Autismi 12 – Il mio primo ministro
di Giacomo Sartori
Fin da marmocchio il mio primo ministro aveva la passione delle compere. Non solo figurine e barrette di cioccolato, tutto. Se per esempio andava a casa di un amichetto a giocare al Monopoli, gioco che si è rivelato fondamentale per la sua formazione intellettuale e umana, prima o poi batteva con le nocche sui muri e chiedeva: “è in vendita?”. Poi adocchiava la radio, la televisione ancora non c’era, e chiedeva: “è in vendita?”. E quando incrociava una qualsiasi sorellina con le gambette nude domandava: “quanto costa? È libera per questa sera? Fate uno sconto?”. Idem a scuola, voleva sempre comprare il secchione che gli passava i temi di latino, l’asino simpatico che faceva le belle battute, la squadra avversaria di pallavolo, qualche volta perfino le professoresse. “Se vai avanti così finirai per comprarti tutto il paese!”, gli diceva suo nonno, che era un gran visionario.
Il mio primo ministro la mattina non legge i quotidiani come fanno gli altri governanti e gli uomini politici. Lui li compra. Per intenderci: invece che dal giornalaio va dal notaio, e compra tutto il giornale. Una volta che l’ha comprato ci fa scrivere sopra quello che piace a lui, così non perde tempo a leggerlo. I giornali che per qualche motivo non riesce a comprare li denuncia per tutte le castronerie e le calunnie che sparano fuori, gelosi in realtà di non essere stati comprati a loro volta.
Stessa cosa con le televisioni. Per lui comprarsi una televisione non vuol dire comprarsi l’apparecchio da mettere in salotto, vuol dire comprarsi tutto, dall’edificio con sopra le antenne fino ai mezzibusti che ci sono dentro, includendo anche le signorine che esibiscono le scollature arrapanti e le coscione. Con la differenza che con le televisioni è convinto di fare un affare molto più vantaggioso, perché se dovesse comprarsi tutti i telespettatori individualmente perderebbe un sacco di tempo, e spenderebbe un patrimonio. Così invece lui ha la sua bella televisione, e gli spettatori quando ci sono le elezioni votano per lui, contenti degli arrapamenti e di tutto il resto. Due piccioni con una fava. Se proprio una televisione non riesce a comprarsela, per esempio perché è statale, compra chi ci sta dentro. Quei pochi che si ostinano a non farsi comprare li accusa di essere contro la proprietà privata, vale a dire dei comunisti, e li fa chiudere negli stanzini delle scope.
Del resto anche quando vuole comprarsi un album di fumetti da leggere finisce sempre per comprarsi con le buone o con le cattive tutta la casa editrice. Perché sa bene che se poi per qualche ragione si comprasse un altro album della stessa casa editrice, e poi un altro ancora, tenendo conto degli interessi e di tutto il resto, finirebbe in realtà per spendere di più. È una questione di economia di scala. E poi così loro gli mandano tanti libri a casa, e lui si rende conto di prima persona di quanti libri inutili, o addirittura dannosi, si pubblichino oggigiorno.
Il mio primo ministro, forse proprio per tutto lo shopping che fa, occupazione che notoriamente rende un po’ euforici, è sempre sorridente. Questo è molto importante: fanno cadere le braccia quei governanti che si scoraggiano perché l’economia batte un po’ la fiacca, o per qualche punto percentuale in più o in meno di disoccupati, o per un pugno di aspiranti immigrati che non sanno tanto nuotare. Come dice lui stesso per forza le cose vanno male, se tutti sono così pessimisti. E figuriamoci se il capitano di una nave si mettesse a lagnarsi un giorno sì e uno no che c’è la possibilità molto concreta di affondare. Il ruolo del primo ministro è quello di infondere fiducia a palate, che diamine. Ti tiri subito su di morale se vedi che il tuo primo ministro fa un bel sorriso furbacchione, mostra dei bei denti sani.
Il mio primo ministro ha tanti capelli. È bello che il proprio primo ministro non abbia un pedissequo capoccione pelato, una di quelle cocuzze impiegatizie che deprimerebbe qualsiasi festicciola mondana. Da’ anche questo fiducia. Insomma tanti, tantini. Le malelingue comuniste dicono che ognuno gli è costato un occhio della testa, ma naturalmente sono solo invidiosi della sua apparenza sempre più giovanile, e sotto sotto vorrebbero nazionalizzare anche tutte le sue cliniche di bellezza. Del resto è come quando entri dal meccanico con un’auto di classe ma un po’ logoratina, se ti fai spianare le rughe tanto vale far mettere anche i capelli e aggiungere un qualche millimetro di statura.
Il mio primo ministro s’è letto tutti i fumetti e s’è visto tutti i cartoni animati che trovava sull’argomento, e quindi ha capito cos’è il vero pericolo. Ha capito che dopo il crollo del muro di Berlino il fuoco è solo sopito, ma può ripartire da un momento all’altro. Ha capito che non c’è niente di più pericoloso delle ceneri che sembrano spente, che nascondono infingardi bagliori rossi. Sa che i comunisti sono ancora vivi e vegeti, aspettano solo il momento per sfilare da sotto il letto la falce e il martello e ridurre sul lastrico gli onesti imprenditori. Sa che sono solo travestiti da paciosi giornalisti, magari stranieri, da procuratori, da professori universitari, da parlamentari, da pescivendoli, da scrittori, da precari, e che quello a cui mirano è cercare di nazionalizzare le sue amate televisioni, i suoi amati giornali, le sue prostitute.
Il mio primo ministro è perseguitato dagli invidiosi e dai cospiratori comunisti, i quali spacciano per interesse privato le sue generose battaglie politiche, e continuano a invischiarlo in rogne giudiziarie di tutti i tipi. Lui però è un volpone, e invece degli avvocati paga direttamente i giudici. È un sistema che andrebbe generalizzato, perché fa risparmiare un sacco di parole inutili, e in definitiva una montagna di soldi. E finalmente i tempi della giustizia si accorcerebbero un attimino. Certo però ancora meglio sarebbe che ogni calunniatore fosse condannato lui alla pena massima prevista dal codice penale per il reato a cui si riferisce la denuncia. E allora ha fatto proporre una legge in questo senso. Valida per lui, per il secondo ministro, il terzo e perfino il quarto. Così non si sente solo.
Il mio primo ministro ama la gioventù, ragione per la quale ha un sacco di amichette. Loro gli sorridono e lo chiamano “Papi”, e lui gli racconta le storielle e gli fa dei bei regalini. Delle collanine, dei viaggetti in aerei con i piloti vestiti tutto di verde – colore perfettamente adatto alla loro età – delle mutandine colorate. Le più belline, o anche solo quelle con le gambette più slanciate, le compra, e le affida ai suoi sottoposti delle televisioni perché abbiano un’educazione all’altezza delle sue aspettative. Quelle più grandicelle le inserisce invece nelle sue liste elettorali. Spesso e volentieri finisce per affezionarsi anche ai genitori, perché in fondo è un gran sentimentalone, e allora compra anche quelli.
Il mio primo ministro, ma questo non ha niente a che fare, un giorno è andato in farmacia, e ha detto che voleva comprarsi il viagra. Il farmacista, che sotto sotto era un po’ comunista, gli ha ribattuto che ci voleva la ricetta medica. Lui s’è messo a urlare che solo i comunisti potevano essere tanto perversi da imporre la ricetta medica anche per comprarsi il brevetto di una medicina. Era furente, voleva che il farmacista fosse arrestato e venisse condannato per associazione sovversiva. Insomma, ha finito per comprarsene solo due autotreni.
Il mio primo ministro racconta delle barzellette che ti fanno piegare in due dal ridere. Purtroppo vista la sua carica non può però sfoderare quelle sui carabinieri, che sarebbero le sue preferite. E allora si rifà con quelle sugli omosessuali e sugli ebrei, che sono pur sempre molto spassose. Lui ce l’ha nel sangue, l’umorismo. Un umorismo raffinato, che tradisce a ogni parola le sue insigni radici umanistiche. Gli uomini di stato degli altri paesi, e soprattutto le donne di stato, sono talmente invidiosi che appena lui tira fuori una battuta lo guardano in cagnesco, o anche fanno finta di non aver sentito. Lui però non se la prende più di tanto, perché ha un buon carattere, e ride da solo.
Il mio primo ministro è convinto che le discussioni siano solo una gran perdita di tempo, e in definitiva di soldi. Nel suo partito invece di stare lì tanto a ciarlare si limita a dare degli ordini, e tutti li applicano pari-pari. È un sistema che funziona alla meraviglia: rapido, efficiente, sicuro, economico. E se proprio proprio qualche noiosone si ostina a non capire che lui agisce sempre nell’interesse generale taglia corto: “quanto vuoi?”. “Nel tempo che si spende a convincere certi personaggi, ce se li è già comprati dieci volte!”, dice sempre. Adesso vorrebbe applicare lo stesso sistema anche al parlamento. Tanto per cominciare vorrebbe chiamarlo con un nome più appropriato, e senza risonanze eversive, per esempio tacimento. O anche filadrittomento
Il mio primo ministro non abita in una casupola mezza cadente, come per esempio quel pezzente del primo ministro inglese. Lui abita nelle sue VILLE, che sono numerose e tutte lussuosissime, e ubicate in contrade amenissime. È difficile non pensare al Monopoli, che resta pur sempre uno dei suoi riferimenti teorici e filosofici prediletti. Nelle sue VILLE invita sempre un mare di amici, perché appunto non è un egoistaccio che pensa solo a se stesso. Fa venire i più bravini dei suoi stipendiati delle televisioni, i leader politici che si sono comportati meglio, i giudici che hanno in mano tanti delicati processi o deliberazioni, tanti poveri milionari che si sono fatti in quattro per l’economia, dei prestigiosi inviati del vaticano, qualche immancabile mafioso. Naturalmente per fare un po’ di ambiente convoca anche le sue amichette, e le prega di muovere un po’ i sederini. Tutti ci vanno sempre molto volentieri, perché è proprio simpatico, e molto generoso. Fa sempre un sacco di regalini a tutti, così poi a ognuno resta un ricordino.
Un giorno il mio primo ministro voleva comprarsi anche tutti gli immigrati clandestini: è andato a parlarne con il suo grande amico e collega Gheddafi. Gheddafi gli ha chiesto cosa se ne faceva di tutti quegli immigrati, quando di questi tempi nessuno li vuole. Lui gli ha risposto che la sua tecnica era quella, e aveva sempre funzionato. Grattandosi pluralisticamente il mento Gheddafi gli ha chiesto se i soldi erano suoi o dello stato, e lui ha risposto che naturalmente i soldi erano dello stato, perché era stufo marcio di sentire blaterare di conflitto di interessi. Hanno finito per decidere democraticamente che le imbarcazioni adoperate dagli aspiranti immigrati clandestini per i loro viaggetti non fossero troppo lussuose, perché c’è un limite a tutto. “Questi non hanno nemmeno le pezze sul culo abbronzato, e vorrebbero avere delle barche lunghe come le mie!”, ha detto a Gheddafi.
Devo confessare che con un primo ministro così magnanimo e così disinteressato sono però un po’ a disagio. “Quale è il mio prezzo esatto?” mi domando qualche volta la notte, invece di dormire. “Valgo di più della media dei miei amici o di meno?”, mi domando. Non è che abbia mai proposto di comprarmi, intendiamoci, però potrebbe sempre succedere. “E se mi proponesse un forfait, per esempio trenta ore di utilizzo al mese, compreso magari l’usufrutto di mia nipote, accetterei o meno?” mi chiedo.
(Immagine: La folie des grandeurs, di G. Oury)
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lo straniamento è la tecnica narrativa più illuminista che c’è, sempre produttiva, azzeccata. consente di esporre contenuti drammatici guardandoli da sotto, o da dietro. è tridimensionale e nello scolpire dettagli insignificanti mostra la facciata, ma anche il retro. di dietro c’è appunto il “didietro”, il tafanario, con la sua carica comica: il culo delle persone, se mostrato, fa ridere. eh sì: è ora di mostrare la faccia e il culo, in sintesi la faccia di culo del fenomeno.
Ahahaahaahhahahahhahahhahahhahhahah
..che comunque già vediamo tutti i giorni, a reti unificate e a plurima visione!
Complimenti a Giacomo Sartori.
implacabile, nel suo tono sommesso, svagato, da finto tonto. bueno.
http://italiaipocrita.tumblr.com/
ohohohohohohohohohohohohohohooooooooh!
sartori sei un grande
Grandissimo, giacomo! Il tuo primo ministro non ti merita!!!!!