altroché fascio littorio
di Alessandro Bertante
“Non si può dedicare un certo numero di anni allo studio dei miti o dei materiali mitologici senza imbattersi più volte nella cultura di destra e provare la necessità di fare i conti con essa.” Con questa netta enunciazione di intenti Furio Jesi, nell’incipit dell’introduzione del suo saggio Cultura di destra, stabiliva da subito il compito e i confini che si era prefissato quando decise di affrontare le pulsioni storiche e culturali che stavano alla base del neo fascismo e della nuova borghesia italiana reazionaria. E non era certo un compito facile, in quanto nel clima di acceso scontro ideologico della fine degli anni Settanta (nel 1979 esce la prima edizione del saggio per Garzanti) il termine “cultura di destra” era considerato come un ossimoro e tutti gli studi sul mito, sul sacro e sul leggendario giudicati materia per ottusi nostalgici in odore di fascismo. Maneggiare quella materia non era facile allora e non è facile nemmeno adesso, per noi che, come piccioni sopra un cornicione, assistiamo attoniti al baratro culturale residuo di quella che è da considerarsi come la fase crepuscolare della televisione commerciale.
Accogliamo quindi con piacere la notizia dell’uscita della riedizione da parte di nottetempo di Cultura di destra, forte della nuova curatela di Andrea Cavalletti che aggiunge al corpo già noto dell’opera tre testi inediti e un intervista all’autore. Una buona notizia in quanto Furio Jesi fu uno studioso importante e solo la sua precoce scomparsa in un tragico incidente domestico, pochi mesi dopo l’uscita del saggio, non ci ha permesso di valutare la maturità di un percorso intellettuale ampio e diversificato. Storico, archeologo, critico letterario e germanista, Furio Jesi infatti comincia i suoi studi giovanissimo, occupandosi delle religioni dell’Egitto e della Grecia antichi, soffermandosi sui culti misterici, per poi diventare allievo di Kàrol Kerényi, rifiutandone in seguito la svolta umanistica. Questi lavori, insieme a quelli sulla letteratura tedesca contemporanea, saranno fondamentali per la stesura di Cultura di destra.
Scritto con lingua agile e talvolta perfino divertita, il saggio comincia prendendo in esame la “mitologia della morte”, evidenziando le differenze fra il fascismo italiano – più laico, cinico, vitalista e di estrazione piccolo borghese – e il nazismo tedesco, caratterizzato da deliri misticheggianti e dalla rozza manipolazione di mitologie neo pagane che, specie per quello che riguarda le gerarchie SS, diventarono vettore di un nichilismo nutrito dal culto del sacrificio. E se il totalitarismo cattolico del ras rumeno Codreanu, che influenzò non poco il pensiero politico di Mircea Eliade, per Jesi diventa significativo solo nei suoi punti di contatto con il falangismo spagnolo, è quando il saggio affronta le problematiche del dopoguerra italiano che il discorso diventa per noi più interessante. Superata senza troppi traumi la venerazione di un passato glorioso tipica della retorica mussoliniana – che in realtà nascondeva una vera e propria avversione per la ricerca storica documentata – i militanti fascisti neofascisti sembrano dividersi in due opposti schieramenti: da un parte la minoranza formata dai seguaci di Julius Evola e del suo “razzismo spiritualistico”, confusi fra un aristocratico esoterismo e la condivisione più ampia di una Tradizione con la t maiuscola, dall’altra la maggioranza che cerca di inserirsi nel contesto politico nazionale in rapporto dialettico con le istituzione repubblicane, dando vita a quella politica di rappresentatività borghese definita del “doppiopetto” e che vide in Giorgio Almirante il suo principale rappresentante. Una divisione piuttosto nebulosa, come la sfera ideologica che la sostiene, ma che caratterizzerà la destra italiana per decenni e che per Jesi sarà responsabile del definitivo superamento della retorica risorgimentale dell’amor di patria, virando decisamente nelle sue frange più estreme verso un europeismo anti comunista e anticapitalista, sull’esempio dalla legione dei volontari Waffen SS, considerata l’embrione del primo esercito europeo continentale. Ma è in punto meno celebre e discusso di Cultura di destra che Furio Jesi dimostra di essere acuto osservatore dei prossimi cambiamenti in divenire e studioso ancora attuale, quando analizzando la prosa di Liala, scrittrice rosa di grandissimo successo popolare, afferma che: “il linguaggio di Liala non vuole essere capito, per goderlo basta rimanere nel meno faticoso degli stati di torpore della ragione”.
Altroché fascio littorio o passato mitico da rievocare, questa caustica considerazione anticipa quella che sarà la vera politica culturale della destra italiana degli anni Ottanta fino ad oggi: la sublimazione del vuoto.
[questo articolo è stato pubblicato su l’Unità domenica 22 maggio 2011]
F. Jesi, Cultura di destra, (a cura di A. Cavalletti), nottetempo, 2011, pp. 297, 17,50 eu.
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il tratto caratteristico della cultura di destra(e non solo)mi pare il fanatismo.Quando si incrociano i trasversalisti che parlano del fatto che ormai non c’è più distinzione tra gauche e droite bisognerebbe trovare la voglia di ribattere che più probabilmente è vero che gli infiltrati stanno confondendo le acque.Che poi il vuoto solenne(meglio se benedetto da dio)sia adorato dai fascistoidi è cosa che il grande soriano,che purtroppo per noi ci ha lasciato troppo presto ha saputo ben descrivere in un brano che perfino io se non ricordo male ho già riportato da queste parti:
“La cosa dannosa del fascismo è che induce gli imbecilli a credersi molto furbi.Quanto più uno è idiota tanto più il fascismo lo fa sentire orgoglioso di se.Ci sono iniziative da tutte le parti,inaugurazioni,bandiere,preti,futbol e molto silenzio.Ti tranquillizza non dover pensare e finisci schiavo di un principe fantoccio”
Purtroppo le mitologie ci assalgono da ogni direzione. Sarebbe più comodo parlare di movimenti emancipatori (cui fa riferimento la sinistra “tradizionale”) e movimenti conservatori (in genere la “destra”). Questo è il tipo di analisi che fa, ad esempio, Losurdo.
Oggi la sinistra può essere conservatrice e la destra emancipatoria, almeno in certi aspetti. Di qui la confusione.
Non ci sono infiltrati che intorbidano le acque. Diciamo che il divenire storico si è incaricato di intorbidarle, senza nemmeno fare molta fatica.
è un articolo molto interessante, peccato che nei punti dove sembra sul punto di sfiorare cose profonde e di grande intelligenza, il recensore latiti e si limiti ad accennare.
Allerta la curiosità del lettore, l’apettativa si tende al massimo, ma poi il recensore scappa.
Oggi la sinistra può essere conservatrice e la destra emancipatoria
La destra emancipatoria? può gentilmente farmi qualche esempio?
Georgia, perdonami ma questo articolo è uscito sull’Unità e aveva una lunghezza precisa. Non sono fuggito da nessuna parte, semplicemente non avevo spazio per approfondire.
non era una critica, ma solo l’espressione del dispiacere di un lettore lasciato in sospeso … :-)
Capisco la maledizione di un articolo (che è solo un articolo) , ma spero che se approfondirai ce ne farai partecipi.
A proposito …riguardo alla “sublimazione del vuoto” non credo sia stata solo una prerogativa della cultura di destra … a meno che non si dia per scontato che dagli anni ottanta ad oggi non ci sia stato altro che cultura di destra (cosa impossibile).
Siamo proprio sicuri che Codreanu fosse cattolico? Siccome era, probabilmente di origine polacca per parte di padre, è facile che fosse battezzato nella fede cattolica, peró, poi per tutto il resto: il discorso mistico, i simboli: a partire da San Michele, sono ortodossi, tanto che ora è una specie di santo clandestino della Chiesa Ortodosa Romena. Come spesso accade con tanti ultranazionalisti che basano la loro retorica su sangue e suolo e fede dei padri capita che Codreanu non fosse cosí chiaramente un romeno di “sangue pura” e probabilmente un ortodosso di stirpe antica, peró arruolarlo cosí nel “totalitarismo cattolico” mi sembra un po’ grossa. Anche la formula “totalitarismo cattolico mi suona strana ci si riferisce qui a “nacionalcatolicismo”franchista? È discutibile definire il franchismo “totalitarista”, era una dittatura ma non so se si puó definirla totalitarista.
Comunque su sta storia dei miti e della destra aveva giá scritto Lukacs Die Zerstorung der Vernunft e credo che anche nel quadro dell’epoca il libro di Jesi intervenisse in questo dibattito in posizione anti-lukacsiana, allora era anche un po’ di moda essere antilukacsiano.
Se ben ricordo.
Dai Georgia è una domanda terribilmente a doppio taglio: anche fare qualche esempio di sinistra emancipatoria è ben problematico. Vi sono correnti di destra che svolgono una attivitá emancipatoria dalla statolatria, per cui lo stato deve controllare perfino la dieta del cittadino, come nell’incubo zapaterista;
Vi sono correnti di destra emancipatorie rispetto all’idolatria della tecnica nel campo dell’educazione: movimenti antididattica in tutta Europa;
Vi sono governi di destra che hanno emancipato in parte i cittadini dalla dittatura delle corporazioni: taxisti, farmacisti, e vari tipi di professionisti.
Insomma non si puó mica vivere sempre con tanto manicheismo, dai. CHe so: Borsellino era di destra, toh.
genseki
ricordo a chi scrive, contribuendo in maniera decisiva allo sviluppo della discussione, di lasciare se non un nome e un cognome – che pure sarebbe un principio dialettico – almeno un indirizzo email valido. altrimenti i commenti non saranno approvati. e questo è il mio personale punto di vista.
Che scempio! Ho letto numerose opere di Jesi e l’ho sempre trovato un intellettuale acuto e brillante. Questa sintesi lo rappresenta invece come un critico superficiale e conformista al punto che il saggio sembra non poter aggiungere nulla di veramente conoscitivo a ciò che è stato detto e scritto sul fascismo. Spero che il volume contenga molto di più, perché questa recensione è davvero scadente.
Qualche altra cosa però devo dirla, al di là di Jesi. Che significa: “come piccioni sopra un cornicione, assistiamo attoniti al baratro culturale residuo di quella che è da considerarsi come la fase crepuscolare della televisione commerciale”? Di quale crepuscolo va parlando? E cosa hanno fatto i suoi amici dell’Unità vecchia e nuova quando sono entrati in Rai? La rai di sinistra è stata migliore della rai di destra? E la tv commerciale peggiore della tv di partito, dei partiti di sinistra di Bertante? Quali sforzi hanno fatto pd, pci, rifondazione, sel e tutto il corteo dei partiti di sinistra al governo e all’opposizione in questi anni di vita democratica per formulare un progetto antagonista. Quali fondi sono stati stanziati per agganciarsi e/o partecipare al grande progetto “ARTE.TV” di una televisione culturale finanziata da Francia e Germania. Perché l’Italia non entrò in quel progetto? Cosa trattenne la sinistra cui Bertante è organico dal chiedere con forza all’Italia di far parte di un progetto così rilevante e ambizioso?
E poi questa conclusione fasulla e da due soldi, roboante e vacua perché anticonoscitiva, più vacua del vuoto di cui va parlando: “Altroché fascio littorio o passato mitico da rievocare, questa caustica considerazione anticipa quella che sarà la vera politica culturale della destra italiana degli anni Ottanta fino ad oggi: la sublimazione del vuoto.”
Ma che dice? Ma che significa? Ma cosa può conoscere un’espressione del genere? Come spiega Bertante l’egemonia di quella cultura del vuoto? Come spiega l’egemonia del fascismo? Perché dal suo articolo essa sembrerebbe inspiegabile. Le sue affermazioni iperboliche farebbero impallidire Gramsci. Ma a che punto siamo?
Bertante, ma lei l’ha mai sentito parlare d’Alema? Ma di che parla d’Alema? A chi dobbiamo i contratti co.co.co? Chi dobbiamo incolpare del baratro sociale in cui intere generazioni d’italiani continuano a sprofondare senza certezze?
Ma ci sono i dannati e i salvati, in questa italia. Bertante fa parte dei salvati, di quelli che la sinistra ha salvato. Naturalmente ci sono pure i salvati di destra. Ma ci sono soprattutto i dannati, generazioni fatte fuori dalla vacuità politica, per usare le parole care a Bertante. Il suo articolo però non ci aiuterà a conoscere il nostro tempo, forse la sua faziosità (che non è qui quella di chi gramscianamente parteggia), il suo modo anticonoscitivo di leggere il presente. Vacuità! Bertante, la natura odia il vuoto…
Signor Antonio, francamente non sapevo di essere mai stato organico a nessun partito di sinistra. Sono sorpreso di apprenderlo adesso dalle sue furibonde considerazioni. E mi creda, di quello che dice d’Alema poco mi importa. E ancora meno m’importa della lottizzazione della RAI, passata presente e futura. Per il resto, si tenga le sue opinioni e ne faccia buon uso.
La rai di sinistra è stata migliore della rai di destra?
Non c’è mai stata una rai di sinistra, però ci sono stati settori di rai di sinistra. Se la rai di destra è quella odierna di berlusconi direi che sì la rai di sinistra, è stata migliore, anzi, se si potesse dire, ASSAI MIGLIORE.
La rai di ora fa letteralmente kakare ;-)
La televisione commerciale berlusconiana è sempre stata scadente ma almeno quando era in concorrenza con la rai si sforzava di fare qualcosa, mandare almeno bei film, ora … ora è veramente “baratro culturale residuo di quella che è da considerarsi come la fase crepuscolare della televisione commerciale” :-)
Oh my god!, daccapo d’alema? ma è un vero tormentone ossessivo
Vi sono governi di destra che hanno emancipato in parte i cittadini dalla dittatura delle corporazioni: taxisti, farmacisti, e vari tipi di professionisti
Stai parlando di prodi e di bersani?
sì, si trattò di un serio tentativo di emancipazione, ma … era un governo di centrosinistra ;-)
“Pseudonimi, multipli e anonimato: il nome, l’email (che non viene pubblicata) e il sito web (facoltativo) indicati nei commenti possono essere di fantasia, ma devono essere persistenti e abbinati nel tempo. I monologhi a personalità multipla non sono graditi”.
signora valerio, le ho messo qui sopra la regola che nazione indiana stessa si è data (e che dunque io non ho trasgredito) per regolare i commenti, che, a quanto capisco, è importante che non siano offensivi, non che siano fascistamente d’accordo con gli autori del post. ho spesso postato a nome K i miei commenti senza avere problemi, e adesso arriva lei a fare il ducetto. che dire? potrei scrivere a qualcun altro di nazione indiana e far notare il suo subdolo fascismo, ma in fondo lei mi fa pena, anche se in fondo non me ne frega più di tanto, considerato che altri, meglio di me, hanno detto le stesse cose che ho detto io. per me, infatti, non conta essere qualcuno, ma avere qualcosa da dire. saluti. K. ps: poi lei può anche censurarmi, è ovvio, anche questo fa aprte delle regole, ma quando ci siano delle buone ragioni. e buone ragioni, qui, sinceramente, non ne vedo, a parte un qualche (posso intuire) sospetto di lesa maestà… ba’…
Non parlavo dell’Italia! Comunque Georgia io rispetto la tua visione del mondo: Sinistra=Meglio, Destra=Peggio. Il punto è che non la condivido. Sinistra e destra sono due categorie ideologiche molto variabili, frammentate e continuamente ridefinite di cui le classi dominanti si servono con una duttilitá e una precisione molto elevata per raggiungere i propri fini, per definire i conflitti tra le loro zone di interesse, per controllare il lavoro e tante altre simpatiche cosette. Oggi in Europa l’obiettivo è azzerare quello che resta di stato sociale e comprimere al massimo i diritti del lavoro salariato e le sue capacitá contrattuali. Questo lo ha spiegato bene la Merkel e i vari organismi europei. Ora destra e sinistra sono dosate opportunamente per convincere i lavoratori ad accettare la loro disfatta senza agitarsi troppo. Le classi subalterne votano a sinistra nel paese X, la sinistra taglia scuola, salute, pensione e aumenta una serie di tariffe, allora votano destra, la destra taglia scuole tariffe, contratto nazionale, ferie, e sanitá, allora votano la sinistra che ritaglia e magari bombardicchia un pochino qualche paese arabo. Siama nel paese X, eh!: Spagna, Francia, Perú Danimarca. Adesso Vendola in una versione non glossolalica lo ha detto chiaro: il problema è il welfare! E si candida a relaizzare il programma europeo al posto di Tremonti. Sinistra e destra son questo e basta, questo e punto.
Su Jesi, bisogna avere ben chiaro il fatto che il libro di Jesi si collocava in una temperie culturale in cui era egemone nel settore il pensiero di Lukács e precisamente la “Zerstorung” in Einaudi, quelli col bordo arancione due volumi. E allora aveva un senso. Ma venire a dire adesso che la cultura di destra è il vuoto è inaccetabile. Adesso è ridicolo è puerile. Ma uno deve fare la lista: Dostojewky, Kierkegaard, Céline? ma dai è ridicolo. Se poi ci si interessa solo della televisione: Io mi ricordo che quando la televisone era DC vi era un Lunedi di teatro, una stagione di Opera, film commentati. Poi vennero i “situazionisti” si fa per dire a dare a tutti culi e tette. Mi scuso per il linguaggio greve, e non erano di destra perbacco.
genseki
Per Chiara Valerio,
Io mi firmerei con nome e cognome, che si trovano con due clic, volendo, il punto è che allora i moderatori o qualcuno dovrebbe evitare l’insulto personale. Che qui abbonda, perché se si insulta genseki, che è un alter ego virtuale vabbé, ma se si insulta la persona, è un¡’altra cosa, insomma io non vorrei che persone che conosco passando di qua mi vedano accusato costantemente di nonsochefobia a o mandato non so a fare che con nome e cognome. In ogni modo pseudonimò o no quello dell’insulto a me pare il problema centrale, non quello del Nick.
genseki
Quello del nick è un falso problema.
Secondo me in rete usano nome e cognome solo quelli a cui serve per lavoro e visibilità.
Però quelli che vogliono visibilità, e quindi sono presenti con nome e cognome, sono scocciatissimi che gli altri usino invece solo il nome o il nick e quindi piantano sempre grane. In rete invece ognuno ci deve poter stare come crede meglio (richiedere una qualsiasi mail funzionante invece mi sembra legittimo). L’importante è evitare gli insulti. E’ interessante che (e l’ho riscontrato numerose volte) è più facile che ti offenda, e abbia l’insulto facile, uno con nome e cognome che uno con nick. E’ buffo ma è così.
Sono d’accordo con genseki che il problema principale sia l’insulto gratuito che andrebbe evitato, basta però non prendere ogni critica o dissenso per un insulto :-).
Gen quando io parlo di sinistra e destra parlo dell’italia, e in Italia le corporazioni e le lobbies sono di destra e i sindacati e le cooperative prevalentemente di sinistra. e, soprattutto, il mio manicheismo NON contempla MAI la letteratura e l’arte in generale.
In Italia PRATICAMENTE il fascismo ha dato il peggio di se stesso e il comunismo il meglio. Queste contingenze storiche hanno dato un inconfondibile significato e colore ai due termini italiani destra e sinistra
Celine? favoloso scrittore (e quindi come scrittore non mi interessa se fosse destra o sinistra) ma come persona e compagno di viaggio sinceramente non credo che lo avrei trovato molto gradevole e simpatico :-(.
“Sinistra e destra son questo e basta, questo e punto.”
None, Genseki. SINISTRA è stare dalla parte dei lavoratori e dei loro diritti, chi è contro è di destra a prescindere dal fatto che si definisca altrimenti e che ci siano fessi che gli credono. Vendola è di sinistra quanto lo erano i fascisti che in parlamento si siedevano a sinistra….
Quanto alla tv, di sinistra è trattare lo spettatore come una persona intelligente, di destra è trattarlo come un cane pavloviano e quindi dargli solo prodotti che non possono che avere come reazione il latrato, come le tette e i culi. Per cui la tv democristiana, quando non si occupava di politica (che Vespa non è nato oggi, c’era anche 50 anni fa!), era di sinistra, quella socialista e berlusconiana di destra. E che quello squadrista di Antonio Ricci, che della tv delle tette e culi è stato il principale artefice, sia di sinistra, la prendo come una battuta mal riuscita. A meno che non ci si voglia prendere in giro e credere sul serio che a definire destra e sinistra siano le autodefinizioni dei politici, o dei registi, stessi. Ma ho troppa stima della sua intelligenza perchè quando dice che la sinistra taglia lo stato sociale creda davvero che quella sia sinistra.
Non lo so, io conobbi il suo traduttore Alex Alessi mi pare che si chiamasse cosí, le sue traduzioni non si trovano oggi in catalogo che viveva simil Céline ed era nache simpatico.
CHe il fascismo abbia dato il peggio è certo, sul PCI il giudizio deve essere ben ponderato, non puó essere solo negativo, per la passione di tanti militanti. Per i dirigenti è un altro par di maniche.
Quindi sostanzialmente siamo d’accordo.
genseki
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è di sinistra quanto lo erano i fascisti che in parlamento si siedevano a sinistra…
in Parlamento??!!!??? ma il Parlamento in quel periodo non era “Un’aula sorda e grigia” da tenere chiusa e priva di parlamentari eletti?
Del resto anche berlusconi ha detto che il parlamento è inutile e dannoso, e in quanto a Lei: si studi un po’ di storia tra una trombonata e l’altra ;-)
trombonata?
mica tanto…
trombonata perchè lei sembra declamare da cavallo …
scenda, scenda fra i comuni mortali ;-)
non so se giovanni declama da cavallo o se vive nei campi elisi lontano dai comuni mortali… ho letto il suo commento e mi è sembrato tutto tranne che una trombonata… in verità le trombonate ci sono, qui e altrove, e l’artefice principale è il suo amico ipercitazionista, molto spesso a vanvera, che sta cercando inutilmente di rinverdire i fasti dell’indimenticabile luminamenti… altra lingua, altra pasta e altra e-classe, ad ogni buon conto
ecco georgia, si prenda una e-camomilla e si e-rilassi… bisogna essere veramente e-calmi quando si è impegnati nella difesa a e-spada tratta di uno dei pochi e-commentatori e-superstiti…
chi sarebbe il mio amico?
chi sarebbe luminamenti?
e soprattutto chi starei difendendo?
lo stile da cavallo è molto diffuso in rete non importa che il contenuto sia giusto o meno, se viene sempre scritto sopra le righe (dall’alto di un cavallo) perde significato, IMO naturalmente.
Camomilla o meno io lo trovo uno stile talmente diffuso e abusato che mi risulta ormai insopportabile.
Oppure forse è solo perché non posso tollerare che venga attaccato volgarmente vendola solo per motivi di bottega ;-).
La finezza di studioso di Jesi si può constatare non tanto da un libro come questo ma, per esempio, da “Mitologie intorno all’Illuminismo”, che certamente andrebbe riproposto. Lì mostra quanto sia intrecciata in modo complesso la questione del ricorso al mito e dell’interpretazione della tradizione all’epoca per altri versi progressista per eccellenza, in modo simile a quanto fece la Yates per il pensiero di Giordano Bruno (rivoluzionario per i positivisti che gli hanno fatto un monumento, restauratore di antiche mitologie per chi lo ha letto sul serio). Del pari, l’idea di una sinistra che detiene il monopolio dell’emancipazione, è sostenibile solo finchè non ci si accorge che il massimo dell’emancipazione porta all’asservimento (come scriveva Chesterton, chi ripudia ogni fede definita finisce col credere a qualsiasi cosa). E’ lo yin e lo yang, bellezza, ciò che vuoi perdere fai in modo che si espanda senza limiti. I praticanti di arti marziali lo sanno bene, gli stanchi ripetitori di un progressismo ideologico lo ignorano e così lo subiscono continuamente: poi lo chiamano eterogenesi dei fini.
ah!…
Per Giovanni,
si, certo, si puó considerare la sinstra un a-priori sulla base di criteri come quelli da Lei definiti (stare dalla parte dei lavoratori etc.) è una posizione che capisco, e che ha una sua validitá. A me non riesce piú per diverse ragioni. Differentemente da Lei, io quando parlo di sinistra mi riferisco a quelli schieramenti che si definiscono di sinistra, a quegli uomini politici che si definiscono di sinistra e, oggi come oggi è difficile dire che, per esempio, stiano dalla parte dei lavoratori, che so? Vendola di sicuro no. E su questo siamo d’accordo credo cioè siamo d’accordo sul fondo della questione. Dove non coincidiamo è appunto sul fatto che lei ritiene ancora applicabile (apriori o no è lo stesso) la categoria politica di sinistra io, invece non ne sono poi piú cosí sicuro. A parte questo, credo, il suo commento mi pare condivisibile dal mio punto di vista.
Cordialmente
genseki
Giovanni,
guardi Le assicuro che per tanti anni Ricci si è definto lui di sinistra.
genseki
Bertrante, ma lei come ha fatto a diventare giornalista dell’Unità? Se non è organico a partiti e partitini, associazioni ricreative e sindaci che le stanno intorno come ha fatto a farsi assumere da un giornale che fu scritto fra tanti da certi Salinari e Ricci? Per concorso? Chi l’ha garantita o come si è garantito, dopo quanti anni di militanza l’hanno presa a bordo?
Non mi sorprende che non le interessino gli anni di spartizione della Rai. Saprebbe altrimenti che uno dei più osceni programmi di intrattenimento pomeridiano fu condotto proprio dalla moglie di un giornalista dell’Unità, la quale sta ancora lì a far danni al sub e al conscio di questo Paese.
Signora, Giorgia, negare che ci sia stata una Rai di sinistra… Ma come fa? Ma in che nazione ha vissuto negli ultimi decenni? Le da fastidio che le si parli di d’Alema? Ma guardi che sta ancora lì, a spese degli italiani, come la moglie di Fassino e il signor FAssino, come lo saranno, purtroppo, certi assessori neo-assunti dal nuovo sindaco di Milano e organici a Sel, figli di alto-borghesi mica gente del popolo a cui Vendola si vanta di essere vicino. Vendola che è figlio di un piccolo borghese impiegato delle poste e non era per niente povero come va raccontando in giro, mitologizzando la sua auto-biografia.
Bertrante e poi chiudo, quando recensisce un libro non si serva delle parole dell’autore per dimostrare sui teoremi. L’articolo che ha scritto vale 2 ed è uno scempio ai danni di Furio Jesi. Si guardi dal suo nulla…
In questi giorni non ho molto tempo per intervenire e commentare su Ni o altrove, però due cose le vorrei dire, perché per me (che non sono uno studioso, ma un lettore curioso) “Cultura di destra” e in generale il lavoro di Jesi hanno significato molto, in termini di formazione intellettuale.
Non riesco veramente a capire come si possa arrivare a parlare della deprimente condizione odierna del Paese – non importa che ce la si prenda con la Sinistra sinistrata o con la Destra berlusconiana – partendo da Cultura di destra. E’ evidente a chiunque abbia letto il testo in questione che Jesi parla d’altro e non ha alcun bisogno di essere “attualizzato”. Accostare il linguaggio delle “idee senza parole” di cui si è occupato Furio Jesi alla “vera politica culturale della destra italiana degli anni Ottanta fino ad oggi: la sublimazione del vuoto” significa ridurre un lavoro culturale complesso e per molti versi marginale ad un uso ultragenerico e strumentale. Come dire “Jesi l’aveva detto, Jesi l’aveva anticipato”. Ma cosa? Per favore. Anche a questo ci ha costretti Berlusconi, ad una “reductio ad eum” sconfortante. Niente di diverso dal cav. lui medesimo mentre spiega a Netanyahu che il Parnaso di Appiani è “il bunga bunga del 1811”. Alziamo un po’ lo sguardo, se ce la facciamo.