francesco forlaniVive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo.
Opere pubblicate
Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia)
Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni)
Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma
Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011
Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012
Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni)
Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina
La classe, Edizioni Quintadicopertina
Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014
Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione)
Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017
Bello, un carillon alla Pessoa
Una domanda per Andrea Raos, se non disturba: questo testo precede/è parallelo/o segue le (gli) Api?
Con complimenti. Splendido.
E’ una tristezza
di fado
non c’è porto
per l’anima
assillo del tempo.
Tu sei li, Andrea,
in una magnifica poesia.
La poesia di Maria Sole
svela l’alba morta dei vecchi
dedicata alla terra
che assorbisce.
L’immagine di Effeffe ha la malinconia
di una spiaggia
dove una scarpa annega nell’arena.
Ciao Fabio, l’ho scritta tra mercoledì e venerdì scorsi, in tram. Rileggendola mi sembra che tiri troppo sul patetico (l’anima…), ma ormai è fatta. Comunque grazie.
due bei lavori.
quella di Raos è cruda e vera, forse patetico non è corretto come aggettivo, almeno per me.
Grazie per la risposta, Andrea (e: li conosco quei tram…).
Avevo letto l’intervista di Inglese sul penultimo verri, e per quello mi incuriosiva la questione cronologica, insomma il ”dopo-api”. Ergo apprendo con piacere.
Un caro saluto,
Fabio
un tram nommè dèsir
merci Raos
effeffe
nella poesia di Andrea non ci trovo niente di patetico, ma la tristezza lirica e esistenziale del no mans land che può essere un tram, con l’anima (che se è vero come dicono alcuni, circonda il corpo) alle strette, e tanta voglia di sbagliare fermata, e la sonorità dei versi meravigliosa e triste. bellissima.
Tristezza e Bellezza. Altro passo a due d’incomparabile “fare” poetico umanissimo.
@ Mariasol: “La terra
è un canto adulto.”
Quanta verità in questa chiusa che avrei voluto scrivere io!
E tu, Andrea, la segui in questo canto vulnerabile, mentre “Gli anni passati si chiudono qui.” Qui e ora.
Piu’ Raos per tutti!
“E che sarà?”
“E che sarà mai?”
“Sarà mai?”
“Sarà ora.”
Un applauso e un abbracio più forte dell’applauso alla mia nipotina mariasole elos.