La dismissione

di Fabio Orecchini

Paragrafo I






LAMINE ROVINE
                                                                            
























Ho studiato il flusso dei venti.

Aghi ovunque

*


I.  Polvere


“Obliterazione dello spazio pleurico
e conseguente blocco polmonare
nel caso richiede intervento demolitivo”.


Cavità sierose anche gli occhi
tubi ricurvi e conati 
modelli di modelli         
                            bocche, 
forma nell’ incavo
                            guaina 
mastica cavi .  







Madama Eternit sorseggia un caffé in cucina
mio padre che fuma e indurisce ancora
come grezza materia estrattiva
mia madre la scava coi denti
lo respira.

*






II. Rovine
7:02 a.m. - Stabilimento Fincantieri 

Nella nebbia più gelida 
 la morte  liquida
 gli alberi muti  immuni 
 tramano autunni [oltre la carreggiata]                                               
 tra le righe d’asfalto
                           asfodeli
 sfogliano i rami,
 del moto apparente della morte
                      non resta che rame, 
                     sterminato   fogliame.  
                                                         
Dall'ovario infero un calice subnullo 
 il frutto una bacca carnosa e rossa 
                          monospermica          
                                          cade
 e non c'è nulla che possa fermare 
                                      la sirena
 risuona  nel tempo
             come     lamina     ondula
pochi minuti forse un'ora
                                       la trave                         
                                           cede 
  e non c'è nulla che possa fermare 

   la [ri]produzione dell'ovvio        
                         l'abitudine al male   


                                                                                                                                                                                                           
III.   La Gru o L’ironia dei contenuti




Disseppellite ossa

mucchi di gessi

tra i resti container

feretri e asbesti,

fonoassorbenti

lastre d’alluminio

senza documenti.





Nella terra si scava senza sosta


si sprofonda 

*

Paragrafo II   





 
CORPI DISSEPOLTI




























                                    Nel padre






























Acqua nella pancia.



*



[lumi di fumi catarri  


le nuvole sparse            ] 



nella polvere

l’aversi 

in un maalox sublinguale

nel colpo della tosse  

nella tosse
 
nel mentre
 
nel verso delle mani,
 

dall'occhi precipitano    cataratte 

come ortensie giù dai davanzali




“Ancora quella mosca”.








II.  Termodispersione


fibrilla – ma non una scheggia di luce -
la vita nei giorni dimenticati e anche 
il mattino di siepi pare grinzare - fraintende
 le foglie nel loro restringersi- come in attesa
del tempo 
non v'è traccia

filamenta, nell'erba
un sospiro di gigli potenziali
le tue mani le forbici tagliare
incidere radici sradicare fusti sradicare 
- la coscienza dell'autunno 
il primo giorno di primavera -
equinozio
questo nostro silenzio

lamina
rugiada allungata il tuo sguardo
l'artiglia la solca la terra 
il mio io - l'umido terrestre - 

goccia dopo goccia il primo sole
le lacrime il sudore quel silenzio

le mosche cercano gli occhi sempre gli occhi,
l'iride. 








III.   RSU


Rifiuti Solidi Urbani anche i soliti discorsi
riverso nel tuo incubo in vita
pasticche, sieri, bromici preparati
liquidi che ingurgiti vergogna
che sversi nella manica della vestaglia.
 
Morfina nel latte scremature di noi,
i ricordi sapranno lenire gli ultimi giorni ?

Quali ricordi. Gesti residui. Anch'essi inevitabilmente
contaminati.







































19 COMMENTS

  1. Questi versi hanno sostanza minerala,
    preziosa,
    entra nella mente

    “Un sospiro di gili potenziali”
    riposo, fiore, eventualmente,
    come poesia, bellezza potenziala,
    li dove non si aspetta

    in questo verso anche
    “Acqua nella pancia”
    Acqua del antenascita,
    spogliare l’essere
    per creare una poesia do ossatura,
    si vede attraverso.

    Hi studiato il flusso dei venti
    la conoscenza maggiora
    del centro del movimento
    il grande fiume
    del corpo.

    Ho molto amato.

  2. Grazie Veronique,
    hai compreso il “verso dei versi”,le dicotomie fondamentali che si sgretolano, la bellezza, la mineralità preziosa dei versi che stride con la tragicità della storia raccontata, della trama che scorre – la dismissione degli affetti famigliari, la dismissione del comparto industriale, il corpo che cola sui bicchieri sporchi da lavare, la polvere d’amianto in cucina, sulla tovaglia, in lavatrice, sui panni stesi ad asciugare, aghi ovunque..

  3. grazie veronique,
    la mineralità della bellezza che corrode, che sgretola i corpi. credo tu abbia colto il “verso dei versi”, la direzione del vento: la dismissione degli affetti, dei corpi, del comparto industriale, delle memorie individuali e storiche. aghi ovunque, nei versi, nelle polveri affilate dell’amianto in sospensione, nell’aria, sui bicchieri sporchi da lavare, la lavatrice infetta, nei panni stesi ad asciugare; la “trama” narrata che cola dai versi, penetra corpi inermi, trasparenti .

  4. questa è la mia prima pubblicazione su NI – ecco qualche notizia in più su di me….

    Fabio Orecchini (Roma, 1981), poeta e video-maker, dopo essersi laureato in Antropologia culturale presso l’Università La Sapienza di Roma (tesi sperimentale sulla concezione di corpo, malessere e malattia tra i sans papiers della città di Roma in collaborazione con Medici senza frontiere)- , ha intrapreso un cammino di ricerca nell’ambito del cinema, della videoarte e della poesia. Nel 2008, insieme a Alessandro Dionisi e Marco Vitale ha fondato l’Associazione Culturale e webTv “Meddle TV” (http://www.meddle.tv), in seno alla quale è nato Alive Poetry, un progetto di documentazione video dedicato ai poeti contemporanei, in particolare giovani, realizzando opere-video con Giuliano Mesa, Luigi Nacci, Lidia Riviello, Dome Bulfaro, Giulio Marzaioli, Laura Pugno, Ensemble Duale, Elisa Davoglio. Recentissima una video-intervista al poeta Elio Pagliarani. Questi lavori sono stati presentati in alcuni festival italiani (Mediterranea – TorinoPoesia- RomaPoesia – Poetry Vision – PoesiaPresente).

    Co-Direttore artistico dell’Ass.Cult. “Beba do Samba” (http://www.bebadosamba.it ), music club romano, attivo da anni nella promozione della musica dal vivo e dell’arte in ogni sua forma.
    Coordinatore della redazione romana della rivista-romanzo Argo (http://www.argonline.it) ; ha scritto in passato per la rivista Bibenda e la Guida Duemilavini in qualità di degustatore e giornalista enogastronomico. Suoi testi e poesie sono apparsi in riviste, libri concepts, antologie, blog e siti letterari.
    Il poemetto Dismissione, di cui viene proposto un estratto, sarà pubblicato nel mese di Settembre 2009 per i tipi di Edizioni Polìmata (di Massimiliano Matarazzo, Roma) in EX[T]RATIONE, Collana di materiali verbali, a cura di Sara Davidovics e Ivan Schiavone.

  5. @ Fabio Orecchini.

    È molto interessante, nella forbice che va da «spazio pleurico» a «contaminati», il modo in cui viene resa questa dismissione-in-asfissia. Certe liquidità e sospensioni che intossicano anche il sistema linguistico e alle quali la forma aperta e insieme necessitata del poemetto si presta alla perfezione. Mi piacerebbe leggerne altri estratti, e aspetto con curiosità l’uscita settembrina del libro.

    Buon lavoro intanto, e un saluto.

  6. Il riciclo del materiale di risulta (e non solo), che leggo fra queste trame ordite di Orecchini, configge la carta con sagacia, denota una completa padronanza sulle materie trattate, che non astrae il ‘fibrocemento’, dal
    senso etico della contemporaneità e che si fa portavoce del disagio e della denuncia: una ‘dismissione’ che ansima e respira… seppure con ausilio di morfina

    meteosès

  7. Grazie per la bella risposta e trovo un cammino per meglio conoscere il poeta.
    Vita giovane, ma già ben realizzata.
    Aspetto altre letture.

  8. ho visto iniziare questa dismissione e ora la trovo a uno stadio molto avanzato:

    e non c’è nulla che possa fermare
    la [ri]produzione dell’ovvio
    l’abitudine al male

    un leopardi passato per la catena di montaggio: volponi?

    l’esperimento non era semplice: matematica dell’urlo, geometria dello strazio, ma in certi accordi mi sembra ancora che la musica si perda.

    Rifiuti Solidi Urbani anche i soliti discorsi [questo verso suona]
    riverso nel tuo incubo in vita [questo no: “nel tuo incubo in vita” non suona, forse per l’incompatibilità inc / inv]
    pasticche, sieri, bromici preparati [“bromici preparati” neanche, forse una questione di accenti]

    de la musique avant toute chose: a una poesia che rinuncia alle regole del discorso comune servono ritmo e musicalità, consustanziali certo, non estrinsechi (come invece spesso accade in tanta nostra poesia “automatica”) al senso.
    una musica corrosiva, con molte consonanze, ma anche liquida, tutta v e l, e perché no, minerale, come suggerisce véronique: un cristallo musicale, ecco fabio, un cristallo minerale!
    penso a rebora e govoni.

  9. @fabio

    (ti do del tu perché hai la mia età) sono dei gran bei testi, che non cadono in una facile invocazione dello squallore e del macabro. Apprezzo anche l’attenta ricerca sulla sonorità, sull’origine carnale dei fonemi (ha volte ho la sensazione che i suoni pendano nella gola come stalagmiti, vabbé…)

    Qualche incertezza, mi pare, tipo:

    Madama Eternit sorseggia un caffé in cucina
    mio padre che fuma e indurisce ancora
    come grezza materia estrattiva
    mia madre la scava coi denti
    lo respira.

    bella stanza ma “lo respira” mi sembra inutile.

    “monospermica”, “subnullo” : ne abbiamo davvero bisogno?

  10. Parlare di poesia non aiuta la poesia, e di questo sono pienamente convinto. Parlare a chi legge, invece, è un atto quasi dovuto, specie nei confronti di chi, per la prima volta, si avvicina ad un testo che ha molto da dire e, con coraggio, accetta la sfida di addentrarsi nel microcosmo fondato sulle sue pagine per raccoglierne i piccoli tesori nascosti.
    Esiste, ormai, tutta una serie di presupposti linguistici e sociali che permettono di vivere l’esperienza di un’opera passando direttamente attraverso il suo autore, senza la necessità di ripulire reperti polverosi, innalzando ipotesi su pensieri espliciti evidenti o su significati nascosti tra le righe, tra le parole, nelle parole. Disquisire su qualcosa che vive di per sé a chi giova? a cosa giova? (questo è particolarmente vero nel caso in cui ci si trovi ad esplorare componimenti ancora giovani, liberi dallo strato di polvere che ricopre produzioni più datate). A che pro leggere queste righe, dunque? semplice: esistono casi sporadici (pochi, ma di livello) in cui il quid letterario diventa particolarmente peculiare e adatto a palati più avvezzi a determinati canoni di gusto; in questi casi diventa utile offrire al lettore una lente d’ingrandimento che lo aiuti a godere al meglio non solo dei contenuti dell’opera in questione, ma della loro forma espressiva che, per quanto se ne possa dire, non è mera tecnica, ma abnegazione nei confronti di un risultato. Esprimere un pensiero è qualcosa alla portata di tutti, esprimerlo in modo tale da farlo arrivare esattamente per come è nato, molto meno. Poesia non è dire qualcosa e mandarla a capo a casaccio: il verso non si scrive, ma si compone.
    La Dismissione raccoglie in sé un’allettante quantità di strati di lettura, in ognuno dei quali ogni parola pesa come un macigno intelligente, mirato a colpire bersagli precisi della corteccia cerebrale, oscillando nelle anse più anguste del metalinguaggio. Il timbro e il ritmo si fanno verbo, le parole si sublimano nella sonorità; ci si trova di fronte melodie senza musica in cui le vibrazioni nascono dal concetto e su di esso fanno eco, rimbalzano, riverberano e si dissolvono di schianto, sdrucciolando e polverizzandosi come Eternit (con effetti similari), generando un impianto stilistico profondamente neo[n]estetico, sia per il lessico che per la sintassi, sia per i temi coinvolti che per il modus narrandi.
    Si dimentichi la foresta di simboli, la percezione e la rielaborazione: in queste pagine domina la crudezza del significato e dell’uso che se ne fa, nient’altro. Nessun trabocchetto sinestetico (a meno di non voler considerare la sinestesia nella sua accezione più strettamente psicologica). Se il corpo diventa corpo[razione], lo fa per estroflessione naturale e non per chissà quale lambiccamento, se il [colla[ge]ne] attua linguisticamente l’equivalente della fusione a freddo, lo fa per realizzare fisicamente l’accostamento di tasselli mentali scorrevoli, a scomparsa, e non [solo] per stuzzicare curiosi accostamenti semiotici. È la lingua che si adegua al mondo che descrive, rinascendo dalle sue stesse ceneri e schivando i Rifiuti Solidi Urbani che la circondano. Unica tecnica possibile: Voltare Pagina, fino a raggiungere una Deflagrazione Interiore di struttura inquietantemente sindònica.
    Ma meglio non andare oltre, almeno per ora.
    Semplicemente.
    Voltate pagina.

  11. @Fabio Teti

    caro fabio, grazie per il commento, interessante la tua lettura in asfissia..
    c’è un “tossire”, fisico e linguistico, sintattico e semantico, un rovinare, un cadere continuo – ma allo stesso tempo mi interessava molto la dimensione liquida, di un “galleggiare” quasi, una sospensione storica ed esistenziale, acqua nei polmoni..

    grazie ancora, è sempre una bellissima sensazione, sentire ciò che passa, dove, nel lettore, si vanno a depositare i versi..

    a presto
    Fabio

  12. @Valerio

    vale, [iloveyou4volponi] – mi sembra interessante tornare al tema della musicalità e del testo – come rispondevo già a Teti, “l’acqua nei polmoni” può essere una chiave di lettura, anche per le tue/mie ….
    certamente è la narrazione simbolica e reale della malattia, delle persone affette da mesotelioma..ma è anche un tossire, un vomitare – linguistico, fonetico? anche..

    in certi casi “i suoni pendono nella gola come stalagmiti” (dice Galimberti) – alcuni versi tattili, avevano bisogno di altri suoni, rumori..

    grazie, ti rispondo con più calma più tardi, devo scappare!!

    fabio

  13. @ Fabio Orecchini

    (e continuo anch’io col ‘tu’, come si conviene tra un ’85 e un ’81).

    Ti ringrazio della risposta, e ripalleggio una domanda: ho scovato un file della Dismissione su Absolute Poetry: considerato che la pubblicazione non è lontana, m’interesserebbe sapere quanto quella versione sia prossima a quella che approderà in stampa. Perché, a fronte di modifiche importanti, aspetterei allora, per la lettura, la lezione definitiva (che comunque ne avrò con l’università almeno sino a Luglio). Devo dire poi che, anche ad un’occhiata cursoria, specie rispetto alle deformazioni grafiche createsi qui nella colonna di NI, trovo assai calzante quanto dice più su Bitetto: «il [colla[ge]ne] attua linguisticamente l’equivalente della fusione a freddo, lo fa per realizzare fisicamente l’accostamento di tasselli mentali scorrevoli, a scomparsa, e non [solo] per stuzzicare curiosi accostamenti semiotici». Specie per la sezione “II – Rovine”, con quella rottura del principio di segmentazione versale e galleggiamento (proprio da piombi raffreddati, o assi di naufragio) sulla pagina che mi ricorda, con qualche differenza, le ‘linee’ di Florinda Fusco. Sarebbe interessante – anche posta la malattia come base diciamo ontologica e in un certo senso causale della morfologia di questa organismo linguistico – tu ci parlassi un poco, se ne hai il tempo, delle motivazioni/intenzioni che stanno dietro all’evidente sincretismo formale e strutturale del poemetto. Per evitare infine l’encomio a tutto campo, ch’è credo dannoso, faccio mie, in parte, le perplessità espresse da Galimberti (al quale, approfitto dell’occasione, devo fare i complimenti per “La placca adriatica impattò”). Ma ti sei, ad ogni modo, guadagnato un lettore (per quel che vale: questo lettore, dico).

    Un saluto

  14. Impressionato dalle date di nascita esibite dall’autore e dai colloquianti in questo trhead. Ammirato per le capacità espressive e compositive del poeta e dalle competenze critiche dei commentatori, avevo deciso prudentemente di starne fuori.

    Largo ai giovani che sono più bravi di noi. Facciamo silenzio.

    Ma gli antenati reclamano sempre di essere riconosciuti, ricordati. E spesso la funzione dei vecchi si riduce a questo. Proporre una verifica delle ascendenze.

    La pongo come domanda a Fabio Orecchini: si tratta di un rapporto diretto, o è soltanto deriva?

    Sono, queste, solo suggestioni di un vecchio lettore che colora il presente con i suoi ricordi?

    1964. Antonio Pizzuto scriveva in appendice a “Paginette”:

    “”Raccontare è proporsi di rappresentare un’azione, cioè uno svolgimento di fatti, ma, anziché rappresentarli, il racconto in ultima analisi li documenta. Personaggi, eventi, dati psicologici, tutto si va pietrificando via via che lo si racconta. La narrazione vince l’assurdo di tradurre l’azione in rappresentazione poiché riconosce che il fatto è un’astrazione [rispetto al flusso vitale]. Se i personaggi raccontati sono dei documenti, i personaggi narrati sono dei testimoni, la rappresentazione non è più offerta ab extra, come una planimetria sottoposta al lettore, ma scaturisce intuitivamente da ciò che legge, con una compartecipazione attiva”.

    da: Gianfranco Contini, Letteratura dell’Italia unita 1861-1968, Sansoni 1969.

  15. Quisquilie, queste anagrafiche. Da quanto ho visto frequentando NI, i tuoi (continuo col “tu”) commenti – come le impressionanti citazioni che spesso proponi – sono sempre tra i/le migliori. Poi sul vettore Contini-Pizzuto, solo da sbrodolare ammirazione. Vediamo cosa ne pensa l’autore.

  16. Bravissimo Fabio. Gran bella prova! C’è ottima sensibilità poetica, una naturale propensione a “cavar poesia” da quadri urbani da post catastrofe. Leggendo, potentemente riaffioravano in me le atmosfere di The Atrocity Exhibition ,letto in inglese, di Ballard (morto di recente), i suoi procedimenti narrativi, fatti di flussi di immagini con flashes sequenza molto brevi. Nei tuoi brani questo è ottimizzato all’ennessima potenza, e non poteva essere altrimenti, dato il “medium” formale. Davvero ti faccio i miei complimenti,: finalmente, c’è tutta la lezione delle avanguardie e neoavanguardie senza gli inevitabili “gnagnà” teorici di scuola, sensibilità che si fonda con una liricità contenutissima e antiretorica. Un miracolo.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ha pubblicato uno studio di teoria del romanzo L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo (2003) e la raccolta di saggi La confusione è ancella della menzogna per l’editore digitale Quintadicopertina (2012). Ha scritto saggi di teoria e critica letteraria, due libri di prose per La Camera Verde (Prati / Pelouses, 2007 e Quando Kubrick inventò la fantascienza, 2011) e sette libri di poesia, l’ultimo dei quali, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, è apparso in edizione italiana (Italic Pequod, 2013), francese (NOUS, 2013) e inglese (Patrician Press, 2017). Nel 2016, ha pubblicato per Ponte alle Grazie il suo primo romanzo, Parigi è un desiderio (Premio Bridge 2017). Nella collana “Autoriale”, curata da Biagio Cepollaro, è uscita Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016 (Dot.Com Press, 2017). Ha curato l’antologia del poeta francese Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008 (Metauro, 2009). È uno dei membri fondatori del blog letterario Nazione Indiana. È nel comitato di redazione di alfabeta2. È il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.