Poesie pentite
di Liliane Giraudon, traduzione di Andrea Raos
si potrebbe immaginare una lettera sarebbe una lettera a una giovane poetessa
ma in realtà quella a cui scrivo non è ciò che si
potrebbe dire una bambina piuttosto è la sua lingua che è così
fresca nel carro dei rifiuti – pentecoste “lingue” sezione della poesia
somma di anne senza soluzione colloidale – anne è fresca – la sua
lingua somatropa anne non è suzanne è verde ma non
è vero ho visto un giorno vi assicuro una bambina che
si metteva delle matite nelle mutande diceva le ascolto mi si
parla sono un ragazzo né una ragazza mi parlano ogni giorno
sento la loro voce è un segreto una grande distanza nello
spazio – non un lavandino – una distanza nello spazio non un lavandino
mi sarebbe piaciuto restituire a djuna ciò che è suo quelle rare poesie così
difficilmente veicolabili cosa diverrebbe nella bocca di qui
“The Book of Repulsive Women” impossibile dimenticare ciò che
accadde quell’inverno quando si fabbricò questo insieme senza alcun
maschio ti ricordi tutte le pressioni non si doveva impossibile
il Modern’ ne avrebbe sofferto dovevi ritirare il tuo testo capelli fradici
tutte le donne sono rosse lui le pizzica loro si mordono io gli
ho detto ho fatto degli scaffali ritrovato buttato un sacco dei
fasci di fogli dicendogli di questa epoca la mia vita con la battaglia
è al suo culmine è per liberarmi di questo lavoro bisogna togliere
la testa non gli occhi il cane rovesciato la caraffa alzare la zampa alzare
forse un fax oggi il mondo inghiotte gonne o foulard
passamontagna “è un mondo” la quarta guerra mondiale
è iniziata come si dice “è una poesia” globalizzazione dello
sfruttamento prova che l’inferno sempre passa da lì
concentrazione della ricchezza ripartizione della povertà un rubinetto
una domanda come provare a perdersi migrazione l’
incubo errante tutte le coniugazioni mondializzazione
finanziaria e generalizzazione del crimine imperativo pronominale si
può conservare il nome quando la cosa è stata cambiata distrutta
legittima violenza di un potere illegittimo ci si cammina con i tacchi
bassi e patta alta “cara spompinami cara scopami”
un modo come un altro per dire ciò che si deve e ciò che non
si deve dare alla poesia un colore verde dollaro trascurare
l’odore nauseabondo questo aroma di concime di sangue è di origine
forse tomba oppure mortadella una lingua maggiore non si
trattiene minuscola avida ruota non accumula nulla il punto
interrogativo è perfetto quando è solo o utilizzato per
marchiare il bestiame è una cosa detta la si può anche fare con
o senza zucchero gertrude noi ignoriamo il senso del drago l’allodola
costruire situazioni travestimento dei piaceri una boccata di
grigio davvero triste prendere lucciole per lanterne è leggere nel buio
il rovescio o il diritto è spesso dell’inferno l’amore per esempio
non è gertrude il nome di un pezzo d’artiglieria allo stesso modo
hitchcock non è il cineasta britannico naturalizzato
americano ma uno specialista di marc-antoine charpentier profana
la cantata non è così pare più riservata alcuni la eseguono
accovacciati poco importa la voce contano solo le bocche
modernità neoliberale più vicina alla bestiale nascita del
capitalismo che alla razionalizzazione utopica soffitto segno
fucsia a tarda notte molto presto trabocca più tardi non conta non
non temere lo spazio ottogonale quello qual è la notizia la morte
della pittura che importa la scrittura rosa rovesciato
è quello del bambino piccolo metodo paperi opera di dame
una pompa che si aziona direttamente ai polmoni qualche
cosa che c’entra con l’esatta bellezza del canto di un uccello una cosa
fragile feroce indissociabile macchinina fabbrica-merda questo corpo
squisito di ciascuna bimba leggevo la notte sotto le lenzuola mangiando
liquirizie tubature selvagge sottili fili rosso lampone
troppe donne di colpo sul mercato è dunque finita
l’endogamia morbosa di una poesia poetica riservata così anche
la sua prosa piatta guardate la cugina Adeline era in ginocchio ciò
che teneva in bocca non era un’asta da biliardo più
tiepida quasi invisibile niente a che vedere con quella eseguita da louise
bourgeois ridente in una foto di robert mapplethorpe
aprire gli occhi a volte è indecente inammissibile chiudi dunque
questa porta il posto è già occupato nello scompartimento tra
madurai e pondichéry mai visto così tante lucciole sugli alberi
di cui ignoro il nome i fiori stessi prendono un profumo
di terra una matita è simile al carbone lasciato
il fuoco la radice quadrata della metà di uno sciame d’api si è
posato su una zolla di gelsomini tutte le righe assemblate fanno
della poesia una pozza urina o specchio è un supporto che
descrivere per prima cosa la parte salotto della stanza o la parte
camera da letto specchiourina chiedendogli di sedersi sul
suo viso profumo del letto libri aperti teste tagliate le loro mani
poco importa l’aporia alle aquile non piacciono le nocciole sono i
passeri che ne vanno pazzi spiegata la poesia potrebbe anche
elevarsi a prosa sarebbe una riga orizzontale un dito
teso nella parte corridoio poltona di salice quello del giardino e lo
scrittoio fabbricato con delle vecchie assi ne avevo schizzato
il progetto tutte le unghie sarebbero dipinte ma il tal caso il volume della
poesia futura quello attraverso cui il grande verso iniziale
cavalcando abbaierà esistenza spezzettata un’infinità di motivi
questo volume di cui parlavamo l’altra notte spiegherà le pagine
nel senso dell’orecchio? e per quale occhio esperto ciclope puzzolente
la scala presa abbastanza emetica ci si aggira ci si spintona
è meditando sulla pagina che alcuni ci riescono ti
ricordi la voce dell’orso in verità non c’è prosa non
esiste e gli scalini sono stretti in questo armadio
ancora oggi senza videocamera semplicemente i tasti
decidono corpo e carattere qualunque rapporto sessuale diviene
delicato con o senza lacca al tramonto tra le cosce
sempre sembra vermiglio mentre dai samo – questi paria
presunti necrofili il cui crimine è un eccesso di calore – i
corpi sono spostati da villaggio a villaggio e lasciati a marcire sui
rami degli alberi filmare la teoria gesto unico spiazzante anti
economico sole la criminalità organizzata è un’immagine rispettabile
ad ogni stato mistico ad ogni grado di santità corrisponde
un’immagine perché se come garantisce un verso del tantra tahva bevendo
bevendo sempre di nuovo si cade a terra e se ci si alza
e si beve di nuovo si evita il rischio di un’esistenza un’
esistenza nuova allora perché temere l’alfabeto questa lettera
trincerata dallo zero un ritorno a capo l’ogiva o la cupola
utilizzo volontario attivo e produttivo dei nostri organi la
privazione in quanto volto quello di una morta una persona che non si
vede più il bambino reclama a volte si addormenta più in basso la notte
piccoli chioschi punteggiano i giardini depositati su rialzi mentre
sotto i rami ogni strofa diviene filamento da una bocca
tabacco masticatorio la rima interna ha un gusto di betèl
ogni lingua appresa è lingua imposta morbida materna il
sogno non è fantasticheria quando ho visto natalia goncharova sul suo
trapezio ho capito qualcosa cosa non lo so ma
qualcosa colpiva fortissimo vicino nel silenzio dell’aria
attorno al suo corpo non una parola né un soffio vivere con le cose
così come esistono colore della luce la luna quella del vino
pugno di crescione macchia di neve dire scegliendo di dire e
scegliendo come dire eppure cercare meno di dire
che di lasciar pensare soggetto o verbo – colori ho sentito
colori – ma cosa pensava lei là in alto persa nei suoi capelli
cominciare per esempio a scrivere facendo attenzione che non sembri
scritto per niente tutto ma non prosa piatta né poetica né verso
che tenga né cifra né straccio come forbirsi la bocca “mio
dio come baciava bene quel giovane” e quanto abbiamo
riso quando hai detto ho imparato il senso della parola “diglossia”
mangiando un pollo wasakaka con françois a santo domingo caffé
tabacco banana manioca il loro rhum non vale quello di cuba manca
la parola una distanza ridere non è il termine esatto è vero amare
sostantivare non è amare nominare altrimenti nominare di
nuovo non è baciare come dire baciami ancora
sempre e di nuovo non è la verità né vedere e nemmeno credere né
essere fradici quando piove chi se ne frega è come essere nella
lingua e totalmente sola Ah il rumore della pioggia sulle foglie sai
ho costruito questo libro in una giornata pioveva ero accovacciata
tutto era per terra mi dicevo è un vestito basta prendere le
misure tagliare imbastire piazzare spilli infilare rivoltare aprire luci riprendere
mettersi in disparte poi introdurre o vedere luce è la parola foresta
proibita carta matita dizionario delle pioggie salame doveva
chiamarsi “Madame collected Herself” frontiera non è sprecare
non si butta niente si riprende tutto i punti soliti non sono
necessariamente virgole tu hai detto “Madame collected Himself”
entrando ho visto la luce bevuto latte mangiata un’omelette alle erbe
frammento singolare al plurale è da tenersi sul muro cobalto un’
immensa icona poi una scala disegnata rossa durante la
rivoluzione se ne decoravano le strade smourki se ne servì come di un
ripiano per macellare dopo questa lettera ho vomitato fra i germogli
di oleastro poi l’ora dopo tagliato per i gatti dei
pezzi di burro crudo buia tristezza temibile lui dice non ho
un cattivo carattere sono pulito e gentile e non è un
crimine ma quest’uomo la disgusta poco importa che sotto la
luce la lettera A segua le altre labbro è il nome dato alle
due parti carnose che formano la bocca e lime nel
contesto è davvero questo limone verde dalla polpa senza semi
dici bisogna evitare l’uso memoria per le cose memoria
per le parole selezionare tutto ma non staccare nulla in pieno sole le
cose virano al nero il che non significa che cessiamo di
vederle (fare qualcosa che si rigira) secondo i
nostri informatori nell’industria pornografica giapponese Peppee
è utilizzato dagli attori per farsi brillare i genitali
davanti alle cineprese mentre i capezzoli rosa di tipo
occidentale sono considerati più belli di quelli scuri ma cosa avrebbe
pensato allora mina loy dell’uso di liberty virgin pink la più in
voga delle creme schiarenti per capezzoli e tu e tu
cosa ne pensi questa pagina richiede una risposta fax sempre connesso
disegnare per scrivere di nuovo qualificare abbreviando e sempre
credere di avere mancato è come con le carte o sai quel sogno
perso poi ritrovato un vino chiaro frizzante e fresco mentre invece qui ci
servono una birra tiepida quaderno copertina caramello una strada
di calcutta siamo nel sogno io dormo a marsiglia è un
gioco per i ragazzi ognuno porta intorno al sesso un piccolo
acquario dei pesci cinesi osservati a new market un ragazzo
più grande li passa in rivista delicati soldati di carne lui porta
una sciabola e il gioco consiste nello spezzare tutti i piccoli acquari senza
ferirne l’occupante – sono le notti che gli scarabei amano
il latte di donna è l’unico nutrimento comune a tutta
la specie umana la mescolanza dei nutrimenti che lo compongono
è impossibile a riprodursi a volte mi dico che la sintassi
cercata c’entra in qualche modo quello là che si trancia un
orecchio o che si mangia i colori quest’altro che dichiara l’inconscio
attuale è saturo la gente non ne può più di portarsi
dentro qualcosa che mascherano reprimono senza fine tessitura
meditazione non libresca legata a quanto di più primitivo c’è
in noi ma un noi irriconoscibile situazione provvisoria vissuta
simile per esempio all’aggettivo ipoglosso riguardo a un nervo
che parte dal bulbo rachideo per innervare i muscoli della lingua
qualcosa di intensivo eppure molto piatto nel senso
forse di quelle uova fritte brillanti al sole o quegli stivaletti
sempre slacciati la poesia sul corpo della lingua simile alla
pulce volgare – un inno – pestilenza senz’ali quella che succhia
il cane né inizio né fine l’aspetto energetico della
cosa cessante non appena il libro si chiude eppure qui il
consumo di massa riguarda le altre arti non ci
schiaccia sarebbe piuttosto microfascismo piccole bande
benandanti disperse fardate e morose perché unirsi
sapendo di dover continuare solo credere di doversi fermare perché non si
sa dove andare primavera estate autunno l’inverno falsa coperta
accumulo in sostanza semplice assemblaggio di convenzioni
simulazione test-oggetto o virus-testo ogni dieci anni si rifanno le
facciate c’è questo è vero molto di ciò che adorno chiamava
pittura d’albergo (teste di cervo paesaggi marini) ma la
casa della poesia con o senza mezzi non cessa di ridipingere
inconsunta decorazione cameretta saccheggiata pulita è una bacinella
estasi nell’apertura epocale del ritmo si possono pizzicare le
rose nella composta limare le unghie passare le polpette (ogni
uomo ogni pianta ha i suoi parassiti) eppure a volte un’aria vivissima
magnifica sorge è lei che gira le pagine sull’altro lato del
la strada un uomo attraversa la cortina della pioggia senza essere dissolto
ma allora cosa fare le parole sono fatte in anticipo molti morti
ad ogni pagina e più in basso sotto il tavolo le nostre gambe si agitano
coreografia tenace di una paura antichissima se mi
strucco insisto sugli occhi certe sere lettura di bocca in cui
ondeggia la poesia far casino incendiare i locali buttare all’aria
tutto questo schifo le loro macchine soprattutto le macchine per
mostrare loro in che mar baltico sognato su che spiaggia
deragliata il corpo avanza una luce onnipresente rimorso tanto in tanto
è uno spessore di panna sbattuta montata la lingua alza
polvere cavalieri i sentieri si mischiano la pista allora
si cancella moltiplicazione delle fontiere perseguire non seguire
qualche goccia grammaticale in un bicchier d’acqua le
frasi senza sintassi sono pur sempre frasi una serie di
risposte senza rimpianto il contrario dell’amore è come del vuoto non
c’è né confusione né male – staccato – mangio frutto ogni volta
che addento è la buccia vecchia morte si guarda la poesia
sbucciata è una patata ma allora perché perché temere il
reale l’altro il caotico il mai sempre improvvisato secrezione del
mondo dolcetti vaniglia essere perso è forse il primo
gradino l’improvvisazione è una parola per qualcosa che non
può trattenere un nome scaricare dalla rete protocollo dov’è il
server ma dove diavolo è finito il server
sì l’elleboro è un amareno a fiori doppi devo
imparare ad annodare legami non a rinunciare la rinunciata è una pianta
detta anche lingua di bue vivipara eccellente per le vacche
comune nei fossati nelle zone paludose l’annodata
centinodia o degli uccelli detta anche traînasse l’annodata pepe
d’acqua detta anche peperoncino d’acqua la taglio nel minestrone la
pongo sul ripiano tra i libri i quaderni abbiamo riannodato
dopo tutti questi anni insieme separatamente lottiamo con
il linguaggio siamo in lotta con il linguaggio il linguaggio non è
una cravatta che si annoda bisogna se vieni aspettarsi il
rimbombo rifugio o capanna come tradurre dipende c’è
c’è più legno in questa parola che nell’altro rifugi capanne
poesie indeterminate la salpêtrière era davvero un’antica
fabbrica di salnitro poesia di salnitro leggero sapore di salnitro
dare sapore è lui la sua poesia il ritratto sputato come
incarnarsi – hai proprio detto incarnarsi – in questo nome che porti io
sono ciò che sono non ancora quella che ero né quella che sarò
essere perso è il primo gradino ciò che porta alla scoperta
di nuovi sistemi “rompere” dici rompere con l’uso
convenzionale supporto e senso comporre esperienza ecco di
cosa può trattarsi ma in tal caso fotofinish colpo secco secrezione del
mondo sbadigliare non è avere il singhiozzo né tossire e nemmeno starnutire
via purgativa fossa di scarico nana bianca o buco nero ciò che
importa è la linea particelle di materie riducentisi
intensificantisi un sapere senza mediazione né apprendistato come
nel testo pornografico qui il lettore senza posa deve
supplire straniero nella dimora la poesia abbaiata castello di
cartone formaggio grattugiato un odore pestilenziale e che persiste
prelevare senza montare depredare è una legge marcire un’
altra mamma quando il mondo si ferma vuol dire che
sono morto? dormi caro dormi il mondo si cancella dolcemente la
notte è un biscotto una lingua di gatto – dormi caro dormi –
cookie galletta cioccolato la notte è un biscotto una lingua di gatto
[tratto da Homobiographie, Éditions Farrago, Tours, 2000.
“Poesie pentite” : “poèmes retouchés”, in senso pittorico.
Di Liliane Giraudon, vd. anche l’estratto di un suo romanzo recente, La fiancée de Makhno.]
In codice e fuori codice contemporaneamente. davvero bella. Mi hai fatto venire voglia di leggere il tutto in originale. retouché:) grazie.
Fa uno strano effetto immergersi in questo flusso ininterrotto traboccante ipnotico.
Specie al rientro al lavoro.
Solo dopo l’ultima immagine mi sono resa conto di essere stata assalita e colpita da due zanzare, in attesa da troppo tempo.
Dire che queste poesie mi piacciono non è esatto.
D’altra parte non credo siano state scritte per “piacere”.
Mi spingono semmai – dopo il “risveglio” – a cercare notizie. E a chiedermi se c’è una poesia del genere in Italia (maschile o femminile non importa).
un post notevole, questo. bello anche La fiancée de Makhno.
rispondendo ad Emma: uhm, la prima ipotesi di ‘somiglianza’ che mi viene in mente è forse con Michele Zaffarano: https://www.nazioneindiana.com/2005/03/10/post-it/
a me vengono in mente adriano spatola ed elena ferrante. ma forse sono solo scrittori che mi piacciono, e che quindi per forza di cose risuonano.
Scrive Borges, in uno dei suoi prologhi:
—
In effetti, per Carlyle gli eroi sono intrattabili semidei che dirigono un’umanità subalterna, non senza risolutezza militare né male parole; Emerson invece li venera come splendidi esempi delle possibilità che esistono in ogni uomo. Per lui Pindaro è una prova delle “mie” facoltà poetiche, Swedenborg o Plotino lo sono della “mia” capacità di estasi. “In ogni opera geniale” egli scrive, “riconosciamo pensieri che furono anche nostri e abbiamo respinto; tornano con una certa maestà peregrina”.
—
Il fastidio fisico, corporale, che ho provato tentando inutilmente di completare una lettura decentemente attenta di questo testo, mi rimanda indietro un messaggio del tutto opposto a quello di Emerson: ovvero che “reti neurali” sottoposte nel tempo a processi di apprendimento troppo differenti diventino semplicemente incompatibili, reciprocamente incomprensibili. Immagino che diversi anni di letture, e compulsioni, e poste adeguate, mi dividano dalla possibilità di godermi un simile testo. Così, pur sapendo di essere probabilmente nel torto, in quanto portatore di una “mancanza”, non riesco a non vedere come illusorio, ed anzi irritante, quel (apparentemente arbitrario) tormentare un significante, nella speranza, tipicamente postmoderna, che la semplice distorsione inflitta a tale livello conduca a chissà quali riverberi sul significato, riverberi che vengono lasciati in carico al lettore che, nel mio caso, dovrà vergognarsi di non essere riuscito a farci nulla. Mi sembra infatti che l’autore non abbia altro da comunicare che l’intrico e la complessità e l’ipersensibilità della propria anima, o in parole povere il solito caos, che probabilmente, nel caso venisse riordinato, non farebbe poi così grande effetto, riducendosi a sentimenti, cognizioni e confusioni che sono probabilmente abbastanza comuni. Insomma mi deprime, perché mi conferma, contro Emerson, che non si può attingere a tutto, non si può davvero “essere tutti”, almeno prima della morte.
“Mi sembra infatti che l’autore non abbia altro da comunicare che l’intrico e la complessità e l’ipersensibilità della propria anima, o in parole povere il solito caos”
ed ecco eliminato per magia il 90% della letteratura mondiale. accidenti.
non demordere, wovoka, il fastidio fisico di solito e’ buon segno : indica l’autore (o il procedimento) che ti entra sottopelle, e che ci resta.
Mah. Il fastidio fisico è buon segno quando resta sotto il livello di guardia. Quando lo supera un motivo ci deve essere.
Per Marco Giovenale
I testi di Zaffarano non li avevo letti. Somiglianza o no, mi sembrano avere una loro strana forza. E hanno un effetto lievemente ipnotico, sì.
Per Andrea Raos
Spatola l’ho scoperto grazie a Cepollaro – http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/SpaTesto.pdf.
La Ferrante non la conosco (consigli di leggerla?).
Per Wovoka
Devo dire che un po’ capisco le tue ragioni e le ragioni della tua stroncatura (scritta tra l’altro benissimo – ma avevo già notato, per esempio nel post in cui parli della frattura quasi tragica tra tempo di lavoro e tempo libero, che scrivi molto bene).
Penso che effettivamente la poesia, e la poesia contemporanea (o “certa” poesia contemporanea) in particolare, necessiti di frequentazioni e di consuetudini.
“Questa” poesia poi credo funzioni meglio se letta ad alta voce, recitata, messa in scena.
per emma (e chiunque sia interessato)
la ferrante la consiglio eccome. non tanto “l’amore molesto” (che comunque già non era male) quanto “i giorni dell’abbandono” e i saggi de “la frantumaglia” (in quest’ordine).
come tutti i comuni mortali, non so chi sia, donna, uomo o marzianino; ma i libri mi bastano e avanzano. consiglio assolutamente, si’.
Doccia fredda. E’ agosto e non che non lo apprezzi, il brividino, ma posso chiedere in che senso il/la/boh ferrante de “i giorni dell’abbandono”, è paragonabile a questa giroudon?
Bella questa poesia di Liliane Giraudon. Lo sguardo interiore entra ed esce da sé. E’ vero richiama molto il movimento della scrittura di Elena Ferrante (secondo me, Raos, è essere umano connotato al femminile… ne esistono). L’interiorità e l’ambiente intorno e le sensazioni che questo suscita si confondo e diventano un tutt’uno. La Ferrante si spinge anche oltre. Riesce a entrare negli spazi sospesi della sofferenza del vivere, nelle ombre che abbiamo e le mette all’aria, ridà loro senso e dignità, le affronta e ce le pone davanti agli occhi con leggerezza, senza giudizi o senza la voglia di scappare, di andar oltre.
@gina, non mi ero accorta che avevi commentato prima di me… bé spero di aver risposto alla tua domanda. :-)
c’è un abisso, marialuisa, un abisso di forma/sostanza a favore di giroudon. A mio parere i/le due sono imparagonabili. La mia impressione si basa comunque solo sui giorni dell’abbandono (che ho trovato abbastaza insulso, qualche buona intuizione a parte) e queste poesie pentite tradotte da raos. A questo punto, è davvero necessario che mi legga l’homobiographie per intero. Non escludo, infatti, di avere preso un granchio colossale. La lingua del granchio:)
a Gina e ad Andrea: non ho [ancora] letto E.F., confesso.
mi era piaciuto assai il film di Martone. (“L’amore molesto”). invece: dei “Giorni dell’abbandono” han parlato piuttosto malino anche a me; ma senza averlo letto sospendo il giudizio.
a Emma: sono daccordo su quanto detto a Wovoka, a proposito di frattura (direi ‘pienamente’ tragica) tra tempo di lavoro e tempo …esterno al lavoro. (non solo di lettura e studio). sulla distruzione del tempo individuale – specie per alcune categorie di lavoratori – il discorso si fa spinoso anche perché il secolo che più dettagliatamente documenta registra e trasmette la (propria) ricchezza e complessità è precisamente il secolo che la mette poi fuori portata, nelle griglie e strutture oggettive di vita in cui sa murare le persone.
[a me poi sembra che questi ultimi due decenni registrino in questo senso un netto incrudelirsi del quadro generale]
[e: non parlo tanto di accesso a prassi artistiche – non solo letterarie – di avanguardia, né di difficoltà di darsi strumenti per avvicinare scritture di ricerca. parlo di possibilità talvolta di accedere a scrittura e lettura tout court. ma il discorso è lungo, non vorrei annoiare]
Per Marco Giovenale
Ho letto l’ultima annotazione del tuo blog.
No, non è noiosa :-)
Ed è perfettamente in tema. Anche con il precedente post di NI su “Realismo ed esperienza”.
Per Andrea Raos
Ti ho ascoltato e prontamente ubbidito, approfittando di questi giorni di quasi-ferie e di rifiuto verso qualsiasi attività che si presenti come utile e produttiva.
Ieri pomeriggio mi sono procurata due libri della Ferrante, “L’amore molesto” e “La frantumaglia” (“I giorni dell’abbandono” non l’ho trovato, lo avrò a settembre).
Ho cominciato subito a leggere “L’amore molesto”. Ovviamente non posso dire molto, ma l’impressione (netta) è che non ci sia granché in comune con la Giraudon, se si esclude quanto attiene – genericamente – ai temi e alle modalità di rapportarsi con il mondo di buona parte (la parte che mi è nota, si capisce) del recente universo letterario femminile (per esempio le “viscere”, o la ferocia [ma sulla ferocia la Kristof mi sembra al momento irraggiungibile, grandissima]).
La lingua e la forma di Ferrante e Giraudon mi paiono tra loro diverse, anche parecchio diverse.
Quindi sono d’accordo sia con Maria Luisa sia con Gina.
Per Emma: grazie :-)
Per Andrea Raos: forse hai ragione, ho riprovato e qualche barlume di un possibile “funzionamento” mi pare di essere riuscito a coglierlo (ma forse è la risposta all’ansia di sentirsi “tagliati fuori”).
Ho avuto l’impressione che servirebbe soprattutto crearsi intorno (e dentro la propria testa) un silenzio adeguato, una certa rilassatezza. Ora, non si può certo prendersela con i poeti se producono artefatti molto (troppo) esigenti nei confronti dei fruitori, però questo potrebbe spiegare loro la difficoltà, mi sembra diffusamente avvertita, a venire letti “davvero”. Come dice Marco, le condizioni di vita che si vanno affermando ovunque riproiettano l’imbarazzante problematica del privilegio su tutto il mondo culturale, cosa che dovrebbe perlomeno ispirare qualche dubbio a chi ancora indulga, in buona fede, verso certe forme di elitismo, o di snobismo. E però … stamani, sfruttando un irrisorio sfrido temporale prima di recarmi al lavoro, ho ascoltato dal CD portatile il “largo” dell’Inverno di Vivaldi (1 minuto!) ed è stato come una lunga carezza. Ho l’impressione cioè, che opere che fanno leva su tradizioni complesse, serio lavoro, e naturalmente un certo talento, riescano poi a raggiungere con una certa facilità anche i (relativamente) “profani”. Quindi – forse, e probabilmente per cause storiche – c’è un po’ di troppa autoindulgenza, come se la “semplice” complessità potesse venire sempre automaticamente promossa ad arte.
“Sfrido”? Che vuol dire?
caro gufo, se avessi lavorato su un tornio parallelo, o se avessi fatto i conti di costo per un’officina meccanica, lo sapresti. Ma se non l’hai fatto, meglio per te: non hai perso niente.
sfrido, gergale:prezzo da pagare per il mantenimento della pace. A parte gli sfridi, mi piacerebbe capire meglio, Andrea, qual è il punto di contatto della Giraudon con la Ferrante. Se ti riferisci a una scrittura viscerale, trovo la Giraudon molto più intensa mentre la Ferrante di cui ho amato L’amore molesto mi risulta molto meno vera ne I giorni dell’abbandono. Insomma la Giraudon è veramente ipnotica, la Ferante la trovo ossessiva, a tratti irritante. E sono d’accordo con Emma, in quanto a ferocia e capacità di raggiungere l’anima delle cose la Kristof è irraggiungibile!
Un abbraccio.
a ferrazzi : a quanto pare abbiamo pezzi di passato comune. non ci siamo persi niente, hai ragione. anche se sapere cosa vuol dire sfrido, che soddisfazione…
a tutti :
uhm, io veramente avevo fatto un parallelo triangolare (e con questa batto aldo moro!) : lili / spatola / ferrante. spatola per i procedimenti, ferrante per il pensiero del corpo. ma anche viceversa : spatola per l’esplosione dei punti di vista, ferrante per il procedimento consistente in : immaginate un genere, un livello di lingua come un cubo d’acciaio, l’opera singola è la goccia di acido che lo attraversa da parte a parte.
comunque era solo un’associazione vaga, non un giudizio meditato.
d’accordo sulla grandezza della kristof, ma per quanto dice gabriella su e.f. : “ossessiva, irritante” – strano, a me sembrano qualità. ma qui diventa gusto personale, non voglio avvitarvi su questo.
cio’ non toglie che se volete possiamo lanciarci nel tormentone estivo ferrante si’ ferrante no : in ritardo di anni, in anticipo di secoli, nella migliore tradizione di nazione indiana! :-))
*
wovoka : in pratica tu cerchi un’arte che ti culli e rassicuri, perché fai una vita faticosa (come tutti noi, credimi).
giraudon produce tarli, soprassalti nell’ipnosi quotidiana – ed è sempre faticoso, per tutti, essere svegli (o almeno tentare), non mi sembra che c’entri lo snobismo – cosi’ come è faticoso strapparsi alla contemplazione del quadro per osservare la mano che lo crea, o uscire dalla natura per studiarne i processi.
il tipo di osservazione che facevo, sul sequestro e anzi la distruzione sempre più percettibile del tempo individuale, voleva essere di solidarietà verso tutti (tutti davvero: dunque tutti noi) lavoratori E lettori.
sul tema della complessità, direi semplicemente che la complessità è una ricchezza [a difesa della specie umana!] ed ha/produce opere ‘necessarie’. penso ai “Quattro quaderni” di Giuliano Mesa. alle “Sequenze” di Massimo Sannelli. alle “Linee” di Florinda Fusco. ma usciamo un istante dalla scrittura. uhm uhm… non me la sento di accusare di elitismo Kurt Gödel…
dirò semmai che ho fatto alcuni e non altri studi di matematica. in prospettiva, però, e ammettendo non senza dispetto questo limite, preferisco sperare che esista un tempo e uno spazio in cui sempre più persone possano fare questi studi e non solo avvicinare ‘quella’ complessità ma crearne altra, e differente.
[si può sostituire all’esempio di K.G. quello di Stockhausen? ovviamente, sì, penso di sì. o quello di Boltanski? certo, direi. queste sostituzioni sono fattibili, e particolarmente dolorose in riferimento alla situazione italiana del ‘percorso verso l’arte’]
questa non è, sottolineo, una critica a Wovoca. in questo senso però: che in generale comprendo pienamente la sua malinconia per il lavoro che cancella intere regioni della nostra esperienza (possibile). dico di tutta l’esperienza (non di quella soltanto connotata in senso artistico).
e penso che Andrea a sua volta abbia assolutamente ragione nel sostenere una scrittura, come quella di Giraudon e di tutti gli autori che in questi mesi ha inserito in n.i., produttrice di tagli e “tarli, soprassalti nell’ipnosi quotidiana”. c’è necessità di questa ricerca, penso. chiudo (chiacchierone che non smette di chiacchierare) con due link, uno al sito delle edizioni francesi inventaire-invention: http://www.inventaire-invention.com/ e uno (ASSAI più modesto) al mio piccolo intervento in tema di complessità, riproposto [non noiosamente, grazie Emma :-)] su http://www.slow-forward.splinder.com
Ma no, niente tormentone estivo…alla fine Ferrante sì, solo che a volte l’avvitamento “isterico” della protagonista de I giorni dell’abbandono è fuori dal mio sentire, tutto qui. Mentre le associazioni che fai sula via triangolare mi convincono. :-)
Grazie a Marco per i link.
già, marco, io necessito,lunga vita a giroudon e sekiguchi, anche su ni.
Andrea, scusa per la domanda e grazie per la risposta:)
No Andrea, non cerco arte di quel tipo, anche se quanto ho scritto potrebbe farlo credere (ho anche l’impressione di aver fornito un quadro un po’ troppo patetico della mia situazione lavorativa). Ma sono i limiti del mezzo. Anche quando ho parlato di snobismo mi ero già spostato su di un piano molto generale – senza il minimo riferimento al presente contesto. Quanto all’arte che non rassicura, chiudo con una battuta di Brad Holland
:-)
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The Avant-Garde: Over a hundred years ago, some French bohemians decreed the purpose of art was to shock the middle classes. It may have been a great idea back then. But these days, the middle classes aren’t paying attention. They’re all on Jerry Springer or Ricki Lake talking about their cross dressing experiences or sex with the baby-sitter. It’s the cutting-edge artists who have to watch in silence and eat their hearts out, complaining about the state of American culture, and demanding even more grant money for more cutting-edge art. In the future, this spectacle of the middle classes shocking the avant-garde will probably become the textbook definition of Postmodernism.
Per Marco: sinceramente non riesco a vedere alcun nesso tra la complessità inerente alla matematica di Goedel (che conosco abbastanza) e quella della poesia. Potresti aggiungere qualcosa? La questione sarebbe per me di estremo interesse.
Sto diventando un fan di Wovoka.
Capisco il rischio del tormentone, ma ho appena terminato “L’amore molesto”.
Mi è piaciuto, non mi ha entusiasmato.
Ammetto che in genere fatico a leggere i romanzi e che preferisco la poesia / le narrazioni diverse dal romanzo, ma non posso nascondere le mie perplessità.
Sulla lingua della Ferrante in particolare. A tratti mi convince e a tratti mi sembra ovvia, o troppo letteraria, o addirittura stucchevole.
Sarà che ho letto da poco “L’analfabeta” (sempre la Kristof), che mi è rimasta l’idea dell’inutilità degli aggettivi, anche di quelli indispensabili.
Insomma, io una frase come questa fatico a reggerla: “Pareva un tranquillo signore di dignitosa vecchiezza intento a leggere il giornale grigio di pioggia…”.
Ben venga la Giraudon.
Emma, posso esprimere piena adesione al tuo commento?
a marco e a chiunque sia interessato :
http://www.larevuex.com (poesia e internet)
http://tapin.free.fr (poesia visiva, sonora, concreta e quant’altro – artisti giovani, non il solito archivio)
Grazie Riccardo, comunque non potrà durare :-)
Per Marco, ho letto il link (verso il tuo blog, vero?) che avevi allegato, e che ha esaudito una buona parte delle mie curiosità. Prima di criticare un po’ quello scritto (sperando che la concisione non mi faccia apparire arrogante) lasciami premettere che mi è piaciuto moltissimo: certe immagini metaforiche le ho trovate davvero suggestive – a volte le qualità poetiche riescono a raggiungermi :-)
Da un punto di vista arido-razionalistico invece, il problema di fondo, ovvero i nostri limiti cognitivi – l’irragiungibilità da parte nostra tanto della “res extensa” quanto della “res cogitans” – mi sembra, ovviamente, rimanere immutato, soltanto viene “aggiornato” in termini abbastanza “fuzzy” e fascinosi da riuscire ad evocare dei problemi più facili ai quali si può tentare una parvenza di risposta (peccato che questa tecnica per creare argomenti presupponga spesso una sottile distorsione delle posizioni da emendare, oh ma probabilmente è quanto sto facendo io stesso ora). Che poi al “noumeno” si sostituisca la complessità irriducibile, il caos o i frattali, ed all’ “anima” (mortale, s’intende) si sostituisca il carosello di significanti slittanti che non approdano mai ad un vero significato di Lacan (si capisce che questa psicosi semiotica possa piacere ai letterati, tuttavia la considero una moda davvero disastrosa) il vero problema irrisolvibile rimane quello di “sanare la frattura” tra sé ed il mondo, ovvero quello di ogni mistica. Chiudo con Lucrezio:
«Come l’assetato che in sogno vuol bere e vuota recipienti d’acqua che non lo saziano e muore dilaniato dalla sete in mezzo a un fiume: così Venere inganna gli amanti con simulacri, e la vista di un corpo non dà loro sazietà, e nulla possono ricavare o ottenere, benché si esplorino reciprocamente i corpi con mani indecise. Infine quando nei corpi vi è un presagio di felicità e Venere è sul punto di seminare i campi della donna, gli amanti si stringono con ansietà, dente amoroso contro dente; ma invano, perché non riescono a perdersi nell’altro né a essere un unico essere».
PS – non trovo però tanto corretto assimilare concetti differenti per pura assonanza linguistica o sinonimia: così l’indecidibilità che caratterizza i nostri domini percettivi, complessi certo ma “molli” e sfumati, non ha evidentemente nulla a che fare con quella di cui si tratta entro le rigidità assolute ed ideali della matematica, compresa quella di Goedel, un ingrediente essenziale della quale, non dimentichiamoci, è l’infinito.
@Wovoka
acida e ben pittata la citazione al tuo penultimo post.
Mi riferivo alla battuta di Brad Holland
Beh, in realtà non era nelle mie intenzioni essere acido né aggressivo. Anche se la mia può sembrare un’opposizione metodica ai discorsi che mi vengono proposti, ciò deriva da una effettiva “alterità” rispetto ai discorsi dei poeti, per il semplice fatto di non appartenere al loro “campo” e quindi di non riconoscerne i taciti presupposti, i diritti acquisiti e le inibizioni. Questo però non inficia il rispetto, ed anzi l’interesse (che è sempre più del rispetto indifferente) nei loro confronti, in vista di eventuali scintille “teoriche” che potrebbero scoccare dal cozzo delle diversità, anche se magari non si tratta del genere di interesse che essi si aspetterebbero. Se poi questo tipo di interazione può interessare – in qualche misura – anche a loro ottimo, altrimenti amen, in piena serenità. Sinceramente, vorrei che il clima pacato che caratterizza questo thread diventasse la regola.
Saluti
Scusa, forse ho capito male io, non mi pareva che lui ce l’avesse tanto con l’avanguardia, quanto -sempre che si possa “avercela” con un fenomeno sociale o anche storico – con la middle-class, che ha talmento sovvertito i suoi stessi valori da spiazzare i poeti? Non era questo il senso? Forse il mio inglese non è abbastanza buono:–))
Sì certo, ma non solo, come mi suggerisce anche quel suo slogan, sottilmente perfido, “express yourself, it’s later than you think”.
Comunque per altri indizi, più o meno divertenti (per me lo sono quasi tutti) si può vedere qui: http://www.newyorkartworld.com/commentary/holland.html
Ciao
Proseguo con il tormentone.
Ho scovato “I giorni dell’abbandono” prima del previsto.
L’ho letto.
Continuo a trovare scarse affinità con la Giraudon, ma l’impressione è molto diversa da quella che mi ha lasciato “L’amore molesto”.
No, non è tanto questione di “psicologia” femminile, se plausibile o no, se troppo carica di isteria o no (ma sarebbe da approfondire il confronto sotterraneo con “Una donna spezzata” di Simone De Beauvoir e con “Anna Karenina”…).
È soprattutto questione di scrittura.
Precisa, tesa e cattiva.
Perfetta o quasi.
Mi sembra di avere davanti due diverse Elena Ferrante.
back in web. ma per poco o nulla. già ripreso dal lavoro, da lavori. appunto! :-(
dunque non in grado di seguire la raggiera di suggerimenti e anche critiche (ben vengano).
posso tentare però un movimento ‘laterale’, per non sembrar scortese lasciando in volo varie questioni interessanti, e per spiegare da quale angolazione vengono testi come quello sul mio blog. ecco un link non cliccabile ma materialissimo: a un libro che definirei (almeno per me) ‘di formazione’ (non matematica): “Estetica. Uno sguardo-attraverso”, di Emilio Garroni, ed.Garzanti.
[spero sia ancora in commercio, non ho mica capito se è disponibile ancora o no. ogni tanto scompare dalle maschere dei siti di libri, poi riappare: ora c’è, cfr. http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=1&c=GGGQQXN6N6HGG%5D. [un cenno anche nel post del 13 aprile in http://slow-forward.splinder.com/archive/2005-04%5D
anyway: spiega molto. (e meglio di quanto saprei fare io!). (come W. arguisce, sono molto meno raziocinante che incline a immagini e enjambement). (però però suggerisco: la loro apparente libertà e impertinenza logica è talvolta pertinente e utile su altri e curiosi cursori o piani di sensatezza). (nei punti individuabili dove l’uso di un’immagine non determina necessariamente la creazione di una ‘definizione’. spostare due o più masse semantiche aprendo una differenza tra loro non è sempre gesto definitorio, anche in un contesto di critica o analisi; può essere un vettore puntato verso uno spazio terzo, o la sua possibilità).
[unica notilla precisante: perché facevo riferimento a Gödel. ecco:
non volevo mettere in rapporto diretto e biunivoco matematica e arte. (che sarebbe cosa poi di grande interesse. anche pensando a Mandelbrot, o ai noti Escher e Bach della ghirlanda eccetera, ma non era questo che intendevo – forse mi sono espresso male, uhm:)
il parallelo proposto era proprio un parallelo, non un intreccio. intendevo: un non matematico che non gode Gödel non dovrebbe rimproverare di elitismo i matematici che invece ci si trovano a loro agio. idem un testo letterario o artistico o musicale complesso non è un atto di snobismo ma un luogo da affrontare attraverso strumenti e percorsi particolari. (io personalmente a sentire alcune cose di Schnittke mi entusiasmo come quando ascolto Bach. sarò un perverso?! :))
insomma, così come una persona con formazione matematica che ‘non’ ha attraversato Gödel può dover affrontare un iter anche battagliato e lungo per ‘passare al di là’ del suo spartiacque, idem dovrà fare (con altri codici & nomi) chi disponga di una formazione musicale o letteraria o artistica che abbia bypassato (massime in Italia, culla di tangenziali) gran parte del Novecento dellE avanguardiE. ovviamente la critica alla formazione bypassante *non* è una critica ad personam, ci mancherebbe; è la collocazione del nostro discorrere nel contesto più ampio della ricezione della letteratura di ricerca nel nostro paese. dunque è la constatazione di una difficoltà spesso marcatamente italiana]
[ non mancano i siti italiani interessanti, in tema, ma non è un caso che i tre segnalati negli ultimi commenti, da Andrea e da me, siano .fr : e aggiungiamo il quarto: il http://www.remue.net inserito nei nuovi link di n.i. ] [ ah: vivamente consigliato un giro su http://tapin.free.fr/cinetiq.htm ]
[ eh, poi sul tasto doglioso della imbarazzantissima borghesia.it potremmo aprire grappoli di siti, più che commenti a post ;-) ]
[ last (least?): sul sito di Holland. beh, vedo semplificazioni e colpi d’ascia mica male nelle sue frasi ‘accattivanti’. sono frasi/moduli niente affatto infrequenti pure in tanta parte dello sterminato e sterminante sottobosco artistico italico – specie in riviste – almeno da circa 20 anni in qua. (diciamo dopo la transavanguardia, veh). se la storia dell’arte dell’ultimo secolo si potesse davvero liquidare tutta così, staremmo freschi. in parallelo dico: Holland medesimo non può essere né liquidato né semplificato da questa notilla che faccio. e d’altro canto – concordo con W. – molti aforismi sono divertenti. certo, nel suo sito malauguratamente tutto è rovinato dalla galleria di artisti che ospita, alcuni agghiaccianti. (i suoi disegni invece mi piacciono: ma… mi sa che non deve essergli del tutto ignoto Enzo Cucchi, no? ;-) ]
[né Topor! : http://www.bradholland.net/beta/portfolios/portPos/images/10t04.jpg ]
[ detto ciò, chapeau a Holland. è in gamba ]
corrige.
controllato l’ultimo link (a Holland) che inserivo: è errato: da sostituire con
http://www.bradholland.net/beta/portfolios/portPos/images/1004.jpg
quarto poster visibile in questa notevole galleria di immagini:
http://www.bradholland.net/beta/portfolios/portfolioPos.html
Concordo pienamente su Holland. Per il resto, rimpiango un po’ che non si trattasse proprio di uno scandaloso intreccio, invece che di un incontaminato parallelismo, verso il quale ovviamente non si possono avanzare obiezioni: “dislocazioni” di senso troppo gigantesche per poterle anche solo confrontare: if you think big enough, you’ll never have to … justify it. Scherzo ovviamente, mi sto in effetti allenando duramente per poter capire tutto, trangugiare tutto quanto. Anche con attrezzi come questo: http://www.playdamage.org/market-o-matic/
:-)
a me gli scrittori che piacciono solo quelli che si sporgono, che si mettono in bilico nel baratro che è in ogni corpo, anche in quelli degli avvocati e dei tabaccai. mi piacciono gli scrittori che disperano del loro corpo e del loro avvenire con questo corpo (mi pare che una cosa del genere l’ho letta nei diari di kafka)
poi ognuno può arrivare dove può e dove vuole: poesie, saggi, racconti, romanzi.
quanto ai commenti: registro con piacere la ricchezza delle suggestioni e dei movimenti che stanno venendo fuori. in fondo le offese e le interdizioni che pratichiamo ci lasciano sempre dove già ci troviamo.
ma pecché?! “capire tutto,trangugiare tutto” fa male!
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/06_Giugno/05/cervello.shtml
impossibile seguire i commenti, temo.
il tempo storico (e quello biologico, e quello lavorativo) soffiano contro e
fanno tempesta. a Wovoka buon allenamento. a tutti ciao! :-)