Un reading dalle poesie di Lorenzo Calogero
Il Fondo Librario di Poesia Contemporanea di Morlupo RM
in occasione della prima riunione del circolo dei lettori di poesia
presenta lunedì 4 novembre alle 18,00
presso il Centro Libellula un reading
dalle poesie di Lorenzo Calogero
INGRESSO LIBERO
Lunedì 4 novembre alle 18,00 nell’ambito delle riunioni del Il circolo dei lettori di poesia a cura di Viviana Scarinci, sarà presentata una lettura di poesie di Lorenzo Calogero tratte dal FL di Poesia Contemporanea di Morlupo.
Nato a Melicuccà in provincia di Reggio Calabria, Lorenzo Calogero (1910-1961) studiò ingegneria e poi medicina a Napoli, dove conseguì la laurea nel 1937. Esercitò saltuariamente la professione medica fino al 1955, dedicandosi intanto alla filosofia e alla poesia. Tentò in vano di stabilire contatti con il mondo della poesia, trovando solo nel poeta Leonardo Sinisgalli un attento interlocutore. È morto forse suicida, nella sua casa di Melicuccà, nel marzo 1961.
Importanti poeti come Amelia Rosselli, Eugenio Montale dopo la sua morte, lo riconobbero come un esponente di estremo rilievo della poesia italiana del novecento. A partire dal 1962, scoppiò un vero e proprio caso letterario e Calogero venne salutato come un nuovo Rimbaud.
Nell’ambito sono previste letture di testi dei poeti presenti e della poesia preferita degli intervenuti in un incontro dall’interessante valenza interattiva.
Evento su facebook https://www.facebook.com/
Centro Libellula
Via San Michele 8, 00067 Morlupo (RM)
Lunedì 4 novembre alle 18,00 leggiamo insieme Lorenzo Calogero
Tel. 06 98267808, Mob. 333 2045759
http://libellulamorlupo.
Spero il reading sia andato bene.
Effettivamente il più grande, Calogero, secondo il mio parere. Metabolismo di immagini fino alla foce di voce orfica; lontanissimo dalla perturbazione argomentativa, senechiana e saccente di Montale, forse prossimo (con meno impeto d’Epos, ma maggiore macello di forze) a certo Campana o campanismo; tetro nella leggenda di vita o illustre; ingiungibile nella possibilità di imitazione.
Ma il vero artefice della sua riscoperta, il motore immobile, ma inesausto è tal Nino Cannatà, personaggio calabro fin nei connotati antropometrici, produttore di convegni, stimolatore di discussioni, colui che pungola il sedere floscio dell’Accademia Italiana (scusate le maiuscole), soprattutto di quella calabrese, dove sostano come macigni inespressi cartoni e cartoni, effluvianti (scusate il neologismo) poesia trasudata da viscere, grandezza, postura imperiale persa tra gli aranci di Melicuccà.
Sempre per il tramite di Cannatà sono state prodotte mirabili operazioni. Su tutte, mi preme ricordare, quella del dicembre 2011, al Campidoglio, tra macerie di pietre di fondazione di lustri di un tempo e macerie di critici.
Ricordo ancora uno splendido Stelvio Di Spigno, che narrò dell’invincibie verità di una poesia incatturabile, una buona Calandrone che riconobbe il genio del poeta, spiegandolo, però, nel vezzo moderno e psicanalitic-ossessivo, come una malattia riuscita; e ricordo un baronetto universitario adirato con Di Spigno, dando sostegno alla diceria della coda di paglia.
Insomma, ma è storia, forse minore, ma degna d’essere tramandata: sechi seco il succo del discorso sucò a suo insapido secchio di secca saggina,
O era sapienza illetterata, o fiocina di allattata stanza d’esubero.
Ma che sto dicendo?
Solo rispondo in diffrazione temporale a citazione di GiusCo, che ringrazio, relativamente al valore. Lontanissimo dai discorsi intorno alle cose: “tutte quelle spiegazioni, che mi ammazzano” (C.B.)