Federico Aldrovandi

Ci sono storie vere che sono peggio degli incubi peggiori. Come quella del diciottenne Federico Aldrovandi, morto ammanettato in presenza di agenti di polizia, il 25 settembre a Ferrara. Ciò che rende ancora più crudele questa storia, è che su tale morte non è ancora stata fatta chiarezza. Non si è ancora a conoscenza della causa del decesso.Vi sono però indagini in corso. E vi è una richiesta di verità che viene dalla famiglia e da un gruppo di cittadini che hanno costituito il Comitato Verità per Aldro. È stato aperto un blog e Kataweb ha dedicato un contenitore specifico su questa vicenda, raccogliendo informazioni da diverse fonti.

13 COMMENTS

  1. Una storia scioccante. Su molti blog si è scatenata una serie di discussioni che in molti casi sono arrivate a degenerazioni da regime nazzista. Brutta storia che sarebbe meglio per tutti chiarire fino in fondo. Forze dell’ordine comprese, perché il passaparola sulla rete è un mezzo formidabile e la gente (quella con idee non ancora degeneri) ha fame di verità per poter ancora credere di vivere in un paese civile.

  2. Questa storia l’avevo scoperta qualche giorno prima che venisse fuori sui giornali, e ho potuto seguirla anche nel suo aspetto di manifestazione della potenzialità rizomatica (più-che-democratica) della rete. La vicenda dice molto dello stato servile in cui versa il giornalismo (sic) italiano. Dal giornale locale (che si fa la pagnotta con le veline della questura) a quello nazionale (che, per dirne una, ha dovuto aspettare l’inchiesta di Gatti sul CPT per scoprire quanto già era lì, disponibile a tutti, da anni). Riporto quanto ho scritto qualche giorno fa nella mia blogstanza.

    Quando Patrizia Aldrovandi ha aperto il suo blog per dire dell’omicidio che un branco di poliziotti aveva commesso nei confronti dei suoi figlio Federico, forse era solo la risorsa della disperazione. Forse non si aspettava questo riscontro. Invece, grazie alla potenza orizzontale della rete, il caso è arrivato in Parlamento. Dove il ministro Giovanardi ha risposto a un’interpellanza con vere e proprie menzogne, affermazioni già smentite dai fatti, tese solo a coprire, per l’ennesima volta, la violenza della polizia, che gode di un’impunità totale.
    La sera stessa in cui il blog su Federico era venuto alla luce avevo telefonato a Haidi, la mamma di Carlo Giuliani, per informarla dell’accaduto. Il fatto si inscriveva in una costellazione ben precisa: la mattina seguente, a Genova, ci sarebbe stato l’ultimo appello (poi posticipato di dieci giorni) per riaprire il caso di Marcello Lonzi, massacrato nel carcere di Livorno a suon di calci e pugni – e i poliziotti hanno fatto a coprirsi l’uno con l’altro, e Marcello Lonzi è morto per una caduta. Adesso Haidi ha scritto una lettera a Patrizia. E’ bella, questa lettera, commovente. E poi scrive, tra l’altro: “I manganellatori di Genova mi hanno spesso ricordato il militare che ha ucciso Francesco Lorusso, nel ’77 a Bologna. Ad un giornalista che gli chiedeva perché avesse sparato agli studenti: «Te lo posso dire – ha risposto – tanto so che non mi faranno niente: ridevano di noi»”.

  3. @ Marco Rovelli

    Un grande, fraterno abbraccio. Ho letto la lettera di Haidi Giuliani e mi piacerebbe vederla pubblicata anche qui.

    @ Andrea Inglese

    Grazie, per come cerchi di tenere sveglie e vigili le coscienze, soprattutto quelle che, stando a quanto si legge anche qui su NI in certi commenti, sembrano aver definitivamente abbassato la guardia.

  4. Non si può dire nulla senza cadere in frasi ovvie. Solo ringraziare chi come Marco Rovelli, da tempo, è una voce di storie d’ombra e tenebre e Andrea Inglese per la sensibilità alla coscienza vigile.

  5. A volte nell’ovvietà c’è verità, no, Gabriella? :0) E’ ovvio porgere le condoglianze per un lutto, ma è necessario. Si condivide un dolore, un’ingiustizia, parlando.
    E’ una storia brutta, questa, l’unica cosa “bella” è sapere che la mancata (e giusta) rassegnazione di una madre e delle possibilità offerte dalla rete possa servire a far luce su una vicenda che non doveva accadere. Come quella di Carlo Giuliani.

  6. Il Drago è stato evocato, risvegliato dal sonno del mito, lo si è fatto aggirare tra i gas delle metropoli affinché fiammeggianti potessero stagliarsi le immagini dei nuovi San Giorgio rilucenti d’armi e di parole.
    Il Drago di oggi si chiama Droga. Ma ovviamente, trattandosi di professionisti della menzogna, nessuno dice la verità: né i pretesi San Giorgio, né i molti untorelli, né gli specialisti d’ogni specialismo, né i terapeuti interessati, né i preti voraci d’anime, né i “liberals” illuminati dalla vanità, né, certo, i poliziotti, i giudici, gli avvocati, i giornalisti. Né i mafiosi e gli spacciatori. Nessuno dice: in verità siamo tutti amici del Drago, l’abbiamo costruito, imposto, prodotto e riprodotto, sceneggiato, è la merce per eccellenza, quella che tutte le contiene e le spiega, spiegandone i perversi meccanismi.
    Nessuno dice: abbiamo gonfiato e arricchito le mafie perché Stato e Mafia devono vivere in simbiosi mutualistica, devono presupporsi ed alimentarsi a vicenda, rappresentarsi come Società, la Seconda Natura, per la maggior gloria del Dio-Capitale, della sua Merce, del suo Spettacolo.
    Liberarsi dalla subordinazione alla droga, compresa quella ideologica e produttivistica, significa liberarsi dalla società mercantil-spettacolare. Liberarsi dalle Mafie è liberarsi dallo Stato.
    I Draghi e i San Giorgio stanno dalla stessa parte. Già solo questa ragione, e mille di più ne esistono, basterebbe per scegliere di stare dalla parte opposta: quella della liberazione.

    http://digilander.libero.it/intornoaldrago

    Un saluto da Gualtiero

  7. Purtroppo posso solo essere dispiaciuto per cosa e’ successo e per cosa sta’ succedendo.
    Mi auguro che la storia prenda una strada chiara, limpida, e che ognuno si assuma le sue responsabilita’.

  8. questo è quello che succede quando le divise vengono date a cani e porci!!!! chi ha sbagliato deve pagare e subito!!!

    giustizia per federico!!!!!

  9. Questa storia ha risvegliato una mia forte rabbia purtroppo repressa da molto tempo per un’altra storia a cui ho assistito dalla mia finestra. Era circa mezzanotte e mezza ed ho sentito degli spari. Mi sono affacciato ed ho assistito ad un arresto di un ragazzo (dicono avesse malmenato con un amico un ubriaco), messo faccia a terra ed ammanettato da due agenti che sul posto ed in quella posizione, hanno cominciato a pestarlo di calci sul fianco destro. Per essere breve, quel ragazzo oggi entra ed esce dal carcere ma prima, per voce di lo conosceva bene, era un ragazzo normalissimo con le normalissime vivacità che può avere un ragazzo di 17 anni. Quei poliziotti invece, di cui uno in particolare, sono molto conosciuti in città per queste loro “bravate” appoggiate tra l’altro soprattutto da chi li comanda. Io voglio credere in una giustizia vera, ma non posso avere fiducia finché certi soggetti (non voglio dire di peggio) si nascondono dentro una divisa che dovrebbe rappresentare invece una garanzia sulle persone e sullo stato. Chi infligge violenza insegna la violenza. Il risultato finale però, non sarà certo confortante.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ha pubblicato uno studio di teoria del romanzo L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo (2003) e la raccolta di saggi La confusione è ancella della menzogna per l’editore digitale Quintadicopertina (2012). Ha scritto saggi di teoria e critica letteraria, due libri di prose per La Camera Verde (Prati / Pelouses, 2007 e Quando Kubrick inventò la fantascienza, 2011) e sette libri di poesia, l’ultimo dei quali, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, è apparso in edizione italiana (Italic Pequod, 2013), francese (NOUS, 2013) e inglese (Patrician Press, 2017). Nel 2016, ha pubblicato per Ponte alle Grazie il suo primo romanzo, Parigi è un desiderio (Premio Bridge 2017). Nella collana “Autoriale”, curata da Biagio Cepollaro, è uscita Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016 (Dot.Com Press, 2017). Ha curato l’antologia del poeta francese Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008 (Metauro, 2009). È uno dei membri fondatori del blog letterario Nazione Indiana. È nel comitato di redazione di alfabeta2. È il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.