La brillante carriera del giovane di sistema

di Roberto Saviano

secondigliano vela.jpg Napoli: prima la droga poi i cantieri. Così cresce l’esercito dei baby camorristi. Hanno dai 12 ai 17 anni. Sono pronti alla prossima guerra tra «l’alleanza» e i Mazzarella. Ai clan offrono tutte le garanzie: stipendio basso, niente orari, niente famiglia. Ci sono loro dietro gli ultimi omicidi. Senza mai abbandonare la scuola, e scommettendo sulle corse delle Smart.

Li arruolano appena diventano capaci di mantenere fedeltà al gruppo. Hanno dai 12 ai 17 anni, molti sono figli o fratelli di affiliati molti altri invece provengono da famiglie di precari, di ex contrabbandieri. Sono il nuovo esercito dei clan della camorra napoletana. Vengono dal centro storico, dal quartiere Sanità, da Forcella, da Secondigliano, dal rione San Gaetano, dai quartieri Spagnoli, dal Pallonetto, da via Cupa dell’Arco vengono reclutati attraverso affiliazioni strutturare in diversi clan. Per numero sono un vero e proprio esercito di ragazzini. I clan del centro storico di Napoli, il clan Mazzarella, i Misso, le famiglie confederate nell’Alleanza di Secondigliano, i rimasugli dei Giuliano di Forcella, il clan Di Lauro, il clan Brandi, il clan Lo Russo, hanno tra le loro fila centinaia di minorenni. I vantaggi per i clan sono molteplici, un ragazzino prende circa 300 euro al mese, meno della metà dello stipendio di un affiliato adulto di basso rango, raramente deve mantenere i genitori, non ha le incombenze di una famiglia, non ha orari, non ha necessità di uno stipendio puntuale e soprattutto è disposto ad essere perennemente per strada. Le mansioni sono diverse e di diversa responsabilità.

Primo gradino: da pusher a palo

Si inizia con lo spaccio di droga leggera, hascisc sopratutto. Quasi sempre si posizionano nelle strade più affollate, col tempo iniziano a spacciare pasticche e l’MPPP la cosiddetta eroina sintetica e ricevono quasi sempre in dotazione dal clan un motorino, infine la cocaina, che portano direttamente nelle Università, fuori dai locali, dinanzi agli alberghi, alle stazioni della metrò. I gruppi di baby-spacciatori sono fondamentali nell’economia flessibile dello spaccio perché danno meno nell’occhio, vendono droga tra un tiro di pallone ed una corsa in motorino e spesso vanno direttamente al domicilio del cliente. Il clan in molti casi non costringe i ragazzini a lavorare di mattina, continuano infatti a frequentare la scuola dell’obbligo anche perché se decidessero di evaderla sarebbero più facilmente rintracciabili. Spesso i ragazzini-affiliati dopo i primi mesi di lavoro vanno in giro armati, un modo per difendersi e farsi valere, una promozione sul campo che promette la possibilità di scalare i vertici del clan; pistole automatiche e semiautomatiche che imparano ad usare nelle discariche di spazzatura della provincia o negli stanzoni vuoti della Napoli sotterranea.

Quando diventano affidabili e ricevono la totale fiducia di un capozona allora riescono a rivestire un ruolo che va ben oltre quello di pusher, diventano «pali». Controllano in una strada precisa della città a loro affidata che i camion che accedono per scaricare merce a supermarket, negozi o salumerie, siano quelli che il clan impone oppure in caso contrario segnalano quando il distributore di un negozio non è quello «prescelto» dal clan. E’ questo un lavoro necessario ai clan per il dominio territoriale assoluto delle forniture ai negozi. Anche nella copertura dei cantieri è fondamentale la presenza dei «pali».

Le ditte appaltatrici spesso subappaltano ad imprese edili dei gruppi camorristici, accade però che a volte le ditte dei clan non propongono prezzi convenienti e le ditte appaltatrici così subappaltano i lavori a ditte non «consigliate» dai clan e più convenienti. Per non subire danni fanno lavorare queste ditte di notte, cercando di rendere nulla la visibilità dei loro macchinari e degli operai stessi. I clan per scoprire se i cantieri subappaltano i lavori a ditte «esterne» hanno bisogno di un monitoraggio continuo ed insospettabile. Il lavoro è affidato ai ragazzini che osservano, controllano, portano voce al capozona e da questi prendono ordini sul come agire in caso il cantiere abbia «sgarrato». In questo contesto è possibile ascrivere l’agguato del 18 ottobre contro due operai edili feriti da pistolettate mentre svolgevano il proprio lavoro in un cantiere ai Colli Aminei a Napoli.

La «mesata»: 300 euro

Per alcuni clan esistono vere e proprie prassi di affiliazione. Per entrare nel clan devi essere presentato da qualcuno, un parente o anche un semplice conoscente. Viene dato appuntamento quasi sempre di domenica fuori ad una chiesa, lì si incontrano tutti i ragazzini che vogliono entrare nel clan l’uomo che li presenta ed ovviamente un capozona. Dopo aver assistito alla messa ed aver fatto la comunione una stretta di mano tra il ragazzino e tutti i membri decreta l’affiliazione. Se qualcuno non gli da la mano il ragazzino non entra nel clan. Per moltissimi altri clan napoletani questo rito non è utilizzato, basta esclusivamente l’astratto contratto di lavoro siglato dalla fiducia della parola data e dallo stipendio. Il vantaggio di avere eserciti di ragazzini continua ad esserci anche quando subiscono un arresto, poiché una volta inseriti in case di recupero o negli istituti dei carceri minorili non subiscono pressioni per il pentimento e possono godere di forti sconti di pena.

A Secondigliano nel cuore della Napoli della camorra basta passeggiare lungo il perimetro della Masseria Cardone il feudo dei Licciardi dove gli affiliati ricevono la «mesata» (lo stipendio), per incontrare decine e decine di ragazzini che vanno a prendere i soldi. Ma il problema emerge solo di tanto in tanto quando chiazza la cronaca nera, come venerdì notte quando il diciassettenne Stefano Albino è stato ammazzato in pieno centro cittadino come un maturo camorrista e sempre più si delinea l’ipotesi che sia stato assassinato a causa di uno sgarro, di un invasione di campo, di operazioni che aveva fatto in zone di un altro clan. Con grande probabilità attraverso la sua plateale esecuzione si è voluto dare un segnale vasto a tutti i ragazzini utilizzati dal clan avverso per invadere certi territori.

Soldati della prossima guerra

Questo esercito silenzioso potrebbe venire utilizzato in tutta la sua potenza operativa nelle prossime guerre di camorra che stanno per dilaniare Napoli nella grande opposizione tra i clan del centro storico (Misso/Mazzarella) e quelli della periferia (Alleanza di Secondigliano/Stabile/Contini). Una conflittualità nata con il rilancio avvenuto negli ultimi due anni delle attività economiche dei clan, espansione economica resa possibile dalla capacità di essere determinanti nell’accesso ai subappalti e dalla gestione delle fabbriche a nero. A ciò va aggiunto che le attività di riciclaggio dei capitali fatturati con la droga attraverso investimenti nell’ambito dei negozi di vestiti e di supermercati è del tutto incontrastata. L’aumento della posta in gioco ha ovviamente inflazionato gli scontri ed ora tutto vive una precaria stabilità soprattutto con la messa in crisi del cartello di Secondigliano che ha permesso ai clan del centro storico di riorganizzarsi. Questi ragazzini affiliati li chiamano moschilli ma i loro comportamenti e le loro responsabilità sono quelle di camorristi maturi. I moschilli iniziano la carriera molto presto, bruciano le tappe e la loro scalata ai posti di potere all’interno della camorra sta radicalmente modificando la struttura genetica dei clan.

Capizona bambini, boss giovanissimi divengono interlocutori imprevedibili e spietati che seguono nuove logiche criminali ed imprenditoriali impedendo a forze dell’ordine e antimafia di comprenderne le dinamiche e le logiche oltre che i volti, tutti sconosciuti, nuovi, a differenza invece dei vecchi esponenti dei clan. Il clan Giuliano di Forcella ne è l’emblema. Dopo gli arresti ed il pentimento del gotha della famiglia Giuliano tutto il clan è stato gestito da un giovanissimo nipote del boss Loigino Giuliano, Salvatore Giuliano con una schiera di ragazzini. Proprio in uno scontro a fuoco il 28 marzo del 2004 tra giovanissimi camorristi è morta Annalisa Durante coinvolta nella fuga di uno degli obbiettivi dell’agguato. Simile sorte è capitata a Claudio Tagliatatela ammazzato il 9 dicembre scorso durante una rapina di un cellulare. Impossibile risultò alle forze dell’ordine comprendere gli esecutori, fu arrestato in fretta Arturo Raia un trentenne che si impiccò in carcere e che non pare dalle indagini essere stato l’assassino.

Il cellulare non si paga

E’ ovvio che questo esercito di giovanissimi affiliati non è completamente controllabile da parte dei clan, anche se non sono pagati per commettere rapine ed anzi la cosa è particolarmente fastidiosa per i capizona che prediligono tranquillità, sempre più spesso tutto ciò che i muschilli vogliono cercano di ottenerlo con il «ferro», così come chiamano la pistola, e il desiderio di un cellulare o di uno stereo, di un auto piuttosto che di un motorino, facilmente si tramuta in un assassinio. Nella Napoli dei bambini/soldato non è raro sentire vicino alla cassa nei negozi, nelle botteghe o nei supermarket affermazioni del tipo: «appartengo al sistema di Secondigliano» oppure «appartengo al sistema dei Quartieri», parole magiche attraverso cui i ragazzini comprano ciò che vogliono e dinanzi alle quali nessun commerciante chiederà mai di pagare il dovuto. «Sistema» è la parola con cui i ragazzi e gli affiliati definiscono il sodalizio economico/politico/criminale con cui lavorano, camorra è una parola da film, che non esiste, che fa ridere, che usano solo i giornalisti e i poliziotti.

I ragazzini dei «sistemi» del centro storico si incontrano di notte nella galleria di Umberto I e una volta terminata la partitella di pallone utilizzando le saracinesche dei negozi come porte, iniziano a scommettere sulle corse di macchine Smart che si tengono quasi ogni notte all’interno della Galleria e così attendono l’alba o meglio attendono i camion che all’alba scaricheranno merce nei negozi e ci sarà quindi da controllare che tutto sia fatto come il clan comanda. Null’altro che il loro lavoro.

Pubblicato su Il Manifesto il 24 ottobre 2004

Foto: Vele di Secondigliano

4 COMMENTS

  1. Elemento tragicomico: anche noi apparteniamo a un “sistema”, altra parola usata-abusata-svuotata e riempita di quel che si vuole…
    Un domani la lotta al sistema diventerà la lotta alla mafia. E in un certo senso oggi avviene l’esatto contrario.

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