In lungo e al largo

L’assaggio
di
Franz Krauspenhaar

Mi sono ritrovato col mare nella testa, come una lama fabbricata a Lumezzane Gazzolo. Era sole, la guarnizione. Guardavo all’orizzonte e vedevo il mondo in miniatura. Il commendator Toroni faceva il suo largo alle trombe Turchetti e a te Mario Bianchi. I milanesi sono portatori insani di panettoni e guglie asimmetriche. “Dài, Franca, casso, fà vedere il culo a tutti, demm, facciamoci riconoscere per quello che siamo!”, dice Toroni all’amante Femi (le manca un Benussi sul pedigree e poi siamo nel commedione di Ric & Gian.) “Vede dottò, qui dagl’anni sessanta non è cambiata ‘na mazzancolla!”, mi suggerisce a tre centimetri dall’orecchio destro Pasquale, il noto bagnino di Livori Beach. Sulla Costiera sono arrivato da tre giorni, anzi tornato, che ci vengo a sdraiarmi da secoli col frigobar, le pale semoventi sulla testa e prima, fino alla scorsa estate, mia moglie Frida (detta t’aggio voluto bene) ora morta (purtroppo – dico per dirlo, certo) per cause di tumore avvenuto in tutto e per tutto durante i mondiali di calcio del Sudafrica. Così che Frida (cognome da signorina Freihalterhofer) alle prime partite cominciò a sentirsi peggio del solito e verso le semifinale, ai fischi d’inizio e dopo gl’inni nazionali, era praticamente in coma irreversibile.

Il caldo macinava non più bianco, dunque ben poco Barilla. Ero inamidato nella disperazione, poichè Frida avevo imparato ad odiarla con affetto. Era diventata insostituibile, come un taglio cicatrizzato che ci piace toccare ogni tanto, sostituendo una masturbazione erotica che non ci appartiene più, ché la fatica di vivere è diventata per forza anche la fatica di trastullare il nostro lingam ovviamente di riferimento.

Dopo le esequie, eseguite a Muntelander, paese natale di Frida nel cantone di Uri, tra un’orchestrina Mariachi e grassi impenitenti jodlatori, presi un taxi, misi in mano all’autista 500 euro e mi feci riportare a Odiate sul Serio, la mia nuova residenza alle porte della Grande Metropoli Lombarda. Dopo un pianto di quindici minuti, soffocato dalle tette della quinta misura di una escort lituana che poveretta non poté svolgere il suo fottitorio dovere perchè io inabilitato a un’erezione sana e digeribile, bevvi sei gin tonic e mi addormentai sulla veranda tra il littorio e il tirolese. Eserciti di zanzare motorizzate mi spolparono fino ai precordi passando per il raccordo anulare delle mie vene distratte. Finchè mi feci coraggio, abbandonai Odiate sul Serio e venni qui, a Livori, tra Maiori e Minori, un borgo della Costiera Amalfitana bello come un babà, con la veduta di Ravello a un tiro di carabina e il mare indaco blu che fa a gara col cielo per chi ce l’ha più lungo. “Vede dottore garo, io lo so che voi state male assai per la perdita della signora Frida. E che credete, che noi qui al bagno Regina Tempurum non stiamo male? La signora Cervonia l’ho scorta (piace la parola scorta dottore?) asciugarsi tutt’i lacrime facendo poi finta di niente… Siamo gente do sud, dottò, lei ci deve capire…”
Ho sempre sospettato che il buon uomo della costiera ogni tanto si sollazzasse alla ribalda con mia moglie in qualche anfratto ghiaioso con prepotente, procidivo assalto. Una volta Pasquale era stato bello, gli occhi infuocati del pescatore a strascico di bagnanti, le labbra ben disegnate e tumide del baciatore salino. Ma a me in fondo poco importava. Qui a Livori mi sono tolto sfizi sex and the city a profusione, inzaccherando tedesche, spagnole, italiche del nord e del sud, salernitane in fuga lampo, napoletane sguaiatone con Alì Babà alle calcagna al profumo di mare, con tanto di sigla di chiusura di Little Tony.

Mentre il commenda, sempre più spanciante e sguaiato continua a dare il solito spettacolo del milanese cerberoso in un mix disappeal tra Berlusconi, Renzo Montagnani e Gigi Ballista, io mi stendo sul lettino e guardo davvero come negli occhi per la prima volta questo mare dannatamente bello. Esplode di bellezza, facendo male alle ossa, quasi. Da quando sono inesorabilmente solo è la prima volta che mi faccio prendere il cuore da una bellezza che mi possa restare dentro. M’ero abituato a vedere mia moglie come eterna, a me sopravvivente. E invece sono solo, con il mare infinito che sembra prendermi nella sua bocca, succhiarmi come in una fellatio della natura. Il mare sopravviverà a qualsiasi cosa, è origine, porto, confine, di nuovo ignoto. Il mare è avventura della vita, ha in sè il segreto, nessuno ne sa davvero nulla. Così chiudo gli occhi, in un sereno assaggio della mia morte.

12 COMMENTS

  1. ecco, quello che apprezzo di più nelle saghe fantasy del Krauspenhaar è il tratto caravaggesco, questo prendere spunto da personaggi realmente esistiti, fatti di cronaca, quanto vi sarebbe di più indecoroso, impresentabile, in certi ambienti…. ;-)) in questo caso è niente meno che la moglie, tale Frida Freihalterhofer, a somigliare ad una mia vecchia conoscenza :-)))
    a tal proposito, da archivi segreti è emerso che la povera signora, santa donna, prima di tirare le CUOIA, ai rigori, come predetto dal negromante Ianus Biondillus, abbia lanciato all’umanità, con l’ultimo sospiro o strillo isterico, il suo messaggio di Agape:
    “Amore, Amore! Hojotoho! Hojotoho!”
    – è attualmente in atto il processo di beatificazione ;-)))

  2. credo che senza volere son stata irrispettosa, ma non era voluto, il caffè non aveva fatto ancora il suo lavoro. Mi sto zitta che è meglio.

  3. HERR PROFESSOR LEI NON E’ SOLO UN GRANDE SCIENZIATO MA E’ ANCHE UN GRANDE SCRITTORE…..

  4. Vorrei scrivere come Franz, questa musica in sincope erotica ti spingi a leggere sculettando. Si beve un coktail esploso dentro il corpo. E’ una scrittura a forte andatura. Non c’è tempo di fermarsi. E’ forse dietro questo blu mare erotico, questa ironia sulla morte si nasconde grande sensibilità.

  5. Già detesto la comicità parolaia napoletana, ma quando è miscelata a una presunzione da weltanschauung, mista all’odore di un gusto da obitorio… smetto di leggere, guardo il cielo e penso che c’è posto per tutti, in questo mondo, ed è un bene che io non capisca perché.

  6. @ Massimo Vaj

    Il fatto è che NON c’è posto per tutti. Ed è un bene che tu non capisca perché.

    @ A me F.K. piace. E’ sanguigno, ossessionato. E’ bello così.

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francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017