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Aria di guerra

di Giorgio Mascitelli

Marco Lodoli nell’intervento apparso su Nazione Indiana dal titolo “Manca un tassello” mette in guardia collaboratori e lettori di questo sito dal rischio di sottovalutare i pericoli provenienti dall’integralismo islamico in nome di una vis polemica nei confronti dell’attuale politica dell’amministrazione statunitense e dei suoi alleati in Iraq. Siccome un rischio del genere è del tutto plausibile in una situazione così confusa sia politicamente sia emotivamente, è bene raccogliere l’invito di Lodoli e provare a ragionare.

Il primo elemento su cui ragionare è questo: in che modo criticando la politica dell’amministrazione Bush e in Italia Berlusconi si rischia di sottovalutare l’estremismo islamico? Certo è curioso che lo si faccia esercitando quel diritto alla critica che costituisce proprio la specificità dell’occidente. Un’altra ipotesi può essere che, indebolendo tali critiche la volontà di combattere contro l’integralismo, gli estensori di queste diventino gli utili idioti del fanatismo religioso. Per sostenere questa tesi, bisogna però sostenerne implicitamente altre due: innanzi tutto che attualmente si sta combattendo una guerra contro l’integralismo islamico e in secondo luogo che la guerra è lo strumento più adatto o il solo possibile per contenere la minaccia islamista.
Se anche non si vuole dare retta alla posizione ufficiale del governo italiano, secondo il quale, come è noto, non c’è nessuna guerra, bisogna dire che la guerra in Iraq non è una guerra contro l’integralismo islamico: questo non lo affermo io, ma lo hanno affermato tutti i più importanti dirigenti statunitensi, spiegando che si trattava di una guerra contro un dittatore sanguinario provvisto di armi di distruzione di massa. E sicuramente Saddam è un sanguinario, ma che ha utilizzato un apparato ideologico laico, di tipo nazionalista, per sostenere il proprio regime, come è del resto ovvio in un paese diviso da un punto di vista religioso.
Inoltre uno delle tesi classiche dell’integralismo islamico, grazie alla quale ha aumentato i propri consensi nelle società mussulmane, è che l’occidente cristiano stia conducendo una crociata contro l’islam, è quindi del tutto naturale che l’attacco e la successiva occupazione militare di una nazione araba comportino un rafforzamento oggettivo delle posizioni islamiste. E magari un occidente tutto unito dietro ai propri governanti nella guerra, proprio come all’epoca delle crociate, può fornire un’ulteriore conferma di questo schema tendenzioso.
Un altro elemento di riflessione può nascere da una domanda: quanto sono diffuse oggi nell’opinione pubblica le posizioni di critica a quanto è stato fatto e si va facendo in Iraq da parte della coalizione della “buona volontà”? Se esaminiamo l’apparato mediatico italiano, con alcune note eccezioni, vedremo che questo è impegnato a sostenere alternativamente le due tesi, non sempre facilmente conciliabili, che non c’è nessuna guerra e che bisogna restare uniti in un momento così difficile, ovvero appoggiare la politica del governo ( durante la prima guerra mondiale si chiamavano unioni sacre cose alquanto simili); idem nel mondo politico e sociale. Quindi le voci di coloro che dissentono da questa posizione sono minoritarie e accusarle di indifferenza è perlomeno ingeneroso, se non altro perché incarnano, in questo frangente più di altre, quel diritto alla critica che tutti, penso, vogliamo preservare da ogni integralismo.

5 COMMENTS

  1. non voglio e non posso farmi interprete delle parole di lodoli però credo che il senso del suo scritto, almeno come l’ho letto io, sia questo (o almeno questa è la pro-vocazione a cui vorrei chiamare tutte le menti splendide di n.i.): tenendo ferme tutte le critiche -giuste e sacrosante -alle politiche dei governi occidentali riguardo a questi temi, senza lasciare il campo o abbassare la guardia nei confronti delle politiche neocoloniali occidentali, ecco fermo restando questo punto cosa facciamo noi scrittori, intellettuali e quant’altro, per l’assenza di diritti e giurisprudenza nel mondo islamico? cosa facciamo per i processi agli omosessuali egiziani, per le carceri siriale e tutto il resto che diceva lodoli? Mi rifiuto che si faccia rinuncia a usare l’intelligenza e il senso critico solo perchè criticando Bush si deve per forza, per contratto quasi, passare sotto silenzio tanti orrori e tante ingiustizie operanti nel mondo islamico!
    ciao ciao!
    f.

  2. La posizione di Mascitelli, pacata e ragionevole, ha il difetto di quasi tutte le posizioni anti-guerra: apparentemente invita a riflettere sull’effetto controproducente della guerra, cosa assolutamente legittima, ineccepibile (io stesso del resto, che pure ero moderatamente favorevole alla guerra, anche se non ho mai creduto al pericolo “diretto” delle armi di Saddam – tanto da scrivere su un giornale PRIMA della guerra “La guerra è giusta, i motivi no” – ho spesso l’impressione che, nonostante l’importantissimo risultato di aver allontanato dall’Occidente, almeno per ora, il maglio dei kamikaze, la guerra potrebbe non ottenere i risultati sperati).
    Di fatto però quella posizione non ha nulla di equilibrato perché continua a dare per scontato che la colpa è nostra, che basterebbe “fare i bravi” perché il terrorismo cessasse. Proprio non lo volete capire che i morti d’Algeria non c’entrano un cazzo con il petrolio di Bush? Che i massacri di decine di migliaia di cristiani in luoghi non coperti dai media non hanno nulla a che vedere con le “nostre” crociate? Quando i “neocolonialisti” non erano in Iraq e neanche in Afganistan, il “caso” per Bin Laden era rappresentato dalla presenza di truppe USA sul sacro suolo nei dintorni della Mecca. Quelle truppe non ci sono più. Se ci si ritirasse da qualsiasi paese musulmano resterebbe il problema di Israele. Non delle azioni del governo Sharon, come si continua ipocritamente a sostenere, ma dell’esistenza della nazione. Ecco la soluzione, già intravista dalla maggioranza degli europei: buttiamoli a mare questi sionisti. NEANCHE questo basterebbe.
    Non c’è un solo straccio di controproposta, da parte dei pacati e riflessivi nemici della guerra, se non quella di aiutare la Francia-Total-Fina a mantenere i suoi contratti. Predicare la comprensione, il dialogo, l’integrazione (cose che vanno assolutamente fatte e VENGONO anche fatte) non ha alcun senso di fronte agli attacchi in atto, al volume di fuoco di Al Quaeda & C. E chi rallenta l’integrazione dei moderati (Turchia in Europa) non è il fronte dei guerrafondai ma il “pacifista” Chirac.

    “cosa facciamo noi scrittori, intellettuali e quant’altro, per l’assenza di diritti e giurisprudenza nel mondo islamico?” (Francesco)

    Non firmare dei manifesti, spero. Qualcosa di assolutamente “tecnico”, doveroso per gli intellettuali, sarebbe la ricerca di definizioni. Già in questi giorni si dibatteva ferocemente sul “nome” della mano di Nassiria: guerriglia, resistenza, terrorismo? Non si trattava di nominalismo, di questioni di lana caprina: le nostre azioni dipendono dal nome che daremo a tutto questo. Troviamo dunque le nuove parole per questa nuova cosa, che non è guerra, ma neanche terrorismo. L’unica cosa che non dobbiamo fare è continuare a stiracchiare le vecchie categorie, le gabbie marxiane, i residuati della Guerra Fredda, le litanie sul petrolio, per infilarci questa cosa nuova e incomprensibile.

  3. Merlo un’idea ce l’ha su cosa fare, e l’ha annunciata su Repubblica, e quelli pro-guerra al terrorismo dovrebbero in definitiva accoglierla. In uno slogan si potrebbe riassumere: “prima sparare, poi bussare”. Con tutti gli arabi, o con tutti quelli che in qualche modo hanno a che fare con la religione musulmana, adottare questa strategia.
    D’accordo, la smetto con il sarcasmo. Il discorso serio però richiederebbe troppo tempo, e riflessioni non da commento. Una cosa però la voglio ripetere, per ciò che riguarda i commenti qui sopra. Indipendentemente dal fatto che non ne condivido le conclusioni (impegnarsi militarmente in iRAK ed essere pronti a farlo altrove), il problema è un altro, vistoso. Sono pensieri CONFUSI. Si vuole mettere assieme il problema della politica unilaterale e neocoloniale USA, quello dei diritti umani NEL MONDO (piccolo problemino: cosa facciamo noi intellettali sapendo che ogni mezz’ora qualcuno muore di fame nel pianeta?), quello della politica dei paesi arabi (moderati, teocratici, o laici), quello dei guerriglieri filo-Saddam, in Irak, e quello del terrorismo di matrice islamica, dentro e fuori l’Irak. Certo, che coloro che rifiutano la guerra in Irak, non pensano in questo modo di aver risolto simultaneamente tutti questi problemi. Lo voglio sperare. Ma anche gli inglesi, che già hanno avuto i loro morti, che hanno il governo laburista, anche loro sono scesi in piazza, ancora oggi, a ribadire che l’errore è stato troppo grosso. Solo in Italia dobbiamo avere gente, che in nome dei diritti umani, difende uno degli errori politici più pacchiani degli ultimi vent’anni?
    Ciò detto, tutti i problemi sollevati rimangono aperti. Solo che la loro soluzione NON STA IN QUESTA GUERRA, che solo è riuscita ad aggravarli.

  4. I temi proposti dai commenti sul mio intervento sono troppo complessi per essere trattati in poche battute. Vorrei però proporre un tema di discussione sia a coloro che pensano che chi critica l’intervento italiano e angloamericano in Iraq tenda a sottovalutare il fondamentalismo sia a chi, come me, vuole il ritiro immediato delle truppe italiane: analisi delle ragioni della crisi delprocesso di modernizzazione e laicizzazione dei paesi arabi ( naturalmente a partire da interventi un po’ più qualificati di quelli fatti da me). Intanto credo che sia importante continuare a prendere la parola per impedire che in Italia si formi un clima da unione sacra che favorisca ulteriori escalations nella guerra.
    Giorgio Mascitelli

  5. Non mi considero particolarmente qualificato, ma volevo far notare due punti che sembrano scontati a Mascitelli.

    “in che modo […] si rischia di sottovalutare l’estremismo islamico?”

    Spero che sia consentito esprimere il parere che l’estremismo islamico sia sopravvalutato, non sottovalutato. A me sembra una risposta all’integralismo occidentale, che considera ormai il denaro come religione e fonte del diritto. (“Dio è con noi nella santa guerra per il petrolio” sembra dire Bush).

    Altro punto correlato:

    “ragioni della crisi del processo di modernizzazione e laicizzazione dei paesi arabi”.

    Cosa è la modernizzazione? Perchè i paesi arabi dovrebbero laicizzarsi? Perchè non possono avere una propria cultura e proprie idee?

    La domanda di Mascitelli sembra basata sul concetto base che in occidente esista una freccia orientata di nome “progresso”, che porta verso il benessere della società e dell’individuo. A me sembra un assunto non dimostrato.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ha pubblicato uno studio di teoria del romanzo L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo (2003) e la raccolta di saggi La confusione è ancella della menzogna per l’editore digitale Quintadicopertina (2012). Ha scritto saggi di teoria e critica letteraria, due libri di prose per La Camera Verde (Prati / Pelouses, 2007 e Quando Kubrick inventò la fantascienza, 2011) e sette libri di poesia, l’ultimo dei quali, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, è apparso in edizione italiana (Italic Pequod, 2013), francese (NOUS, 2013) e inglese (Patrician Press, 2017). Nel 2016, ha pubblicato per Ponte alle Grazie il suo primo romanzo, Parigi è un desiderio (Premio Bridge 2017). Nella collana “Autoriale”, curata da Biagio Cepollaro, è uscita Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016 (Dot.Com Press, 2017). Ha curato l’antologia del poeta francese Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008 (Metauro, 2009). È uno dei membri fondatori del blog letterario Nazione Indiana. È nel comitato di redazione di alfabeta2. È il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.