Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato 7
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di Andrea Inglese
Cara Reinserzione Culturale del Disoccupato,
lo stare male, per me, non è mai stato un problema.
Quando c’è da stare male, sono in grado di farlo,
di stare male a lungo, ininterrottamente, senza
riserve. A Buenos Aires, una città fredda,
sono stato male per più di un anno, con qualche
breve interruzione al tramonto, e dopo cena, via,
si riprendeva. (E al porto, o al ristorante
seduto solo al tavolo, imparando a memoria
la breve frase della mia ordinazione: «sogliola
in salsa di cipolle rosse con riso bianco».)
Il difficile è il fisico. Avere
qualcosa di fisico. Tu lo sai,
le tempeste morali possono essere prolungate,
diversificate, accelerate a piacere.
Ma una gamba, non ce la si rompe ogni giorno.
È da anni che non mi rompo una gamba.
Salgo, scendo, m’infilo nei posti più impensati,
in certi vicoli, niente da fare.
È tutto un lavoro. Tutto un altro lavoro.
Ma volevo anche dirti:
il film che mi hai mandato a vedere,
o che ho creduto mi avessi mandato a vedere,
non ha una scena finale.
Questo può essere un messaggio.
Può esserlo? Dico,
per entrambi?
E soprattutto: siamo degli “entrambi”?
no, obvious,un saluto, V.
Mi trovi in sintonia.
le ho lette tutte, una più bella dell’altra…
metti a nudo l’uomo in modo delicato ma deciso.
la comunicazione, il desiderio di estendersi all’altro, la ricerca del dia-logo per uscire ed entrare da sé come in uno specchio.
tra tutte, queste righe per me sono un andare oltre nel sogno di una cosa semplice, come la dignità di vita.
“….
io vorrei che il lavoro stesso
trovasse me
e nella più agile e audace delle posizioni
di una prontezza spontanea
completamente sincera
io ci terrei che il lavoro
una volta trovato
trovasse intorno a me
quanto non può mancare
intorno al lavoro:
una donna, piuttosto giovane,
con la quale io potessi spingermi a parlare
che con il lavoro io mi trovassi in grado
di trovare una donna per parlare
per spingermi fino dove le parole
possano confonderci, lei e me,
oltre a tutto il lavoro
già trovato
in modo che il lavoro
stesso sia dalle parole interrotto
lavorando fino a smettere per poter
soltanto parlare con una donna
ben oltre tutto il lavoro possibile
e oltre il sonno e il cibo
fino alle parole che io sarò in grado di dire
a lei soltanto, …”
complimenti (posso linkarla?)
Natàlia
ogni movie ha la sua scena finale spesso scontata per entrambi. ;-)
Buenos aires una città fredda?
Un saluto
Marco
Questa m’è piaciuta anche più delle altre, Andrea, evvvvài.
free link Natàlia, e con piacere…
a marco,
bè, Buenos Aires ha un clima più simile a Milano che a Palermo, d’inverno può scendere fino a 0°
Grazie Andrea.
fatto.
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