Le scimmie… (64)
di Dario Voltolini
signore
sarete chiamati
ma quando
è un’ora che aspetto
abbandonati sulle panche
abiti invernali
sciarpe
guanti
umidi per la pioggia presa venendo
di corsa chinati attraversando i binari
nel traffico del corso a quest’ora che nelle nuvole diventa bluastra
oltre il vetro c’è una persona che registra i nomi e i danni
scrivendo su fogli impaginati a tabelle
quando è successo?
stamattina
e come mai è qui solo adesso?
lavoravo
poi mi è preso più male
e sono venuto qui
sono svenuto mentre lavoravo
in mezzo a un corridoio un uomo riccioluto
in giubbotto e stivaloni
porge il polso al medico
che gli prende la mano e gliela gira un po’
a momenti
quello cade per terra
ha tentato contorcendosi di seguire la torsione della mano
di annullarla
ma poi stava proprio per cadere a terra
ha solo detto
che male! basta!
e il medico l’ha lasciato andare e lo ha guardato seriamente
mentre l’uomo riccioluto
si è ripreso
ma non sapeva che espressione fare con la faccia
e sorrideva imbarazzato all’altro che lo fissava serio
vecchie spaventate su barelle in attesa lungo un muro
un gradasso che tenta un passo
e gli dicono
lei così può spaccarsi il piede da un momento all’altro
un ragazzo con un’abrasione profonda lungo l’avambraccio
seduto sulla panca di metallo
è il mercoledì il giorno delle notizie
che arrivano mezze attese mezze inaspettate
come i frutti di un’altra stagione
esposti nelle vetrine dei negozi di primizie
sovraccaricati di sonno cediamo
leggendo ancora qualche pagina del libro che ci racconta
di un universo (il
nostro) fatto di stringhe (strings) che vibrano
e di membrane
non c’è niente che stia fermo in questo stagno dove strepitano le rane
tanto che devi andare con il retino a catturarle una per una
portandole poi oltre la collina
nell’altro stagno