In memoria di Simone Cattaneo
[Come m’ha scritto attonito, via email, Flavio Santi, “in questi giorni è successa una cosa assurda: Simone Cattaneo, giovane poeta, ha deciso di andarsene”. Abbiamo deciso perciò, per ricordarlo, di pubblicare qui su NI un articolo di Flavio uscito tempo addietro su “Il Riformista” e poi, a seguire, alcune poesie di Simone. G.B.]
La carriera del poeta
di Flavio Santi
Strana la carriera del poeta. Strana soprattutto in Italia. Prendete ad es. uno come Simone Cattaneo. In Inghilterra o in America sarebbe una star, un poeta conteso da reading e salotti buoni, programmi tivù e seminari universitari. Che è quello che succede ai suoi colleghi Armitage – con cui condivide fra l’altro lo stesso nome – , Paul Muldoon e soci. Quello che voglio dire è che Cattaneo fa una poesia al vetriolo, tra il sociale e il vuoto per dirla con i Baustelle, amatissima all’estero. Cattaneo è il nostro Armitage (per dimostrare questa tesi una volta ho fatto uno scherzo tremendo a un critico: gli ho passato un gruzzolo di poesie di Cattaneo spacciandole per primizie di Armitage. Non vi dico l’entusiasmo dell’illustre studioso per quegli “inediti”…).
C’è un piccolo problema (tale in Italia, no di certo all’estero): Cattaneo è come la sua poesia, franco e schietto, non fa la corte a nessun potente di turno, critico e poeta, lui pensa a vivere e a scrivere. Ma nel nostro bel paese questo significa una sola cosa: isolarsi. Per questo Cattaneo non è ancora valutato come merita. Lo vedete nelle antologie che contano? Ai festival di tendenza? No. No, perché – sembrerebbe un paradosso, ma è così – Cattaneo pensa a scrivere, e non a – prendo in prestito la brutalità del suo linguaggio – leccare il culo. Si fa presto a esibirsi in impeccabili analisi testuali, retoriche e stilistiche – chi non ne è capace? –, quando invece il problema è a monte, ed è di natura morale (e dunque molto più arduo): come essere in grado di compiere scelte di qualità e non di interesse. Non dico sempre (siamo esseri umani, suvvia, peccatori ed esposti al richiamo delle sirene), ma almeno nella maggior parte dei casi. Per fare un esempio: se Thomas Pynchon vivesse in Italia, con lo stile di vita che conduce, sarebbe inedito e dimenticato. Qua in Italia per avere un minimo di riscontro bisogna pensare al come, non al cosa. Crearsi una rete di rapporti, costruirsi una figura pubblica, e poi su quelle basi innestare tutto il resto – che in una concezione normale di arte sarebbe invece il dato primario. Bisogna ripensare i modi di fruizione dell’arte: il marchio, il brand sta diventando una presenza troppo ingombrante anche in questo campo. Così facendo il rischio principale è di oscurare autori di indubbio valore ma dalla vita sociale “normale” e non compromessa a qualcuno o qualcosa. In cambio, si sa, abbiamo autori deboli ma presenzialisti (l’elenco è chilometrico, per non fare torto a nessuno applico il teorema di Sturgeon: il 90% di tutto è spazzatura. Funziona benissimo anche in letteratura italiana).
Del resto l’Italia che emerge dalle poesie di Cattaneo è proprio un’Italia di questo tipo: meschina, approfittatrice, paracula, senza dignità, votata al più bieco compromesso. Ma Cattaneo non odia quest’Italia; a suo modo la ama. Di un amore struggente e autodistruttivo, poco lenitivo e molto disperante. Come scrive Pasolini: “Questa è l’Italia, e / non è questa l’Italia: insieme / la preistoria e la storia che / in essa sono convivano, se / la luce è frutto di un buio seme”. Cattaneo racconta la storia di un paese perso e smarrito. Al tracollo morale e culturale.
*
Poesie di Simone Cattaneo
Made in Italy
Non mi importa niente dei bambini del Burchina Faso che muoiono di fame,
non ne voglio sapere delle mine antiuomo,
se si scannassero tutti a vicenda sarei contento.
Voglio solo salute,soldi e belle fighe. Giovani belle fighe, è chiaro.
Che gli appestati restino appestati, i malati siano malati e
i bastardi che vivono in un polmone d’ acciaio
fondano come formaggio in un forno a microonde. Voglio bei vestiti,
una bella casa e tanta bella figa. Buttiamo gli spastici giù dalle rupi,
strappiamo fegato e reni ai figli della strada
ma datemi una Mercedes nera con i vetri affumicati.
Niente piani per la salvaguardia delle risorse energetiche planetarie
vorrei solo scopare quelle belle liceali che sfilano tutti i sabato pomeriggio
con la bandiera della pace. Non ho soldi e la botta è finita.
Ma sono un uomo rapace, per le vacanze pasquali
quindici milioni di italiani andranno in ferie lasciando
le loro comode case vuote.
Alla fine non sono razzista. Bianchi, neri, gialli e rossi
non mi interessano un granché.
*
Mi sono svegliato di colpo e ho visto le finestre aperte della camera da letto
e un’aria densa e grigia che mi faceva tremare dalla testa ai piedi.
La mia ragazza ucraina nuda sul davanzale mi indica il confondersi
senza retorica della luna con il sole attraversato
da un lampo d’aeroplano schiacciato.
L’avrei voluta strangolare sul posto con la cintura dei pantaloni
se solo li avessi avuti addosso. Quindi le ho chiesto gentilmente di chiudere
le finestre e di tornare a letto per un ultimo chiarimento.
Due giorni dopo l’ho prestata al mio migliore amico in cambio
di tre prime linee di Versace e di un aperitivo al bar.
Perchè l’amicizia è sempre l’amicizia.
*
Troppo bello per essere un pugile,
troppo brutto per fare il magnaccia
camminavo nel centro di Buccinasco
senza lavoro e inzuppato di grano
aspettando l’ora dell’aperitivo
quando mi sale la voglia di farmi fare le carte dalla vecchia strega del quartiere.
In realtà i suoi tarocchi non sono altro che
pezzi di bibite strappati a dentate ma alla fine ci si arrangia con quel che si può.
Rifilato un carico da venti alla vecchia le chiedo brutale
quando morirò, lei mi sorride e risponde presto a ventisette compiuti.
La informo dei miei ventinove e la mia anziana strega di Buccinasco mi
conforta dicendomi, vedi allora sei un uomo fortunato.
I soldi migliori spesi negli ultimi dieci anni.
*
Si è tagliata le vene e ha disegnato con il sangue
sul muro che costeggia il mio palazzo dei dolci gabbiani d’amore.
Non è servito l’intervento di pulizia del comune, un po’ di pioggia
nella notte ha cancellato tutto. Chi fosse questa strana tipa
non si è voluto mai sapere, aveva solo una specie di ponteggio
che le reggeva il mento. Sarà stata una grave malattia dal decorso fulminante.
Certo è che novizi, discepoli e santoni
portano tutti gli stessi cognomi
contraggono il viso ed è un omicidio,
credono nell’ospitalità di un’unica soluzione,
una sola dimensione, una fatale emarginazione.
*
Non luogo a procedere.
Guardo dalla finestra di casa lo scheletro di una lavatrice
partorire sotto i platani del viale una nidiata di conigli elettrici,
alzo la testa e vedo un soffitto di stagno rosso arancio
sbilanciarsi in avanti con rumori assordanti, cammino rasente i muri
con la paura di inciampare nel materasso di lana arrotolato e
fracassarmi di nuovo la clavicola.
Vorrei che qualcuno mi picchiasse sulla schiena con degli asciugamani bagnati
e mi scaricasse fra le macchine abbandonate in zone isolate.
*
Simone Cattaneo (1974 – 2009). Sue poesie sono state pubblicate su “Atelier”, “La clessidra”, “Hebenon”, “ Poesia”, “Letture”, “Graphie”, “Tratti” e “Clandestino”. E’ stato incluso nel testo curato da Giuliano Ladolfi, L’opera comune. Antologia di poeti nati negli anni settanta (Atelier, 1999). Suoi testi, con una presentazione di Roberto Roversi, sono presenti nell’antologia Dieci poeti italiani (Pendragon, 2002), a cura di Maurizio Clementi. È stato incluso in Lavori di scavo. Antologia dei poeti nati negli anni ‘70 (Antologia web di Railibro, 2004) e in 100 Poesie di odio e di invettiva a cura di Antonio Veneziani (Coniglio Editore, 2007). Il suo primo libro di poesia, Nome e soprannome, è stato edito nel 2001 nella collana di poesia della casa editrice Atelier.
Bella poesia, poesia narrativa, d’invettiva, non gridata e non retorica, ma tutta nel testo dei “parlanti” che “si fanno” sulla carta, un po’ alla maniera dell’antologia di Spoon River di Lee Masters. Contrariamente a quello, però, non c’è ( e giustamente) il senso nostalgico e desolato dei morti che “parlano” retoricamente al lettore-vivente. Almeno dai testi presentati, qui la forza è tutta nell’antiretorica della rappresentazione a tutto tondo di personaggi- mostri, emblemi di ciò che pullula negli ambienti urbani , nelle periferie del postcapitalismo, “from under”. Nessun artificio retorico; ritmo e stile sono tutti nella rappresentazione, nello “sparire” della voce del poeta-narratore:pefetto esempio di mitopoiesi o di “mise en abime” senza nulla concedere al narcisismo o all’interferenza del poeta /autore (a proposito di modi” del dire poetico, a proposito del “rappresentare”, giusto per riandare a un post relativo a una poesia di Francesca Genti: diversi stili, d’accordo, ma qui si vede cosa vuol dire “rappresentare e far parlare un personaggio, anche in poesia, sparendo, non lasciando intravedere la “funzione di regia” del poeta/narratore: quando ciò riesce, allora il “testo” ha raggiunto lo scopo, ha un suo perfetto equilibrio, al di là della forma chiusa (rima, metro) o aperta (verso libero).
Davvero bravo, Cattaneo. Non lo conoscevo. Che peccato che abbia “scelto” di andarsene! Che spreco, quanto ancora avrebbe potuto dare, esprimere!
Grazie a GB e a F.Santi per averlo ricordato. Pubblicate ancora sui testi.
grazie a Biondillo e Santi, V.
gran bella poesia, autenticamente sporca, vera … leggendola mi è tornato in mente Eros Alesi e questi sui versi, quasi un epitaffio:
O cara. O padrona morte. O serenissima morte. O invocata morte. O paurosa morte. O indecifrabile morte. O strana morte. O viva la morte. O morte che è morte. Morte che mette un punto a questa saetta vibrante.
Ho avuto la possibilità, e a questo punto devo specificare: la fortuna, di leggere le poesie di Simone Cattaneo, in carta e su monitor, in diverse occasioni.
Pensavo questo: per ogni Simone che decide di togliere il disturbo, quanti altri Simone continuano a scrivere nell’ombra, sotto terra, in una sospensione di silenzio e solitudine patite, non volute?
Credo che il prezzo pagato da Simone sia troppo alto, che l’inflazione verbale cui siamo sottoposti non sia più incolpevole, a questo punto.
Per Salvatore (e per chiunque volesse leggerne ancora):
Alcune altre poesie di Simone Cattaneo si trovano anche qui e qui , oppure sul numero della rivista del Primo amore intitolato “La fabbrica della cattiveria” ( questo).
Un poeta se ne va e il cielo si adombra. I versi di Simone Cattaneo hanno il colore del nostro mondo, dolore senza consolazione, il sublime
no si vede più, solo la poesia ha il graffiare del pensiero, l’ultimo senso
della disperazione.
Un poeta se ne va, senza consolazione.
Grazie a Gianni Biondillo per l’omaggio. La voce di Simone Cattaneo
ha raggiunto il nostro cuore, non si è persa.
Il destino tragico di un giovane poeta dice molto della nostra tragedia.
Prima o poi arriverà il momento in cui bisognerà rendere conto (e rendersi conto) di tutta l’intelligenza, la sensibilità, l’arte… dissipata in questo nostro tempo… Sarà forse l’unico modo per non arrenderci alla più totale e disperante ottusità…
Grazie. Sì, forse sarebbe il caso, se possibile, di pubblicare altri suoi testi.
sono testi potentissimi
sferzanti che frustano ovunque la luce
il posto più profondo dentro di me
cattaneo era la voce più disperatamente poetica del suo tempo
resterà a lungo molto a lungo impressa tra il cielo e il catrame
un cuore da ammirare per sempre
un grandissimo poeta
c.
e grazie,di cuore a Gianni Biondillo per aver riproposto il testo di Santi e ricordato simone
c.
tu,
sciore ‘e campagna;
tu,
vita e ‘sta vita,
‘e sapè,
ca ‘e poeta
so’ fatte accussì.
‘e poeta songo comme
‘e ccriature.
rideno e chiagnenno
dint’o stesso mumento;
po’
pe’ ll’emozione
‘e nu pallone ca
vola, o pe’
ll’arraggia
‘e n’essere umana
ca more’ pe’ famme,
si pisciano sotto,
accussì…
comme e quanno tu vide
‘o cielo chin’e stelle.
‘e poete chisto so’:
‘na pampuglia
ca s’abbrucia
dint’a nniente.
‘o poeta,
è comm’a ll’acqua:
si pierd’o mumento,
te sciulie d’e mmane.
e,
aument’a sete:
‘e poeta songo
dduje surze r’acqua.
Mi dispiace. Lo avevo visto a Riccione anni fa per un festival della poesia. Avevo chiesto proprio a lui se quella sera c’era anche Giuseppe Cornacchia.
belle poesie. molto vero e viscerale il testo di santi, che sono sicuro troverà moltissimi estimatori tra gli stessi leccatori di culo di cui parla, perché nessuno si sente un leccatore di culo o sa di esserlo. anche quelli che lo sono e che agli occhi degli altri appaiono tali, si troveranno senz’altro d’accordo con il testo di santi e lo giudicheranno importante.
gran bei testi autentici duri, disperati, senza autocompiacimento..non lo conoscevo…peccato. condivido in tutto il giudizio di Salvatore D’Angelo.
mi associo ai complimenti. poeta tra i più interessanti dell sua generazione. oserei quasi dire che quella di cattaneo è una morte sul lavoro.
Conoscevo qualcosa dei testi e già allora mi avevano colpito.
Adesso ancora di più. Mi dispiace.
francesco t.
secondo me invece non sarebbe mai diventato “qualcuno” neanche leccando culi perchè la sua poesia non è la poesia media che piace all’italiano medio, e non parlo neanche di mercato intendiamoci. se poi si tratta di rimanere sempre nell’alveo dei quattro critici che pontificano di libri e non li conosce nessuno quello è un altro discorso. mi viene da pensare al finto borges di cui parlava ieri garufi sul suo blog e che diceva pressapoco che io ho vissuto male i miei ottant’anni ma se avessi potuto tornare indietro mi sarei goduto di più il gelato e le passeggiate e i bei tramonti ecc… poesia diffusissima in rete, più del borges originale, e che piace perchè è di quelle che mentre ti parlano del loro disperato male di vivere subito te ne offrono, edificatamente, il verso… quello piace, e cattaneo non era così, cattaneo se ne stava tranquillo a sguazzare nel suo male e non contemplava nemmeno la possibilità di un verso, già il recto è pure troppo: anche se “già la prendo nel recto, avrebbe detto lui, aggiungiamoci anche il verso allora” con quella sua ironia così acre a volte, quel suo compiacimento per situazioni spesso al limite del masochismo, dello squallore morale, del cinismo più puro e ancora di più duro, in quanto totalmente suo, sincero, e si sente! quello era il suo mondo e in quanto tale inaccetabile oggi a chi chiede solo un mutuo e una famiglia stile i cesaroni e gli immigrati fuori dai coglioni e non nel mio letto o domani in quello del mio amico (perchè l’amicizia è sempre amicizia). no sono convinto, cattaneo sarebbe stato rifiutato comunque. magari adesso che è morto verrà riesumato e impagliato a futura memoria dei posteri come vero esempio di grande poeta maledetto italiano, alla stessa stregua di dario bellezza, victor cavallo o o la mia conterranea claudia ruggeri, e gli faranno una bella antologia e i ragazzi punk-a-fashion impareranno i suoi versi e li copieranno sui diari o sui muri della stazione e miglior fine non poteva fare, secondo me. meglio che venire dimenticato per sempre.
posso dirlo? aveva una gran bella faccia da schiaffi. :)
Ho un ricordo chiaro di Simone, in almeno due occasioni. La prima risale a qualche anno fa: eravamo a Firenze per un incontro organizzato dalla rivista Atelier. Ci capitò la stessa camera d’albergo, una tripla (c’era un terzo poeta con noi di cui al momento non ricordo il nome, mi pare fosse Brullo). Camminammo insieme, di sera, in direzione dell’albergo percorrendo il Lungarno, poi, a un certo punto, lui sparì dal gruppo. Lo ritrovai in camera, a lamentarsi per non so cosa. Scherzava per delle medicine. Aveva un forte senso dell’umorismo e una forte auto-ironia e lo trovavo molto divertente e un pò buffo. E nascondeva un qualcosa di dolente il suo modo di stare in mezzo agli altri, ma senza pose o ipocrisia: un ragazzo autentico insomma. Mi era simpatico a pelle, forse perchè come me era originario del sud (la Calabria). La seconda occasione d’incontro fu Riccione, nel 2007. Ricordo che parlammo del sud, delle sue estati in vacanza e della sua adolescenza simile alla mia.
Anche lì lo ritrovai con quella vena dolente e in fuga da qualcosa. Mi pare che nella sua poesia, che conosco poco (perché sono un pigro), questi elementi si percepiscano. Ma ho idea che il suo lavoro fosse genuino, senza inganni. Caro Simone, non mi resta che abbracciarti forte. L.N.
io simone non lo conoscevo: c’eravamo incrociati qualche volta, intorno ai vent’anni, su un campetto di calcetto oratoriale. mi era rimasto il ricordo di un “mastino” il cui credo era “o palla o caviglia fa lo stesso”. picchiava quasi con cattiveria e non aveva paura di scatenare risse, sembrava quasi le cercasse. poi l’ho rivisto un paio d’anni fa – trascorsi almeno una decina d’anni – che faticava come me tra le macchine di una palestra, e mi ha riconosciuto; solito scambio di ricordi, solito scambio di numeri di cellulari “che noi stiamo ancora giocando”, gli dico” e se abbiamo bisogno di qualcuno dai che ti chiamo” . ovviamente poi di nuovo silenzio, fino a venerdì mattina, quando mi dicono “ti ricordi mone, stanotte s’è buttato dal balcone”, e scopro sulla rete che era un poeta crudo e brutale, voce delle nostre miserie; e ho pianto. io simone proprio non lo conoscevo.
sottoscrivo parola per parola antonio lillo. brutta cosa, o forse soltanto peccato d’ignoranza: ho saputo che c’era stato questo bravissimo poeta quando era già morto.
versi bellissimi, molto poco “italiani”, strappati dalle viscere. parlare di “morte sul lavoro” (come dice arminio) mi sembra un’esagerazione. si muore perchè si vive, semplicemente (spesso perchè si vive male).
gran bella poesia, autenticamente sporca, vera … leggendola mi è tornato in mente Eros Alesi e questi sui versi, quasi un epitaffio:
O cara. O padrona morte. O serenissima morte. O invocata morte. O paurosa morte. O indecifrabile morte. O strana morte. O viva la morte. O morte che è morte. Morte che mette un punto a questa saetta vibrante.
Potente. In questo l’isolamento aiuta.
Anch’io, purtroppo, lo leggo solo ora.
Perfetta l’analisi di Flavio Santi. In Italia, se pensi solo a scrvere e a vivere, abiti in un mondo separato. Ti leggono pochi eletti.
.. mah..
capisco perfettamente il punto di vista di lillo, però attenzione a non scivolare – senza volerlo- nel cinismo o, peggio, nel “mito” in sedicesimi (che orrore pensare ai punk – a- fashion che trascrivono nel diario le poesie di Cattaneo… come se fossero i testi di un eminem di maniera … ma che , scherziamo!). Si farebbe un torto a questa bella,potente e tragica poesia, che non ha nulla per stimolare la trascrizione nei diarietti. Non conosco Cattaneo come persona e non lo conoscevo come poeta. Quanto alla persona, non c’ è che da rimanere in silenzio d fronte a un gesto così radicale, di cui ignoro tutto. Ma dietro alla scelta di morte c’è sempre un dolore e una sofferenza inenarrabili, uno sconforto inaccettabile. Di ciò va preso atto, e – per favore, ( e so che questa non è l’intenzione di lillo, ci mancherebbe!) evitiamo di contribuire a creare piccoli miti da “poeta maledetto”. Come poeta, invece, queste poesie di SC sono di una forza e di una potenza espressiva straordinarie! Era da tanto che non vedevo “vivere” sulla carta personaggi così forti e tragici nella loro mostruosa inconsapevolezza e , in quanto tali, così perfetti e credibili. Una potenza della “rappresentazione” davvero notevoli: l’autore scompare totalmente e il suo “punto di vista – commento” (amarissimo, tragico) è tutto nella “vita fittizia” dei personaggi proposti, taglienti, essenziali, ridondanti, ma di una ridondanza che colpisce come un pugno allo stomaco. Essi “dicono” più e meglio di qualsiasi saggio sociologico. Ho solo voglia di andare a leggermi quanto prima i due libri sin qui pubblicati da Simone Cattaneo (Made in Italy e quello del 2001, se non sbaglio. Grazie a Sergio Baratto per aver fornito utilissime informazioni. )Ma non come riflesso condizionato pubblicitario al suo suicidio, semplicemente perchè i suoi personaggi mi hanno davvero toccato “forte” e ho sentito il colpo, per usare un termine pugilistico. Avrei fatto lo stesso se mi fossi imbattuto “prima” in questi testi, Simone vivente, e – scusate la retorica- sarebbe stato meglio e più bello. Ora perdiamo un poeta che avrebbe avuto ancora tano, tantissimo da dire e da esprimere.
Ad ogni modo, onore e pietà per l’uomo.
PS Certo, ci sarebbe da discutere ancora una volta dei “modi” di far conoscere tutte le possibili voci poetiche, ma non mi sembra il caso né la circostanza, ora. Ma poi, siamo sicuri che il gesto di S.C. abbia a che fare con questo? Non è fargli un torto? Non lo so, non so davvero.
oviamente quello “sconforto inaccettabile” va inteso come “insopportabile”. E in quanto tale inaccettabile.
L’analisi di Santi è perfetta, anche secondo me.
Sono una sciagurata io, che lo leggo solo ora.
“poco italiani”, questi versi, ho letto.
Mah! …come se non fosse uno spaccato preciso – CHIRURGICO – di questa Italia – quello che leggo dentro, intorno e in culo a questi versi, così come avrebbe detto, forse, lui.
Forse il problema è che per molti, la contemporaneità, è soltanto una cornice.
Non me ne vogliate.
Ciao, Simone Cattaneo.
Grazie per la possibilità di questo saluto.
il blog di atelier parla di incidente stradale.
ho seguito il lavoro di simone in silenzio come una malattia fin dai suoi esordi da nome e soprannome
e franz ha individuato perfettamente la forza della poesia di simone .
qui:”versi bellissimi, molto poco “italiani”, strappati dalle viscere.”
lo conoscevo attrraverso le sue parole
delle quali sono perdutamente e per sempre rapito
c.
Si non può essere suicidio
suicidarsi è la cosa più inutile
che possa fare un poeta
per se stesso
rimane però la cosa più utile
che può fare
per il suo editore.
trovo molto carino che salvatore d’angelo esprima il suo punto di vista cercando in tutti i modi di non offendermi, e infatti non mi offende mai :) però vorrei dire che non ci trovo nulla di male (e non è cinismo il mio) che un ragazzino si copi le poesie di cattaneo nel diario proprio come una canzone di eminem, anzi, ma magari lo facessero e lo facessero tutti! io a 17 anni mi copiavo i testi di lou reed accanto a rimbaud e lorca e non mi hanno fatto male né hanno svilito il mio gusto, mi pare, né credo che la cosa potesse offendere un cattaneo (o un qualche altro poeta).
io credo con tutto me stesso che se c’è una possibilità che la poesia possa continuare a vivere, che un poeta non rimanga inascoltato, sia proprio quella di fare in modo che i ragazzi ritornino a sentire questa cazzo di poesia come vitale presente e non estranea al loro mondo, se non altro come espressione di un sentimento comune, generazionale, proprio come oggi riesce a fare la musica pop, pur con tutte le sue contraddizioni.
se poi la poesia di cattaneo come dice francesca pellegrino sia o no uno spaccato d’italia questo non so dirlo: io vivo in provincia e con la provincia quella poesia non c’entra nulla, zero assoluto. non so con la città e quale città in particolare.
infine vorrei dire che di cosa sia morto cattaneo o dei motivi della cosa
non mi frega assolutamente niente. però le sue poesie sono belle davvero e se l’editore si arricchisce vendendo (come ben dice ares) sono anche contento.
Trovo il commento di Ares straordinariamente intempestivo.
!
sono soltanto basito
Gianluca
“Lo vedete nelle antologie che contano? Ai festival di tendenza?”
Ma, è passato in Atelier come molti dei poeti della sua generazione. Poi a Riccione. Insomma, sembrerebbe un giovane poeta come tanti, quanto a percorso. Sti grandi festival di tendenza quali sarebbero? Magari ce ne fossero.
Sulle poesie non mi esprimo. Sono forti, certo, ma anche acerbe.
Quanto a Santi, ha il pregio di aver parlato bene di un poeta da vivo. In Italia, si muore dalla voglia di parlare bene di poeti, una volta che sono morti.
@Biond..
Sono stato un po’ indelicato e cinico?.. mah ..si, ha ragione!
ma se conosco i poeti come Cattaneo, che AFFOLLANO gli scantinati popolari o i parcheggi isolati dell’interland più torbido del milanese e si dedicano nelle ore tardo serali al sociale dopo una giornata in fabbrica e ogni tanto scrivono poesie e magari le cantano o le leggono in pubblico nei luoghi più impensabili, come nelle vecchie fornaci in dissesto, meraviglioso esempio di archeologia industriale,bè, loro, avrebbero sputato in faccia a tutta questa celebrazione post mortem.
Buona giornata va!!
Il cinismo è una buona terapia dell’anima e un antidoto all’ipocrisia di questi tempi d’immobilismo intelletuale.
Sì. troppo triste per farne commenti che servono a dire, per esempio quanto NON esista da tempo più, una comunità letteraria, né civile..
Ma non direbbe niente di nuovo su di lui, e sui versi bellissimi.
Certo, quando Forlani invia, elegia più che invettiva, il testo su Esenin, ne rende conto. . dall’amico Majakovskij (“E così ve ne siete andati all’altro mondo..” etc). si resta soltanto più abbandonati di prima.
maria Pia Quintavalla
Poesia stupenda, soprattutto nei primi versi, dove il suo grido è totale, tale da buttare al macero anche l’estetica.
Ma in italia la scrittura non è un mestiere. Perché il nostro paese è così: non rifiuta nulla, fagocita tutto. Finché questo tutto scompare.
Tante parole arrabbiate a cosa servono? Qualcuno dirà in futuro che è stato un artista, che val la pena leggerlo proprio perché ha detto 1001 verità, ecc. ecc. E poi, tanto per dirla alla Simone, torneremo a scopare.
Ares, il tuo commento, secondo me, era fuori luogo perché hai deciso tu (al di là del fatto che la persona in questione fosse un poeta) che cosa fosse o dovesse essere “utile” o “inutile” per questa persona, quando è evidente che essa abbia deciso da sé (se fosse vero il suo suicidio, non so, perché qualcuno ha parlato di incidente) che cosa fosse “utile” per sé. Quindi hai emesso un giudizio “inutile”.
I poeti (intendilo nel senso più ampio del termine)
sono gli unici
individui
che non possono
permettersi
di farlo.
Io
invece
che
non lo sono
posso
permettermelo
..
posso permettermi di EMETTERE qualsiasi inutilità.
.. come te daltronde
ma leggo che questo già lo sai.
In cambio, si sa, abbiamo autori deboli ma presenzialisti (l’elenco è chilometrico, per non fare torto a nessuno applico il teorema di Sturgeon: il 90% di tutto è spazzatura. Funziona benissimo anche in letteratura italiana).
Quello che non funziona è che i cialtroni siano sempre gli altri.
Interessanti, queste poesie, ho fatto bene a farmi un giro qui.
[1974-2009: suona bene. Quasi quasi ci faccio un pensierino].
E dalle, n’antra volta. Provo a tradurre l’ulteriore “emissione” d’inutilità di Ares? Provo:
Ares ha deciso che i poeti (nel senso più ampio del termine: che non significa nulla, naturalmente) che si suicidano “non possono permettersi di farlo”, mentre tutti gli altri possono anche farlo: ne hanno il suo permesso, fors’anche il suo incitamento, chissà, giacché, poverini, non sono poeti.
PS:
Ah, scusami Ares se non mi metto nella categoria dei non-poeti che potranno ben suicidarsi senza nemmeno informarti, data la loro inutilità, ma si dà il caso che io sia poeta (nel senso più ampio del termine, ci mancherebbe…): ovviamente se dovessi decidere di suicidarmi, ti chiamerò tempestivamente per chiederti il permesso di farlo.
Prima ancora che dispiacere per la scomparsa di un poeta, dolore per il suicidio di un ragazzo.
“Il cinismo è una buona terapia dell’anima e un antidoto all’ipocrisia di questi tempi d’immobilismo intellettuale”
Errore, perché a mio parere il cinismo in questo paese è di massa: spande cinismo verso tutto e tutti la maggioranza (sempre meno) silenziosa che ama Berlusconi e la Lega anche quando non vota per motivi estetici; spandono cinismo le classi dirigenti e le élites culturali dei paginoni di Repubblica e di molti programmi di Raitre. Spandono cinismo tutti coloro che cercano una giustificazione per una condotta individualista ed egoista; spandono cinismo ed affermano, in cattiva fede, che è qualcosa di liberatorio ed originale, contro-corrente, qualcosa che rompe la diffusa ipocrisia buonista (altra forma di cinismo, che quindi non viene minimamente intaccata dal cinismo che vorrebbe negarla). Spandere cinismo: un modo accettabile di scatenare i propri peggiori istinti.
la modalità binaria “scrivere” o “leccare il culo” mi sembra una trionfante idiozia.
dunque, al di là della circostanza umana et poetica, inutile leggere il resto.
… semplicemente allibito dal cinismo e dal cattivo gusto del signore che mi precede. Non c’è limite all’insipienza umana.
Roberto
@Fiorentina
hai distorto i miei commenti in un modo mirabilmente superficiale..
..pensavo di essere l’unico commentatore mediocre di questo blog;
se sei una poetessa come affermi, hai limiti interpretativi preoccupanti, attenzione che non si riperquotano sulla tua indole poetica. °-°
Ben poche cose puo’ permettere un poeta, men che meno quella di essere mediocre.
Comunque avvisami se intendi suicidarti, un tentativo al ravvedimento non si nega a nessuno, neanche ai poeti minori ^__-
Gli errori ortorafici come “riperquotono” anzichè “ripercuotono”.. non fanno che riconfermare la mediocrità sello scrivente.. sia chiaro!!
l’antipoeta °-°
E poi cosa continuate ad insistere.. non si è suicidato .. è incidente d’auto.
@Improduttivo
Quel che vedi intorno a te è la deterioramento del pensiero cinico: è cattiveria, egocentrismo politico e livore intelletuale, nulla a che fare con il cinismo etico a cui mi riferivo. °_^
p.s. Fiorentina perché te la prendi solo con me e non con anfiosso? (scusami anf. , lo so sono un infame ^__^)
dio mio ma state zitti
Deus ex machina
E in fondo le parole non hanno peso
sono solo un compromesso fra pietre e nubi,
un vapore brillante che ti lega a sé
come un torrente d’acciaio in fonderia
che gli occhi non devono vedere
per non lasciarsi consumare
dalla rabbia del rame.
S.C.
Simone..
abbiamo frequentato il primo anno di liceo assieme…Con il tuo cappotto alla all’inglese assolutamente fuori moda..Io ero un nano, tu un gigante…Ma ci stavamo simpatici…E ricordo ancora la tua maglietta con quella frase da te scritta ” I’m so bored with USA “… Avevi 15 anni ma eri già incazzato di brutto… già scrivevi cose ..ma cose pesanti tipo ” Sono il cane che rovista nella spazzatura…” ..Volevi che te le mettessi in musica, ma la tua rabbia era troppa per me.. Poi un giorno una professoressa ti ha ripreso malamente, e tu all’intervallo sei uscito di classe, di scuola, e te ne sei andato….E non sei più tornato.. Ci siamo incrociati qualche volta negli anni…due chiacchere ma niente di più…Ho letto quello che scrivevi..La stessa rabbia di 20 anni fà…
Ciao Simone…
di vivo o di morto, le poesie sono buone… sono poesie che valgono il tempo di leggerle, e questo non è poco. certo, si riflette tragicamente sul sesno di queste attenzioni, di questi complimenti…se uno che scriveva queste cose e con questa forza ha chiuso, qualche motivo serio ci deve essere….è su questo che mi verrebbe da riflettere.
sottoscrivo i 2 interventi diversamente belli di cdm e di forlani. e fa pensare, bisogna ammettere, anche la definiozione di arminio: morte sul lavoro…
Un uomo di trentacinque anni che si suicida è un grido d’accusa contro il resto del mondo, poeta o non poeta…
Ma Simone era anche un poeta, uno grazie alla cui disperazione noi potevamo vedere più chiaramente la realtà, questa realtà (ometto qualsiasi aggettivo, ognuno vi aggiunga il suo) in cui, volenti o nolenti, stiamo affogando….
Chi ricorda Vittorio Reta?
NO!, simone prima di tutto era un poeta che, guarda caso era anche un ragazzo, è morto un poeta, che vi entri bene nel cervello !!.. UN POETA!!!.
Adesso che raccolgo l’acqua
e mangio un po’ per scherzo
mi accorgo che la mattina sgomita
dove sgomito io,
sciami di schiuma finché c’è profumo d’asfalto
la sera fondendo i nostri soldi
lamiere e martelli (già lucidati)
per il lavoro della mattina
S.C.
Ho conosciuto Simone. E’ passato in una giornata di ottobre. Avevo recensito il suo primo libro bellissimo e intenso. Abbiamo parlato una volta, una volta soltanto. La sua poesia mi ha parlato con l’intensità di chi non passa e qui ancora mi resta la sua ironia, il suo muoversi alto, il suo stare ovunque, ora.
Lampade al sodio guaste sul pavimento della cucina
e intorno al mio corpo macchie d’olio che sembrano vermi
gli occhi lucidi come bigiotteria e
una specie di bitume che sigilla il cielo del Mediterraneo,
mentre parlo sempre con le braccia tese davanti a me
come per spingere via un corpo assente.
S.C.
Non sarebbe giusto coprire di pietismo commemorativo, di commenti in Memoriam, l’autore di una poesia studiata, calibrata, di tale provocatorieta’, che della pieta’ evidentemente si faceva un baffo, del buonismo e del progressismo borghese, che altro scopo non ha se non l’autoapologesi, la difesa e celebrazione della propria miseria e miopia. Dunque non lo faccio. erminia
La morte chiude tutti i poeti veri in una luce intangibile. E’ il momento in cui tutti ricordano qualcosa e, magari, anche, di non aver trovato le parole giuste o il momento più pertinente per cercare un’amicizia o approfondirla, sulla scorta dei primi dati raccolti a pelle. Adesso è troppo tardi. O, forse, non è mai tardi se restano i versi che, nei poeti veri, sono incancellabili e serenamente vivi oltre il buio. Mi rammarico di non aver avuto modo di conoscere Cattaneo, ma sono felice per lui della sua poesia, che resterà.
Non lo conoscevo. Ho letto la notizia su Atelier. Incredibile. Ora sto leggendo i suoi versi. Non è possibile morire così. Mi viene naturale pensare ad Antonia Pozzi.