ANGST/ furto d’anima
di Franco Buffoni
Siamo tra la crisi del ventinove
E la nomina di Hitler alla Cancelleria,
Siamo qui nell’interim
A cavalcare
Nel timore di farci scavalcare…
Da Atene Roma Madrid e Lisbona?
No, da Berlino Nord Sud Est e Ovest.
Ma non volevate dominare il mondo?
E adesso che l’Europa l’avete conquistata…
Cercate di capire, il primo e il secondo
Dei nostri tentativi
Non erano propriamente sbagliati:
Li avevamo solo messi in atto
Con mezzi inidonei.
E adesso
Che i mezzi sono quelli che funzionano,
Adesso che ci avete conquistati
Non ci volete più,
Non la volete più l’Europa?
Adesso abbiamo paura. Angst, nur Angst…
Dunque, fateci capire: l’Europa la volete
Ma non fisicamente…
Ne desiderate l’anima,
Il resto possiamo tenercelo
Nutrendolo come possiamo…
Ach so…
Strepitüs.
dialogica d’attacco: con questa scagli un dardo in pieno petto.
chapeau
Non si puo fuggire a tanta lucidità
con Scrittura incisa.
La poesia non è fuggire del mondo. Dà un’immagine interiore del mondo.
E’ la sola verità che si puo affrontare- senza la scrittura dei poeti
siamo persi.
Da mihi animas, cetera tolle. Tradotto nell’ipoocrita linguaggio post-new-economyco: dammi il controllo creditizio e bancario, lascia perdere il resto (istituzioni, persone, eredità culturale -le istituzioni si possono deformare, le persone suicidare, i monumenti lasciar franare), che è solo un peso morto.
Sì, è proprio il quadro della Germania di oggi in relazione all’Europa. La versione soft delle invasioni barbariche.
O in altra forma: la lunga durata è lunga durata: da Alarico agli Ottoni, dagli Ottoni a Federico I, da Federico I agli imperi centrali, dagli imperi centrali al terzo Reich, dal terzo Reich alla deutche Bank.
Bella
Che bel graffio, Franco. Grazie.
@ Buffoni
Provi un po’ ad ascoltare la campana di Agamben.
Qui:
http://www.megachip.info./tematiche/democrazia-nella-comunicazione/8789-crisi-della-modernita-e-parole-dordine.html
O qui:
http://www.sinistrainrete.info/cultura/2249-giorgio-agamben-amo-scicli-e-guccione.html
Sì, va bene, Franco Buffoni, ma è una poesia piatta e dimostrativa.
Aeroporto di Monaco di Baviera, controllo sicurezza. Il metal detector suona. Suona quasi per tutti. La poliziotta mi fa alzare le braccia, mi passa il detector manuale sotto le ascelle, intorno al seno, lo infila nella circonferenza dei jeans per esser certa che ciò che suona siano solo il ferretto e le borchie. Mi fa sedere e passa l’aggeggio sulle le suole, tutte in gomma. Alla ragazza prima di me aveva fatto togliere le ballerine decorate con brillantini metallici e le aveva passato il detector manuale sotto i piedi nudi.
Questa prassi di controllo operata direttamente sul corpo dei passeggeri (che per esempio a Francoforte è causa di code allucinanti), a quanto mi risulta, esiste solo in Germania. Non a New York, a Londra, nemmeno in Israele. Ossia laddove il rischio di attentati è più alto.
Stavolta mi ha evocato la poesia di Franco.
“Angst” più “Gruendlichkeit”- non l’efficienza, ma la meticolosità, il dover fare le cose sino in fondo, per bene, meglio degli altri.
Non vedo, nella Germania odierno, continuità con il passato sul versante aggressivo, militarista, da “Quarto Reich”, per farla breve.
Temo invece che la “differenza tedesca” abbia molto a che fare con questo corto circuito che produce ansia di controllo collettiva. E come questa porti con sé la serena accettazione che per il bene e la sicurezza comune sia lecito essere più invasivi nei confronti del singolo cittadino.
Ringrazio per tutti gli interventi. Helena: il punto è proprio quello della meticolosità, della precisione, del compiere il proprio dovere fino in fondo senza porsi domande, dell’obbedienza cieca agli ordini. E di quell’angoscia dentro che ti divora, e dunque diventi ancora più meticoloso, freddo, obbediente.
mi rimanda a Norimberga e alla banalità del male.
Angst è un’immagine molto bella.
Condivido meno la lettura su una continuità che non esiste IMHO (“Cercate di capire, il primo e il secondo / Dei nostri tentativi…”). Spicca una preoccupante contemporaneità di forza e debolezza che partorisce, appunto, Angst, e queste tue righe hanno davvero il pregio di saperla evidenziare.
Vi segnalo un’analisi prosaica ;-) ma lucida dell’economista Vincenzo Comito su Berlino in stato confusionale: http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/Germania-poteri-in-stato-confusionale-14656:
“Nelle decisioni politiche europee, la Germania ha per tanto tempo – per comprensibili ragioni di opportunità – mantenuto un basso profilo; ora si è ritrovata all’improvviso con la responsabilità della guida di fatto dell’Europa, senza che le sue élites politiche ed economiche avessero una preparazione adeguata. La memoria corre, a questo proposito, al caso del Giappone che, alla fine degli anni ottanta aveva raggiunto l’obiettivo di ottenere lo stesso livello di sviluppo economico dell’Europa e degli Stati Uniti, obiettivo che inseguiva da più di un secolo; a quel punto il paese si è ritrovato smarrito, non sapendo più che nuovi traguardi porsi”.
Ma perché tacete degli USA?
Lì non ci sono i metal detectors?
Lì non c’è meticolosità, precisione, banalità del male?
Lì non pensate che in passato hanno sterminato i pellirosse e hanno buttato le atomiche su Hiroshima e Nagasaki?
Lì non scatta l’Angst?
Rileggetivi per favore Agamben e e fateci un commentino.
Questi versi di Franco Buffoni fotografano, con l’icasticità propria del poeta (e di un Poeta come Buffoni)quel barlume d’acciaio, quella ferita dura che la Storia ha da tempo rivelato; fungono del rest da sineddoche per altre e altrettanto violente e feroci dimostrazioni di forza (figuriamoci se non concordo con Abate). Il nodo di questi versi sta dunque, a mio avviso, nel tratteggio di una “modalità storica di dominio”, di una “prepotenza ontologica” agita da qualcuno su qualcun altro. Non importa, credo, a Buffoni, chi agisca contro chi: importa l’atto della sopraffazione in sé: pensiamo del resto al suo impegno di intellettuale, alle sue battaglie civili. Si respirano in questi versi lo sgomento e l’urlo di chi osserva con sguardo fermo, consapevole lui (e tutti noi) della memoria che ci grava sulle spalle, che marcì, di fatto, proprio al centro dell’Europa e per ragioni che qui non c’è lo spazio né di discutere né di analizzare. Mi permetto, infine, un invito ad una procedura di lettura della poesia (non l’unica, per carità), si licet. La poesia, se è vera poesia, è sempre metalessi. E’ sempre segnale: qui sta la tutta la sua forza e la sua terribile preveggenza, la sua funzione di Cassandra. In questo senso e con questa funzione vanno letti questi straordinari versi di Franco Buffoni.