Corde del sogno #2#
di Franz Krauspenhaar
Qui la prima puntata
VIOLONCELLO
(Sono un inventore ben più meritevole di tutti coloro che mi hanno preceduto; anzi un musicista, che ha scoperto qualcosa come la chiave dell’amore.)
Arthur Rimbaud- Illuminazioni.
Il merlo maschio. Un timballo produttivo del cinema italiano, di quel genere commedia sexy che non c’è più da decenni. Lo vedo al cinema seduto accanto a un uomo dell’apparente età della mia, dunque non più giovane, non ancora vecchio, quasi adolescente, e quasi morto e ben più che vivo. È, questa, una sala parrocchiale, vicino casa, che frequentavo da giovane; ha delle finestre di formato normale che si aprono sull’esterno. Fuori, bambini con le gote rosse, svizzeri, le bocche disegnate da sbuffi espressionisti di cioccolato appena addentato, stanno coi nasi schiacciati contro queste finestre, come se guardassero avidamente, dentro una pasticceria, dolci viennesi.
Nella sala si proietta dunque due volte: il film all’interno e, dall’esterno, la luce, che proviene dalle finestre: dieci, dalle quali i dieci bambini svizzeri (Lucerna, Sciaffusa, Bellinzona, Vevey, Zurigo, Thun, Le Chaux-de-Fonds, Basilea, Coira, Berna) stanno coi nasi rossi, intirizziti dal freddo, a sbirciare dentro, sempre più famelici, quasi rabbiosi.
Proiettano Il merlo maschio, con Lando Buzzanca, 1971, appunto. D’ improvviso l’attore palermitano -che nel film interpreta la parte di un violoncellista siciliano a Verona – contravvenendo allo svolgimento del film originale, scompare. La polizia lo cerca per tutto il resto del film. Apro gli occhi: accanto a me lo scheletro di un Buzzanca cinquantenne, riconoscibile dalla mandibola spaziosa. I ragazzi svizzeri si fanno indietro dall’orrore tutti insieme, e si mettono, dopo qualche secondo di indecisione, a lanciare pietre contro i vetri, che rimbalzano ogni volta, fin quasi a colpirli.
STAGIONI
(Le stagioni hanno sempre avuto un forte effetto su di me. Per esempio, al risveglio tutti vengono assaliti da una domanda che di solito è: Dove mi trovo? O a volte: Che giorno è? Io invece mi sono sempre svegliato domandandomi: Che stagione è?)
Douglas Coupland – Hey Nostradamus!
Mi sveglio all’inizio dell’inverno: torno da un letargo all’inverso. È novembre e non lo è, è freddo ma ancora non con la serietà, con la rigidità di Gennaio. Mi si sta scollinando la palpebra sulla lana grezza di un golf che sto infilando dalla parte sbagliata, e intanto, fuori, si muovono urla di giubilo. Vivo vicino a un ippodromo. I cavalli sentono particolarmente il cambio delle stagioni, sono ciclotimici. Li sento nitrire a nitrito basso, depressi; poi improvvisamente saltano sulle zampe posteriori, posizione rodeo. Nitriscono, alti, altissimi. Non li vedo, ma li immagino: scalpitare imbizzarriti, e poi partire a razzo verso il lungo sciopero delle categorie ippiche e il conseguente posticipo di sette settimane sulla data di effettuazione della finale. Sette settimane probabilmente determinanti ai fini del risultato della più ricca e importante corsa del calendario trottistico nazionale: l’81° Derby Italiano del Trotto. L’indiscussa leader generazionale Lana del Rio era infatti uscita ridimensionata dalle batteria di qualificazione nella quale aveva subito inattesa sconfitta ad opera di Letter From Om e Libeccio Grif, ma ha beneficiato della lunga e inattesa pausa per ritrovare una condizione fisica ottimale grazie alla quale ha siglato in bello stile il Derby del Trotto a 21 anni di distanza dalla precedente vittoria dell’altra femmina Gitana d’Asolo. Accendo una Camel, guardo il pacchetto, c’è un cammello, anzi un dromedario – o è un cammello? Faccio sempre confusione, non mi entra mai in testa la differenza. E’ una specie di cavallo di Notre Dame. I nitriti e i galop continuano per ore, mi infilo una cuffia di poliuretano espanso in testa. Vado a fare pallanuoto nella vasca da bagno, dopo aver tirato fuori dal necessaire una pillola di LSD ed averla ingoiata subito. Trip acustico. Ascolto in successione Wish you were here dei Pink Floyd, Raffaella è mia di Tiziano Ferro, We are your friends di Justice vs Simian, e Wooo di Vitalic senza che alcuno stereo o radio o Last FM sia stato acceso. Ma ho le cuffie da pallanuoto ben inserite. Un cavallo bianco, dechirichiano, si affaccia nella mia stanza da bagno. E’ tranquillo. Abbassa la testa e beve un po’di acqua calda della mia vasca mischiata a Bagnoschiuma Pino Silvestre Vidal. Gli accarezzo la testa. Mi strizza l’occhio sinistro.
MERDA
(Andai di sotto.
Vicino alla porta di casa c’era una grossa merda. Era stato il soldato.)
Walter Kampowski- Tadelloeser & Wolff
Lune, lune di primavera che si vedono da questo lembo nero di terra. E’ quasi l’alba. Le lune, lune di primavera, mi guardano o guardano altri, o tutti, o i miei soldati morti, intorno a me. Un fiore sbuca dalla sacca di Bryansk. E’ l’ alba. La luce è spettrale. Anch’io sono spettrale, mi specchio nella luce che proviene da una casa abbandonata, nel freddo. La luce rimanda le mie palpebre gonfie e le sopracciglia bianche di brina. Mi alzo lentamente, prendo a camminare a brevi passi, stando attento a non svegliare i morti intorno a me. Attaccato alla divisa di ognuno, un enorme Post-it color rosso sangue,con su scritto, a penna nera: VADO.
Cammino verso la casa. Ma invece che avvicinarmi mi ci allontano. Dopo dieci minuti la vedo sparire, come se avesse avuto dei piedi sotto alle fondamenta. Davanti a me, una collina di merda. Penso siano stati gli elefanti di Annibale, ma qui siamo in Russia. E’ la nostra guerra.
LIBERTA’
(L-Libertà: il diritto di obbedire alla polizia.)
Bertrand Russell- L’alfabeto del buon cittadino
Liberi tutti, nel gioco senza senso. Un escamotage emotivo. Si giocava a campana, si giocava alle olimpiadi. Bravo nel lancio del giavellotto, un manico di scopa che lancio sul selciato del cortile rimbalza, a una decina di metri da terra si piega e diventa una specie di boomerang che non torna più indietro, che sale sparendo nel cielo in pochi secondi, come fosse un’astronave. E la libertà è svanita, e il tempo è passato. Forse questo non è un sogno. In effetti non so stabilirlo: il mio è un dormiveglia separato dal corpo. Giro la testa sul cuscino e attraverso gli schermi labili presenti alla finestra dietro di me vedo la luce, la stessa, di trentacinque anni fa. La luce non è proprio cambiata. Chiudo gli occhi nel sogno, rientrato in me; e spalanco gli occhi, ora, che sto di nuovo dormendo del tutto, nettamente. Liberi tutti, nel gioco senza senso, si giocava a campana ma poi anche a calcio, per ore e ore, fino allo sfinimento. E la piccola maratona intorno ai caseggiati. Ora corro con me, accanto a me, superandomi, facendomi superare: o trentacinque anni fa. E’ caldo, ho ritrovato tutto il mio fiato, tutta l’energia fisica, mi sembra di correre, ora, dopo un attraversamento di scenario immediato, su una brughiera, nell’estremo nord, saltando sulle scarpe speciali, leggerissime, morbidissime, saltando nella brughiera color terra, contro un cielo celeste senza nuvole atterrato dal Mare del Nord, che dista da qui pochi chilometri. La libertà, liberi tutti, nel gioco senza senso. Spensierato come mai, mi sveglio con il batticuore di chi sente che tutto è ancora da fare anche se già tutto passato.
INNOCENZA
(I cuori di uomini arditi, folli e facilmente entusiasti sono insondabili; sono pozzi notturni i cui pensieri, i sentimenti, i ricordi, le paure, le speranze, il rimorso stesso, possono sprofondare, e per qualche tempo anche il timore di Dio. Profondo e buio, un vero pozzo, era il cuore di Nikolaus Tarabas. Ma nei suoi grandi occhi chiari l’innocenza brillava.)
Joseph Roth – Tarabas.
Negli occhi quello che cerco, che cerchi. Siamo vestiti di labili cose, che ci vengono incontro nell’attesa. Rotondità di una speranza. Di una giustificata ambizione. Così, senza averne vera ragione, riprendo a combattere, a colpi di spada, in un forte. Ho l’armatura dei Lancaster. Guerra della due Rose. Taglio, mozzo, squarto, infilo per intero la spada nel collo del nemico. Il sangue schizza vermiglio da loro, schizza da me, ma io sono immortale. L’Inghilterra, lo scontro fratricida, uccidere, col cuore sgombro, io sono innocente.
La notte dormo pacificamente, solo qualche incubo, di cui non ho notizia. Mi sveglio all’alba, con i miei uomini andiamo cavalcando verso sud. Sorrido.
OSARE
(Avere non significa nulla. E’osare ciò che conta.)
Reinhold Messner – La mia vita al limite.
“Oso lo snobismo di leggere, alla stazione, il cartello d’entrata in inglese, che è scritto in piccolo, e non in italiano, che è in grande”, dico a mio cugino.”Osavo prendere la corda dell’alpinista e salire in montagna soltanto sulle punte, come i danzatori. Ho osato gridare a un vegano animalista ‘vergognati della tua morte!’, e a un neonazista ho sussurrato ‘sei seducente quando ti arrabbi con violenza, furore, insomma con vera sete di sterminio’. Oso qualsiasi cosa che mi viene in mente: mi piace dire battute triviali a nostra nonna defunta, o fuggire, morto, dall’unica donna che davvero mi ha accolto come un essere umano e non come un pupazzo di buon taglio.” Abbasso la mia grossa testa, la rialzo quasi chiudendo gli occhi, mio cugino si volta verso di me e mi sorride. Riprendo:”Oso andare a piedi dove c’è solo e soltanto cielo, e la terra è sparita chissà dove da cent’anni. Ecco, chi non osa non è. Se ha, questo non ha importanza.” Mio cugino si alza dalla sedia, viene verso di me e mi abbraccia con una tale stretta che mi soffoca. Mi fa molto male. Sento ossa e giunture scricchiolare con un rumore di lamiere divelte, sento le ossa rompersi a pezzi sempre più piccoli fino a sbriciolarsi, sento le mani incantarsi nel sangue fermo, sento rientrare in me lo scroto, ora piccolo come un’oliva, sento fiammeggiare i piedi. Mi sto rompendo in mille pezzi.
Immagine da: Vertigo [La donna che visse due volte] di Alfred Hitchcock
Che cos’è rammarico in Nazione Indiana?
Rammarico è non nutrirsi più di Franz, in Nazione Indiana.
Ve l’immaginate Vienna senza la Sacher Torte?
Qualcuno dirà che questa è una slinguata, appunto, a un amico.
Allora dirò anche ciò che non mi è piaciuto.
Faccio lo sciola.
Franz, non potresti, in “Libertà”, togliere quel “labili” dagli “schermi labili”?
Anche perché lo ripeti subito dopo in “Innocenza”, e “siamo vestiti di labili cose” va benissimo.
Ma forse si tratta soltanto di un labile candito, trasferito sulla Sacher mentre stava vicino al Panettone.
A volte mi sorprendi.
Un saluto
Non sono solito sbilanciarmi, ma stavolta.. voilà (per ribilanciare il tutto: sono meglio le prose delle poesie di franz)
Stagioni,
per il miraggio passando nell’apertura della stanza di bagno,
mi riconosco pienamente nel paragone che opera
l’immaginazione; da un pacchetto di Camel,
il mondo si inventa, trovo molto bella l’idea
che l’oggetto quotidiano possia uscire della sua immobilità
e venire nel sogno irreale del mondo.
Stagioni per la sensazione del freddo, novembre per Franz
(nascita, punto di partanza), lo sveglio in puro freddo del mondo,
entro nel suo pensiero/ vedo come una meraviglia, invece sono
nella ricerca del caldo, ho sempre freddo; luglio per me
(nascita, punta di partenza), gusto l’impressione insolita.
La scrittura di Franz, piena musica, lunga e addolorita, una linea di arpa.
Questa volta, per non sbagliare (sennò Biondillo mi bacchetta), sono andato a leggermi le puntate precedenti.
Per fortuna era solo una.
Dico per fortuna perché come lettore mi sono annoiato sia in quell’altra che in questa.
Come scrittore (e io lo sono) ho apprezzato il “fare” che sta dietro questi fotogrammi, che aspirano a farsi prosa d’arte.
Ho apprezzato parecchio anche il “tono” con il quale sono scritte (da non confondere con lo stile, che è altra cosa, anche se spesso coincide).
Mi sembra un bel diario dell’inconscio che parte da suggestioni oniriche più o meno dichiarate per calarsi nell’attualità senza dimenticare taluni (perdona, ma mi è scappato) richiami sensuali (nel vero… senso) del passato.
Una specie di ritratto dell’artista “as a young man” e non solo.
Detto questo, ciò che mi ha lasciato intatto (o intonso) è il contenuto.
Lo dico a mia discolpa: sono uno che si annoia facilmente, specie a leggere gli altri.
Dunque non faccio testo.
Ma questo è il mio parere, se può interessare.
Certo che (mi) interessa. Questo tipo di critiche mi interessa. Un criticare argomentato e maturo, non freddo ma allo stesso tempo senza metterci un’inutile emotività, soprattutto quando si tratta di denotare dei difetti. Quindi, caro Sciola, grazie.
@Sciola
Se una cosa non ti piace sta bene, dire che quanto scrive Franz è noioso mi sembra un atto di snobismo.
Sempre più scontato, Franz.
http://search.barnesandnoble.com/Book-of-Sketches/Jack-Kerouac/e/9780142002155/?itm=25
Per te pollice capovolto.
E finitela con la censura su di me-
La censura la opera soltanto chi ha paura. Chi non è libero e vuole che anche gli altri non siano liberi di pensare con la loro propria testa.
Iannozzi, se la smettessi di considerarti un “prigioniero politico del web” ne guadagneresti in salute. Se mi permetti, la notazione, tu sei solo prigioniero di qualcosa che potrebbe interessare un commediografo dell’assurdo. Il migliore è passato da poco a miglior vita: potresti scrivere la tua autobiografia in braille.
Scusi, perché io non posso? Qua siano al delirio!
augurii a tutttiii
@ iannozzi
ce ne passa tra la censura dell’idea e la ripulsa della cazzata
difficile è ammirare l’arte di chi tende ad abolire la distanza tra
cazzata e idea, quando la cazzata non è nemmeno divertente
quando è provocazione
Iannozzi? chi è costui!?!
@ FRANZ
Bellissima questa tua, Franz. Entra a ragione nella tua top ten delle cavolate che sei solito sparare. Ti prego, continua pure così.
@ SOLDATO BLU
No, il problema è uno solo: Nazione Indiana opera la censura. E allora mi tocca di cambiare configurazione di rete dieci volte al giorno per passare. E’ questa la cazzata che non si è capita e che qualcuno fa finta d’ignorare facendomi passare per pazzo e prigioniero del web o di chissà che altro, quando io sono la persona più libera che c’è, da idee del piffero, dall’opinione comune, dai tappetini rossi (comunisti e para-comunisti), da quelli fascisti e nazisti ai Parioli e in periferia, da tutto e da tutti. Quindi Soldato Blu caro, la tua partaccia portala altrove, a chi ne avrebbe davvero bisogno e non a me. Per quel che mi riguarda la cazzata è questa: prendermi il fastidio di cambiare configurazione dieci volte al giorno per commentare. Ma non ti credere che abbia così tanta voglia di commentare su NI: il punto è solo uno, che in quanto uomo libero dagli uomini e dalle loro idee se decido di fregarmene allora l’avrò deciso io, ma non permetto a nessuno che mi metta una catena di ferro al collo e una targhetta, proprio a nessuno. Però rassicurati: quando ne avrò le palle piene, cioè presto soprattutto con il nuovo anno che pressa alle porte, mi levo di torno da solo, cioè da persona libera libera di pensare e dire quello che pensa. E’ questa la grande differenza che c’è fra me e voi: io sono libero, voi un po’ meno, in alcuni casi forse liberi per finta o proprio per niente.
Ora, caro Soldato Blu, questa concione me la sarei potuta risparmiare se solo avessi avuto l’accortezza, che neanche Franz ha avuto, di tacere o se non altro di evitare l’attacco personale e di dire perché io sarei in torto con il mio pollice capovolto. E io, gentilmente, da bravo signore qual sono, avrei portato ulteriori spiegazioni.
Ultimo appunto: se mi spreco di leggere a video gli scritti di Franz o di chiunque altro, questo per giunta non poco lungo, il minimo è che si pretende è che non venga tagliato per aver detto una verità scomoda, anche in rispetto degli altri eventuali lettori del post. Oscurandomi non si dimostra rispetto nei miei confronti, e solo l’Iddio sa quanto pretendo che mi si rispetti.
Ecco, ora sì, va bene, mi levo dalle palle, ma perché l’ho deciso io e perché viste le risposte indisponenti ricevute non vale davvero che sprechi la mia intelligenza.
Ah, dimenticavo quasi, Franz caro: quando citi Bertrand Russell lavati la bocca, perché tu la libertà non sai proprio cosa sia. Per te la libertà, in ogni senso, è un optional.
Una delle differenze tra la poesia e la nuda enunciazione di un fatto è che la poesia cerca di portare il lettore dietro le parole, verso ciò che esse significano. – Bertrand Russell
Buon 2009 in ogni caso
Quale verità scomoda Iannozzi: sai solo buttare veleno al prossimo. Scrivi “pollice verso ” al mio esperimento e credi di aver scritto qualcosa di scomodo?
L’unica cosa scomoda che hai fatto è stata di andare da Lulu per farti stampare il romanzo a tue spese, come fece Genna ma con ben altri risultati.
Io penso che quelli come te hanno creato irrespirabile l’aria dei litblog. Penso che quelli come te, fautori di una falsa democrazia delle idee (le tue cazzate, come quelle di altri, non hanno lo stesso peso di altre idee, ma purtroppo fanno franare le discussioni, come questa, siano in realtà dei violenti, dei nazistucoli da attentato alle vecchiette inermi. Siete i “Ludwig”, inteso come gruppuscolo terroristico di estrema destra, della paraletteratura col pannolone per incontinenti. E guarda Iannozzi, se continui su questa strada, chiamo la legge, perchè sono abbastanza stufo di essere chiamato “nazista” e “fascista” da una nullità integrale come te. E questo valga per chiunque altro, che si chiami Tashtego o Marco Rovelli, che peraltro, differentemente a te e a Pecoraro, è una persona che stimo e per la quale nutro un sincero affetto da anni.
Paolo Sciola: ho ripensato al tuo intervento: ottimo, solo che tu scrivi di “fotogrammi che aspirano a farsi prosa d’arte”. Ora, i miei pezzi non aspirano a nulla. Sono prosa al 100%, nuda e cruda. Scrivo così, spesso, anche nei miei romanzi. Questo per completezza di giudizio.
Mi scuso per i refusi, ma la giornata è lunga e ingranerò presto…:-)
1. Franz caro, ti ho portato una critica: hai bisogno di 200 righe di commento per capire? O c’è una lunghezza minima da rispettare?
2. Ti ho fatto notare che con “Il libro dei sogni” Jack Kerouac questo tuo presunto esperimento è già stato fatto e con buoni risultati. Quindi quello che spacci per un tuo esperimento di scrittura è cosa vecchia. Non ti arrogare quindi la paternità di un’idea vecchia e che appartiene a scrittore di ben altro spessore che non il tuo.
3. Tu ravvisi il veleno ogni qual volta ti si fa un appunto: se con te non si srotola la lingua a mo’ di tappeto cardinalazio, tu spari e spari per offendere. E’ notorio che non sei persona educata, l’hai dimostrato più e più volte. Anche adesso. Sei recidivo. Ma da te non ci si puo’ aspettare che questo.
4. Tu i miei libri su Lulu prima te li compri e te li leggi. Ora io so per certo che tu non li hai comperati né che hai avuto modo di leggerli, ragion per cui faresti bene a tapparti quella bocca, la tua bocca che è sì piena di astio e di bile.
5. Ti devo rammentare tutti gli insulti inverecondi che tiri? tutte le ingiurie e calunnie? Sono in rete, disponibili, perché non vorrei mai che di punto in bianco scomparissero da NI. Nella tue ingiurie documentate lì c’è il vero Franz Krauspenhaar.
6. Ti ringrazio per la nuova perla di saggezza che ovviamente andrà ad aggiungersi alle altre. Ti aiutano molto, sicuramente, sia sotto il profilo umano e civile, sia sotto quello di… di che? di scrittore?!
Iannozzi, la tua “abilità” di prosatore è ben conosciuta; basta aprire una qualsiasi “pagina” del tuo “blog pieno di pantegane”, come l’ha definito una mia simpatica amica.
Mi baso su quello che in questi anni ho avuto la bontà di leggere. Roba che nemmeno alle scuole medie, guarda. Se sei rimasto a rimestare gli scartafacci di Fenoglio, se sei rimasto a Kerouac e con questo crei metri di giudizio su un lavoro (buono o cattivo che sia) che con Kerouac non c’entra nulla, se ti sei appiccicato in testa la patente di “critico” e la spacci a destra e a manca come altri, più furbi, spacciano l’ecstasy ai ragazzini sempre delle medie, io non so davvero che farci. Credo che la letteratura, per quel cazzo che vale (ormai un bel niente) sia comunque esercizio di intelligenza e di vita troppo difficile per le tue umili forze. Io credo – e sono l’unico a dirtelo, perchè ho la faccia per dirtelo, e ti faccio anche un piacere – che dovresti davvero, per il tuo bene passare ai videogiochi. Dalla Lipperini i videogiochi sono più o meno una forma letteraria: vai a divertirti con lei. Oppure vai in una scuola media e gioca coi ragazzini.
Aggiungo che Lulu non + un editore: è uno stampatore. Poi uno di Lulu può farci quello che crede: vale a dire illudersi di essere uno scrittore (come te) o provare a vendersi un proprio romanzo ottenendo buoni risultati ma avendo alle spalle pubblicazioni con editori VERI, come Giuseppe Genna. Io fossi in te, davvero, andrei a giocarmi le ultime speranze al superenalotto.
@ Franz
Come sai bene, ricambio l’affetto e la stima ed è perfino superfluo che ce lo stiamo a ridire. (Del resto compaio anche nel tuo romanzo e di risate insieme ce ne siamo fatte tante – questo a mo’ di chiosa esistenziale per chi non sa). Però, ecco, io del “fascista” non te l’ho mai dato. Dissi che la tua argomentazione apparteneva ecc.ecc… Perché credo che definire un gesto (o una parola, che è un gesto) di una persona non equivalga per nulla a definire la persona. Questo ce lo siamo già detti in privato, ma ci tengo a ridirlo qui visto che mi hai menzionato.
Sì, Marco, chiedo scusa, sono stato “grossier” preso dalla foga dei miei discorsi; ho “sforato”; è andata, tra noi, precisamente come tu qui puntualizzi.
Una precisazione, ancora: quando in un commento rivolto a Iannozzi parlo di “scartafacci di Fenoglio” non voglio certo dire che uno dei nostri migliori scrittori del 900 produceva scartafacci. Avrei dovuto dire, meglio, che lo Iannozzi produce del “fenoglismo predigerito”.
E’ ovvio che per questo tipo di “sperimentazione” gli sketches dell’indimenticato Kerouac (ma di uno come Malcolm Lowry, che ha prodotto sì un’opera sola ma indimenticabile come “Sotto il vulcano” mai mezza parola) sono le ultime tendenze autunno-inverno.
A tutti – di moderare i termini e di tenere le questioni personali fuori dai post è stato detto moltissime volte, ripeterlo è abbastanza scocciante, soprattutto per me, che sono tremendamente pigra con i commenti, perchè le liti nei pollai mi hanno sempre annoiato.
Però vorrei puntualizzare alcune cose:
@ Iannozzi, la censura non si esercita solo perché si ha paura di qualcosa. Non voglio deludere nessuno, ma almeno inoculare il dubbio che forse si censuri un commento, come si decide di non far entrare qualcuno in casa propria, perché ci sembra inopportuno. Esempio banale: se sei un venditore porta a porta di cavolo verza e vieni ogni giorno a suonarmi il campanello ed io ti dico, all’inizio gentilmente: no, guarda il cavolo verza mi trasforma in Blob il fluido che uccide, quindi meglio evitare, ma tu continui imperterrito… poi capirai se non ti apro più oppure mi strafogo di cavolo verza e ti “blobblo”. Basta usare un po’ di auto-censura e di intelligenza per capire dove non è il caso e che forse certe questioni non son così vitali, no?
Poi – non ti piace Franz Krauspenhaar, quello che scrive, quello che è in internet (fuori non so), etc. etc. D’accordo. Liberissimo di pensarla così e anche di non motivare più di tanto questa tua antipatia. Quello che non capisco è l’accanimento “terapeutico”. Se a me qualcosa non piace la salto a piedi pari, non mi mostro ovunque questa cosa appaia come una sorta di giustiziere mascherato. Solo questo. Franz può essere simpatico, antipatico, tutte e due le cose – qui atteniamoci al pezzo. Se ad esempio ti attieni a cosa non ti convince di questi “sogni” (il paragone con Kerouac, etc.) sarò sinceramente interessata a leggerlo e a non censurarlo, anche perché da parte mia non c’è e non ci può essere nulla di personale contro di te o altri. Dici ad esempio che l’esperimento di Franz è già stato fatto dal Libro dei sogni di JK. In letteratura non si produce nulla di nuovo, a mio avviso, le cose migliori sono già state scritte diverso tempo fa, si rielabora semmai, si offre una prospettiva diversa, una personalità, a seconda di chi scrive. Prima di Kerouac (di cui tra l’altro non sono una grande estimatrice: appunto, questione di gusti!), mi viene in mente il Rimbaud delle Illuminazioni, che tra l’altro Franz cita. Non sto facendo paragoni, sia chiaro. Ma per dire: anche lo scrittore Michael Ende con Lo specchio nello specchio ha ampiamente usato la materia del sogno, e se si pensa ai trattati sul sogno e sulla sua interpretazione si risale un bel po’ più indietro, passando per Cardano e Artemidoro. Che abbia letto tutto (impossibile) o meno, ogni scrittore contemporaneo deve fare un bagno d’umiltà nel passato: questo per fortuna non impedisce che si possa scrivere ancora!
@Franz: e riappacificati con Marco!
Franz, ti avevo già espresso nella prima parte il mio apprezzamento per queste tue corde del sogno. Non cambio parere ma, di queste, quella che ho amato di più è Libertà forse per quel batticuore che muove in avanti.
Credo che questa voglia di tendere le corde del sogno fino a scavare e visualizzare quanto più possibile, oltre a giovare alla vita stessa, giovi altresì alla scrittura che si avvantaggia sempre più di contenuti che altrimenti andrebbero smarriti.
Un mio amico trasferisce su tela le sue corde del sogno e i suoi quadri sono davvero interessanti.
Ti abbraccio Franz assieme a Francesca
jol
Franz,
ho riletto il pezzo con attenzione, con calma.
Per obiettività – ma dubito che possa interessare – preciso che coltivo un’innata idiosincrasia per l’uso dei sogni in letteratura.
Per la stessa ragione (o mancanza di) detesto il carnevale, i film in costume, i romanzi storici, il fantasy e la fantascienza (mi sto chiedendo cos’è che mi piace, ma questo riguarda solo me). Per non parlare dei fumetti, dei cartoon e dei film di animazione.
Non chiedermi perché, perché non saprei spiegarlo.
So solo che quando uno scrittore spende più di due o tre righe a descrivere un sogno di un suo personaggio, c’è qualcosa in me che si rifiuta di accettarlo.
Credo dipenda dal mio considerare i sogni, in termini narrativi, una pericolosa sospensione dell’azione – benché ci siano esempi, credo, di autori che ne hanno fatto un uso splendido.
Mi viene in mente Kundera, non ricordo in quale dei suoi romanzi, che descrive la protagonista (mi pare), a inizio di un capitolo, alle prese con la collina degli impiccati.
Kundera usa un trucco: non di che che si tratta di un sogno – e dunque non interrompe “l’azione”. Lo fa capire dopo, quando il danno è fatto (si fa per dire).
L’effetto, in termini narrativi, è devastante (in senso positivo): ma Kundera è un maestro.
Su quanto sia da considerare “azione” in un romanzo, rimando a Hemingway: per il quale anche il dialogo è azione (e il teatro, così statico per natura, ne è un buon esempio), oltre a ciò che sappiamo tutti intuitivamente (l’introspezione, per quanto sia indice di un movimento interiore, a mio parere non può considerarsi “azione”, almeno nei termini in cui la intendo io.
Tutta questa lunga premessa – di cui chiedo venia – per ribadire che non sono certo io la persona più indicata per esprimere un giudizio oggettivo su questo tuo work in progress (è questa l’idea che mi sono fatto).
Se ho commentato è perché mi è sembrato che tenevi particolarmente a raccogliere dei pareri, com’è normale che sia, anche i più disparati.
Nell’altro post l’hai buttata sul venale. Ma senza sminuire l’importanza del problema, io credo che al fondo ci sia il solito problema della solitudine dell’artefice e della possibilità di stabilire un ponte di comunicazione con i fruitori dell’opera, chiunque essi siano.
Ne abbiamo già parlato in quel contesto, non è il caso adesso di tornarci sopra (io per esempio da un po’ mi interrogo sull’utilità dell’arte e sulla necessità di chi vi dedica, ma questo è un altro discorso – ma forse no).
Per tornare a bomba:
Ho parlato di fotogrammi perché al momento non mi è venuta altra parola e anche perché questi quadri, se è lecito definirli tali, mi hanno trasmesso, a una prima lettura, un’impressione di staticità.
Adesso posso definirli meglio, con un termine credo più appropriato: visioni.
Come dichiari tu stesso (“…dormiveglia separato dal corpo…”) si tratta di veglie oniriche, di viaggi mentali in una sorta di terra di nessuno, che si caricano di suggestioni visive subliminali.
Ho parlato di prosa d’arte perché mi pare – e lo ribadisco dopo aver riletto – che lo stile sia molto curato, introspettivo, moderno senza essere “buttato via” alla comevieneviene.
Rileggendo si possono apprezzare parecchie finezze che sfuggono a una prima lettura a video, specie in questi tempi di velocità internettiana.
C’è anche profondità, ma va saputa trovare.
Ecco: se i quadri appaiono statici – e lo sono per definizione – dentro la cornice è tutto un agitarsi di immagini e pensieri magmatici che trovano la loro ragione d’essere per associazione e/o disgiunzione. L’idea è quella di qualcosa che ribolle, dunque il movimento è tutto interiore, all’interno di uno spazio predefinito (i quadri hanno un titolo e sono introdotti da citazioni).
Dico che come scrittore non è facile muoversi all’interno di queste condizioni preliminarmente date, mi pare tu riesca a giostrarci abbastanza bene.
Quello che preferisco è “Stagioni”, a mio modesto parere il più riuscito.
Lo preferisco perché ha un andamento sommesso, ma preciso, da diario pacato, ai limiti del poetico, di un uomo che conosce la vita e la disillusione inevitabile che subentra suo malgrado a un certo punto del percorso, ma che pure non ha smesso la speranza, o quel che ne resta.
I cavalli del vicino ippodromo rimandano alla potenza giovanile (ne riappare uno, nel finale, che strizza l’occhiolino, come a dire: possiamo ancora dire la nostra, Joe).
Molto ironici, a mio parere, i nomi dei cavalli da corsa, compreso quell’ultimo Gitana d’Asolo.
Insomma, LSD a parte, è un bel trip fantastico pieno di simboli che farebbero la gioia di qualsiasi piscoanalista (per tua e mia fortuna non lo sono), fino alla conclusione tra il surrealista (ho pensato a Dalì e Sassu, oltre che al De Chirico da te citato) e il poetico.
En passant:
A metà circa di “Stagioni” c’è “inattesa” ripetuto in due righe contigue. Te lo segnalo nel caso la ripetizione non fosse voluta.
In “Osare” c’è un “lamiere divelte” che, considerate le immagini successive, farebbe pensare meglio a un “accartocciate”.
Dopo di che, Buon Anno (mi devi una birra, minimo).
(Mando senza rileggermi)
Caro Franz, ti capisco e sono con te. Ma dovremmo cercare di capire e soprattutto di adottare un comportamento adeguato verso un certo tipo di personaggio che viaggia sulla rete, proprio come viaggiamo noi. Io ho uno che adesso si firma Alligator (che sarebbe poi tashtego, gliel’ho detto io come battuta e adesso si firma così) attaccato come una zecca, non si perde un mio articolo e interviene sempre per dire che scrivo cose stupide o che i racconti fanno schifo ecc. Cerca la parolina che può essere ambigua, e se la trova fa leva, cerca di mandare in vacca tutto. E’ questo infatti che li contraddistingue: un’ossessione distruttiva, particolarmente subdola e populista quella dell’Alligator. Eppure è evidente la motivazione di fondo: alcuni individuano in altri dei bersagli, chissà perché, per scaricare una parte dei loro problemi interiori, spacciando il tutto per libertà di critica ecc. Certamente non provano una vera soddisfazione, perché non vi è soddisfazione nella maldicenza e nell’impulso distruttivo, ma solo un auto-caricamento della stessa distruttività. Eppure esistono, e se ci prendono di mira dobbiamo farci i conti, visto che i commenti sono aperti. Sarebbero probabilmente da ignorare, ma non è facile. Anche noi non siamo dei santi. O non siamo abbastanza saggi. Però è sbagliato cadere nell’errore di reagire seguendo i loro codici. L’ironia, per esempio, sarebbe forse una buona risposta. Anche per noi stessi, per non innervosirci inutilmente. Intanto però è importante capire che non siamo noi i veri obiettivi del loro impulso distruttivo. Siamo dei pretesti, gli obiettivi sono dei fantasmi che si portano dentro.
Saluti e complimenti per il tuo testo, mi sei piaciuto quando corri nella brughiera “con le scarpe speciali”, libero.
Puntualizzo brevemente, per cercare di lasciare il meno spazio possibile all’ambiguità in cui incunearsi: quanto ho scritto sopra non riguarda la critica a un pezzo, anche se i personaggi che ho descritto si attaccano a questo: ma come, io critico, tu non l’accetti eh? Non è critica. Cercano di attirati in un battibecco che è una finta discussione, un cicaleccio allucinato che ha come solo scopo quello di nutrire l’impulso distruttivo-aggressivo. In un certo senso ha colto nel segno Francesca Matteoni: portano sempre la stessa merce, ogni volta, e continuano a proporla fino allo sfinimento.
@ franz,
chiosina: lo “stampatore” lulù non stampa libri a spese degli autori
(http://www.lulu.com/content/686440)
(nemmeno i feaci lo fanno… credo)
Solo una parola, se posso, in difesa del self publishing. Mi pare una pratica dignitosa, che elude trafile e sudditanze, non richiede investimenti e non umilia nessuno. Da incentivare, salvo che come ripiego ai rifiuti editoriali (in tal caso l’umiliazione forse c’è)
Ciao Mauro, quello della brughiera è l’unico sogno vero. Un abbraccio, e sono con te contro l’Alligator.
Macondo: i Feaci non mi risulta stampino alcunchè. Fanno degli e-book, ce ne sono tre miei nel loro catalogo. O ultimamente stampano su carta?
Lulu non è un editore. Un editore si affida a una distribuzione. E’ vero, non fa pagare, però non si sobbarca la distribuzione. Un editore è tale se mette ciò che ha prodotto sul mercato, non se lascia il grosso del lavoro all’autore. Ergo: Lulu è una dignitosa maniera di perdere tempo e denaro. Gli “editori” a pagamento, per come la vedo io, sono dei poco di buono e basta.
Torno a Baldrati: sono d’accordo. Alligator a me ha fatto più volte infuriare; è subdolo, colpisce per ferire. Al confronto Iannozzi fa tenerezza. Adottare il sarcasmo con un personaggio così è forse la cosa migliore, a parte ignorarlo. Ma se si ignorasse da solo, come gli ho consigliato io una volta, cioè se si togliesse gentilmente dai coglioni, sarebbe un bel guadagno per tutti.
Paolo, grazie davvero per le tue brillanti osservazioni. Metterò a posto le ripetizioni, temo non volute!
(La birra, se sei di Milano o zone limitrofe, quando vuoi.)
@ Franz: Non avendo di meglio da fare, e la notte essendo ancora lunga, allora faccio un po’ il pignolo. Con Lulù (che non mi frega niente di difendere, anche se… vedi lo pseudo-link sopra) non si perdono soldi, semmai si perde tempo. In quanto Lulù non è editore a pagamento. Semmai, se vendi qualcosina, ti paga lui (cioè ti dà la percentuale pattuita su ogni copia venduta). Poi a Lulù si è aggiunta l’editoria on-line di Repubblica (credo funzioni con lo stesso meccanismo, ma mi dicono che però devi pagare qualcosa). Vibrisselibri è in parte un’esperienza diversa, ma alla base tutti questi “progetti” mi pare abbiano la scommessa (certo, ricavandoci dell’utile, non sono enti di beneficienza) che all’editoria cartacea, o “vera” come dici tu, si possa affiancare quella telematica. Del resto, tu stesso con i Feaci non partecipi a un’esperienza simile (anche con Lulù puoi scaricare il libro scelto, e il download costa meno che ricevere a casa l’oggetto cartaceo)?
Ma questa pignoleria fa sbadigliare me per primo. Buenas noches (o Nochebuena?)
ah, beh, la grossa differenza tra editoria telematica e cartacea è che nella prima manca il filtro, ossia la valutazione di terzi del tuo prodotto, che è pur sempre una garanzia di serietà, o dovrebbe… vista certa politica culturale delle major cartacee…