Lettera ai torinesi e al mio sindaco Piero Fassino

di
Francesco Forlani
Adesso, mo proprio, che molti di voi dormono, proverò a comunicare a coloro che sono a Torino gli incerti passi innevati di un sogno: vado in Piazza Carlina e  mi trovo la statua di Nino Gramsci. Continuo fino a Piazza San Carlo e  invece dell’orrido solito antenato dei re più codardi della storia,, stavolta a cavallo, la statua di Primo Levi. A Piazza Vittorio, arrivando quella di Cesare Pavese e verso la fine su una panchina Fruttero e Lucentini. In Piazza Bodoni vedrei volentieri Fred Buscaglione, Carlo Levi in Piazza Carlo Felice e in Piazza Arbarello quella di Piero Gobetti . In Piazza Castello Emilio Salgari, e Mario Sodati alla Gran Madre. E tutto il bronzo di quelle orribili statue dittatoriali fonderlo per fare un enorme monumento a una donna emigrante. Un’ emigrante ridente come il sole accucciato in valigia’nzomm. ‘nzuonne. 

23 COMMENTS

  1. scendendo dal treno a pietrasanta si trovava, prima che la giunta plurindagata la spostasse in un parcheggio, la statua di un… cavallino. Niente di che ma era così vivo che subito ti veniva fuori un sorriso, così, pure se il treno aveva tardato. Terra di cavatori, anarchici e scalpellini. C’era pure il monumento all’amicizia: una scimmia che abbraccia un cane. Una scimmia perchè? Boh. Ah, terra di fantasiosi quella: l’avranno pensata così.

    A Torino vado a dormire vicino alla sinagoga e trovo che lo spiazzetto lì davanti l’hanno intitolato a Primo Levi che a dodici anni io quando l’ho letto ho pianto. Ci vuole del sentimento per pensare a un posto giusto per quei tipi lì, magari ci vuole pure fantasia. Certo qualcosa, un posto ci vuole per la memoria della gente perbene, per sentirtela vicino senza dover visitare cimiteri. E la neve a volte fa quel pulito giusto e silenzio che serve per pensarci.

  2. “se le strade cambiassero di nome”, cantava Paolo Pietrangeli, e pochi sarebbero d’accordo oggi a identificarsi in quei nomi. Ma quelli che indichi tu, nottambulo pensatore effeffe, non temono il tempo; monumenti e valori umani, profondi,che hanno già fatto i conti con la storia, senza lasciare dubbi.

  3. siamo un popolo senza memoria, quella che rimane è solo un retaggio vetero ottocentesco che non parla e non racconta più nulla a nessuno.

  4. Ed io, nei paesi del mio Salento, anzicché le Scuole Elementari “Principe di Piemonte” situate in “Via Umberto I” (le ho frequentate in quel di Maglie)o le varie “Piazza Regina Margherita” vorrei trovare qualcosa di discreto, ma sincero dedicato ai poeti della mia terra: Vittorio Bodini, Salvatore Toma, Antonio Leonardo Verri, Claudia Ruggeri, Stefano Coppola……..

  5. La politica

    Un martello è un utensile
    Se lo dai in testa a qualcuno
    L’uso è stato improprio.
    Il progresso ha distribuito la ricchezza
    Prima di lui
    L’aristocrazia l’aveva costruita
    Organizzata,
    Il comunismo è un eventuale strumento
    Non è una fissazione,
    Esteticamente bello
    Altrettanto quanto il capitalismo
    Nella sua brutalità.

    Questo è il migliore
    Dei mondi possibili
    Ed è anche molto simpatico,
    Deretani flaccidi compresi.

    Ogni secolo
    A modo suo è stato
    Bello.

  6. In Piazza Carlina c’è la statua di Cavour, non di qualche Savoia. Tra l’altro l’autore della statua è il senese Dupré e alla statua è associata una storia (non so se sia autentica) molto anti-clericale, troppo volgare e scorretta per essere raccontata in un posto fine e ben frequentato come questo forum.

  7. Tu preferisci Cavour, io ci vedrei bene Gramsci che qui ci abitò. Comunque bene facesti a segnalare l’attribuzione “monumentale”. Lo scivolone effetto del sogno o della neve?
    effeffe

        • Mi va bene dare tutta Piazza Carlina a Gramsci, per Cavour c’è Piazza Carignano, al posto di Gioberti che c’entra come i cavoli a merenda.

          Poi, sempre divangando, Fenoglio al Monte dei Cappuccini, perché lui le città le mira dall’alto, Pavese in Piazza Carlo Felice, sotto l’hotel Roma, Buscaglione in Via Bava, dove concordava le canzoni da balcone a balcone con Chiosso, Dante di Nanni è giustamente a casa sua, Corso Re Umberto tra Gigi Meroni e Carlo Casalegno (Primo Levi è già davanti alla sinagoga), Fausto Coppi è anche lui al posto giusto, via XX Settembre gli anticlericali dispettosi di fine ottocento già l’hanno fatta finire davanti al Duomo, un pezzo di Piazza San Giovanni va a Giuseppe Perotti, dove lo catturarono le brigate nere, giustamente Piazza CLN ha riscattato il luogo dove c’era il comando delle SS e tanti ne dimentico.

          • Massimo Mila in Piazza Bodoni davanti al conservatorio. pavese mi piaceva , ci piaceva l’idea del caffè Elena dove andava spesso. effeffe

  8. Da torinese, ma anche da spatriato, spossessato di Torino, la vedo molto diversamente. intanto, sono contro ogni iconoclastia (anche la sostituzione delle immagini lo è), piuttosto sono per l’uso delle immagini. Quei monumenti sono talmente remoti da ver perso qualsiasi significato ideologico. Il Cavaliere (il Cavallo) di bronzo di piazza San Carlo è un estraniato cavaliere romantico. E perchè, Forlani, taci di quell’altro cavallo cadente con il suo cavaliere, in piazza Solferino, forse unico al mondo? Torino è quel cavallo che cade ferito a morte da una pallottola, proprio mentre era sul punto di spiccare il salto. Non siamo iconoclasti ma non adoriamo nemmeno le immagini così come sono, non ne abbiamo bisogno, nemmeno per quelli che sentiamo nostri veri antenati. Primo, o Cesare, o Nino Gramsci non sarebbero saliti su nessun cavallo e nessun piedestallo, nè vivi nè morti. E perchè non pensi a Sandro Penna, quando dice che le statue retoriche non gli fanno alcun male, o ancora quando scrive “un bicchiere di latte ed una piazza /col monumento”. Un monumento, appunto, non importa di chi, possono essere segnacoli per avvenimenti futuri. Un amico tedesco giudicò con sguardo estraneo lo sconcertante Cavour di piazza Carlina come luogo deputato di convegni omosessuali. Perchè no?

    Altro è quel sempre latente “processo a Torino” che si fa, dall’esterno. Perchè non farlo davvero, su una di quelle piazze, come happening teatrale, con neoborbonici rancorosi e leghisti uniti come testimoni a carico? E poi abbattere i monumenti savoiardi e accapigliarsi sui segnacoli con cui sostituirli?

  9. Luca mi piace la tua riflessione. Sul cavallo morente di piazza solferino se ne parlava ieri con un amante di torino, non torinese, che ne metteva come te in risalto la dimensione tragica narrativa, la pietas del cavallo. arrivi in corsa sulla cosa e come avrai notato dai commenti c’è un aggiustamento in corso. non togliamo, ma portiamoci gente nelle piazze, che a Torino la gente in piazza non ci va come se ne avesse paura, e facciamoci precedere appunto dagli esploratori dell’immaginario, ovvero gli autori di cui sopra. In Piazza Solferino metterei Fenoglio, per esempio effeffe

  10. Caro Forlani, Fenoglio a Torino ci è venuto però solo a morire, non vi ha nemmeno situato un suo personaggio. Viviamo in un’epoca che non può più erigere statue -mi pare una fortuna- e a Torino i veri grandi sono arrivati quando tutte le statue erano già occupate.È interessante questa discrepanza, le statue sono quindi da non prendere alla lettera perché celebrano un eroismo che è stato poi incarnato da altri, da quelli rimasti senza. Un’altra prova di estraniamento, due miei amici, lui polacco lei austriaca, identificano per convenzione scherzosa ogni statua monumentale come “Prinz Eugen”; è così è stato per Carlo Alberto apparso di lato passando su via Po, in mezzo ai suoi soldatini di piombo.

    Le associazioni tra persone e luoghi non possono quindi che essere immateriali; lo immagini Pavese nell’insignificante via Lamarmora? Eppure proprio là è stato, passando senza lasciare traccia in quel preciso luogo.

  11. Se c’è un ciclostile prepariamo tutte le lettere. effeffe ps Marco vai con delle proposte però. da dove scrivi? effeffe

  12. Perchè non girare la statua di Garibaldi invece?il nizzardo non si merita di guardare il manifesto del capitale; si guarda i suoi mille direte, ma sovrastati dalla cappa del danè della storia e dalla scritta bluelettrico della toro assicurazioni. Voltiamo Garibaldi, voltiamo uno degli ultimi eroi romantici e alla testa dei suoi mille permettiamogli di guardare il fiume e l’ultima speranza per salpare verso il mare.

  13. Merita un cenno anche il monumento a Guglielmo Pepe, patriota, generale e repubblicano, che come Aureliano Buendia partecipò a mille rivoluzioni e ne uscì sempre sconfitto ma mai domo, e anche nella versione lapidea del suo monumento continua a indicare un orizzonte.

    Fa bene Luca a ricordare il cavallo morente di Piazza Solferino

    https://en.wikipedia.org/wiki/File:Statua_Ferdinando_di_Savoia_in_Piazza_Solferino_Torino.jpg

    A me piace il contrasto tra la dinamicità del cavallo morente e l’andazzo da marionetta di Ferdinando, con il pizzetto inamidato, il cappello incollato in testa, il braccio destro a levare la spada in un gesto legnoso che denuncia il filo che lo muove. Sembra Totò che mette in caricatura un condottiero.

    • Arduino capirai, Guglielmo Pepe è un ex allievo della Nunziatella, come me :-) del resto ci vedrei accento ben volentieri Pisacane, altro ex allievo, peraltro da lui aiutato a Londra durante la fuga. effeffe ps Pisacane autore di un opus politico considerevole come purtroppo pochi sanno

  14. Francesco, non vorrei essere frainteso, non c’è ironia nel mio ricordo di Pepe, ma molta ammirazione. Su Pisacane riconosco di sapere poco, troppo poco. Infine non ho trascorsi militari prestigiosi come i tuoi, solo un corso per diventare caporale.

  15. a Pisacane ho dedicato un lavoro teatrale ma ti confesso che anche la figura di Gugliemo Pepe mi ha sempre affascinato. il monumento che c’è a Torino ma anche il luogo sono molto suggestivi. io ce li lascerei effeffe

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017