Le scimmie… (86)
di Dario Voltolini
quando guarda in alto vede un cavallo che gli pende sul capo
la bestia è stupefatta le zampe tese il torace imbracato
l’uomo vede l’enormità del cazzo del cavallo
e i suoi occhi muti in cui il furore si arrampica su se stesso
nelle retrovie del porto cartacce scivolano spostate piano da un vento caldo
in una sala al terzo piano le pareti sono colorate
in centro un totem prismatico impone un silenzio assoluto
i fari fuori lampeggiano ma dentro non c’è movimento
né cambi di luce
niente
una linea liscia e dritta fatta di silenzio che va e va
sembra perdersi all’infinito per davvero
scivolando fuori città
oltre l’area del cimitero
oltre le proprietà delle banche
oltre le periferie dove ancora spacciano l’ero
oltre le ultime muraglie bianche
dove comincia il lago artificiale nel ventre del quale
sta sciogliendosi negli anni
l’agglomerato urbano fatto di pietra grigia
ricostruito nuovo a valle per gli abitanti risarciti per l’invasamento della diga
un giorno per lavori di mantenimento
di consolidamento
svuotarono l’invaso e i vecchi abitanti risalirono al bordo del lago artificiale
mentre il livello dell’acqua calava
per vedere che ne era delle loro antiche case
spuntò per primo il campanile
poi a poco a poco quello che restava del paese
e pesci agonizzanti sventolavano nelle secche
forse tutto alla fine si scioglierebbe nell’acqua
se per ultima rimanesse l’acqua
al fondo di quei filari infiniti in cui perdiamo lo sguardo
in quelle fughe di camere annidate
nelle prospettive delle vie rettilinee
fatte di facciate di case
quando intorno come sempre
brilla coricandosi la primavera
quando scende la sera
ripetendo puramente per amore
parole nate un tempo sotto un fiotto di luna
assai lontano dalla casa roteante fatta di sterpi
acustico groviglio di serpi
dove l’uomo di chiara autorevolezza
il cui nome come fatto di brezza
svaniva via dalla mente del poeta
non si sa a quale distanza dalla meta
arrivando all’improvviso sulla scena
spezzò per sempre il filo del poema
sulla terra scende la pioggia e il sole la fa svaporare
nelle bussole magnetiche l’ago vacilla
ogni grado di apertura è lo stesso grado di chiusura
la ragazza che parla dalla veranda
in frasi brevi e scandite
di come l’infiorescenza vada pensata
e ripensata in astratto secondo un suo aspetto estremo