Ricercatori, trovatori e ricercati
di Tommaso Pippucci
Credo fermamente che sia da smitizzare la sciocca diceria che vuole che in Italia politica e ricerca non vadano a braccetto. Si tratta davvero di un increscioso malinteso, dacché la politica italiana foraggia cospicuamente, da sempre e con convinzione, la ricerca. Piuttosto, forse, ad avvelenare il clima son quelle tediose e inconcludenti dispute di parte che son costume annoso e, ahimé, all’apparenza inestirpabile del nostro amato belpaese. Il legiferatore infatti, lungi dal voler penalizzare la ricerca ogniqualvolta s’accinga a formulare una nuova legge finanziaria, tende casomai (ed è di ciò ch’eventualmente va dato atto) a privilegiare i ricercati (quelli delle locandine del Far West intendo, inchiodate agli stipiti d’ingresso dei saloon e raffiguranti brutti ceffi con la scritta WANTED in bella posta sopra e, sotto, una munifica taglia in dollaroni a tanti zeri) piuttosto che i ricercatori. Ed ecco, ogni volta, levarsi quest’ultimi in lamentoso coro! Ehmbé? Pur sempre di ricerca si tratta! O no? Ci dicano allora questi piagnucolosi ricercatori come farebbero pure senza i ricercati! E dire che in Italia i ricercati non si rintanano, come si racconta che accada in certi angusti paesi anglosassoni, per paura d’esser scoperti. Anzi! Son ricercabilissimi, facilitando così assai il lavoro di questi ricercatori disfattisti. Se ne stanno infatti tranquillamente in giro alla luce del sole, e fanno assai spesso addirittura più rumore degli altri, appaiono in televisione, persino pure si fanno eleggere dal popolo (e quindi anche da qualche ricercatore) in Parlamento. Ecco, per l’appunto, che infatti c’è l’immunità parlamentare: hanno i ricercatori capito come funziona il sistema immunitario parlamentare? E il trapianto degli organi parlamentari? E il loro rigetto? Esiste? Se ne sono occupati invece di dedicarsi a lungagnose, cavillose ricerche? L’hanno capito? Ci sta di no, che se l’avessero capito a quest’ora in effetti starebbero in Parlamento. Poi, infine, perchè si dannano tanto, e così alla rinfusa? Un giorno a dire che non gli sono toccati i fondi, un altro a dire che ormai hanno toccato il fondo. Allora? L’avete toccato? Non l’avete toccato? E soprattutto: se l’avete toccato, che è? Vi è sgusciato via di mano, che non fate altro che recriminare che questi fondi latitano? Siete proprio incapaci allora! State troppo sui libri! Siete troppo intellettuali! Non avete spirito pratico. Infatti, infatti… la sapete qual è la differenza tra un intellettuale e un manager? L’intellettuale è torvo, stanco, triste e dice: “è tutto inutile!”. Il manager è su di tono, frizzante, sorridente e dice: “è tutto in utile!”. Ovvia! È uno spazio tra una n e una u, questa boccata d’aria, questa ventata d’ottimismo, quest’alzata di testa che finalmente ci aspetta nel paese azienda! Con tanti ricercati in bella posta, tanto in bella posta che sarà del tutto (appunto) inutile starli a ricercare… che li troviamo subito! E allora? Che senso ha fare i ricercatori? Fate direttamente i trovatori… i poeti di corte vale a dire, con poco spirito critico e con l’ugola spiegata. Paga di più.
In parte, e al di là dell’ironia, è vero che lo Stato italiano finanzia la ricerca. Ed è la parte più penosa della faccenda. Il fatto è che per non scontentare le potenti baronie del nostro paese (tra l’altro potenti anche nel Parlamento, avete mai notato quanti sono i baroni universitari tra gli onorevoli?), i governi finora succedutisi hanno finanziato con parsimonia ma a pioggia un po’ tutti, dando ad ogni gruppo o team di ricerca, un pugno di euri. Così succede che i ricercatori che studiano i balani (denti di cane) ricevono più o meno gli stessi soldi di quelli che studiano cancro o aids.
@Macondo Dire che “i governi finora succedutisi hanno finanziato con parsimonia ma a pioggia un po’ tutti, dando ad ogni gruppo o team di ricerca, un pugno di euri” significa non sapere nulla di come viene finanziata la ricerca in Italia (e alimentare un pregiudizio basato su di un concetto semplicemente falso)