carta st[r]ampa[la]ta n.46
di Fabrizio Tonello
Carissimi amici italiani, vi mando il più affettuoso saluto dalla Nuova Caledonia, dove sto sorseggiando un long drink al latte di cocco mentre aspetto di tuffarmi tra i coralli e i pesci tropicali. Mi dispiace che voi siate bloccati sotto la neve in compagnia di Alemanno: io ho appena concluso un accordo miliardario con FaceGooglAmazon per un nuovo software e penso di starmene qui per qualche annetto. L’idea del mio rivoluzionario software, Plural, è venuta leggendo “Nòva”, il supplemento tecnologie del “Sole 24 Ore” del 5 febbraio, tutto dedicato al ruolo che avrà la Rete nel rivoluzionare l’insegnamento. Basta con le aule! Abbasso le spiegazioni! Stop ai metodi autoritari e cattedratici! D’ora in poi, La didattica va a lezione di tablet (p. 51). L’articolo spiegava che all’università di Padova hanno creato Wecampus, “uno spazio dove sono gli allievi delle università a segnalare i documenti che trovano interessanti e possono aggiungere commenti”.
L’ho provato ed effettivamente è uno strumento utilissimo: “Quella carogna di Diritto Costituzionale mi ha dato 18 e rovinato la media!”; “Per fare Storia Contemporanea c’è un manuale di 1000 pagine!”; “Se fate gli esami in aula M, ricordatevi di arrivare presto e sedervi nei posti in alto, lontano dalla cattedra, dove si può copiare tranquillamente”; “Tonello mi ha chiesto la data dell’arresa del generale Lee a Potomattox!”. Altri commenti utili e partecipativi, che generalmente iniziano con “Quella troia della (omissis)” oppure “Quello stronzo di (omissis)”, sono stati eliminati grazie a una nuova funzionalità del software, che quando incontra una parola inclusa nell’apposita lista “Espressioni frequenti nelle toilette dell’Ateneo”, cancella il post.
Un altro articolo nella stessa pagina riferisce di un sondaggio effettuato da YouGov con la domanda: “Ti nascondi quando controlli la posta e le news a tavola con la tua compagna o la tua famiglia?” Certo che no: mentre la mia compagna metteva in tavola il brasato al Barolo (unico cibo adatto alla stagione) ho detto: “Urca! Lo sapevi che, secondo il Tg1, Monti indossa il loden e la Fornero usa le sovrascarpe per la neve?”. In quel momento ho sentito una puntura sul palmo della mano sinistra, quella che uso per tenere il telefonino: era il forchettone del brasato che, dopo aver attraversato l’iPhone 4S (per fortuna in garanzia) mi si era piantato nel palmo. Ho pagato 88 euro di ticket all’ospedale Maggiore e adesso non lo faccio più, però forse dovrei dirlo a quelli di YouGov perché aggiornino i risultati della ricerca.
L’articolo successivo, Nessun progresso senza internet in aula, riferiva le dichiarazioni del collega Paolo Ferri dell’università Milano Bicocca e diceva, tra l’altro, che è stata annunciata un’alleanza tra Apple e alcuni grandi editori “per l’insegnamento delle scienze naturale”. Diceva proprio così: “delle scienze naturale”. A quel punto sono andato in biblioteca Sala Borsa, ho preso in prestito vari manuali su come fondare una start-up (più chic che dire: come aprire una partita Iva) e mi sono messo al lavoro. Due giorni e due notti usando il mio Macintosh del 1985 (un po’ vecchiotto ma per certe cose funziona ancora benissimo) e il software Plural era pronto. L’ho mandato al mio amico Pietro Falcone a Londra per i test e, dopo 6 ore, la risposta è arrivata: “Funziona”.
A quel punto ho telefonato a Mark Zuckerberg e gli ho detto: “Ehi Mark, vecchio mio, sospendi la quotazione in Borsa: ti cedo i diritti di un nuovo software che farà raddoppiare gli iscritti a Facebook nel giro di due mesi”. Zuckerberg sulle prime era un po’ scettico ma poi gli ho spiegato come funzionava Plural e lui, dopo una rapida consultazione con Jeff Bezos di Amazon e il fantasma di Steve Jobs appositamente evocato da Vanna Marchi, ha deciso di creare FaceGooglAmazon, una nuova società con capitale sociale di 36 fantastiliardi di dollari, che nasce per sfruttare al meglio Plural. Io mi sono accontentato delle briciole, ho firmato e mi sono fatto portare in Nuova Caledonia.
Sull’aereo ho finito di leggere il giornale perché sulla copertina di “Nòva” c’era un titolo stuzzicante: A scuola s’impara meglio con il libri formato tablet. Proprio così: “il libri”. Ho pensato che forse avrei dovuto contrattare di più con Zuckerberg, date le infinite occasioni di utilizzazione di Plural, ma ormai quel che era fatto era fatto. E poi io non sono un tipo avido. Sceso a Nouméa, ho trovato ad aspettarmi una copia ancora fresca d’inchiostro di “Nòva” del 12 febbraio, inviata da Sarkozy con il suo aereo personale in cambio della promessa di fare il ministro delle Tecnologie se verrà rieletto alle prossime elezioni in Francia. C’era un articolo sul nuovo software del mio collega padovano Massimo Marchiori intitolato La risposta di Fb a Volunia?. Tra le altre cose diceva: “La sperimentazioni di Fb partirà con i giochi”.
“La sperimentazioni”, un altro cliente assicurato: anche al Sole 24 Ore dovranno comprare Plural, il magico software che insegna le concordanze tra articolo e sostantivo oppure tra soggetto e verbo. Niente più problemi con singolare e plurale, comprate Plural…
[nota della Redazione: Nazione Indiana non accetta messaggi pubblicitari né sollecitazioni all’acquisto, pertanto l’articolo del prof. Tonello è stato troncato qui].
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come era facile prevedere già circola il virus, diciamo così, “anti-Plural”. Ne sono state individuate varie versioni, tra cui “LEMMIngs” e il nostrano “cca’ nisciuno è flesso”, più noto con il nome, assai poco politically correct, di “NDB”, cioé “Negro Da Barza”. Il devastante effetto del contagio è il medesimo: l’eliminazione di ogni forma flessa, che rende ogni frase assai simile alla tipica parlata dell’uomo di colore nelle barzellette razziste o in “Via col vento” (da cui il nome di un’altra variante: “MizRosella”). Ad esempio, “La sperimentazioni di Fb partirà con i giochi” viene ridotta a “La sperimentazione di Fb partire con il gioco”, vanificando così il lodevole ma ahimè non sufficientemente smaliziato lavoro di Plural.