I partigiani del conto in banca
di Aldo Nove
Ciò che fa della Lega un’anomala forma di banditismo è il suo totale disprezzo delle istituzioni. Bossi, ai “suoi”, l’ha più volte ripetuto: “Andiamo al potere con la mafia perché così la possiamo combattere dal di dentro”. Per Bossi, Berlusconi è un mafioso, oltre a essere un grande statista. E’ un mafioso di fronte alle masse di Pontida, è un grande statista quando si tratta di mantenere le poltrone della Lega.
Alla base di tutto questo, c’è uno sprezzante rifiuto della storia, della giurisprudenza, della divisione dei poteri ed insomma di tutto quell’apparato di regole che fa di uno stato uno stato. Alla Lega non piace, lo stato. La sua “rivolta” ha attecchito negli strati più culturalmente arretrati di un nord crasso e bottegaio. E’ la rivolta degli ex poveri che hanno come valore lo schermo ultrapiatto e hanno abiurato qualunque ideale che non sia quello di richiudersi a casa protetti da una polizia che è meglio pagarsi da sé perché lo stato è mafia. Qualunque stato.
Come un virus lasciato libero dalle mancanze di difese immunitarie istituzionali, in questa Italia priva di punti di riferimento la Lega si ispira ai pionieristici tempi del west di John Ford, dove i bianchi sono i ricchi del nord e i pellerossa i poveri, dove ci si fa giustizia da sé perché non è possibile concepirne un’altra.
La taglia proposta da Calderoli per gli assassini di Lecco è l’ulteriore spia, se ancora ce ne fosse stato bisogno, di che cosa questo governo rappresenti, raggruppando forze centripete che coesistono solo per non sparire sommersi dalle loro stesse menzogne, dall’allucinazione collettiva che chiamano governo. Forza Italia è un partito che fa gli interessi di un unico cittadino, Alleanza Nazionale gongola sull’immminente crollo del castello di menzogne costruite da quel singolo cittadino, per portare al potere il nuovo fascismo pragmatico e antisociale di Fini, mentre Follini occupa un brandello del potere democristiano che nella storia dell’Italia repubblicana per diritto quasi naturale sta lì, gonfio di sé.
Ma la Lega cosa c’entra? C’entra perché è proprio un governo delegittimato a darle forza. Appunto come un virus dentro un corpo malato. Un governo che vive di ricatti reciproci quotidiani, che si presenta agli italiani come una fiction dove gli aumenti fiscali sono storiche riduzioni delle tasse fa bene, alla Lega delle forche e delle taglie. E’ il mondo delle villette con gli antifurti, unità di desolazione sociale dove la famiglia agguerrita contro tutto ciò che attenti al proprio capitale, al valore postreligioso del proprio capitale, è il Male con la emme maiuscola.
Il male con la emme maiuscola non lo può combattere lo stato, specialmente quando è delegittimato a priori dall’ideologia che in questo caso lo ha creato. Il male lo si combatte di propria iniziativa, come fanno gli americani del medioevo bushiano attuale. A ciascuno il suo fucile, a ciascuno la libertà di farsi giustizia. Partigiani del proprio conto in banca, i leghisti alla Caldiroli sono pronti a una nuova resistenza per difendere i valori della cilindrata della propria macchina.
Complimenti allora a Silvio Berlusconi per come sostiene i propri interessi privati attraverso l’alleanza con questa presistorica, neopreistorica, indecente concezione della vita e della società. Complimenti ai nuovi cow-boys del Nord per sostenere a loro volta, come Bossi dice e stradice, il mafioso Berlusconi. Complimenti e felicitazioni reciproche. Gioia e storiche giornate che piovono su di noi fitte come i depistaggi del nuovo sedicente telegiornale di Rossella.
Va tutto bene, la giungla è arrivata, agli italiani piace e ce la tenianiamo stretta. A meno che qualcuno non decida di smetterla con i giochi da settimana enigmistica, intrattenendosi a margine della nazione sul valore rappresentativo degli acrostici, con quesiti che non interessano a nessuno del tipo “meglio Gad o meglio Alleanza?”.
A meno che qualcuno non si decida a fare sentire la propria voce con forza e unità. Subito. Ma subito. Adesso. E’ questo il dovere dei comunisti oggi.
E se la parola comunista può non piacere più a molti, la questione è irrilevante. Ripeto. Non è il tempo degli acrostici. I cowboys del nord sono armati fino ai denti. Ce l’hanno con chiunque non sia loro stessi. Come una falange di berluschini impazziti, difendono la loro proprietà a qualsiasi costo. Tutto il resto non conta, per loro. Per noi, il dovere è ricrearlo. Dalle fondamenta di uno stato che oggi non è più tale se non per residua, inerziale resistenza di condizioni stabiliti in altri, più civili tempi. Dobbiamo ricrearlo, lo stato, da una trasmissione televisiva che ha sostituito la realtà con i consigli per gli acquisti. Di armi. Per fare cerchio attorno alla propria villetta. Che fa cerchio attorno alla televisione. Che è il centro di questa Italia.
Pubblicato su Liberazione il 28.11.2004