L’albero delle mele bianche. Storie fantastiche di Simona Dimitri
di Francesca Matteoni
L’albero delle mele bianche è un quadretto dipinto su legno che ho appeso in camera, sopra la mensola dei vecchi giocattoli. L’albero ha una chioma rossa, su uno sfondo rosa acceso, fiorisce di piccoli frutti bianchi.
È un’illustrazione di Simona Dimitri. Assomiglia a un disegno di bimbo, semplice e bizzarro: avete infatti mai visto una mela bianca? O un elefante arancione, il sole verde?
Queste cose e animali esistono tutte, ma impariamo a pensarle secondo un preciso schema di misure e colori. Da bambini invece si reinventano con le matite, trasformando il nostro micro-universo in qualcosa di straordinario oppure richiamando creature mai viste con tratti e sfumature note (una balena gialla ad esempio: l’animale più grande e segreto della terra colorato dalla tinta della luce). In questa ottica un disegno infantile non ha mai un soggetto impossibile, ma piuttosto “trasversale”: possiede le stesse caratteristiche delle avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie dove tutto è ciò che è ma niente è come sembra. Nell’illustrazione si mostrano le varie possibilità di un oggetto, declinato nella mente di chi osserva e ricrea, si gioca ad essere ciò che si rappresenta, seguendo un proprio percorso fantasioso eppure ben nutrito di immagini reali.
Mi incanto a guardare il mio albero e mi accorgo come le cose che ci circondano non sono mai scontate, banali, che ci possiamo calare in esse come attraverso una tana di coniglio dove stanno sospese sedie e cassettoni, o arrampicarci fino a scoprire un gatto che ha la luna nel ghigno.
I dipinti di Simona appaiono come porte vivaci che immettono su stanze comunicanti dall’aspetto familiare, ma con una sorpresa rivelata di volta in volta. Le chiome degli alberi sono piccoli cosmi ellittici, come gli insiemi sui libri di matematica delle elementari. Racchiudono gatti rotondi accovacciati, sbocciano di uccelli e come loro cinguettano o si azzittiscono dentro la neve, spingendo tutto il colore in un coraggioso pettirosso pulsante nel bianco. Il bosco è un mazzo di palloncini ondeggianti fissati al verde del prato.
Le isole sono in realtà pesci giganti e sonnacchiosi, che portano abitazioni a strisce sul dorso ed il mondo che sogna è una casa, piena di torri e torrette di certi castelli di fiaba, abitata dagli animali più diversi: il gatto, l’uccellino, l’elefante, il coccodrillo, la lumaca, come sono diverse e tutte appassionanti le storie che ci possiamo raccontare.
Tra gli animali un posto speciale ce l’ha il babau, una creatura inimmaginabile, lo spauracchio della buonanotte, pronto a saltarci nel letto quando spengiamo la luce, che, come tutto ciò che dovrebbe terrorizzare, ha per il bambino (ma non solo) una dose invincibile di attrazione.
I babau di Simona non spaventano, se non nel nome, ma se troviamo in qualche baule un vecchio foglio spiegazzato di quando avevamo cinque o sei anni, forse scopriremo che anche i nostri “mostri” e “facce della paura”, sono ibridi sbilenchi dai denti aguzzi, i becchi spalancati e gli occhi strabici, che vorremmo volentieri a popolare ancora le nostre notti senza lucina-amica.
E i gatti, buffi, flessuosi e pigri, capaci di stare dappertutto, di sparire come se fossero magici, se ci distraiamo appena…
In questa allegra giostra naturale del mondo di Simona, sembrano mancare le figure umane, se si escludono i folletti, gli gnomi e le sirene. Ma se guardiamo meglio, tra l’erba o dietro le finestre dei villaggi affollati come funghi sulle colline, sembra di scorgerli, in forma di piccoli cuori, che sospirano e fanno uscire pensieri e fantasie, quasi sbuffi invisibili di fumo. Sognano anche loro. Che la notte sia un ponte da attraversare. Che non ci sia fine ai luoghi da esplorare ed il cielo sia una soffitta, una scala storta che percorre l’aria variopinta; il ventre della terra una cantina di muschio. Che un animale silenzioso ci faccia da guida. E che ovunque andiamo ci sia sempre un albero a cui appoggiarsi, da cui imparare, meraviglioso e saldo come un elefante.
fantasia d’incanti infantili, una visione pura e fantastica del mondo, una piccola grande magia.
un gran bel lavoro.
Magnifico brano sotto i colori dell’infanzia.
Prendi le matite e colora il mondo.
Sono sempre colpita dalla creatività dei bambini: storie di magia, colori, parole di poesia. Quando ascolti un bambino, vedi il mondo diverso, come un giardino libero. In realtà i bambini non si preoccupano della realtà delle cose, ma del potere di sognare gli occhi aperti.
Hanno uno sguardo fresco, incantato. Sono in mesura di vedere l’invisibile magico, di credere alla magia.
Il nostro sguardo di adulto è troppo opaco, chiuso al quotidiano.
Chi prende il tempo di vedere il cielo, l’albero, la terra?
Questo post mi dà la voglia di vedere oggi colori nel cielo: grigio, no!
Di panna montata …
bello!
come se i numeri non fossero aldiqua.
(-:
ieri mia figlia Laura (8 anni) mi ha mostrato, con un misto di orgoglio e vergogna, un albero da lei disegnato dalla rigogliosa chioma marrone e dal tronco verde. Volevo mangiarmela di baci.
Contemplo ancora! Adoro i gattini…
A me piace l’idea di immaginoso mondo interiore, imperturbabile; potrebbero essere i sogni che facevo io da bambino. Ogni elemento è antropomorfizzato in modo dolce, come potrebbe fare una mamma raccontando una storia ad un bambino.
Ma sbaglio è c’è anche uno stregatto su un albero?
un bel po’ di estetica gnè gnè.
lo gnè gnè non muore mai, si perpetua nei secoli, di femmina in femmina.
Melassa stucchevole da pareti di ambulatorio pediatrico e pet therapy per bambinone bamboccione non cresciute.
I bambini per fortuna non disegnano queste sdolcinature insopportabili.
@artbrut
tovarich.
le immagini mi sembrano inquietanti. se ogni elemento è antropomorfizzato, manca però l’uomo. l’unico personaggio similuomo, certo uomo non è. come se un mondo tra virgolette felice fosse possibile solo in assenza umana, o solo nell’immaginazione. come se fosse un altrove.
non so. vabbuò. ciao.