Mi unisco a voi.
Grazie per questa musica e per i volti del violinista e della cantante, del tutto consoni a questo momento.
io la vedo come una liberazione dopo anni di sofferenza. cosa è successo in tutti questi anni?
credo che lei sarebbe stata felice se fosse andata via prima. è orribile solo che l’individuo debba dare conto ad una società retriva come quella italiana, e facile all’amplificazione mediatica tipo grande fratello.
pace a lei, di cui, per rispetto, non oso e non ho mai osato pronunciare il nome. pace a lei. nella speranza che la libertà dell’individuo venga prima di ogni dogma politico e religioso, nella speranza che la politica e la religione non rendano di parte anche la morte, naturale aspetto della vita.
pace a lei e pazienza a noi, in questo inferno, poco adatti alla complessità dell’esistente e troppo avvezzi, ormai, al rumore e mai al rispetto totale per l’altro. in questi giorni, fino alla bagarre in parlamento, tra destra e sinistra. sacrosanta anarchia!
l’italia è piccola e sempre più misera e cattiva: non ha compreso il dolore della famiglia.
chiedo scusa idealmente ai cari se ho osato mettere bocca sul loro infinito dolore.
Trovo la scelta redazionale di questa musica di Bach appropriata per quanto riguarda il “dramma Luana”, ma inappropriata per quello che è il “caso Englaro”, la sciagurata dicitura con cui i media rubricano e rubricheranno questo dramma dimidiato, stuprato e fagocitato dalla politica. Perché Bach, a differenza di altri grandi musicisti, non ha mai scritto per il teatro, ossia per il melodramma. Ed è il melodramma, secondo me, il punto.
Difatti l’Italia è il paese che ha inventato il melodramma alla fine del XVI secolo (Firenze, “Camerata de’ Bardi”). Non solo, ma il melodramma ha fatto di più, ha presieduto alla nascita dell’Unità d’Italia (G. Verdi). Dunque, l’italiano ha questa eredità da conservare e tramandare. E la politica lo ha fatto e lo sta facendo egregiamente. Ai politici italiani sono estranee le tinte forti, il pathos del drama, ad esse preferiscono per natura il mélos, che le rende più accettabili perché le stempera in mezze tinte, quelle delle arie borbonico-napoletane o nordiche, savoiarde, che da sempre risuonano nelle loro orecchie. E col tempo la farsa da soap opera o da telenovela (le eredi postmoderne del melodramma) ha sostituito la dignità che ancora possedeva il melo-dramma novecentesco. A questo punto, il nostro Presidente del Consiglio si è dimostrato il personaggio giusto per interpretare questa deriva della commovente politica melodrammatica italiana. A metà tra attore e cantante, si è fatto le ossa nelle orchestrine delle navi da crociera, e oggi continua a suonare, tirando coriandoli e stelle filanti, nel Titanic della democrazia che ha lanciato contro l’iceberg del regime forte, in perfetto stile melodrammatico. Ma la paternità culturale della sciagura non è sua, bensì tutta nostra, di questo paese che ha il melodramma incistato nel sangue, come la democrazia del numero ha sanzionato nelle urne da vari anni a questa parte.
Per cui, per il “caso Englaro”, perché di questo i media parleranno, e forse non mancheranno nemmeno per le strade processioni di fanatici che invocheranno la punizione degli “assassini”, è più adatta un’opera di Metastasio.
Fortunatamente, per lei, il realydrama “Abla con Eluana” è terminato. Ma vista la situazione, ci aspettano nuove grandi avventure mediatiche…
Pae, pace, pace per lei, sfuggita per un pelo alla Società del Controllo. Noi, invece, ancora dobbiamo stare dentro questo strepito, arrossire di vergogna di fronte all’inumano.
Ma anche questo orrore finirà, un giorno.
Hanno sostenuto che è morta di fame e di sete, che il sondino naso-gastrico non significa terapia ma normale alimentazione. Bene, se così fosse, nessuno muore se interrompe per alcuni giorni l’alimentazione e i liquidi. Invece si è spento (non dico morta perché era già morta) il suo corpo subito, a dimostrazione che si nutriva un corpo ormai vuoto d’essere.
Ora faranno di tutto per dire che hanno “accellerato” il processo. Qualunque cosa voglia dire “accellelare” . Sinonimo di eutanasia?
Questa bellissima musica è l’unico commento adatto in questo momento e in questa situazione: che Eluana riposi finalmente in pace e che pace e silenzio abbiano coloro che hanno lottato per la sua dignità in vita e in morte.
E come il lirico canta il suo inno, così il popolo canta il suo canto popolare, per se stesso, spinto da un impulso intimo, e senza preoccuparsi se la parola sia comprensibile per chi non partecipa al canto. Pensiamo alle nostre proprie esperienze nel campo della più alta musica d’arte: che cosa possiamo comprendere del testo di una messa di Palestrina, di una cantata di Bach, di un oratorio di Handel se non partecipiamo noi stessi al canto? Una lirica, una musica vocale esiste soltanto per chi partecipa al canto: l’ascoltatore sta di fronte a tutto ciò come di fronte a una musica assoluta.
L’opera, peraltro, secondo le più chiare testimonianze, prende inizio dalla pretesa dell’ascoltatore di comprendere le parole. *
Ma come? L’ascoltatore pretende? La parola dev’essere compresa?
FRIEDRICH NIETZSCHE , frammenti postumi
il primo essere umano che ho amato e anche l’ultimo mi hanno insegnato che non ci sono esseri umani.
M. Yourcenar
“iustum in perpetuum vivet”, basta e avanza al cuore, Viola
musica e silenzio.
Testo dell’aria della Passione Secondo Matteo
Erbarme dich, mein Gott,
um meiner Zähren willen!
Schaue hier, Herz und Auge
weint vor dir bitterlich.
Erbarme dich, mein Gott.
Abbi pietà, mio Dio,
per amor delle mie lacrime!
Guarda, il cuore e gli occhi
piangono amaramente dinnanzi a te.
Abbi pietà, mio Dio.
E’ stato osceno anche il modo in cui sono state usate, e inevitabilmente strumentalizzate, le parole per descrivere la condizione di Eluana:
“Il volto sul cuscino, gli occhi grandi e scuri, i denti bianchi, come nelle foto. Quello che resta di Eluana: l’immagine sbiadita della bruna stupenda dalle ciglia allungate dal rimmel e il sorriso che tutte vorrebbero. La malattia l’ha cambiata, ma i lineamenti sono gli stessi. Delicati, più lievi, i suoi tratti hanno ancora qualcosa di bello. […] Capelli neri alla nuca, la fronte spaziosa, le guance più chiare del solito. Fa tenerezza. […] Pur sempre bella, anche se lei non lo sa.”
– Maria Grazia Mottola, Corriere della Sera, 8 febbraio 2009, citata da un mai come ieri vergognoso Emilio Fede.
“«Sarebbe l’arma atomica, lo so. Vedendo le foto di Eluana com’è oggi, tante persone starebbero finalmente in silenzio. Ma non lo farò mai». […] Sarebbe bastato davvero poco. Raccontare le palpebre perennemente a mezz’asta sugli occhi, le pupille vuote, il naso che sembrava sproporzionato su una faccia che si era rinsecchita come il resto del corpo. esava meno di 40 chili, Eluana. Le braccia e le gambe erano rattrappite, poteva giacere solo di lato perché a pancia in su rischiava di soffocare per i liquidi che salivano da uno stomaco atrofizzato e incapace di trattenerli. Era appoggiata sul lato destro del corpo e questo le causava spesso piaghe da decubito sulla guancia, le lacerazioni di una pelle che si fa di carta velina, quelle che ai vecchi vengono sul sedere o sulla schiena, lei ce le aveva anche in faccia. Gli ispettori del ministro Sacconi, nella hall dell’albergo, prima di tornare a Roma, non riuscivano a togliersi dalla testa l’immagine del corpo di Eluana.”
– Marco Imarisio, Corriere della Sera, 10 febbraio 2009.
Cos’hanno visto i due cronisti? E’ possibile che lo stesso giornale giochi con le parole e le immagini?
Giusto è sospendere la vicenda di Eluana nel silenzio e nel rispetto del dolore. Ma non si può tacere di tutta la bava politica e mediatica (che è del resto la stessa cosa, mai come oggi il giornalismo italiano è ancella del Potere) depositatale attorno. Che è poi una riflessione sulla democrazia e sul suo attuale stato farsesco. Ieri, mentre persone colte (è questa, la cultura, il nodo decisivo) qui e in altri blog si interrogavano sulla vicenda pur con diversi punti di vista, la maggioranza degli italiani ha risposto guardando in tv l’ultima puntata del “Grande fratello”. Che lo si voglia o no, è questa la democrazia del numero. A questa abbiamo consegnato i destini democratici del paese. O si pensa a cambiare le regole del gioco, o si affonda in questa palude, magari col ditino alzato del profeta inascoltato.
Dopo il delirio verbo visivo, il kitsch politico, il kitsch bio-etico, adesso tutto il possibile kitsch spiritualistico si riversa sulla morte di Eluana che «se n’è andata», che «riposa in pace» e «non c’è più» e «addio Eluana» e ora solo «il silenzio di fronte ar mistero della vita e della morte» e musiche di commiato severe e dolci come quella di Bach su Nazione Indiana che nella circostanza risulta stucchevole come quelle trasmesse dai vari telegiornali.
Alcuni eventi sono capaci di rivelare all’improvviso, con esattezza e senza tralasciare alcun dettaglio, lo stato politico-culturale di una comunità nazionale, non solo nel suo insieme, ma individuo per individuo…
È così che l’Italiuzza di Berlusconi celebra il bi-centenario della nascita di Charles Darwin, che ha individuato con sconvolgente esattezza il posto della “sacra” vita umana nel mondo: un tragico starnazzare del pollaio politico et culturale attorno ad un caso di ordinaria e logica domanda di nulla a fronte di quella che per diciassette (17!) anni è stata una non esistenza.
@tashtego
Fra oche stanazzanti et (sic) stoici ringhiosi non si sa più dove voltarsi. Non avessi sciacquettato anche tu, per una volta, nell’Italiuzza e nei blog dalle musiche severe e dolci, forse potevi dirti salvo. Ma quell’abito da Savonarola laico ti sta grande, veramente troppo grande, e inciampi a ogni passo.
A me verrebbe di cantarle una ninna nanna, come magari le piaceva quando era piccola.
Invece di mettere musiche e orapronobis e dire di fare silenzio, vediamo di incazzarci sul serio.
numinosa, la curva acuta oltre
l’oscurità riverberante di una galleria;
si screziano sulle pareti le luci
di fondo, barbagliano su pupille
per nulla stupite, anzi, persuase.
s’apre subitaneamente una botola
dal soffitto, una corda, un invito:
eccoci, mi dico, silenzio, basta
– la ridda… la rissa… tamburi… silenzio
@savò
non intendo chiamarmi fuori da nulla.
il mio commento dimostra che ci sono ben dentro.
ma non nella veste di savonarola, che potresti per esempio andarti a ri-studiare chi era.
bella la metafora dell’inciampico nella tonaca troppo larga.
sei creativo di brutto, tu.
scusate, ma la madre non è mai nominata? come mai? cioè non ho letto alcun post o articolo che nomini la madre. vabbè che in italia ci sono i tutti uguali di destra, i tutti uguali di sinistra, i tutti uguali atei, i tutti uguali cattolici,…, però non capisco questa mancanza della madre. piacerebbe capire.
<La madre è malata di cancro, operata due volte….
manca la madre.
cercatela.
imbastiteci sopra un’altra decina di post.
grazie helena.
tash? ma che vuoi?
secondo me è vero che ci si deve incazzare, così come è vero che ci sono momenti in cui è meglio tacere.
il lutto, l’espressione della com-partecipazione al dolore, non solo per la perdita di una figlia, quanto per il calvario di un padre che decide lottando contro biechi moralismi di “liberare” sua figlia, richiede un minimo di rispetto, quiete e silenzio.
è “domani” che voglio vedere chi parlerà e come.
oggi e ieri tutti siamo stati bravi.
@gianluca g.
vorrei che non cadeste tutti nella trappola del “caso englaro” come se fosse un autentico dilemma etico.
non lo è.
qui sotto, vicino al nodo di scambio, c’è un uomo che da anni dorme per strada, proprio sotto la mia casa, ma nessuno lo considera un problema etico: lui che non è in coma da diciassette anni, ma è ben vivo e presente a se stesso, può essere lasciato morire di stenti in mezzo al traffico, con le mamme che portano le loro creature a scuola, la mattina.
@ tashtego
dobbiamo sempre fare i maestrini e spiegare che se difendi un animale stai trascurando un essere umano, anzi diciamo meglio, un bambino. Si potrebbe capire che si fa ciò che si può e che Bach non è severo e dolce e ti inviterei a vedere la fine del film Juno e credo che il tentativo umile e imoperfetto e forse sincero di molti e di essere come il ragazzo che si stende nel letto di ospedale con lei, silenzioso e pudico e uomo. Credo intuire che Helena l’abbia messo con lo stesso intento.
Chi l’ha vista, dice che non era più la ragazza bella e fresca di un tempo…dunque non solo il dolore, la sofferenza e la non normalità, ma anche la non bellezza sembra faccia scegliere tra la vita e la morte.
In questa storia, nessuno ha torto o ha ragione. Nessuno ha la verità. Sono ‘solo’ punti di vista, e forse è finita nel migliore dei modi: ha vinto il punto di vista di chi l’amava, cioè la sua famiglia.
Non condanniamo, però, chi la pensa diversamente: non tutti riescono ad accettare di far chiudere (per sempre) occhi che, nonostante tutto, avevano ancora la forza di rimanere aperti.
A mio avviso non sbaglia tashtego a far sentire la sua voce “fuori dal coro”, o, ancor meglio, la sua campana in questo post delle 00:17 (che gli altri suoi condivido molto meno) perché, al di là dell’indole provocatoria (o di che altro lo animi), ritengo che, se sono i valori etici, umani, a muovere i nostri discorsi (le azioni individuali delle persone dietro gli pseudonimi e del virtuale, non sono visibili, quindi conoscibili), allora bisogna anche accettare le comparazioni, i raffronti tra i valori (cagnolino o bambino, montagna o topolino, se si pone l’aut aut), le verifiche e i confronti sugli operati, la scala etica delle grandezze per cui ci si mobilita. Non credo ci siano compartimenti stagni, ma il discorso etico può centrarsi, a seconda delle contingenze, su un determinato obiettivo, ma rapportandolo sempre all’insieme, all’uomo, alla vita.
macondo, volevo dire che si fa anche ciò che ci troviamo a dover affrontare e indicare il barbone solo perché qui si parla di un’altra questione mi sembra voler sempre spostarsi. George Brassens faceva le lodi (non riesco a ricordare in quale delle sue canzoni) di quell’uomo che per evitare un gatto andava fuori strada e credo anche morisse, ma non era importante questo, quanto lo slancio generoso naturale che era ciò che volevo sottolineare. Delle volte accontentiamoci di questo slancio e non chiediamoci cosa frenare in nome di distinguo che delle volte possono essere posti semplicemente il giorno dopo senza dover pensare di metterli in contrasto e in opposizione.
al kitsch non si sottae nè questo post nè le vostre fanfaronate di dubbio gusto.
parlate di silenzio e di rispetto e poi continuate a parlare e a non rispettare un beneamato cazzo.
non so, forse la musica diceva tutto, senza bisogno di commenti.
sarebbe stato bello, finalmente l’ascolto.
intanto sto commentando il mio non voler commentare
e infrango il mio desiderio di non voler esternare…
Una cosa è il doveroso silenzio sul dramma personale della famiglia, altra invece le parole di sdegno per la strumentalizzazione politica che ne è stata fatta. Questa seconda cosa mi interessa commentare, perché riguarda la società civile e i valori etici di ciascuno.
anche a me interessa molto commentare la “seconda cosa”.
credo che questa donna sia diventata suo malgrado un simbolo.
se fossimo già in una società civile non saremmo mai arrivati a queste bassezze madiatiche e la famiglia avrebbe fatto le sue scelte senza doversi accollare anche la “coscienza” dell’italietta ipocrita e bigotta imboccata da chiesa e tv.
spero in una discussione meno di pancia e più ragionata quando il carrozzone avrà spento i riflettori.
@lucia cossu
l’intento è sempre diverso, il risultato è sempre lo stesso: giocare di rimessa, stare al gioco di chi ha voluto fare di questa storia un falso problema e usarlo in tutti i modi possibili, purché rigorosamente impropri: abbiamo abboccato tutti, me compreso.
in vaticano gongolano: sono riusciti a far scendere tutti sul loro terreno.
il nano è soddisfatto: ha forzato le regole un po’ di più, poi ha ritirato la mano, come al solito.
e noi tutti a dire: ciao eluana, riposa in pace.
hanno ragione krauspenhaar e stalker, mi spiace dell’inutile rumore
Aggiungo: fra l’altro uno Bach se lo era sempre ascoltato tranquillo quando gli pareva dal proprio giradischi…
Persino mettere un’aria di Bach come commiato a chi ha patito questo calvario e questo scempio, è rientrare nel kitsch, nella lacrima collettiva mediatica pacificata, falsa e falsificante, che distoglie dai clandestini che cercano di ammazzarsi a Lampedusa o vanno denunciati dai medici, dai barboni sotto casa, dalla crisi economica, e da quant’altro? E’ stare comunque dentro allo schema presposto dall’alleanza Chiesa-governo?
In parte è così, lo ammetto. Ma se non esiste una vita vera in quella falsa, io so di aver provato un dolore che mi pare vero, mi pare mio, mi pare condiviso con molti altri, e l’esigenza di un gesto simbolico di pietà. Quella che sembra morta. Quella che a dirla col Foscolo accompagna la morte degli uomini “dal dì che nozze e tribunali e are/ diero alle umane belve di esser pietose/ di se stesse e d’altrui…”.
E’ di questo – tra le altre cose – che il caso Englaro è diventato simbolo e, pur consapevole (io e gli altri indiani che non a caso abbiamo dato rilevanza anche al pezzo di Rovelli) che proprio questa sua costruita portata simbolica serve a coprire altro, non me la sono sentita di non prenderne atto e non rispondere. In questo post non c’è nessun “riposa in pace” o “ciao”, ma non è questo il punto. Credo che dal rischio kitsch cmq non le ne esce. Anche con le pagine nere, col sobrio – se poi è vero- “fare silenzio”. Io sono più per le lacrime, persino il pianto scomposto, che per educata antiretorica del lutto.
La ragione umana, anche senza il pungolo della semplice vanità dell’omniscenza è perpetuamente sospinta da un proprio bisogno verso
quei problemi che non possono in nessun modo essere risolti da un uso empirico della ragione. E così, una qualche metafisica negli uomini è sempre esistita e sempre esisterà….appena che la ragione si innalzi alla speculazione.
Sono felice che finalmente sia stata data pace a questa povera ragazza.
Ho scritto un’articolo riassuntivo sul CASO ELUANA ENGLARO, vi invito a leggerlo e a commentarlo.
Shantih, Shantih, Shantih
Mi unisco a voi.
Grazie per questa musica e per i volti del violinista e della cantante, del tutto consoni a questo momento.
io la vedo come una liberazione dopo anni di sofferenza. cosa è successo in tutti questi anni?
credo che lei sarebbe stata felice se fosse andata via prima. è orribile solo che l’individuo debba dare conto ad una società retriva come quella italiana, e facile all’amplificazione mediatica tipo grande fratello.
pace a lei, di cui, per rispetto, non oso e non ho mai osato pronunciare il nome. pace a lei. nella speranza che la libertà dell’individuo venga prima di ogni dogma politico e religioso, nella speranza che la politica e la religione non rendano di parte anche la morte, naturale aspetto della vita.
pace a lei e pazienza a noi, in questo inferno, poco adatti alla complessità dell’esistente e troppo avvezzi, ormai, al rumore e mai al rispetto totale per l’altro. in questi giorni, fino alla bagarre in parlamento, tra destra e sinistra. sacrosanta anarchia!
l’italia è piccola e sempre più misera e cattiva: non ha compreso il dolore della famiglia.
chiedo scusa idealmente ai cari se ho osato mettere bocca sul loro infinito dolore.
Trovo la scelta redazionale di questa musica di Bach appropriata per quanto riguarda il “dramma Luana”, ma inappropriata per quello che è il “caso Englaro”, la sciagurata dicitura con cui i media rubricano e rubricheranno questo dramma dimidiato, stuprato e fagocitato dalla politica. Perché Bach, a differenza di altri grandi musicisti, non ha mai scritto per il teatro, ossia per il melodramma. Ed è il melodramma, secondo me, il punto.
Difatti l’Italia è il paese che ha inventato il melodramma alla fine del XVI secolo (Firenze, “Camerata de’ Bardi”). Non solo, ma il melodramma ha fatto di più, ha presieduto alla nascita dell’Unità d’Italia (G. Verdi). Dunque, l’italiano ha questa eredità da conservare e tramandare. E la politica lo ha fatto e lo sta facendo egregiamente. Ai politici italiani sono estranee le tinte forti, il pathos del drama, ad esse preferiscono per natura il mélos, che le rende più accettabili perché le stempera in mezze tinte, quelle delle arie borbonico-napoletane o nordiche, savoiarde, che da sempre risuonano nelle loro orecchie. E col tempo la farsa da soap opera o da telenovela (le eredi postmoderne del melodramma) ha sostituito la dignità che ancora possedeva il melo-dramma novecentesco. A questo punto, il nostro Presidente del Consiglio si è dimostrato il personaggio giusto per interpretare questa deriva della commovente politica melodrammatica italiana. A metà tra attore e cantante, si è fatto le ossa nelle orchestrine delle navi da crociera, e oggi continua a suonare, tirando coriandoli e stelle filanti, nel Titanic della democrazia che ha lanciato contro l’iceberg del regime forte, in perfetto stile melodrammatico. Ma la paternità culturale della sciagura non è sua, bensì tutta nostra, di questo paese che ha il melodramma incistato nel sangue, come la democrazia del numero ha sanzionato nelle urne da vari anni a questa parte.
Per cui, per il “caso Englaro”, perché di questo i media parleranno, e forse non mancheranno nemmeno per le strade processioni di fanatici che invocheranno la punizione degli “assassini”, è più adatta un’opera di Metastasio.
Fortunatamente, per lei, il realydrama “Abla con Eluana” è terminato. Ma vista la situazione, ci aspettano nuove grandi avventure mediatiche…
Pae, pace, pace per lei, sfuggita per un pelo alla Società del Controllo. Noi, invece, ancora dobbiamo stare dentro questo strepito, arrossire di vergogna di fronte all’inumano.
Ma anche questo orrore finirà, un giorno.
Hanno sostenuto che è morta di fame e di sete, che il sondino naso-gastrico non significa terapia ma normale alimentazione. Bene, se così fosse, nessuno muore se interrompe per alcuni giorni l’alimentazione e i liquidi. Invece si è spento (non dico morta perché era già morta) il suo corpo subito, a dimostrazione che si nutriva un corpo ormai vuoto d’essere.
Ora faranno di tutto per dire che hanno “accellerato” il processo. Qualunque cosa voglia dire “accellelare” . Sinonimo di eutanasia?
Questa bellissima musica è l’unico commento adatto in questo momento e in questa situazione: che Eluana riposi finalmente in pace e che pace e silenzio abbiano coloro che hanno lottato per la sua dignità in vita e in morte.
E come il lirico canta il suo inno, così il popolo canta il suo canto popolare, per se stesso, spinto da un impulso intimo, e senza preoccuparsi se la parola sia comprensibile per chi non partecipa al canto. Pensiamo alle nostre proprie esperienze nel campo della più alta musica d’arte: che cosa possiamo comprendere del testo di una messa di Palestrina, di una cantata di Bach, di un oratorio di Handel se non partecipiamo noi stessi al canto? Una lirica, una musica vocale esiste soltanto per chi partecipa al canto: l’ascoltatore sta di fronte a tutto ciò come di fronte a una musica assoluta.
L’opera, peraltro, secondo le più chiare testimonianze, prende inizio dalla pretesa dell’ascoltatore di comprendere le parole. *
Ma come? L’ascoltatore pretende? La parola dev’essere compresa?
FRIEDRICH NIETZSCHE , frammenti postumi
il primo essere umano che ho amato e anche l’ultimo mi hanno insegnato che non ci sono esseri umani.
M. Yourcenar
“iustum in perpetuum vivet”, basta e avanza al cuore, Viola
musica e silenzio.
Testo dell’aria della Passione Secondo Matteo
Erbarme dich, mein Gott,
um meiner Zähren willen!
Schaue hier, Herz und Auge
weint vor dir bitterlich.
Erbarme dich, mein Gott.
Abbi pietà, mio Dio,
per amor delle mie lacrime!
Guarda, il cuore e gli occhi
piangono amaramente dinnanzi a te.
Abbi pietà, mio Dio.
(Julia Hamari è diretta da Karl Richter nel 1971)
http://www.youtube.com/watch?v=KEh_OP66Vik (scusate il video)
E’ stato osceno anche il modo in cui sono state usate, e inevitabilmente strumentalizzate, le parole per descrivere la condizione di Eluana:
“Il volto sul cuscino, gli occhi grandi e scuri, i denti bianchi, come nelle foto. Quello che resta di Eluana: l’immagine sbiadita della bruna stupenda dalle ciglia allungate dal rimmel e il sorriso che tutte vorrebbero. La malattia l’ha cambiata, ma i lineamenti sono gli stessi. Delicati, più lievi, i suoi tratti hanno ancora qualcosa di bello. […] Capelli neri alla nuca, la fronte spaziosa, le guance più chiare del solito. Fa tenerezza. […] Pur sempre bella, anche se lei non lo sa.”
– Maria Grazia Mottola, Corriere della Sera, 8 febbraio 2009, citata da un mai come ieri vergognoso Emilio Fede.
“«Sarebbe l’arma atomica, lo so. Vedendo le foto di Eluana com’è oggi, tante persone starebbero finalmente in silenzio. Ma non lo farò mai». […] Sarebbe bastato davvero poco. Raccontare le palpebre perennemente a mezz’asta sugli occhi, le pupille vuote, il naso che sembrava sproporzionato su una faccia che si era rinsecchita come il resto del corpo. esava meno di 40 chili, Eluana. Le braccia e le gambe erano rattrappite, poteva giacere solo di lato perché a pancia in su rischiava di soffocare per i liquidi che salivano da uno stomaco atrofizzato e incapace di trattenerli. Era appoggiata sul lato destro del corpo e questo le causava spesso piaghe da decubito sulla guancia, le lacerazioni di una pelle che si fa di carta velina, quelle che ai vecchi vengono sul sedere o sulla schiena, lei ce le aveva anche in faccia. Gli ispettori del ministro Sacconi, nella hall dell’albergo, prima di tornare a Roma, non riuscivano a togliersi dalla testa l’immagine del corpo di Eluana.”
– Marco Imarisio, Corriere della Sera, 10 febbraio 2009.
Cos’hanno visto i due cronisti? E’ possibile che lo stesso giornale giochi con le parole e le immagini?
Giusto è sospendere la vicenda di Eluana nel silenzio e nel rispetto del dolore. Ma non si può tacere di tutta la bava politica e mediatica (che è del resto la stessa cosa, mai come oggi il giornalismo italiano è ancella del Potere) depositatale attorno. Che è poi una riflessione sulla democrazia e sul suo attuale stato farsesco. Ieri, mentre persone colte (è questa, la cultura, il nodo decisivo) qui e in altri blog si interrogavano sulla vicenda pur con diversi punti di vista, la maggioranza degli italiani ha risposto guardando in tv l’ultima puntata del “Grande fratello”. Che lo si voglia o no, è questa la democrazia del numero. A questa abbiamo consegnato i destini democratici del paese. O si pensa a cambiare le regole del gioco, o si affonda in questa palude, magari col ditino alzato del profeta inascoltato.
Dopo il delirio verbo visivo, il kitsch politico, il kitsch bio-etico, adesso tutto il possibile kitsch spiritualistico si riversa sulla morte di Eluana che «se n’è andata», che «riposa in pace» e «non c’è più» e «addio Eluana» e ora solo «il silenzio di fronte ar mistero della vita e della morte» e musiche di commiato severe e dolci come quella di Bach su Nazione Indiana che nella circostanza risulta stucchevole come quelle trasmesse dai vari telegiornali.
Alcuni eventi sono capaci di rivelare all’improvviso, con esattezza e senza tralasciare alcun dettaglio, lo stato politico-culturale di una comunità nazionale, non solo nel suo insieme, ma individuo per individuo…
È così che l’Italiuzza di Berlusconi celebra il bi-centenario della nascita di Charles Darwin, che ha individuato con sconvolgente esattezza il posto della “sacra” vita umana nel mondo: un tragico starnazzare del pollaio politico et culturale attorno ad un caso di ordinaria e logica domanda di nulla a fronte di quella che per diciassette (17!) anni è stata una non esistenza.
@tashtego
Fra oche stanazzanti et (sic) stoici ringhiosi non si sa più dove voltarsi. Non avessi sciacquettato anche tu, per una volta, nell’Italiuzza e nei blog dalle musiche severe e dolci, forse potevi dirti salvo. Ma quell’abito da Savonarola laico ti sta grande, veramente troppo grande, e inciampi a ogni passo.
A me verrebbe di cantarle una ninna nanna, come magari le piaceva quando era piccola.
Invece di mettere musiche e orapronobis e dire di fare silenzio, vediamo di incazzarci sul serio.
numinosa, la curva acuta oltre
l’oscurità riverberante di una galleria;
si screziano sulle pareti le luci
di fondo, barbagliano su pupille
per nulla stupite, anzi, persuase.
s’apre subitaneamente una botola
dal soffitto, una corda, un invito:
eccoci, mi dico, silenzio, basta
– la ridda… la rissa… tamburi… silenzio
@savò
non intendo chiamarmi fuori da nulla.
il mio commento dimostra che ci sono ben dentro.
ma non nella veste di savonarola, che potresti per esempio andarti a ri-studiare chi era.
bella la metafora dell’inciampico nella tonaca troppo larga.
sei creativo di brutto, tu.
scusate, ma la madre non è mai nominata? come mai? cioè non ho letto alcun post o articolo che nomini la madre. vabbè che in italia ci sono i tutti uguali di destra, i tutti uguali di sinistra, i tutti uguali atei, i tutti uguali cattolici,…, però non capisco questa mancanza della madre. piacerebbe capire.
<La madre è malata di cancro, operata due volte….
manca la madre.
cercatela.
imbastiteci sopra un’altra decina di post.
grazie helena.
tash? ma che vuoi?
secondo me è vero che ci si deve incazzare, così come è vero che ci sono momenti in cui è meglio tacere.
il lutto, l’espressione della com-partecipazione al dolore, non solo per la perdita di una figlia, quanto per il calvario di un padre che decide lottando contro biechi moralismi di “liberare” sua figlia, richiede un minimo di rispetto, quiete e silenzio.
è “domani” che voglio vedere chi parlerà e come.
oggi e ieri tutti siamo stati bravi.
@gianluca g.
vorrei che non cadeste tutti nella trappola del “caso englaro” come se fosse un autentico dilemma etico.
non lo è.
qui sotto, vicino al nodo di scambio, c’è un uomo che da anni dorme per strada, proprio sotto la mia casa, ma nessuno lo considera un problema etico: lui che non è in coma da diciassette anni, ma è ben vivo e presente a se stesso, può essere lasciato morire di stenti in mezzo al traffico, con le mamme che portano le loro creature a scuola, la mattina.
@ tashtego
dobbiamo sempre fare i maestrini e spiegare che se difendi un animale stai trascurando un essere umano, anzi diciamo meglio, un bambino. Si potrebbe capire che si fa ciò che si può e che Bach non è severo e dolce e ti inviterei a vedere la fine del film Juno e credo che il tentativo umile e imoperfetto e forse sincero di molti e di essere come il ragazzo che si stende nel letto di ospedale con lei, silenzioso e pudico e uomo. Credo intuire che Helena l’abbia messo con lo stesso intento.
Chi l’ha vista, dice che non era più la ragazza bella e fresca di un tempo…dunque non solo il dolore, la sofferenza e la non normalità, ma anche la non bellezza sembra faccia scegliere tra la vita e la morte.
In questa storia, nessuno ha torto o ha ragione. Nessuno ha la verità. Sono ‘solo’ punti di vista, e forse è finita nel migliore dei modi: ha vinto il punto di vista di chi l’amava, cioè la sua famiglia.
Non condanniamo, però, chi la pensa diversamente: non tutti riescono ad accettare di far chiudere (per sempre) occhi che, nonostante tutto, avevano ancora la forza di rimanere aperti.
A mio avviso non sbaglia tashtego a far sentire la sua voce “fuori dal coro”, o, ancor meglio, la sua campana in questo post delle 00:17 (che gli altri suoi condivido molto meno) perché, al di là dell’indole provocatoria (o di che altro lo animi), ritengo che, se sono i valori etici, umani, a muovere i nostri discorsi (le azioni individuali delle persone dietro gli pseudonimi e del virtuale, non sono visibili, quindi conoscibili), allora bisogna anche accettare le comparazioni, i raffronti tra i valori (cagnolino o bambino, montagna o topolino, se si pone l’aut aut), le verifiche e i confronti sugli operati, la scala etica delle grandezze per cui ci si mobilita. Non credo ci siano compartimenti stagni, ma il discorso etico può centrarsi, a seconda delle contingenze, su un determinato obiettivo, ma rapportandolo sempre all’insieme, all’uomo, alla vita.
macondo, volevo dire che si fa anche ciò che ci troviamo a dover affrontare e indicare il barbone solo perché qui si parla di un’altra questione mi sembra voler sempre spostarsi. George Brassens faceva le lodi (non riesco a ricordare in quale delle sue canzoni) di quell’uomo che per evitare un gatto andava fuori strada e credo anche morisse, ma non era importante questo, quanto lo slancio generoso naturale che era ciò che volevo sottolineare. Delle volte accontentiamoci di questo slancio e non chiediamoci cosa frenare in nome di distinguo che delle volte possono essere posti semplicemente il giorno dopo senza dover pensare di metterli in contrasto e in opposizione.
al kitsch non si sottae nè questo post nè le vostre fanfaronate di dubbio gusto.
parlate di silenzio e di rispetto e poi continuate a parlare e a non rispettare un beneamato cazzo.
non so, forse la musica diceva tutto, senza bisogno di commenti.
sarebbe stato bello, finalmente l’ascolto.
intanto sto commentando il mio non voler commentare
e infrango il mio desiderio di non voler esternare…
Una cosa è il doveroso silenzio sul dramma personale della famiglia, altra invece le parole di sdegno per la strumentalizzazione politica che ne è stata fatta. Questa seconda cosa mi interessa commentare, perché riguarda la società civile e i valori etici di ciascuno.
anche a me interessa molto commentare la “seconda cosa”.
credo che questa donna sia diventata suo malgrado un simbolo.
se fossimo già in una società civile non saremmo mai arrivati a queste bassezze madiatiche e la famiglia avrebbe fatto le sue scelte senza doversi accollare anche la “coscienza” dell’italietta ipocrita e bigotta imboccata da chiesa e tv.
spero in una discussione meno di pancia e più ragionata quando il carrozzone avrà spento i riflettori.
@lucia cossu
l’intento è sempre diverso, il risultato è sempre lo stesso: giocare di rimessa, stare al gioco di chi ha voluto fare di questa storia un falso problema e usarlo in tutti i modi possibili, purché rigorosamente impropri: abbiamo abboccato tutti, me compreso.
in vaticano gongolano: sono riusciti a far scendere tutti sul loro terreno.
il nano è soddisfatto: ha forzato le regole un po’ di più, poi ha ritirato la mano, come al solito.
e noi tutti a dire: ciao eluana, riposa in pace.
hanno ragione krauspenhaar e stalker, mi spiace dell’inutile rumore
Aggiungo: fra l’altro uno Bach se lo era sempre ascoltato tranquillo quando gli pareva dal proprio giradischi…
Persino mettere un’aria di Bach come commiato a chi ha patito questo calvario e questo scempio, è rientrare nel kitsch, nella lacrima collettiva mediatica pacificata, falsa e falsificante, che distoglie dai clandestini che cercano di ammazzarsi a Lampedusa o vanno denunciati dai medici, dai barboni sotto casa, dalla crisi economica, e da quant’altro? E’ stare comunque dentro allo schema presposto dall’alleanza Chiesa-governo?
In parte è così, lo ammetto. Ma se non esiste una vita vera in quella falsa, io so di aver provato un dolore che mi pare vero, mi pare mio, mi pare condiviso con molti altri, e l’esigenza di un gesto simbolico di pietà. Quella che sembra morta. Quella che a dirla col Foscolo accompagna la morte degli uomini “dal dì che nozze e tribunali e are/ diero alle umane belve di esser pietose/ di se stesse e d’altrui…”.
E’ di questo – tra le altre cose – che il caso Englaro è diventato simbolo e, pur consapevole (io e gli altri indiani che non a caso abbiamo dato rilevanza anche al pezzo di Rovelli) che proprio questa sua costruita portata simbolica serve a coprire altro, non me la sono sentita di non prenderne atto e non rispondere. In questo post non c’è nessun “riposa in pace” o “ciao”, ma non è questo il punto. Credo che dal rischio kitsch cmq non le ne esce. Anche con le pagine nere, col sobrio – se poi è vero- “fare silenzio”. Io sono più per le lacrime, persino il pianto scomposto, che per educata antiretorica del lutto.
La ragione umana, anche senza il pungolo della semplice vanità dell’omniscenza è perpetuamente sospinta da un proprio bisogno verso
quei problemi che non possono in nessun modo essere risolti da un uso empirico della ragione. E così, una qualche metafisica negli uomini è sempre esistita e sempre esisterà….appena che la ragione si innalzi alla speculazione.
Sono felice che finalmente sia stata data pace a questa povera ragazza.
Ho scritto un’articolo riassuntivo sul CASO ELUANA ENGLARO, vi invito a leggerlo e a commentarlo.