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E quasi una ragazza era . . .

costellazione della Lira

vi propongo uno dei sonetti a Orfeo (il II), di Rainer Maria Rilke, scritti nel 1923 nel suo ultimo rifugio di Château de Muzot, presso Sierre, nel cantone Vallese della Svizzera, con due differenti traduzioni, l’una di Giaime Pintor, contenuta nel volume Poesie (Einaudi 1963) e l’altra di Giacomo Cacciapaglia, nel volume Sonetti a Orfeo, (Studio Tesi 1990), La prima è quella di Pintor, in fondo trovate il testo originale. a.s.

 

E quasi una fanciulla era. Da questa

felicità di canto e lira nacque,

rifulse nella trasparente veste

primaverile e nel mio udito giacque.

 

E in me dormi. Tutto fu il suo dormire:

gli alberi che ammiravo, le distese

sensibili, le grandi praterie

presenti e lo stupore che mi prese.

 

 

Dormiva il mondo. O dio del canto, come

l’hai tu compiuta senza ch’ella prima

volesse essere desta? È nata e dorme.

 

 

E la sua morte? Non cadrà nel nulla

questo tuo canto, troverà una rima?

Ma da me dove inclina…? Una fanciulla…

 

 

 

traduzione di Giacomo Cacciapaglia:

E quasi una fanciulla era, sgorgata

da questa unanime felicità di canto e lira;

splendeva tra i suoi veli primaverili, chiara

e s’adagiò nel letto del mio orecchio.

 

 

E in me dormi. E tutto era il suo sonno.

Gli alberi ovunque che ammirai e questa

lontananza tangibile, questi toccati prati

e ogni stupore che mi colse.

 

 

Lo dormì, il mondo. Come l’hai tu compiuta

che non desiderò prima esser desta,

o Dio del canto? Nacque e entrò nel sonno.

 

 

La sua morte dov’è? Ne inventerai la melodia

tu, prima che il tuo canto si consumi? ­

Ove scompare se da me si perde?… Una fanciulla quasi…

 

 

 

Originale:

Und fast ein Mädchen wars und ging hervor

aus diesem einigen Glück von Sang und Leier

Und glänzte klar durch ihre Frühlingsschleier

und machte sich ein Bett in meinem Ohr.

 

Und schlief in mir. Und alles war ihr Schlaf.

Die Bäume, die ich je bewundert, diese

fühlbare Ferne, die gefühlte Wiese

und jedes Staunen, das mich selbst betraf.

 

Sie schlief die Welt. Singender Gott, wie hast

du sie vollendet, daß sie nicht begehrte,

erst wach zu sein? Sieh, sie erstand und schlief.

 

Wo ist ihr Tod? O, wirst du dies Motiv

erfinden noch, eh sich dein Lied verzehrte? –

­Wo sinkt sie hin aus mir?… Ein Mädchen fast…

 

[l’immagine è quella della costellazione della Lira : Apollo, per onorare Orfeo, pose la sua immagine in cielo, che diventò appunto la costellazione della Lira]

27 COMMENTS

  1. Ecco la versione di Franco Rella:

    Ed era quasi una fanciulla che emergeva
    dal felice accordo del canto e della lira
    e chiara raggiò tra i suoi primaverili veli
    e un giaciglio si fece nel mio orecchio.

    E in me dormì. E tutto fu il suo sonno.
    Gli alberi, che sempre ammirai, e questa
    percepibile distanza e il sentire dei prati
    e quello stupore, che tutto m’afferrò.

    Dormiva ella il mondo. Dio del canto come
    l’hai così compiuta che non desiderò
    neppure di destarsi? Vedi, nacque e dormì.

    Dov’è la sua morte? Forse troverai questo
    motivo prima che il tuo canto si consumi? –
    Dove a me remota affonda?… Una fanciulla, quasi.

  2. E fu quasi una fanciulla e sorse
    Da questo unisono felice di canto e lira
    E risplendette chiara tra i suoi veli primaverili
    E ricavò un giaciglio dal mio orecchio.

    E dormì in me. E il suo sonno fu tutto.
    Gli alberi che ho sempre ammirato, questa
    Distanza percepibile, i prati percepiti
    E ogni stupore che colpì me per primo.

    Dormì il mondo. Dio del canto, come l’hai
    Compiuta senza che lei desiderasse
    prima esser desta? Giusto nata, dormì.

    Dov’è la sua morte? Oh, troverai ancora tu
    Questo motivo, prima che la canzone si consumi?
    Dove va sprofondando via da me? … Quasi una fanciulla…

  3. nel post l’originale tedesco ha un trattino sospensivo in più, all’ultimo verso
    (nella versione qui sopra invece c’è un trattino in meno, al penultimo verso)

  4. nel post l’originale tedesco ha “und” minuscolo al terzo verso
    (la versione qui sopra canna invece le minuscole di inizio-verso)

  5. [Rilke su nuvola chiara fra costellazioni in viaggio delle questioni di lana caprina di traduttori chissà quanto e come si preoccuperà. Nihil. Di sicuro.]

  6. grazie delle traduzioni alternative: non ho qui il volume Feltrinelli, ma certamente una cosa non capisco: Michilli dichiara che la versione che mette qui è di Rella e Colleoni scrive una traduzione completamente differente, che avrei desunto dal suo primo commento essere di Rella: mi spiegate il mistero?
    In entrambe le edizioni che ho consultato il penultimo verso ha un trattino finale e nell’ultimo ci sono due volte i puntini di sospensione, come qui nel post. Non ho consultato le Sämtliche Werke del Nostro, edite dal Rilke-Archiv di Wiesbaden. Per quel che riguarda la ‘und’ maiuscola del terzo verso, in effetti la versione Studio Tesi la mette, mentre l’einaudiana no.
    Al saggio commento di Aditus osservo che direi piuttosto ‘aliquando’ (tipo aliquando dormitat Homerus), perché ‘quandoquidem’ in latino è congiunzione e vale ‘poiché’ e simili. Apprezzo invece ovviamente il delizioso verbo ‘sbarellat’, riferito a Rella; ma quale sarà la vera versione di Rella?

  7. La sua morte dov’è? Ne inventerai la melodia

    tu, prima che il tuo canto si consumi?

    te, dulcis coniunx, te solo in litore secum, 465
    te veniente die, te decedente canebat.

    Te, dolce sposa, te solo sulla riva deserta
    Te cantava nel giorno che sorge, te quando tramonta.

    Virgilio_Georgiche_ libro IV

  8. La mia scarsa (per non dire inesistente) conoscenza del tedesco non mi permette purtroppo di fare cofronti precisi con l’originale, però raffrontando le traduzioni quella di Pintor mi pare la più musicale, anche se, in nome della musica, sacrifica un po’ di fedeltà non tanto alla lettera, quanto al “portamento di voce”, per così dire, del testo originale. Nel senso che in Pintor c’è, come sempre, una levitazione lirico-estatica che mi pare manchi nell’originale di Rilke, che invece tende più a una scultorea, classica precisione.
    Quella di Rella invece riproduce (forse) meglio l’andamento del testo originale (a parte questioni di correttezza della traduzione, su cui non posso giudicare) a costo di qualche cacofonia (i “primaverili veli”).

  9. Jer notte purtroppo, qui a Solza in biblioteca mancava Rella, e mi sono giovato di un’antologia di poeti tedeschi a cura di Leone Traverso (ma il sonetto non reca il nome del traduttore, come invece in altri casi). Quanto all’originale tedesco, ho trovato in rete (progetto Gutenberg et alia). L’und minuscolo si capisce da sé, ché in caso contrario andrebbe preceduto dal punto.

  10. Grazie, par il lampo di poesia.
    Scrittura acquatica, sognata tra sonno e morte.
    Dormire nell’amore assomiglia (tra l’abbraccio) all’annegamento;
    L’amata riposa come una morte.
    Preferisco la prima traduzione per il canto, il movimento della parola acquatica.

  11. (Dormire nell’amore è come l’annegamento?
    L’annegamento mi ha sempre terrorizzata, preferirei ogni altra morte, persino il soffocamento)

    Ma preferisco a tutte quella di Pintor.

  12. Ringrazio tutti per l’attenzione, e per la lettura intelligente. Non esiste traduzione perfetta, soprattutto della poesia. E di una poesia difficile come quella di Rilke. Il problema è accogliere al meglio, come si può, nella propria lingua, con umiltà, ciò che non solo è stato scritto, ma anche pensato in un’altra lingua.
    Franco Rella

  13. uno dei saggi più interessanti che ho letto l’anno scorso è quello di franco rella sulle scritture estreme, tra proust e kafka, edito da feltrinelli. sono contento che sia passato di qua.

  14. Quella da me riportata è la traduzione di Franco Rella quale appare in “I sonetti a Orfeo”, Feltrinelli Universale Economica, 2a ed., settembre 1994.
    Sono anch’io molto felice del fatto che il prof. Rella abbia voluto lasciare un suo commento.
    Nel caso ripassasse di qua, ci tengo a ringraziarlo per quanto ho imparato attraverso la lettura di quei due libri straordinari che sono “Miti e figure del moderno” e “Il silenzio e le parole”.

  15. Se è veramente Franco Rella, e così parrebbe, mi compiaccio che almeno lui, della sua generazione, navighi un po’ nella rete, ce n’è una parte che creda sia quella da pesca.

  16. Per rendere onore a Pintor, bisognerebbe spaziare tra prima e seconda quartina.
    Introducendo il suo librino rilkiano, egli aveva scritto: “La traduzione è libera: notizia forse inutile per chi sa che ogni traduzione è libera per natura. In alcuni casi è arbitraria; il testo a fronte indicherà questi arbitrii e testimonierà in favore di eventuali condanne”.

  17. fatto, Colleoni, grazie, l’assenza di spaziatura era dovuta a una qualche mia scarsità tecnica e ovviamente non voluta. Grazie anche per la citazione di Pintor, ottima.

  18. Il libretto enaudiano con le liriche Rilke tradotte da Pintor è stato un mio livre de chevet per anni. Traduzione splendida e infedele, ma soprattutto splendida.

  19. E fu quasi una fanciulla e sorse
da questo unisono felice di canto e lira
e splendé chiara tra i suoi veli primaverili
e si approntò un giaciglio nel mio orecchio.

    E dormì in me. E il suo sonno fu tutto.
Gli alberi che ho sempre ammirato, questa
    distanza percepibile, i prati percepiti
e ogni stupore che colpì me per primo.

    Dormì il mondo. Dio del canto, come l’hai
compiuta senza che lei desiderasse
prima esser desta? Giusto nata, dormì.

    Dov’è la sua morte? Oh, troverai pure
    questo motivo, prima che la canzone si consumi? –
Dove scivola via da me? … Quasi una fanciulla…

  20. Sabrina Mori Carmignani ha pubblicato la migliore traduzione italiana dei Sonetti a Orfeo – una traduzione che mantiene in sé il movimento della lingua, ciò che è sottotraccia e preme per affiorare. Mi limito freddamente a dare un esempio, con due semplici versi dal sonetto 5, II:
    – dall’ed. Garzanti, trad. di Rina Rosa Virgillitto: “Tu che il mattino dei prati all’anemone | vai dischiudendo, muscolo di fiore”
    – dall’ed. Feltrinelli, trad. di Franco Rella: “Muscolo di fiori, che all’anemone | l’alba dei prati dischiudi a poco a poco”
    – dall’ed. Passigli, trad. di Sabrina Mori Carmignani: “Muscolo floreale che agli anemoni | schiude a poco a poco il mattino dei prati”
    Non sto a motivare per via stilistico-retorica il perché la terza traduzione sia nitidamente superiore: la lingua o la si sente oppure non la si sente.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato anche due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia, pubblicato presso Mimesis. Ha curato anche il carteggio tra W. Pauli e Carl Gustav Jung, pubblicato da Moretti & Vitali nel 2016. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.