Della serie : femmine toste (II)

di
Bianca Madeccia

«La donna deve obbedire, nel nostro Stato essa non deve contare». «La Patria si serve anche spazzando la propria casa». «La donna ideale deve diventare tre, cinque, dieci volte mamma». Premi di natalità, tasse sui celibi, medaglie e menzioni per le madri prolifiche. Fu una campagna martellante quella che Mussolini impose alle donne. L’Italia per diventare una grande potenza aveva bisogno di molti figli: bisognava perciò obbligare le madri a restare a casa per procreare. E intanto la pubblica amministrazione provvedeva a emarginarle, le università alzavano le tasse per le studentesse, i salari delle operaie venivano ridotti del 65 per cento.
Quattordici, sedici, diciotto”. Novantatré donne sfilano in rassegna mentre l’altoparlante scandisce non il loro nome ma il numero dei figli.

E’ il 13 dicembre 1933, una delle tante giornate nazionali della madre e del fanciullo. Le madri più prolifiche (almeno quattordici figli) vengono ricevute da Benito Mussolini e dal Papa, e ricevono un premio in denaro. In quella occasione il primato va a una donna napoletana: diciotto bimbi.
«La donna deve obbedire nel nostro Stato essa non deve contare», scriveva nel ’31 Mussolini. L’Italia per diventare una grande potenza ha bisogno di bambini.
Al termine della prima guerra mondiale la situazione era drammatica: inflazione paurosa, crisi economica gravissima, disoccupazione crescente. La guerra, però, aveva involontariamente reso le donne importanti. Lo Stato, che aveva bisogno del loro lavoro nelle città e nelle campagne vuote di uomini le aveva chiamate a rimpiazzare i soldati partiti al fronte: ora esse sono delle pericolose concorrenti da far tornare al più presto tra le mura domestiche.
Nell’autunno del ’20 la decisione del governo Giolitti: le donne assunte durante la guerra dovranno essere licenziate per far posto ai reduci di guerra.

Intanto la popolarità di Mussolini è in continuo aumento. Le cronache del tempo raccontano con entusiasmo di un suo duello con il deputato fascista Ciccotti che dopo quattordici assalti viene preso da una crisi cardiaca mentre il futuro duce “rimane fresco come una rosa”.
Nel novembre del ’21 il Movimento dei Fasci, finanziato sempre più massicciamente dalla borghesia, si trasforma in movimento politico. Il congresso di fondazione del Partito Nazionale Fascista (Pnf) avviene a Roma nell’Augusteo. Mussolini propone di ridurre le funzioni del Parlamento e dello Stato, si pronuncia per il liberismo e la privatizzazione delle aziende pubbliche: telefoni, poste e telegrafi, ferrovie.
Il Pnf fu un partito diverso da tutti, con una sua organizzazione paramilitare, gli squadristi, e con una base di massa (duecentodiciottomila iscritti, duemila più dei socialisti) all’atto stesso della sua nascita. Il venticinque per cento composto da giovani sotto i vent’anni.
Durante il ventennio fascista le donne furono emarginate dalla pubblica amministrazione, le università alzarono le tasse per le studentesse, i salari delle operaie furono ridotti del sessantacinque per cento. L’altra faccia della luna furono i premi di natalità, la tassa sui celibi, le medaglie e le menzioni per le madri prolifiche.

In parallelo alla costituzione del Pnf si organizza anche il Movimento femminile fascista. Il nuovo statuto stabilisce esplicitamente che le donne parteciperanno ai raduni, faranno propaganda e opere caritative, ma in nessun caso dovranno occuparsi di politica.
Nel gennaio del ’23 il governo ribadisce il licenziamento delle donne assunte dalle amministrazioni pubbliche durante la guerra. Sono esentate solo le vedove di guerra non risposate e sorelle dei caduti, a patto pero che, “a giudizio insindacabile di una commissione”, abbiano tenuto “una condotta irreprensibile durante tutta la carriera”.
Viene istituito il liceo femminile che “ha per fine di impartire un complemento di cultura generale alle giovinette”.
Sul «Popolo d’Italia», Giuseppe Pochettino ne parla come «una scuola di sano femminismo, che veramente prepara la donna quale la natura e la ragione la vogliono, la donna cioè che, entrando un domani nella società, vi prenderà il suo posto d’onore senza urti, senza rancori perché prenderà il posto di regina della casa, quello che veramente le compete».
Le ragazze diplomate al liceo femminile non solo non saranno abilitate ad alcun lavoro, ma nemmeno potranno dirigere la propria scuola. La stessa legge vieta alle donne di essere presidi. Il 6 giugno del ’25 si stabilisce che le donne non possono partecipare a concorsi per incarichi direttivi in nessuna scuola.

Si perfezionano le leggi anti-donne già fatte e se ne fanno di nuove. L’aborto è proibito con pene severe e il 6 novembre del ’26 viene vietata la divulgazione dei mezzi antifecondativi. Pochi giorni dopo le donne vengono escluse dall’insegnamento di Italiano, Lettere classiche, Storia e Filosofia nei licei classico e scientifico e nelle classi superiori degli istituti tecnici.
Il 7 aprile dello stesso anno una settanduenne irlandese, Violet Gibson, spara a Mussolini sulla piazza del Campidoglio ma riesce solo a ferirlo al naso.
Un anno dopo sono dimezzati per decreto i salari femminili. Per protesta, operaie e mondine si astengono dal lavoro. Tra la riduzione generale e quella specifica applicata alle donne, la retribuzione media giornaliera subisce una decurtazione del sessantacinque per cento.
Studiare per le donne costa di più: aumentano le tasse scolastiche per le studentesse delle scuole medie e dell’università. Le donne vengono anche escluse dalla scuola normale superiore di Pisa. Il direttore all’apertura dell’anno accademico ‘32-‘33 affermerà che: «nell’ Italia fascista … che vuole più saldi caratteri, volontà più virili e spiriti più pensosi dell’interesse pubblico che privato … occorrono educatori in cui la forza prevalga sulla dolcezza, e risoluti a presentare così la scienza come la vita governata da una legge che non si piega ai mezzi termini cari alla pietà dei cuori teneri».

Nel ’29 le donne ottengono il diritto di voto in Ecuador e in Mongolia. In Italia sarà concesso solo nel ’46. Mussolini nel ’31 dichiarava che: «La donna deve obbedire. La mia opinione della sua parte nello Stato è opposta a ogni femminismo; naturalmente non deve essere schiava, ma se le concedessi il diritto elettorale mi si deriderebbe. Nel nostro Stato essa non deve contare».
In Germania il governo nazista licenzia tutte le donne sposate dipendenti pubbliche, vieta l’assunzione di quelle con meno di trentacinque anni e dà assoluta priorità agli uomini nei concorsi. Su imitazione di quello italiano il nuovo codice penale tedesco prevede sanzioni molto pesanti contro l’aborto.
Vengono emanati nuovi provvedimenti per l’incremento demografico della nazione: agevolazioni per i coniugati, penalizzazioni ulteriori per i celibi, premi in denaro, sgravi fiscali, assegni familiari e pacchi dono a partire dal quarto figlio in poi. Le madri prolifiche vengono additate a esempio per le altre donne, le fotografie di famiglie numerose sono pubblicate su tutti i giornali. Continua a essere alta la mortalità infantile: i bambini muoiono di tifo, tubercolosi, polmonite, enterite.
Nel ’39 viene varata una legge che ammette negli uffici pubblici e privati l’impiego di un massimo del dieci per cento di donne e ne stabilisce l’esclusione totale da quei pubblici impieghi per i quali siano ritenute inadatte.

Viene erogato un assegno per il matrimonio e per la nascita di ciascun figlio (tranne che per i cittadini di razza non ariana). L’assegno di nuzialità delle donne è inferiore a quello degli uomini. Niente assegno per le donne che si sposano dopo i ventisei anni. L’assegno di natalità, invece, spetta al capofamiglia, non alla donna, e aumenta con il numero di figli.
L’opera di persuasione affinché le donne aspirino al massimo a essere “reginelle nel piccolo regno della casa” comincia sui banchi di scuola. La bambina a scuola apprende che la “la patria si serve anche spazzando la casa”.
Nel ‘40 gli uomini sono richiamati alle armi. Il loro posto di lavoro sarà occupato dalle donne, le stesse che fino a ieri, a forza di decreti legge, si cercava di tenere relegate tra le pareti domestiche. Cinque giorni prima dell’entrata in guerra il Consiglio dei ministri approva un disegno di legge per consentire la sostituzione del personale maschile con quello femminile nella Pubblica Amministrazione. Per molte quello è il primo stipendio.

IL 13 marzo del ‘42: ultimo round. Il Duce inventa la medaglia d’oro ‘alla prolifica’.
Il 13 aprile ’44 viene istituito il servizio ausiliario femminile della Repubblica di Salò. Quando oramai tutto sta crollando i gerarchi riscoprono la figura della donna-patriota accanto a quella della donna-madre. Le ausiliarie devono essere italiane, ariane di età tra i 18 e i 35 anni. Vestono un’uniforme d’ordinanza grigio-verde come i soldati, non possono truccarsi né fumare e non portano armi. I loro compiti principali sono quelli di: “pulitrici, cuciniere, magazziniere, dattilografe, telefoniste, marconiste.
Cantano: «della marina siamo ausiliarie …, / la nostra arma non è il cannone ma è piuttosto lo spazzolone». Non ci sono dati certi sul numero delle ausiliarie giustiziate dopo la liberazione, ma sembra che siano state un centinaio, a cui vanno aggiunte parecchie fasciste repubblichine.
Le partigiane combattenti riconosciute ufficialmente furono 35.000. Le donne arrestate, torturate e condannate durante la guerra furono 4635; le deportate in Germania 2750; le fucilate o cadute in guerra 623. A diciassette sono state assegnate medaglie d’oro al valor militare. Dalle file della Resistenza verrà la nuova classe politica femminile.

10 COMMENTS

  1. Un pezzo interessante sotto molto punti di vista, ma anche per le analogie con il presente.

    “Mussolini propone di ridurre le funzioni del Parlamento e dello Stato, si pronuncia per il liberismo e la privatizzazione delle aziende pubbliche: telefoni, poste e telegrafi, ferrovie.”

  2. Inquietanti le analogie con il presente, certo.
    Abbiamo anche l’innovazione però: le modernissime modalità di selezione per le ministre..

  3. Un interessantissimo articolo che illustra un aspetto spesso ignorato del periodo fascista. Non immaginavo il grado di repressione a cui era arrivato il fascio nei confronti della donna.
    Senza tornare al periodo fascista, comunque, ricordo bene i miei libri della scuola elementare: l’elogio alla maternità, l’angelo del focolare domestico, Cornelia e i suoi gioielli… e che dire del ritratto della donna che ci viene proposto oggi nella bene amata TV nazionale? Un enorme passo indietro se pensiamo agli anni 70, per esempio. Grazie, Bianca, per questo tuo iutile ed interessante articolo.
    daniela

  4. Grazie. L’incanto dei volti che appariscono come figure del sogno, illuminati dall’arte del pittore che ha accaturato la grazia, la vivacità, la dolcezza.
    L’articolo mostra come la grazia ha potuto morire nel periodo fascista.
    Il corpo della donna è oggetto di sacrificio alla patria, assume la funzione di procreazione. Diciotti bambini per la donna napolatana! Mi sembra una follia.

    Non è la maternità che mi mette a disaggio, perché mi pare un miracolo dell’amore, ma vale anche per il padre. E’ l’assenza di libertà che trovo terribile e anche il sacrificio dell’intelligenza.
    L’accenno alla scopa puo fare ridere.
    Ma il termine dell’articolo tu fai riflettere, e invece della distanza ironica, senti una commozione.

  5. davvero un bel post che mette in evidenza come noi donne, pur oggetto delle più diverse umiliazioni e restrizioni in campo politico e sociale, quando vogliamo riusciamo ad affermare i nostri diritti e a dimostrare le grandi capacità di intelligenza, sensibilità e forza che ci rendono veramente “toste”, senza paura di pagare un prezzo anche alto per questo. certo, ci sono le fulgide eccezioni di semi- donne appecoronate ad un potere malato che fanno torto alla categoria, ma voglio credere che siano una sparuta minoranza.

  6. :) segnalo agli interessati
    1) la storia delle donne in occidente, economica laterza, e in questo caso il volume 5 dedicato al novecento.

    Introduzione di Françoise Thébaud – Parte prima La nazionalizzazione delle donne: La Grande Guerra: età della donna o trionfo della differenza sessuale? di Françoise Thébaud; La donna moderna «stile americano»: gli anni Venti di Nancy F. Cott; I ruoli sessuali in Francia e in Inghilterra: una transizione incerta di Anne-Marie Sohn; Il patriarcato fascista: come Mussolini governò le donne italiane (1922-1940) di Victoria de Grazia; Il nazionalsocialismo: politiche di genere e vita delle donne di Gisela Bock; Donne di Spagna dalla Repubblica al franchismo di Danièle Bussy Genevois; Donne del disastro. Le Francesi sotto Vichy (1940-1944) di Hélène Eck; Il modello sovietico di Françoise Navailh. Parte seconda Le donne: tra creazione e rappresentazione: La disputa della differenza: la differenza dei sessi e il problema delle donne in filosofia di Françoise Collin; Il ruolo delle donne nella produzione culturale. L’esempio della Francia di Marcelle Marini; Donne, consumo e cultura di massa di Luisa Passerini; Immagini e rappresentazioni femminili di Anne Higonnet. Parte terza Le grandi trasformazioni del secolo: Povertà femminile, maternità e diritti della madre nell’ascesa dello Stato assistenziale (1890-1950) di Gisela Bock; Famiglia: un nuovo regime della riproduzione di Nadine Lefaucheur; Un’emancipazione sotto tutela. Educazione e lavoro delle donne nel XX secolo di Rose-Marie Lagrave. Parte quarta Le poste in gioco: Le donne nella sfera della politica: diritti delle donne e democrazia di Mariette Sineau; La costituzione del soggetto femminile: il femminismo negli anni ’60/’70 di Yasmine Ergas; Dal femminile al femminismo: il nazionalismo al femminile del Quebec di Yolande Cohen; La donna, la procreazione e la bioetica di Jacqueline Costa-Lascoux; Parole di donne. Bibliografia; Gli Autori; Indice dei nomi.

    2. qualche nomenicknome di lotta vita, da la resistenza taciuta, 12 storie di partigiane piemontesi (bollati boringhieri gli archi)
    alba rossa (rosanna rolando)
    vittoria (nella bennissone costa)
    laura (albina caviglione lusso)
    roberto (teresa cirio)
    elsinki (elsa oliva)
    cecilia (anna cinanni)
    trottolina (tersilia fenoglio oppedisano)
    matilde (rita cuniberti martini)
    Iuccia o sonia (maria martini rustichelli)
    lucia(lucia canova)
    camilla (maria rovano)
    lidia (lidia fontana)
    rita boggio reinarone

  7. Anfiosso: non sei fuori luogo.

    Trovo commovente un uomo sensibile alla codizione delle donne.
    E’ una bella prova di rispetto, di amore.

    Vedi effeffe ha la delicatezza di creare uno spazio per dare libertà alla parola femminile ( poesia : vedere sud 11; impegno coraggioso; bellezza).

  8. Non sempre si può commentare un post, quando è così chiaro così com’è.

    Comunque ho fatto copia e incolla di un suo brano, e l’ho utilizzato in un altro post, come prova di come il termine “natura” venga usato dai fascisti e dalla chiesa, per costringere la donna in una posizione di subordinazione culturale e di oppressione sociale.

  9. Questo post è una figata.
    Nel senso che è un argomento illuminante ed espresso in modo avvincente. Un piacere leggerlo. Bianca Madeccia ha tutta la mia ammirazione.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017