Note per una PhenomeNoilogy: II parte

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”Permettetemi di essere il teppista che sono, signori vivi a sbafo, vivi inutilmente… e tu che ti permetti?… Vieni fuori dallo studio, vieni a dirmelo in faccia cosa hai detto”. ”Vieni fuori che facciamo un po’ di letteratura con le mani…”. ”La mia è un’invettiva, ossia l’unica letteratura che in questo momento io sento di fare”. ”Parlo al plurale a un singolare stronzo
perche’ se ne risentano in parecchi”. ”Con te ci vediamo fuori perche’ io sono un teppista e vado fiero della tua imbecillita”’.

Lettera di Pasquale Panella indirizzata a Gianni Boncompagni e pubblicata su Repubblica (11 Settembre 1998)
Replica di Boncompagni: ”Che antipatico!”.

Bueno Noy Bueno, ovvero per una teoria del double bind applicata al pop

Diciamo subito che la forza del Pop si esprime attraverso l’identificazione a un gruppo rispetto all’altro, con l’esplicitarsi di un’appartenenza a una visione del mondo, a un orizzonte che immediatamente si contrappone a un altro, suo alter Nos, in una dialettica che potremmo definire neo bizantina. Il riferimento storico va ovviamente al celebre Ippodromo di Costantinopoli in cui, per il prestigio che aveva- poteva ospitare dai 30.000 ai 50.000 spettatori- si acclamava l’Imperatore ma soprattutto dove il pubblico si divideva in demi (fazioni), inizialmente quattro poi diventate due, gli Azzurri (conservatori) e i Verdi (progressisti). Qualcosa di simile a quanto accaduto alle nostre città più importanti in cui si dividono stadio e pubblico due squadre, con un’attribuzione non sempre chiara seppure accertata da fatti storici incontrovertibili al punto che se la cosa appare semplice in alcuni casi (vd tifosi della Lazio di destra, quella della Roma di sinistra) in altri sembra più difficile l’attribuzione come nel caso della Juve e del Toro o delle stesse Milan e Inter i cui presidenti sembrano esprimere idee differenti dalle proprie tifoserie.

Nel Pop (e qui si intenda la categoria più vasta di cultura ovvero comprensiva anche di generi considerati altri dal pop come la musica Rock, il pensiero filosofico, usi e costumi delle società contemporanee) vediamo come, da una quarantina d’anni a questa parte, ogni nuovo fenomeno, politico o musicale si presenta al pubblico con una doppia anima, ovvero da una parte quella buona e dall’altra quella cattiva. Così negli anni sessanta si decideva per i Beatles o per i Rolling Stones secondo iconografie più simili a un fermo immagine– ma le immagini non se ne stanno mai ferme!- che non a rappresentazioni in divenire seguendo l’evoluzione o involuzione delle storie dei singoli gruppi. Al pari di una perenne Marilyn eternamente sospesa sulla griglia e il soffio d’aria della metropolitana, le due formazioni appaiono (immagini prese pari pari da wikipedia) così:
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Immagine Uno

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Immagine Due.

Gli sporchi e cattivi Rolling Stones si contrapponevano ai puliti Beatles a prescindere dalle origini, borghesi quelle degli Stones e proletarie del quartetto di Liverpool, o dalla “ricerca”, sicuramente più sperimentale e avanguardistica quella di Lennon e compagni, come quando elaborarono uno dei primi concept album della storia del Pop, ovvero Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. La maggiore pericolosità (cattiveria) dei Beatles è peraltro testimoniabile dai boicotti subiti sia nella storia del gruppo che nei destini delle singole carriere, con il tragico epilogo dell’omicidio di John Lennon. ma esistono altri innumerevoli esempi di questo tipo. Nel pieno boom del Reggae giamaicano, per esempio, il pubblico ancora una volta doveva decidere se abbracciare la chitarra dell’azzurro Bob Marley o afferrare la (verde) canna di Peter Tosh. Al di là della fascinazione subita dagli Stones verso questo interprete così oltre le righe, tanto nella vita privata, costellata di arresti e vere e proprie torture da parte del potere, quanto nella creazione linguistica avendo inventato una poetica che tanto sarebbe piaciuta alla banda di André Breton , e che consisteva nel condensare, diramare, trasformare parole attingendo ad ogni tipo di gergo possibile.
“Buckingham” che diventa “Buk-In-Hamm”, “Christopher Columbus” “Christ-t’ief Come-rob-us”, “City” vs “Shitty”,”Marco Polo” in “Marc O. Polio”, “Prime Ministers”Crime Ministers”.

Una contrapposizione, quella tra Bob Marley e Peter Tosh che ricorda molto un’altra, ben anteriore, tra Martin Luther King e Malcom X, con quest’ultimo a fare la parte del puro e duro rispetto al pacifista, dunque buonista, pastore di Atlanta.
A volte alla cattiveria corrisponde una maggiore incomprensione da parte del pubblico ed ecco che tanto più si è genialmente cattivi e incompresi, quanto più il “Noi” che si affilia ai loosers sarà ancora più Noi di quegli altri che si sa sono sempre buoni a saltare sul carro dei vincitori.

Pop up
In Italia allora, come altrove, sembra che si debba cedere al ricatto, e decidere (decedere) come rispondere a chi ti dice, Noi, (e intanto pensa a Voi) del primo Wittgenstein, quello del Tractatus, Marx si ma quello delle “Grundrisse”, gruppo 63, vabbè però Spatola e Porta, certo non Sanguineti, amnistia per gli anni di piombo, ovviamente sì, però evidente per Adriano Sofri certo non per Cesare Battisti, Libero (il giornale) uno schifo ma le pagine culturali poi non sono male, Mina (Beatles) Patti Pravo (Stones), Piero Ciampi (Peter Tosh)o Gino Paoli (Bob Marley)?, Repubblica (Milan) Corriere (Inter), Vino Rosso (Guelfi)? Vino Bianco (Ghibellini)?. Poeti sperimentali (Verdi) e Giallisti (Azzurri).
Mah! o Bah! Fra o tra? Lucio Battisti, sì, ma quale? Io dico questo.

Facile a dirsi, no? Infatti te (ve) lo dico.

3 COMMENTS

  1. Mi sembra molto interessante l’idea di doppia anima, è rifletto del pubblico ma anche del gioco che alimenta l’artista o il gruppo di pop con la sua immagine.

    Ma credo che la doppia anima che fa scegliere un campo, non vale.
    La doppia anima è dentro ciascuno artista. Per esempio, Marylin Monroe
    è la ragazza raggiante nel sept ans de réflexion, ma anche la donna madre nella rivière sans retour ( che è il mio film preferito con les désaxés), e anche la giovane divorziata triste nell’anima, piena d’ansia nel Montana, comossa davanti i mustangs

    E il pubblico che sbaglia attribuendo una parte del campo ben definito.

    Finalmente l’incertezza è molto più feconda: non sapere dovere trovare il suo posto. Una parte di me amo I Rollings Stone, un altra i Beatles …

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francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017