da parte dei lettori, mettere nei commenti stralci di testi provenienti da altre parti. Ed è quello che ha fatto Giorgio Di Costanzo. Citando autore (all’inizio) e fonte (alla fine). Nulla di male se non hai capito.
Non sto neppure a dissezionare i tuoi commenti, che immancabilmente lasciano sempre una striscia sarcastica o lagnosa come una bava antipatica. Magari è solo una mia impressione, e se è così me ne scuso.
Resta il fatto contingente: nessuno qui può metterti in contatto con i redattori di Carmilla perché non è nelle loro intenzioni essere contattati. Perché? Non ne ho la minima idea, sono fatti loro e io rispetto le loro scelte. Ti faccio inoltre notare che noi di NI siamo sempre disponibili e rispondiamo a tutti, ma esistono altri luoghi dove questo deve accadere, come la bacheca o la posta. Monopolizzare una discussione che dovrebbe vertere su un libro e non sui tuoi personali, per quanto legittimi, interessi non è, come dire, elegante. Ti chiedo, perciò, di lasciare che la discussione cada in questo post, in quanto fuori luogo.
Aggiungo che fregiandomi io dell’amicizia di buona parte della redazione di Carmilla, sentir dire che è il solo Genna a “tenere” Carmilla in mano è pura fantasia dietrologica. Il direttore della rivista on line è Valerio Evangelisti, e Wu Ming 1 e Girolamo De Michele sono redattori assidui (oltre agli altri). Nessuno tiene in mano nulla.
Spero di essere stato chiaro ed esaustivo, non ho problemi a ricevere una tua replica a questo mio commento, ma preferirei fosse l’ultima. Anche per rispetto all’autore di questo pezzo e alla discussione abortita.
Saluti, G.
@ Gianni Biondillo, non sono stato io il primo a morsicare, mi sono solo difeso e la bava antipatica è ancora fuori luogo, tipo morsicare (giusto per non essere preso per i fondelli). Avevo già chiuso con Amici come prima ma non era bastato. D’accordo a sotterrare l’ascia di guerra per il quieto vivere.
@Iannozzi, con denigratorio intendevo dire negativo riguardo il contenuto dell’opera. In quanto a Genna, perchè insisti di rivolgermi direttamente a lui, quando non c’è traccia su uno dei suoi siti del suo indirizzo di posta elettronica? Dove lo pesco? (Comunque, non è proprio lui che mi interessa, a cui sicuramente non interesso, ma qualcuno di Carmilla che ha intenzione di recensire il mio romanzo, per non aspettare il cinquantennale del ’68).
Perché fino a qualche mese fa l’indirizzo di posta a cui far fronte per contattare Carmilla era quello di Genna. Poi, di punto in bianco, hanno tolto ogni riferimento di posta, di chi ci sarebbe in redazione, ecc. ecc. Per dire: bel modo di aprirsi al pubblico e di presentarsil. Però sei duro: se non interessi a Genna, non ci piove che non interessi a nessuno in Carmilla. Vedila così: Genna è la Redazione di Carmilla e nessun contenuto passa se non è lui a dire SI’ OK, proprio come l’Uomo del Monte. Nemmeno uno spillo senza il SI’ di Genna. Ovviamente sono ancora in veste di semplice commentatore.
La recensione di Massimiliano Parente io l’ho trovata ben più che esaustiva: ha smontato in maniera impeccabile i fragili contenuti che sono in DP di GG.
Ciao
“Genna è la Redazione di Carmilla e nessun contenuto passa se non è lui a dire SI’ OK, proprio come l’Uomo del Monte. Nemmeno uno spillo senza il SI’ di Genna.”
Ovviamente tutto ciò è falso, ma cosa lo dico a fare?
Ovviamente tutto ciò è falso, ma cosa lo dico a fare?
Ricordo di avere una mail di Genna, una delle tante… Be’, con quella email gli avevo proposto un autore. Ricusò dicendo, relata refero, “BIP BIP BIP BIP non passerà mai su Carmilla”. E così fu, come decise Genna.
Ovviamente è tutto inventato, vero Gianni?
Nell’html nei META di Carmilla era indicato Genna come riferimento, come proprietario, c’era difatti l’indirizzo suo di posta elettronica.
Adesso è scomparso anche dai META, è però presente nelle keywords come chiave di ricerca insieme a tanti altri nomi, ovvero “Valerio Evangelisti, Girolamo De Michele, Silverio Novelli, Nico Gallo, Roberto Sturm, Danilo Arona, Nico Maccentelli, Paolo Chiocchetti, Giorgio Tinelli, Franco Clun, Valentina Poggi, Emiliano Mattioli, Hobo Rosati, Vittorio Catani, Igino Domanin, Giuseppe Genna”. E’ questa la redazione???
E chi lo sa!
Bohhh!!!
Mistero. Mistero. Mistero.
Di Pulcinella.
Un tempo c’era un’indicazione. Oggi non più.
Sinceramente non fa per niente un bell’effetto arrivare su di un blog culturale-politico e scoprire che non è indicato nemmeno chi dovrebbe essere il responsabile, o al limite il webmaster. Personalmente un blog senza una redazione, senza un responsabile in chiaro, ecc. ecc., dove niente è indicato, a me non piace, lo trovo poco affidabile, anzi proprio per niente affidabile. Troppo facile far apparire articoli pesanti, di contenuti politici sociali culturali, solo indicanto di Redazione, Redazionale. Quale redazione, caro Gianni? Dài, non prendermi in giro. Non sono nato ieri e neanche tu. Siamo adulti entrambi.
Personalmente non prendo sul serio un blog dove compaiono nomi di fantasia, dove compaiono pezzi firmati da una Redazione fantasma. Come potrei?
Un semplice lettore di blog, capito, caro Gianni?
Stammi bene, caro Gianni.
‘Notte
Lo sanno anche i muri che il direttore responsabile, nonché fondatore, della rivista Carmillaonline è Valerio Evangelisti.
I nomi che fai non sono di fantasia, ma persone vere che lavorano su quel sito, come si evince dalle firme dei pezzi. E’ capitato anche a noi di NI di firmare e postare un pezzo a nome della redazione. E’ la cosa più ovvia del mondo, dietro non c’è nulla, se non dietrologia.
Ma, insisto, che te lo dico a fare?
Tu ora replicherai spostando di poco quello che dico, manipolandolo, e aggiungendo altra fuffa che nulla c’entra col tema di questo post.
Giusto perché non son un maleducato mi premuro di dirti che non ti risponderò più per evitare di farti, per l’ennesima volta, dilagare.
grande Valerio… sto leggendo il suo castello di Eymerich e sono a pag. 17 di Genna, che intuivo ma non conoscevo e che ora conosco e non saprò il perché dell’essermene innamorato. caspita che incipit! parlo da lettore, mica sono uno specialista dei giudizi ma delle emozioni sì..) e pure il male oscuro di berto (che non amo perché alquanto amante, lui, giuseppe berto, amante e inconsapevole complice del famoso mussolini).
ora che ci penso… forse c’è una casualità non lineare che lega i destini del lettore. sempre dal punto di vista mio che reputo i libri come universi paralleli che viviamo. dissociazione dell’oggi, ché dire ‘io’, per genna, è come dire é. io è. sì. coincidenze che scuotono le pareti dell’anima e ti fanno temporeggiare sul cronotopo di turno. mica gli ascensori che prendi sono uguali, ne pigli uno ma ce ne sono altri che nello stesso tempo non hai preso e che le tue volontarie incarnazioni hanno scelto. insomma, vorrei finire come in un tema delle scuole medie, che sono le più stocastiche in assoluto (per me), e cioè che al personaggio giuseppe genna, gli ho voluto subito bene fin dal suo primo muovere la suola di spalle al mare, come ad un fratello, visto che, altra coincidenza, sua sorella ha lo stesso nome della mia e le sue iniziali g.g. evocano gli estremi del mio corpo temporale.
leggerò anche altro, eh! ma in questo momento è necessario seguire questa serie di indizi.
in libreria, alla stazione termini di roma, dove ho comprato genna, dopo la soglia del metaldector dell’entrata, ho urtato con la sguardo che rincorreva il mio ginocchio sinistro nell’atto di parare il crollo imminente della pila, ti vedo: cosa? Suicidio. è il titolo del libro di un autore che dieci giorni dopo s’è ammazzato per davvero. ma era troppo in vista e ha prevalso l’idea di genna, il cui libro, della minimum fax, era in uno scaffale non del tutto in vista. così, a dire che le persone giusti e i personaggi che ti fanno da guida sono sempre un po’ nascosti e non te lo aspetti di trovarteli fra le gambe. le verità giacciano nascoste.
buonanotte! mi scuso se parlando di scrittori mi sono permesso di utilizzare questo modo di parlare che usa le parole scritte.
bel post, grazie marco!
;)
assurdo… forse sono stato scorretto, ma io ho letto prima il post poi dopo aver postato il mio, lungo gli altri commenti ho risalito per leggere il primo e… mi leggo cose che ho povato realmente per genna…dopo… cioè…ora
ora mi sento come una fan diciottenne al concerto dei beatles….
perché è sempre così difficile fare all’amore intellettuale con uno che nonconosco e che magari mi vede come un nemico. e se per combattere avessimo baci e parole dolci? e se fossimo tutti, poco poco più omo, nei discorsi dico, nell’apertura gaudiente alla penetrazione dell’altro, penetrazione con rispetto. altrimenti l’altro scompare e addio penetrazione dell’io. l’io si frantuma quando si frantuma l’altro e il vento massmediatico diventa una peta sulle nostre esistenze…. incarbonite.
possibile che per amare un uomo io debba ogni volta comportarmi da gay, e passare da un letto invece da un dialogo a castello?
vabè….
un’altra volta,
buonanotte cari!
:)
@Iannozzi, sono duro ma non ottuso. Ho capito perfettamente quello che dici ma non chiudo la porta in faccia a nessuno, se non c’è una ragione e, finora, Genna non mi ha fatto niente, non mi ha sbattuto in faccia la sua porta. Anzi, devo chiedergli scusa di avergli rovinato, anche se non per colpa mia, la discussione del suo romanzo su questo blog. Nonostante ciò, sono cosciente che, più vado avanti, più mi accorgo che nei blog letterari si tenta di propinare una monocultura generalizzata. Poi ci si lamenta che la gente non legge. Cavolo, si dia un minimo di spazio anche a chi ha qualcosa di nuovo da proporre, invece di prenderlo continuamente calci in culo.
No, i muri non lo sanno.
Gliel’ho chiesto. Sono rimasti in silenzio.
Gianni caro, io lo so, ma forse – sottolineo il forse con molta ironia – nessuno è tenuto a sapere che il direttore responsabile è/sarebbe Valerio Evangelisti: parliamo di un blog, non parliamo della Repubblica o del Corriere, e comunque dubito assai che se vai in strada e chiedi al primo che ti capita sottomano, questi sappia chi è il direttore della Repubblica, del Corriere, della Stampa… E’ solo presunzione all’ennesimo grado pensare che la gente sappia chi è il responsabile, ecc. ecc. in Carmilla. Una comodità bell’e buona per non prendersi le proprie responsabilità.
Sicuramente tutti i pezzi sono di persone che esistono, non sono nomi di comodo! Se così fosse, ogni articolo pubblicato dovrebbe come minimo riportare un indirizzo di posta elettronica valido insieme alla firma del firmatario.
Certo, Gianni: la Redazione in Carmilla c’è, in veste di fantasma ma c’è, e difatti i Redazionali, a cura di Redazione, vengon su come funghetti belli e buoni per farci il sugo quando è natale!
Non parlo proprio né di truffe né di dietrologia.
Parlo invece, come lettore, di mancanza di trasparenza e di poca serità.
Non scomodiamo la dietrologia per banalità come la trasparenza e la serietà, che dovrebbero essere il fiore all’occhiello di chiunque faccia informazione sia essa sul cartaceo sia essa in rete.
Non mi rispondere, perché anch’io non ti risponderò più. Non ho difatti altro da aggiungere in qualità di lettore.
Buona befana, caro Gianni
@ felice muolo:
genna è su facebook; facebook ha una bacheca dove, chi è “suo amico” può scrivere liberamente. mi sembra una possibilità di contatto.
…. a meno che, sotto la parvenza di genna non ci sia il servizio segreto vaticano, o ancor peggio, la spettra, o gli evangelisti che controllano il nostro- ingenui noi- id per schedarci tutti.
ciao, cristiano
@Cristiano,
la ringrazio molto per l’informazione. Finora non ho messo piede su facebook. Non è esluso che prima o poi lo faccia.
(Ma, come faccio a sapere se sono “suo amico”? Mi seccherebbe non poco passare per uno scocciatore.)
si iscriva, felice, e avrà tutto chiaro. credo che genna abbia più di 1500 amici….
sempre che sia lui…..
cristiano
Ma siamo piombati nel teatrino dell’assurdo prima che comico!!!
Allora ricapitoliamo: un povero cristo per tentare di contattare Genna deve per forza iscriversi a un social Network come Facebook, dove c’è una bacheca che forse Genna ti risponde forse no, dipende. Però il fatto è che uno si deve iscrivere su Facebook, per forza: così Genna allarga il giro degli amici, degli amici virtuali – meglio sottolinearlo -, facendo credere d’essere chissà quanto famoso perché uno con centinaia di amici – che non si fila manco di striscio, anche per impossibilità pratica essendo così tanti e perlopiù ammessi ad essere amici solo perché come Felice Muolo volevano chiedergli una info e però utili a far numero in ogni caso – non puo’ che essere un peso massimo, di che cosa, non si sa. Mistero.
Che Felice Muolo decida se iscriversi a Facebook o no in tutta libertà.
Però è ridicolo e penoso, così tanto, che per tentare d’avere… d’avere che?… una vaga promessa di lettura, di considerazione? Be’, c’è che in ogni caso bisogna fare un giro della madonna, talmente contorto e infelice che dire che fa venire il latte alle ginocchia è un eufemismo.
Che bello, il grande meccanismo kafkiano della burocrazia più assurda e interessata è approdato in rete e ha trovato in tempo zero chi lo ingrassa senza alcun ritegno.
Ma dategli ‘sto indirizzo di posta elettronica. O dite a Genna di contattare Felice Muolo, che qui su NI ha lasciato il suo indirizzo di posta. E facciamola finista con ‘sta ridicolaggine kafkiana.
@Iannozzi,
perchè dobbiamo farla finita? Dopotutto si parla di Genna, quindi siamo in tema, e la cosa non dovrebbe che piacergli. Su, aggiungi un altro commento. Mi aspettavo che rilevassi quel mio nuovo termine: monocultura generalizzata. Non lo trovi favoloso? Collegalo al nostro.
ma l’argomento del post non è la recensione di Rovelli al libro di Genna? cosa c’entra allora il processo in diretta alla redazione di Carmilla? perché gliene dovrebbe fregare qualcosa, a Genna o a chicchesia, di leggere i miei “innovativi” romanzi? non è che la comparsa di “alcuni” nomi, a quale che sia titolo, in un blog, scatena i rancori mai sopiti di qualcuno? e perché i lettori del blog dovrebbero sorbirsi queste cazzate da regolamento di conti alla “osteria degli sfigati”? siete semplicemente ridicoli, e la cosa peggiore è che non ve ne accorgete nemmeno…
La mail di Giuseppe Genna è indicata, e non da oggi, nella colonna di sinistra del suo blog giugenna.com, in un box dove tra le altre cose è scritto:
“(…) NON SI ACCETTA LA SPEDIZIONE DI MANOSCRITTI, NE’ IN FORMA CARTACEA NE’ DIGITALE. Se si desidera contattare il Miserabile Autore, l’indirizzo di mail è giuseppegenna[AT]gmail.com”
Giusto per dire che, come al solito e come sempre, Iannozzi 1) non legge né si informa; oppure 2) mente sperando che nessuno verifichi; oppure entrambe le cose, cioè 3) mente a prescindere senza aver letto e spera che nessuno verifichi.
Del resto, è il criterio con cui “recensisce” i libri. Per aver acquistato e letto tutti i titoli su cui spara guano a casaccio (sovente il giorno stesso in cui arrivano in libreria, manco fosse Ernesto Sparalesto!) dovrebbe essere assai ricco, ma siccome sta 24 ore su 24 sui blog a sparare guano non si capisce da dove potrebbe mai provenire un simile reddito.
@ FELICE MUOLO
Il mio “facciamola finita” è solo un invito a darti l’indirizzo di posta elettronica di GG senza farti girare in rete. Io fossi stato in te mi sarei già incavolato per come ti stanno trattando, come un topo da laboratorio. Mia impressione.
Sì, gli piace, immagino di sì. Starò sorridendo o avrà su una smorfia simile a un sorriso.
Io direi meglio ancora monocultura monopolizzata. :-)
@ funiculì funiculà
No, nessun processo a Carmilla. I lettori, seppur sporadici come il sottoscritto che legge la Carmilla sì e no una volta alla settimana, semplicemente si interroga sul perché non ci sia trasparenza, tanto più che moltissimi articoli, una bella mole davvero, sono firmati da GG.
La rece di MR, come lettore, l’ho già detto, posso già immaginare che cosa dice. Intuito, chiaroveggenza? :-) Avrà detto, con largo giro di parole, che è uno se non il più importante romanzo italiano uscito di recente. Preferisco leggere recensioni diverse da quelle di MR. Oddio, ho letto or ora la prima riga: testo testamentario… Funiculì funiculà, per favore, non farmi andare oltre nella lettura: sarebbe affaticamento per i miei poveri occhi e null’altro. Ho visto anche “sciamano” tra le tante parole infilzate l’una dietro l’altra. Non ce la faccio, per favore, Funiculì funiculà, non ce la faccio, non ce la faccio… :-)
(ore 4.45)
grande Valerio… sto leggendo il suo castello di Eymerich e sono a pag. 17 di Genna, che intuivo ma non conoscevo e che ora conosco e non saprò il perché dell’essermene innamorato. caspita che incipit! parlo da lettore, mica sono uno specialista dei giudizi ma delle emozioni sì..) e pure il male oscuro di berto (che non amo perché alquanto amante, lui, giuseppe berto, amante e inconsapevole complice del famoso mussolini).
ora che ci penso… forse c’è una casualità non lineare che lega i destini del lettore. sempre dal punto di vista mio che reputo i libri come universi paralleli che viviamo. dissociazione dell’oggi, ché dire ‘io’, per genna, è come dire é. io è. sì. coincidenze che scuotono le pareti dell’anima e ti fanno temporeggiare sul cronotopo di turno. mica gli ascensori che prendi sono uguali, ne pigli uno ma ce ne sono altri che nello stesso tempo non hai preso e che le tue volontarie incarnazioni hanno scelto. insomma, vorrei finire come in un tema delle scuole medie, che sono le più stocastiche in assoluto (per me), e cioè che al personaggio giuseppe genna, gli ho voluto subito bene fin dal suo primo muovere la suola di spalle al mare, come ad un fratello, visto che, altra coincidenza, sua sorella ha lo stesso nome della mia e le sue iniziali g.g. evocano gli estremi del mio corpo temporale.
leggerò anche altro, eh! ma in questo momento è necessario seguire questa serie di indizi.
in libreria, alla stazione termini di roma, dove ho comprato genna, dopo la soglia del metaldector dell’entrata, ho urtato con la sguardo che rincorreva il mio ginocchio sinistro nell’atto di parare il crollo imminente della pila, ti vedo: cosa? Suicidio. è il titolo del libro di un autore che dieci giorni dopo s’è ammazzato per davvero. ma era troppo in vista e ha prevalso l’idea di genna, il cui libro, della minimum fax, era in uno scaffale non del tutto in vista. così, a dire che le persone giusti e i personaggi che ti fanno da guida sono sempre un po’ nascosti e non te lo aspetti di trovarteli fra le gambe. le verità giacciano nascoste.
buonanotte! mi scuso se parlando di scrittori mi sono permesso di utilizzare questo modo di parlare che usa le parole scritte.
bel post, grazie marco!
;)
leobloom
(Pubblicato 5 Gennaio 2009 alle 04:49)
assurdo… forse sono stato scorretto, ma io ho letto prima il post poi dopo aver postato il mio, lungo gli altri commenti ho risalito per leggere il primo e… mi leggo cose che ho povato realmente per genna…dopo… cioè…ora
ora mi sento come una fan diciottenne al concerto dei beatles….
perché è sempre così difficile fare all’amore intellettuale con uno che nonconosco e che magari mi vede come un nemico. e se per combattere avessimo baci e parole dolci? e se fossimo tutti, poco poco più omo, nei discorsi dico, nell’apertura gaudiente alla penetrazione dell’altro, penetrazione con rispetto. altrimenti l’altro scompare e addio penetrazione dell’io. l’io si frantuma quando si frantuma l’altro e il vento massmediatico diventa una peta sulle nostre esistenze…. incarbonite.
possibile che per amare un uomo io debba ogni volta comportarmi da gay, e passare da un letto invece da un dialogo a castello?
vabè….
un’altra volta,
buonanotte cari!
:)
leobloom
AS USUAL
Si parlava di Carmilla e non del sito di GG, che sinceramente non visito manco una volta al mese perché non ho interesse alcuno. Come Genna non ne ha nei confronti del mio. Sai com’è, io sono per il DO UT DES, altrimenti ciccia. Ecco spiegato il motivo per cui non lo sapevo che sul suo blog ci fosse indicato l’indirizzo di posta. E scopro adesso che GENNA (…) NON SI ACCETTA LA SPEDIZIONE DI MANOSCRITTI, NE’ IN FORMA CARTACEA NE’ DIGITALE. Di questa info ti ringrazio, perché non sapevo neanch’io che non accettasse proposte di recensione. Vedi, As Usual, il sito di Genna non lo seguo proprio.
Seguo una volta alla settimana, se mi gira, Carmilla. Morta lì.
In merito a tutto il resto: spero che ti vada giù per il gargarozzo per strozzarti però in maniera esiziale. Nessuno, e comunque non io, piangerò per un vigliacco patentato che:
1. non legge i miei commenti che erano indirizzati a Carmilla; e scusa se ho la presunzione di non andare sul sito di GG in quanto non mi interessa;
2. non compro i libri, pochissimi in verità (solo quelli per mio diletto personale), perché altrimenti non ne parlerei nemmeno per distrazione in un commento nel più miserrimo dei blog; i libri, molte volte, ce li ho prima che siano in libreria, come tutti i giornalisti del resto, e ho quindi tutto il tempo per leggermeli con calma e parlarne, se trovo che siano autori meritevoli.
Ora prendi pure una grossa fetta di panettone o pandoro e vedi di buttarla giù e di strozzartici.
Ciao, vigliacco
scusa Iannozzi, a me piace il tuo sito, che c’entra! ma non per questo pretendo che ti piaccia il mio! perché non moderate un poco i toni e non siete poco poco più ludici? non vi basta tutta la violenza che c’è in giro?
:)
p.s.
per favore non mi aggredire, :)
@ BIMODALE
Ma figurati se ti aggredisco. Non ne ho proprio motivo.
Non so ancora se mi possa piacere o meno il tuo sito, però adesso vengo a vedere. Promesso.
Tu hai ragione, i toni si potrebbero mantenere più bassi. Purtroppo non sempre è possibile per via di certi personaggi che ti mordono agli stinchi. Se tutti fossero come te, allora si potrebbe parlare con più calma, e ti assicuro che il primo a esserne felice sarei io.
Comunque questa volta sono stato abbastanza bravo, nonostante le provocazioni. :-) Solo con As Usual ho dovuto alzare un po’ il tono. E vabbe’.
Non sono cannibale, che io sappia. ^__*
Ciao
Iannozzi, tu hai scritto:
“un povero cristo per tentare di contattare Genna deve per forza iscriversi a un social Network come Facebook, dove c’è una bacheca che forse Genna ti risponde forse no, dipende.”
Per contattare Genna, basta scrivere alla mail indicata nell’homepage del suo blog. Quindi ancora una volta hai mentito. E’ solo il 5 gennaio, ma probabilmente è già la millesima frottola che esprimi. Sei un bugiardo compulsivo.
As Usual, comincio a credere che tu non sappia intendere le parole né la grammatica. Devo credere che sei autistico?
Il virgolettato che riporti e che sono parole mie non accenna affatto in nessun modo e maniera, manco di sfuggita, al blog di GG. E questo è un dato di fatto incontrovertibile.
Alla prossima cazzata… spero tu e chi per te, soprattutto per chi per te, abbia capito al volo cosa sottointendo, giacché odio la diffamazione e l’offesa a titolo gratuito.
Faccio di meglio. Da subito. Ciao. Arrangiati. Da solo. Strepita pure quanto vuoi. Io quel che avevo da dire l’ho detto, non ho più motivo di star qui.
@Iannozzi,
ti ringrazio per la cortesia ma non stare a preoccuparti per me, me la so cavare. La mia impressone, se fai più attenzione, è che il topo da laboratorio lo sta facendo qualcuno che si ostina a non abbandonare la tavoletta del water.
@funiculì funiculà,
se ti riferisci al sottoscritto, sei completamente fuori strada. Altrimenti, starei a leccare ma non so come si fa. Conosci qualcuno che me lo può insegnare?
Il thread di questi commenti è perfetto per il post.
Se Genna racconta un paese immondo, di piccoli uomini che non sanno più ascoltare ma sputano merda – questo è il thread che ci voleva.
Iannozzi, ancora una volta menti, sapendo di mentire, perché poco sopra hai scritto:
“Su Carmilla sono stati tolti tutti gli indirizzi di posta; così anche sul sito di G.G.”
E invece sul sito di G.G. l’indirizzo di posta c’è. Sei un bugiardo. Punto.
Non ho mai letto Genna, anche se ho tentato col suo Dies irae.
Forse prenderò questo, non so.
Tuttavia devo dire che da quando ho un’età che, con qualche forzatura, potrei definire senziente sento dire che il mio Paese è di Merda, che fa schifo, eccetera.
Anche di persona, vivendo per un po’ più di sessant’anni, ho constatato che probabilmente chi parla così dell’Italia ha ragione.
Ma oggi ha ragione per motivi diversi per quelli per i quali si aveva ragione ieri.
La cosa sorprendente è che se molti sono d’accordo sulla definizione Paese di Merda (Genna non la usa, per la verità), nessuno di fatto è stato capace di fornirne, non solo un sotto titolo, ma nemmeno una spiegazione con-divisibile.
In fondo anche Genna resta sul vago, sul fenomenico, non sa dire in rapporto a cosa e a chi il paese è di merda, cioè quale sarebbe la scala parametrica rispetto alla quale si beccherebbe uno share del genere.
La perdita dell’umanismo?
E cosa significherebbe in concreto?
Cosa si è perduto oggi che prima esisteva?
In cosa è diverso oggi il villaggio vacanze da un qualsiasi luogo equivalente di ieri, se non nella maggiore disponibilità di beni e denaro?
È corretto assumerlo a paradigma?
Ieri (quale ieri?) eravamo più colti?
Più intelligenti?
Meno volgari?
Meno egoisti?
Meno ignoranti?
Meno razzisti?
Non lo credo, ma può darsi.
Sicuramente ieri non esisteva, come oggi, una sola cultura, ma almeno tre (non due come afferma Genna), coincidenti con tre versioni dello stesso Paese, con tre declinazioni diverse e parzialmente antagoniste dell’Essere-in-Italia: la cattolica, la social-comunista, la laico-liberale (con infinite contaminazioni e ibridazioni…)
Eppure anche allora si diceva il paese fosse «di merda».
Si dava la colpa ai democristiani.
Finiti quelli sarebbe stato l’avvento dell’età dell’oro, dell’onestà, della giustizia, della laicità, dell’eguaglianza, eccetera.
Ebbene sono finiti: dov’è il premio?
Sovente mi domando qual è la parte di me stesso che non riesco a vedere e che tuttavia fa parte integrante del Paese di Merda che mi sembra di vedere così chiaramente e che anzi, collabora attivamente a mantenere in vita.
Insomma quanta parte della merda del paese proviene dalla mia persona, dalla mia mente?
La domanda è legittima se si pensa al grado assoluto di condivisione e consenso di cui la definizione Paese di Merda gode presso la gente con cui normalmente si parla.
Al punto da diventare una cosa quasi comica, irritante.
Questa cosiddetta Merda, che ci invade dagli Anni Cinquanta da qualche parte pure arriverà.
Da dove?
Perché?
Per quanto mi riguarda credo di aver capito che il Paese si vuole, attivamente, così.
Perché seguitare (almeno a parole) a contrastarlo?
(Epilogo: di analisi di questo tipo, ma fatte molto meglio, ne esistono a migliaia, ovviamente: forse meglio leggere quelle, oltre ai romanzi…)