Post in translation (bambolina)

à Marco Rovelli, on the road again

Questa è la french version.

C’est une poupée qui fait non, non, non, non

C’est une poupée qui fait non, non, non, non
Toute la journée elle fait non, non, non, non

…e questa la versione italiana cantata dallo stesso Polnareff

E’ una bambolina che fa no no no no no

(Autori: Gerala – M. Polnareff – Pagani – 1967 )
E’ una bambolina che fa no no no no no
è così carina ma fa no no no no no

C’est une poupée qui fait non, non, non, non

C’est une poupée qui fait non, non, non, non
Toute la journée elle fait non, non, non, non
Personne ne lui a appris
Qu’on pouvait dire oui.

Sans meme l’ecouter elle fait non, non, non, non
Sans me regarder elle fait non, non, non, non
Pourtant je donnerais ma vie
Pour qu’elle dise oui.

C’est une poupée qui fait non, non, non, non
Toute la journée elle fait non, non, non, non
Personne ne lui a appris
Qu’on pouvait dire oui.

Non, non, non, non …

E’ una bambolina che fa no no no no no

E’ una bambolina che fa no no no no no
è così carina ma fa no no no no no
un tipo come lei
non l’ho incontrato mai
è una bambolina si difende come può
dietro la vetrina
dei suoi no no no no no
imparerà da me
un bacio che cos’è
la mia bambolina dice no no no no no
so che una mattina la convincerò
so che anche un tipo così
impara a dire si
è una bambolina che fa no no no no no
dietro la vetrina
dei suoi no no no no no
no no no no no no no no no no
no no no no no no no no no no

Uno. Cherchez l’erreur
La prima differenza salta agli occhi già dal titolo. In effetti, nella versione francese la poupée dice Non quattro volte, mentre la Bambolina italiana deve ribadirlo per ben 5 volte. Questa prolungata resistenza delle ragazze italiane viene giustificata in realtà dal fatto che l’interlocutore maschile italiano, rispetto a quello francese, appare molto più determinato (arrapato secondo una definizione dei nostri contemporanei).

Gentillesse del protagonista maschile francese che ritroviamo quando , seppure vittima di un’ingiustizia, (Sans meme l’ecouter , sans me regarder elle fait non, non, non, non, ovvero senza neppure degnarmi di ascolto, o di uno sguardo, mi dice no no …) non desiste dal desiderio che ha di conquistarla giungendo a mettere perfino la propria vita in gioco, con un gesto Girardiano /Rovelliano, (Pourtant je donnerais ma vie Pour qu’elle dise oui. Eppure, darei la mia vita per farmi dire si, .)

Or bene, nella versione italiana, al contrario, la fanciulla in fiore non ha speranze di farcela. Capitolerà come una Pompei di fronte al Vesuvio, infatti dice: è una bambolina si difende come può dietro la vetrina
dei suoi no no no no no imparera’ da me un bacio che cos’è
. Un’altra curiosità è la comparsa nella versione italiana della parola “vetrina” per nulla evocata nel testo originale.

Due. Ipotesi révolutionnaire

Dopo innumerevoli ore passate nelle biblioteche del Pop mi sono accorto che la straordinaria canzone (per successo e semplicità) è del 1967. Ovvero un anno prima del ’68 e un anno dopo il ’66. La domanda che mi sono posto è stata allora la seguente. La vetrina in questione non è, forse, un’anticipazione politica di quella pratica simbolo dei giovani rivoluzionari francesi che all’urlo di “sous le pavé la plage” staccavano i sanpietrini da terra per lanciarli contro le vetrine? Pratica, va ricordato, talmente ricorrente che la prima decisione del potere dell’epoca fu quella di asfaltare le strade.

Tre. Si penserà a una forlanata…

Sarà. Qualcuno dirà, mah, qualcun altro dirà che Nazione Indiana non dovrebbe nemmeno interessarsi a una canzone così “semplicemente” idiota sprecando energie e tempo di autori e lettori.
Eppure quel semplicemente non è così semplice come sembra.
Cerchiamo di vedere un po’ più da vicino le cose e allora ci accorgiamo che:
1) Il suo creatore, Michel Polnareff era tutt’altro che idiota.
2) Il traduttore italiano, Herbert Pagani, era tutt’altro che idiota.
3) La canzone, C’est une poupée qui fait non, non, non, non, era tutt’altro che idiota. Si legge infatti in un interessante articolo:
La poupée qui fait non, questo il titolo, è un brano volutamente semplice dal punto di vista musicale, quasi infantile. La sequenza di accordi è talmente facile che La poupée diventa il brano più strimpellato dell’anno da tutti gli aspiranti chitarristi d’Europa.
Eppure, la canzone si distingue dai tanti successi dell’ondata ye-ye in voga nell’epoca, se non altro per il sound decisamente più internazionale: non a caso il giovane Michel, già fanatico delle novità tecnologiche degli studi di registrazione, chiede e ottiene di effettuare l’incisione a Londra, dove è possibile usufruire di tutte le trovate e gli effetti sonori che si ascoltano nei dischi prodotti oltremanica.Alla sessione partecipa anche uno sconosciuto Jimmy Page (di lì a poco entrerà negli Yardbirds)
.

Per capire il viaggio che fece allora quella semplicemente ” idiota” canzone vi propongo questa terrible sequence.

Se in Italia, la canzone fu interpretata oltre che dallo stesso Polnareff anche dagli straordinari Corvi, in Germania la canzone esplose grazie alla versione tedesca interpretata dallo stesso autore.

E negli States? Nel mondo anglosassone? Bah, a parte la presenza di Jimmy Page negli studi di registrazione, come già ricordato nell’articolo, ne esistono due versioni davvero poco “idiote”. Una di di Jimi Hendrix

e un’altra assai “fantastica ” dei Birds (il video è un Medley per cui la canzone sorgerà solo a metà filmato)

Della Poupée va segnalata inoltre la versione pop-rai di Khaled

e, per darvi la mazzata finale, quella Skattanea

Quattro. (anzi tre) Conclusioni
Insomma, con la speranza che questa settimana di ferragosto sia Beat amente idiota per voi, come anche per noi, mi piacerebbe concludere questa “recherche” con tre considerazioni.
La prima è che di questi tempi una certa dose di semplicemente idiota potrebbe non nuocere affatto.
La seconda è che , sempre di questi tempi, certe creazioni, “semplicemente idiote” potrebbero nuocere al potere, magari anche solo per la loro insensatezza.
Terza, come fece dire il maestro Hašek al buon soldato Sc’vèik che raccontava di un altro “idiota notorio” (uno era lui) Von kaunitz, anch’io vi dico:

“Soldati,eh, non scordatevelo eh, che oggi è lunedì, e domani sarà martedì, eh!”
Un modo come un altro per dire, mettete dei fiori nei vostri cannoni.

18 COMMENTS

  1. bellissimo fra’, non ho parole, altro che idiota, puro e sano otium, come si sa, contrapposto a negotium.

  2. decisamente un altro taglio il tuo…
    effeffe
    ps
    comunque hai fatto bene a segnalarlo
    ppss
    le sospettinature non sono il mio forte

  3. Non ci siamo!
    La bambolina come quella della Patty Pravo che si stufava di girare come un’oca, è senza alcun dubbio una protofemminista e i verbi al futuro non implicano resa.
    Tutt’altro.
    Se Aleksander Puskin deriva la vena fantastica e magica delle sue favole dai racconti della vecchia nutrice, nyanya, Arina, a noi bambine negli anni 60 le tate cantavano oltre alla bambolina neghittosa:

    Volare

    e Datemi un martello

    e per questo diventammo fantasiose e volanti in blù dipinto di blù, ed imparammo a dire no anche più di 5 volte a tante cose e se occorre a prendere il martello.

    ,\\’

  4. ô adoro, e sai perché? La mia madre cantava la canzone per me, perché dicevo NO ( sono nata nel 67, mia sorella invece in 68), ho preceduto la mia sorella nella rivolta. Dicevo No per tutto al rischio di rimpiangere.
    Trovo l’idea del NO rivoluzionario simpatico, forse è anche una prima manifestazione del no femminile, anche se il paragone è chiaro: la donna è una bambola.

    Complimenti dunque per il post e il bello ricordo che tu mi hai fatto venire e per il tono con leggera ironia, dolce, sempre efficace, intelligente.

  5. Orsola,

    Si j’avais un marteau! di Claude François.

    Non so fare il link come te, devo imparare.

    [voilà per te… da orsola]

  6. Si puo dire che la versione francese è più nel sogno nel ” si j’avais…”
    La versione italiana più nell’azione (imperativo) “datemi un martello”, ma è anche un desirio sottoposto alla volontà di altri.
    Invece il sogno francese fa del cantatore il protagonista.

    Che significa: i francesi nella parola? Italiani nell’ azione?

  7. comunque detto tra noi, stasera suoniamo io e marco a Massa, festa rifondazione, cabaret communiste.
    lo dico per chi dovesse trovarsi da queste parti, tipo, andrea barbieri.
    Bien evidemment non risultiamo da nessuna parte avendo deciso la cosa mezz’ora fa insieme agli organizzatori.
    effeffe
    ps
    e suoneremo ovviamente bambolina…

  8. Giuseppe, scherzo ovviamente.
    Sono sicura che questo personaggio famoso ti piace molto.

  9. E’ vero assomiglia a Clark Gable ( seducente): capisco il successo con le donne: in balia delle donne e dell’alcool.
    Ha fatto una fine orribile.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017