Juke Box: Ivano Fossati vs Boris Vian

testigrillorisi.jpg
sul set del film Scemo di guerra di Dino Risi

Le déserteur
Paroles: Boris Vian. Musique: Harold Berg 1954

Monsieur le Président
Je vous fais une lettre
Que vous lirez peut-être
Si vous avez le temps
Je viens de recevoir
Mes papiers militaires
Pour partir à la guerre
Avant mercredi soir

Il disertore
Versione italiana di Ivano Fossati basata sulla traduzione di Giorgio Calabrese.

In piena facoltà
Egregio Presidente,
le scrivo la presente,
che spero leggerà.
La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest’altro lunedì.

Monsieur le Président
Je ne veux pas la faire
Je ne suis pas sur terre
Pour tuer des pauvres gens
C’est pas pour vous fâcher
Il faut que je vous dise
Ma décision est prise
Je m’en vais déserter

Ma io non sono qui,
Egregio Presidente,
per ammazzar la gente
più o meno come me.
Io non ce l’ho con Lei,
sia detto per inciso,
ma sento che ho deciso
e che diserterò.

Depuis que je suis né
J’ai vu mourir mon père
J’ai vu partir mes frères
Et pleurer mes enfants
Ma mère a tant souffert
Elle est dedans sa tombe
Et se moque des bombes
Et se moque des vers
Quand j’étais prisonnier
On m’a volé ma femme
On m’a volé mon âme
Et tout mon cher passé

Ho avuto solo guai
da quando sono nato
e i figli che ho allevato
han pianto insieme a me.
Mia mamma e mio papà
ormai son sotto terra
e a loro della guerra
non gliene fregherà.
Quand’ero in prigionia
qualcuno m’ha rubato
mia moglie e il mio passato,
la mia migliore età.

Demain de bon matin
Je fermerai ma porte
Au nez des années mortes
J’irai sur les chemins

Je mendierai ma vie
Sur les routes de France
De Bretagne en Provence
Et je dirai aux gens:
Refusez d’obéir
Refusez de la faire
N’allez pas à la guerre
Refusez de partir
S’il faut donner son sang
Allez donner le vôtre
Vous êtes bon apôtre
Monsieur le Président
Si vous me poursuivez
Prévenez vos gendarmes
Que je n’aurai pas d’armes
Et qu’ils pourront tirer

Domani mi alzerò
e chiuderò la porta
sulla stagione morta
e mi incamminerò.

Vivrò di carità
sulle strade di Spagna,
di Francia e di Bretagna
e a tutti griderò
di non partire piú
e di non obbedire
per andare a morire
per non importa chi.
Per cui se servirà
del sangue ad ogni costo,
andate a dare il vostro,
se vi divertirà.
E dica pure ai suoi,
se vengono a cercarmi,
che possono spararmi,
io armi non ne ho.

24 COMMENTS

  1. L’avevo sempre pensato che nelle vene del comunista dandy ci fosse un po’ di sangue anarchico. Ora è tutto chiaro. Anche l’origine del mio amore.

  2. sì, altrimenti i conti non tornavano.
    doveroso omaggio al grande boris vian. mercì, ff.

  3. Boris Vian ed Ivano Fossati sono due tra i molti grandi amori della mia vita…
    “Il disertore” è magnifica e davvero bella è la versione che ne fa Fossati.

  4. ottima effeffe, scriviamola sui muri delle caserme vicentine e piacentine, e non solo (ma vi rendete conto di quante caserme ci sono in giro?)

  5. Nota al margine del post

    1) Nota:
    La version initiale des 2 derniers vers était:
    “que je tiendrai une arme ,
    et que je sais tirer …”
    Boris Vian a accepté la modification de son ami Mouloudji
    pour conserver le côté pacifiste de la chanson !
    il che significa che invece di :

    E dica pure ai suoi,
    se vengono a cercarmi,
    che possono spararmi,
    io armi non ne ho.

    Boris Vian aveva inizialmente scritto:
    E dica pure ai suoi,
    se vengono a cercarmi,
    che avrò con me le armi
    e che sparar saprò (trad.effeffe)

    Boris Vian a accepté la modification de son ami Mouloudji
    per dare alla canzone un carattere pacifista, si dice.
    A questo punto vorrei citare un episodio accadutomi. Quando circa ventanni fa mi trasferii a Parigi ad un corso di perfezionamento in lingua francese, un’insegnante creativa aveva proposto un’analisi della canzone.

    ad un certo punto prese la parola uno scultore credo cinese chiedendo di spiegargli qualcosa che non capiva. In sostanza, l’amico orientale non capiva come mai, dopo aver detto a più riprese nel testo che “non vuole morire” alla fine il deserteur mette in conto di “farsi uccidere”. Che si sa equivale a morire.

    Nessuno rispose, se mi ricordo bene, e aver trovato questa notizia sul finale pensato diverso da Vian dimostra come talvolta la migliore visione dell’occidente viene proprio dall’oriente

    2) Secondo me la traduzione è eccellente (insieme all’interpretazione che ne da Fossati naturalmente) per quanto l’infedeltà la faccia da padrone. Un esempio su tutti? Se Boris Vian fa dire al disertore di avere alcuni giorni per presentarsi, prima di mercoledì, nella versione italiana diventa Lunedì.
    Fuso orario? Anticipazione? O forse solo una questione di metrica, che nella canzone diventa ancora più imprescindibile.

    Un esempio di cattiva traduzione “fedele”?
    Ne me quitte pas… che diventa non andare via, nella versione di Gino Paoli
    ma di questo ne parleremo prossimamente….
    effeffe

  6. Ma che cacchio, bisogna rendere l’idea – la traduzione letteraria con la traduzione “poetica” spesso sfalsa. Rendere l’idea bisogna – e a volte proprio per questo è necessario non essere fedeli al corrispettivo.

    Per me è davvero ben fatta.

  7. Ma sì, cisono traduzione par i- pari perfette, che non significano nulla, perché magari un modo di dire in francese o in inglese o qualsiasi altra lingua non c ‘entra nulla con quello della lingua che si vuole riposrtare…
    Se si dice in italiano piove a catinelle (che si dice) il corrispettivo inglese sarebbe it’s rain cats and dog – ad esempio – che in italiano non esiste piovono cani e gatti, ma esiste appunto “piove a catinelle”.
    Questo è un esempio facile. Nella poesia è a maggior ragione è più difficile perché bisogna rendere l’idea pure delle metafore e del “suono sentimentale”.
    Tradurre è un gran lavoro di difficile, e ci vuole abilità, trovo sia molto sottovalutato tutto questo.

    Grazie effeffe ;-)

  8. vero è che talvolta ci sono dei veri problemi di comprensione di un testo e in particolare per la forma poesia o canzone, dove la parola non conta solo come significante.un esempio? Prendiamo una canzone arcifamosa (francesismo):
    Comme d’habitude
    de Claude François. Non vi dice nulla forse il titolo e allora proverò con la sua traduzione di Paul Anka, ripresa da Frank Sinatra ed Elvis Presley.
    My way

  9. Comme d’habitude

    Je me lève
    Et je te bouscule
    Tu n’te réveilles pas
    Comme d’habitude

    Sur toi
    Je remonte le drap
    J’ai peur que tu aies froid
    Comme d’habitude

    Ma main
    Caresse tes cheveux
    Presque malgré moi
    Comme d’habitude

    Mais toi
    Tu me tournes le dos
    Comme d’habitude

    Alors
    Je m’habille très vite
    Je sors de la chambre
    Comme d’habitude

    Tout seul
    Je bois mon café
    Je suis en retard
    Comme d’habitude

    Sans bruit
    Je quitte la maison
    Tout est gris dehors
    Comme d’habitude

    J’ai froid
    Je relève mon col
    Comme d’habitude

    Comme d’habitude
    Toute la journée
    Je vais jouer
    A faire semblant
    Comme d’habitude
    Je vais sourire
    Comme d’habitude
    Je vais même rire
    Comme d’habitude
    Enfin je vais vivre
    Comme d’habitude

    Et puis
    Le jour s’en ira
    Moi je reviendrai
    Comme d’habitude

    Toi
    Tu seras sortie
    Pas encore rentrée
    Comme d’habitude

    Tout seul
    J’irai me coucher
    Dans ce grand lit froid
    Comme d’habitude

    Mes larmes
    Je les cacherai
    Comme d’habitude

    Mais comme d’habitude
    Même la nuit
    Je vais jouer
    A faire semblant
    Comme d’habitude
    Tu rentreras
    Comme d’habitude
    Je t’attendrai
    Comme d’habitude
    Tu me souriras
    Comme d’habitude

    Comme d’habitude
    Tu te déshabilleras
    Oui comme d’habitude
    Tu te coucheras
    Oui comme d’habitude
    On s’embrassera
    Comme d’habitude

    Comme d’habitude
    On fera semblant
    Comme d’habitude
    On fera l’amour
    Oui comme d’habitude
    On fera semblant
    Comme d’habitude

  10. My Way

    And now
    The end is near
    And so I face
    The final curtain

    My friend
    I’ll say it clear
    I’ll state my case
    Of which I’m certain

    I’ve lived
    A life that’s full
    I’ve travelled each
    And every highway

    And more
    Much more than this
    I did it my way

    Regrets
    I’ve had a few
    But then again
    Too few to mention

    I did
    What I had to do
    And saw it through
    Without exemption

    I planned
    Each chartered course
    Each careful step
    Along the byway

    And more
    Much more than this
    I dit it my way

    Yes, there were times
    I’m sure you knew
    When I bit off
    More than I could chew
    But through it all
    When there was doubt
    I ate it up
    And spit it out
    I faced it all
    And I stood tall
    And did it my way

    I’ve loved
    I’ve laughed and cried
    I’ve had my fill
    My share of losing

    And now
    As tears subside
    I find it all
    So amusing

    To think
    I did all that
    And may I say
    Not in a shy way

    Oh no
    Oh no, not me
    I did it my way

    For what is a man
    What has he got
    If not himself
    Then he has not
    To say the things
    He’d truly feels
    And not the words
    Of one who kneels
    The record shows
    I took the blows
    And did it my way

    Yes it was my way

  11. questa è la versione italiana che curò Claude François in persona:

    Come sempre

    Mi alzo
    Ti accarezzo un pò
    Non ti sveglierò
    Sì come sempre

    Su te
    Io rimboccherò
    La coperta blù
    Sì come sempre

    E poi
    Accarezzerò
    I capelli tuoi
    Sì come sempre

    Ma tu
    Tu non mi guarderai
    Sì come sempre

    E poi
    Farò piano sai
    Me ne andrò di là
    Sì come sempre

    Di là
    Bevo il mio caffè
    Ed è tardi già
    Sì come sempre

    Per via
    Non mi volto più
    Devo correre
    Sì come sempre

    Ma tu
    Tu non lo capirai
    Sì come sempre

    E come sempre
    Il giorno mio
    Lo giocherò
    Lo perderò
    E come sempre
    Si riderà
    Sì come sempre
    Di te e di me
    E come sempre
    Non m’importerà
    Sì come sempre

    E poi
    Tutto finirà
    Io ritornerò
    Sì come sempre

    E tu
    Tu non ci sarai
    Sarai ancora via
    Sì come sempre

    Ed io
    Io mi sentirò
    Tanto inutile
    Sì come sempre

    Il pianto
    Io nasconderò
    Sì come sempre

    Ma come sempre
    La notte mia
    La giocherò
    La vincerò
    Sì come sempre
    Tu tornerai
    Sì come sempre
    Io t’aspetterò
    E come sempre
    Tu mi sorriderai
    Sì come sempre

    E come sempre
    Ci si abbraccerà
    Sì come sempre
    Ci si bacerà
    E come sempre
    L’amore vincerà
    Sì come sempre

    E come sempre
    Ci si abbraccerà
    Sì come sempre
    Ci si bacerà
    E come sempre
    L’amore vincerà
    Sì come sempre

  12. Questa è la versione di Patty Pravo. A prima vista sembra più tradotta dall’inglese che dal francese. Non so chi l’abbia tradotta ma la canzone è bella e funziona. Grande Patty Pravo. Ah se solo leggesse NI…

    Ma si, io sono qui, a dirvi cose per me importanti.
    E voi non lo sapete, se son parole o sentimenti.
    Però non ha importanza se c’è chi parla di incoerenza
    perché io sono io, a modo mio.

    Ho fatto quel che ho voluto, sola con me guardando avanti.
    Rimpianti ne ho troppo pochi, non è il caso che li racconti.
    Ho avuto, non ho avuto, tutto perfetto, tutto sbagliato.
    Però io sono io, a modo mio.

    E anche se ho pianto un po’ quell’esperienza mi ha fatto bene.
    Ho avuto si bocconi amari però ho saputo sputarli fuori.
    Io sono io, e a modo mio non cambio mai.

    Ma si, io sono qui a dirvi cose scritte da un altro.
    Però per darle a voi io le traduco, le porto dentro.
    Così non per vantarmi nessuno può rimproverarmi.
    Perché io sono io a modo mio.

    Davanti a me, c’è una platea piena o deserta, io non lo so.
    Dentro di me, la vita mia, deserta o pina di si e di no.
    Ma io sono io, e a modo mio non cambio mai.
    Se una platea mi dice sì ringrazio Dio d’essere io a modo mio…

    ps
    segnalo nella traduzione che avrete letto, il verso:

    Però per darle a voi io le traduco, le porto dentro.
    Così non per vantarmi nessuno può rimproverarmi.
    Perché io sono io a modo mio

    un vero manifesto per i traduttori. A Patty Pravo dico:
    sei grande grande grande come te sei grande solamente tu….

    effeffe

  13. E’ un pensiero stupendo effeffe.
    L’icona da Scemi di guerra ci stà a pennello ma io ci associo anche qualcosa de La battaglia di Algeri di Pontecorvo quando Alì la Pointe si rifiuta di uscire e tutti saltano in aria. Eh sì: non vorrei morire prima di aver gustato il sapore della morte fa dire Vian al suo disertore. Guardo a Vian premonitore in teatro con Generali a Merenda perché cos’è la guerra se non la soluzione cinica, economica, il risultato dell’impotenza di un governo e quanto è attuale. Utilizza un nonsense che tanto assurdo non è nell’intreccio magistrale tra tecnica circense e commedia dell’arte con l’epilogo della roulette russa per i bamboccioni voraci giocherelloni e pluridecorati. Un discorso a parte meriterebbe Masters of war di Zimmerman, testo che però ha poco allure francese e mi “delira” il fuori-tema.

  14. oh lady
    grazie per aver colto il passaggio icona testo che avevo proposto. Il film (in francese le fou de guerre) era un piccolo capolavoro e l’omaggio a Coluche (cui vorrei dedicare tutto un post) dovuto. Anche se nella foto non appare fu lui il vero protagonista. Per quanto riguarda il vero finale del deserteur abbraccio in pieno l tue considerazioni. Anzi, ti abbraccio
    effeffe

  15. se sale un poco strisciando, sicuramente è un cobra, anche se il cobra non è un serpente ma un pensiero frequente che diventa indecente quando vedo te

  16. sì, è vero, però il cobra non è una biscia ma un vapore che striscia con la traccia che lascia dove passi tu

  17. ecco, ti fossi chiamato fiorella… ma se hai sti pensieri stupendi quando vedi me, beh, caro fiorello, hai capito, no? striscia da un’altra parte, boia d’un mond lader!

  18. sitting targets, la tua preparazione in donatellarettorologia lascia molto a desiderare: io stavo solo completando la prima strofa del suo capolavoro: quel tu non sei tu.

    per il resto, rilassati: sono felicemente lesbico. te lo può confermare anche mia sorella.

  19. Questo mio articolo è apparso su una rivista di Parma..un piccolo omaggio al grande Boris Vian..

    L’ATROCE SBERLEFFO DEL DOTTOR VIAN E MISTER SULLIVAN

    Un libro nato per sfida,per scommessa, forse per intascare qualche soldo. Fu questa la premessa di Sputerò sulle vostre tombe. Nell’estate del ’46 l’editore di Le Scorpion, Jean d’Halluin, cercava fondi per lanciare una nuova collana di gialli americani. Trovò in Boris Vian un salvatore fuori dagli schemi. Vian promise di scriverglielo lui un giallo all’americana, ancora meglio degli originali. E in una quindicina di giorni il libro era pronto sulla scrivania dell’editore. Quello che successe dopo, lo scandalo, la censura, gli attacchi dei moralisti e il processo sono cose che lasciamo ai curiosi e ai pettegolezzi. Quello che conta è che nel secondo dopoguerra venne pubblicato qualcosa che lascio di stucco il panorama culturale francese e non solo. Quel qualcosa fu Sputerò sulle vostre tombe. Per scriverlo Vian utilizzò il nome di Vernon Sullivan,che più che essere un semplice nom de plume è un vero e proprio alter-ego dello scrittore francese. Un doppio nero,incazzato, negativo che esalta la vendetta come mezzo per punire il razzismo dei bianchi. Un razzismo imperante in quegli anni, che Vian avverte anche di più in quanto appassionato e cultore di jazz. La storia raccontata è quella di Lee Anderson, nero con l’aspetto di un bianco, che dopo la morte del fratello ucciso per razzismo si rifugia in una cittadina dove si trova ad essere un perfetto sconosciuto e potrà far partire il suo diabolico ingranaggio vendicativo. Boris Vian fu un genio poliedrico, su questo mettiamoci il cuore in pace. Ma più che di poliedricità si può quasi parlare di multimedialità, per usare un termine partorito ai giorni nostri. Vian attraversa con spirito iconoclasta e razionalità scientifica gran parte dei campi artistici dell’epoca. Egli fu infatti ingegnere, trombettista, critico musicale, drammaturgo e romanziere oltre che sceneggiatore, scrittore di oltre 500 canzoni ed animatore inesauribile delle notti parigine, passate nelle caves dove amava suonare e riunire intellettuali, filosofi e musicisti. Un spirito vitale, che non si accodò mai a nessuna corrente ma perseguendo sempre una propria originalità antiaccademica. Viene da chiedersi dove il caro Boris trovasse il tempo per fare tutte queste cose insieme,e soprattutto come riuscì a gettare nelle fauci schiumose di rabbia dei moralisti, che non gli perdonavano le sue amicizie con Sartre e il gruppo degli esistenzialisti, un libro come questo. Il ritmo è teso, la scrittura senza fronzoli, e la storia è ancora un sincero pugno nelle reni. Tirata, senza sconti verso l’America, quell’America verso la quale Vian provava sentimenti ambivalenti: egli innalzava il panorama culturale ed artistico d’oltreoceano rimanendo però fermo sulle sue posizioni critiche verso una società che trovava ambigua e squilibrata. Egli tentò la costruzione di un immaginario fondato sulla visione che gli intellettuali europei avevano degli States e quello che essi rappresentavano realmente. Boris Vian con Sputerò sulle vostre tombe si esibisce in un notevole divertissement , che è allo stesso tempo un attacco ai miti anni Cinquanta di quella America e al razzismo. Il romanzo è saturo di alcool, sesso sfrenato, violenza ma anche di musica alla radio, automobili, strade. Come ha scritto qualcuno prefigura la Gioventù bruciata di un James Dean senza il suo viso angelico. Possiamo anche fare i nomi di De Sade per la violenza sadica che trasuda dalle pagine o di un Jim Thompson cinico e maligno all’ennesima potenza. Un romanzo che segnerà tanto la vita dell’autore così come la sua morte, giunta per un impietoso gioco del destino mentre assisteva alla prima proiezione cinematografica tratta dal suo amato/odiato libro.

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francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017