Il perfetto scrittore progressista
di Massimo Rizzante
(post rem)
Il perfetto scrittore progressista Walter Veltroni, autore di un romanzo intitolato Noi ha lasciato cadere, in una recente intervista, alcune perle. La prima è che, al di là di ogni facile lamento, «la letteratura ha ancora un peso enorme… Anche oggi. Non a caso, i regimi danno fuoco ai libri». La seconda è che «Le parole hanno sempre cambiato il mondo e lo faranno ancora». La terza è che «La letteratura è democrazia».
Mi chiedo che idea della letteratura abbia il perfetto scrittore progressista. Ma soprattutto quale sia la sua idea di democrazia.
Io ho sempre pensato che la creazione letteraria sia elitaria. E che una democrazia è tanto più forte quanto più è in grado, attraverso un sistema educativo aperto a tutti, di sradicare l’ignoranza (con la quale dobbiamo fare i conti nel corso di tutta una vita) in modo da rendere accessibili i romanzi di Sterne, di Joyce e di Kafka. Non è la letteratura che è democratica, è l’accesso ad essa che deve esserlo.
La democrazia non è qualcosa che si ottiene in modo gratuito, assecondando la mediocrità, ma è al contrario uno sforzo costante, un atto esigente di lucidità e di immaginazione, qualcosa di molto simile alla stessa creazione letteraria.
Pensare, perciò, come fa il perfetto scrittore progressista che la letteratura sia di per sé democratica significa inevitabilmente porla sotto il segno della sua accessibilità popolare, significa cioè avere un’idea populista della letteratura e della democrazia. Questa che sembra una contraddizione in termini – come può un progressista avere un’idea populista della democrazia? – è in realtà la concreta radice di uno dei mali nel nostro paese. E non solo del nostro paese.
Certo, qualcuno, magari un progressista meno ragionevole ma più razionale, potrebbe addurre l’argomento che opere come l’Ulisse di Joyce o I sonnambuli di Broch non possono essere recepite da un pubblico di analfabeti di ritorno o di illetterati alle prese con l’ennesima rivoluzione tecnologica. La mia risposta è una domanda: che cosa leggeranno questi analfabeti e questi illetterati quando avranno smesso di esserlo? I romanzi di Veltroni e Veronesi o I sonnambuli?
Al centro della questione, allo stesso tempo letteraria e politica, ci sono due modi di invitare il lettore a partecipare all’opera.
Il primo parte dal presupposto che il lettore sia sempre identificabile e che i suoi gusti, giudizi e preferenze siano conosciuti in anticipo dall’autore, il quale prepara, con l’aiuto di probi editor, il perfetto piatto del perfetto scrittore progressista-populista con cui si nutrono le viscere del consumatore del presente.
Il secondo cerca di identificare il lettore che ancora non c’è, il lettore che scopre se stesso attraverso la lettura. Quando questo lettore e l’opera si incontrano, quando l’uno e l’altra si creano reciprocamente, nasce l’opera davvero democratica, in grado cioè di rivolgersi non a un lettore-consumatore del presente, ma a un lettore-cittadino del futuro.
Si capisce quindi come ogni apologia progressista dell’opera letteraria che deve essere accessibile a tutti, mistifichi tre deficit che il perfetto scrittore progressista non riesce a colmare, essendo la sua idea di democrazia minata alle basi da un pregiudizio populista. Un deficit di progetto politico: i suoi romanzi si rivolgono a un lettore-consumatore del presente. Un deficit educativo: egli pensa di sradicare l’ignoranza non elevando il tasso di cittadinanza della letteratura, ma innalzando il tasso della sua consumazione.
Un deficit, infine, di immaginazione: i romanzi del perfetto scrittore progressista soggiaciono a un mediocre realismo sociologico, alla verosimiglianza psicologica e a un’idea della Storia concepita come una successione di eventi registrabili. I suoi romanzi sono privi cioè di ogni immaginazione temporale. Sono, oltre che populisti, anacronistici, in quanto costruiti con strumenti che hanno avuto il loro apogeo nel XIX secolo. E sono, per questo, nostalgici. Una nostalgia che nutre le viscere dei lettori-consumatori del presente.
L’opera letteraria davvero democratica che si rivolge a un lettore-cittadino del futuro è sì un atto individuale, ma è allo stesso tempo un atto di memoria comune e porta in seno il progetto di una collettività che non ha nome. Per questa ragione essa deve essere in grado di far intravedere – come una carica inesplosa – un’altra Storia, una «seconda Storia», come ha detto una volta Carlos Fuentes, che non ha niente a che vedere con la Storia registrata negli archivi né con la verità “storica” in tempo reale che ci propina l’informazione.
Lo scrittore davvero democratico non si accontenta quindi di ciò che gli è contemporaneo, ma si propone di compiere un’operazione che né gli storici né l’informazione possono compiere: rendere contemporaneo nella sua opera ciò che non gli è contemporaneo, accogliere in un unico spazio fittizio una coesistenza di tempi, fare di ogni passato presente.
E’ evidente che per farlo, il codice realistico deve essere violato. E con questa violazione finisce il sogno nostalgico, allo stesso tempo progressista e populista, di un realismo universale in grado di identificare in ogni parte del globo il lettore-consumatore del presente.
Questa «seconda Storia», che nell’opera fa brillare come un miraggio il nostro futuro senza nome, è ciò che ogni lettore-cittadino dovrebbe richiedere a uno scrittore davvero democratico.
concordo in pieno
anch’io, dalla prima all’ultima riga.
bien
Mi piace l’espressione “probi editor” che aiutano a preparare il “piatto perfetto”. Il Piatto Perfetto è un sogno inseguito da molti, perché può garantire vita agiata o quanto meno libera dal bisogno. Mi vien da pensare che, essendo sempre stato libero dal bisogno, questo perfetto scrittore progressista abbia preso questa strada per pura rivalsa contro i mancati riconoscimenti – ovvero i rovesci – sul fronte politico-populista.
“Il populismo politico non ha funzionato? Allora vi do quello letterario e vi faccio un mazzo così!”
seconda storia.
sottotesto.
profezia laica.
visione lunga oltre la miopia del presente troppo pressante.
condivido, e raramente condivido e raramente evito di compulsare la mia anarcaica voglia di futuribile presente, condivido con e senza tanti (miei) necessari fronzoli godereccio-psichici, la plurivisione da plusvalore letterario che consumo dopo aver letto un libro.
il futuro è ieri ma l’oggi non è il passato.
noi ci saremo eppure non ci siamo mai stati.
M’agrada!
salut!
Buon articolo e sopratutto tesi condivisibili. Contrastare l’ignoranza dilagante con un libro è una contraddizione in termini (perchè dovrebbe essere letto? per il fatto che l’autore è famoso?) e pensare che articolare una storia, magari anche bene, possa sostenere idee di miglioramento della società è perlomeno spocchioso.
Mi piacerebbe che il discorso si allargasse, che venissero affrontati i temi della maggior diffusione della cultura, su come utilizzare tutti i media per veicolare cose più intelligenti delle trasmissioni televisive.
Stavolta condivido l’articolo di Rizzante in toto, e lo trovo d’una chiarezza e d’una lucidità esemplari.
Grazie.
“Non è la letteratura che è democratica, è l’accesso ad essa che deve esserlo”.
Condivido. Concordo. Sottoscrivo.
(PS.: Sembra che da scrittore Veltroni non sappia far altro che applicare alla letteratura le sue idee di politico. E i risultati non cambiano)
esemplare come sempre
rizzante docet
c.
scritto in stato di grazia.
Che l’accesso alla letteratura debba essere democratico è indiscutibile. Credo, tuttavia, che i lettori saranno sempre una minoranza, per il semplice fatto, forse scomodo da ammettere, che la predisposizione alla lettura è caratteriale, genetica. Per quanto mi riguarda, ho conosciuto pochi veri lettori e il livello di scolarizzazione, per dire, conta relativamente. Sono altre le implicazioni. Questo si riflette anche sul fatto che a leggere sono più le donne che gli uomini. La psiche del maschio eterosessuale è meno idonea alla lettura, essendo essa più “proiettiva” che “introiettiva”. Non sto dando un giudizio, ma espongo una constatazione che ho dovuto fare spesso nella mia vita.
Sono d’accordo. Non ho letto i sannambuli di Broch ma provvedo subito
da sottoscrivere in pieno. e così ben scritto che lo adotto come testo di riflessione per i miei studenti di quinta. posso?
una predisposizione genetica alla lettura?!? questa frase mi mette i brividi
la letteratura non è democratica, e va bene, basta guardare ai casi di Celine, Proust, Pound. dai lirici greci la letteratura non è per gli indigenti.
ma quanto alla questione dei libri bruciati, del potere della parola sono d’accordo più con il Walter che con Rizzante.
non è forse questa la stessa idea che ha Saviano della letteratura? allora sbaglia Saviano a pensare alla capacità della parola di cambiare il mondo?
Mi piacerebbe poter leggere l’intervista a Veltroni nella sua integrità. Dove la si può trovare?
E’ proprio così.
Non capisco bene quale sia il nesso tra letteratura e democrazia e nemmeno quello tra letteratura e «vera democrazia».
Se Veltroni dice una cosa veltronica non è obbligatorio scrivere due cartelle per dimostrare, non solo che è una banalità, ma che è una banalità tipica dello «scrittore progressista».
In che senso Veltroni sarebbe scrittore?
E soprattutto, in che senso sarebbe progressista?
Perché per confutare Veltroni (bastava chiedergli: «scusi onorevole in che senso la letteratura è democrazia?») occorre sfoderare tutto l’armamentario di enfasi del critico letterario con un’idea «alta» della letteratura?
E con una polverosa concezione trascendente et metafisica dell’opera scrittoria?
E poi com’è questo libro di Veltroni?
Qualcuno l’ha letto?
Oppure vogliamo liquidarlo senza nemmeno aprirlo?
Io non lo leggerò, ma non intendo parlarne male a scatola chiusa: magari il Veltroni «scrittore progressista» è meglio del Veltroni politico de «sinistra».
Non è che ci vorrebbe un grande sforzo, a dire il vero.
Su, che qualcuno lo legga e riferisca.
vorrei dire una cosa temptativica a francesco pecoraro: lei è troppo pecorarico. provi a prendere le parole – di rizzante, in qs caso, che si presta ottimamente – e metterle in un a parte. ci lavori su. scarti quelle che non le vanno a genio. lasci razzolare quello che c’è di buono. questa per esempio è letteratura, progresso, democrazia. le parole degli altri non elidono le nostre (vede bene che, se ragionassi pecoraricamente, ora le direi che è lei quello polveroso).
io ho un’idea migliore, blitz a Roma, rapimento del Pecoraro, trasporto del Pecoraro medesimo in una cantina, chiusura del Pecoraro nella cantina suddetta con l’opera omnia di V.V. , liberazione del Pecoraro dalla cantina solo dopo che avrà imparato a memoria opera omnia suddetta, e sono certa che in futuro saremo salvi dagli eccessi di pecorarismo
con/cordo (toto corde)
Sì, ma… Se la democrazia italiana, Veltroni dovrebbe saperlo bene, è in uno stato d’eccezione, anche la sua letteratura è nello steso stato d’eccezione?
In ogni caso… Credo che Veltroni si riferisca alla letteratura erotica: non c’è altra spiegazione.
Visto che siamo (quasi) tutti d’accordo, osservo solo che le parole di Veltroni non sono fuori luogo in sè, più che altro si può contestare il modo in cui nei suoi libri (che non ho letto e che quindi mi astengo dal commentare) cerchi di metterle in pratica (realismo nostalgico ecc.). Nel senso che se si scrive che quando il “lettore e l’opera si incontrano, quando l’uno e l’altra si creano reciprocamente, nasce l’opera davvero democratica, in grado cioè di rivolgersi non a un lettore-consumatore del presente, ma a un lettore-cittadino del futuro” allora si riconosce che la letteratura può essere democratica (nel senso di partecipativa) e può cambiare il mondo.
Io lessi di V.V. La bella politica, l’intervista che gli fece Stefano del Re nel ’95, più qualche altra pagina sparsa.
12 [283]
Per poter effettuare una stima provvisoria del valore dei prodotti dell’ingegno di uno scrittore, non è propriamente necessario sapere su che cosa o che cosa egli abbia pensato; a questo fine sarebbe necessario aver letto tutte le sue opere; – invece, in un primo momento, è sufficiente sapere come egli ha pensato. Di questo come del pensare, di questo suo carattere essenziale e della sua qualità in generale, lo stile è l’esatta riproduzione. Lo stile rivela, appunto, il carattere formale di tutti i pensieri di un uomo, e questo carattere rimane necessariamente sempre uguale a se stesso, non importa che cosa o su che cosa egli possa pensare. Lo stile rappresenta in un certo senso la pasta con la quale egli forma tutte le sue figure, per diverse che siano. Perciò, come Eulenspiegel, a chi gli aveva chiesto quanto mancasse fino al prossimo paese, diede la risposta apparentemente assurda: “Cammina!”, con l’intenzione di calcolare prima, in base al suo passo, quanta strada avrebbe fatto in un dato tempo; parimenti anch’io leggo un paio di pagine di un autore e quindi so pressappoco fin dove possa giovarmi.
[…]
A.Schopenhauer, Sul mestiere dello scrittore e sullo stile, Adelphi, 1993.
“la predisposizione alla lettura è caratteriale, genetica”
(Paolod)
A me non risulta.
Eliminiamo pure “genetica”, se vi disturba. Secondo me l’amore per la lettura è una questione caratteriale. Come insegnante lo so bene. Ci sono persone che non accederanno mai ad un “piacere del testo” e non perché siano meno dotate. E’ una “posizione” psicologica, tra l’altro più femminile che maschile, più gay che etero. Ammiro Saviano, ma non credo che la letteratura, la parola servano a chissà che cosa. Sono utili a chi le sa, le può recepire. Una minoranza, appunto.
è del tutto evidente che i miei commenti sono del tutto pecorarici.
quindi inutile sotto-linearlo.
quello che non ho trovato è un vero nesso tra l’affermazione un po’ generica del veltroni, buona a tutte le letture e sicuramente, se pronunciata invece da un nume tutelare, lasciata passare con venerazione, e la tirata sulla LETTERATURA del rizzante ipse.
insomma su.
mica difendo veltroni, anche se gli riconosco il diritto di darsi alla scrittura e di averci persino una sua idea di letteratura, per quanto scrausa possa sembrare a ritzante.
ma voi volete andare d’accordo a tutti i costi e stringervi l’un l’altro a tutti i costi attorno a quell’idea consolatoria della letteratura come arte: vende centomila copie, vincerà lo strega, ma non è arte, la sua…
(…in un momento storico, per dire, in cui persino il libro, come oggetto sta per scomparire e con esso il testo mono-dimensionale.
la letteratura del futuro prossimo sarà multimediale e citatoria, una cosa completmente diversa da come si è assestata sin qui…)
questo pezzo di Rizzante è molto bello, soprattutto perchè mi trovo molto in disaccordo. ma il merito c’è tutto, e cioè di avermi bene o male fatto riflettere su alcuni “spaccati” contemporanei. piacerebbe avere più tempo per mettermi a delineare qualche glossa…vedremo…ma, rilancio un po’ provocatoriamente -e domando con estrema ignoranza di tanti dibattiti precedenti/paralleli/soggiacenti- la risposta allo scrittore democratico non sarà poi mica il nuovo epico italiano? no perchè allora quasi quasi sarei anche tentato di dare ragione a Paolo Nori e tutta la sua ghenga quando vuole scrivere di idraulici ed elettricisti…
intanto segnalo quest’altro fulgido esempio di *autore* progressista:
http://www.reggio24ore.com/Sezione.jsp?titolo=La+congiura+dei+poeti&idSezione=7602
Arte (dal Palazzi Folena)
1- attività umana che si svolge con l’applicazione di una tecnica e richiede apprendimento, esperienza e attitudini personali
2-complesso delle tecniche, delle regole e delle nozioni necessarie all’applicazione di una disciplina
3-attività creativa culturale di produzione di oggetti estetici
4- attività e tecnica dell’attore
5-abilità, capacità
6-nel medioevo corporazioni dirette a tutelare gli interessi economici…
7 – ant. alchimia, incantesimo, magia
manca quella “cosa liceale” alla quale fai continuamente riferimento tu
fai la pace con le parole e con quelli che le usano, tash, o se vuoi la guerra spiega bene a tutti e nel dettaglio cos’è l’orrendo verminaio “trascendente e metafisico” di cui parli sempre e che in nome del quale qui tutti si stringerebbero in nobile e alta consonanza, ché almeno sappiamo perché ci dobbiamo fare un occhio nero
e V in nome del quale
@Paolod
Se togliamo gli uomini e gli etero, bè l’Italia dovrebbe essere piena di lettrici/lettrori accaniti
.. e non è così.
Io credo che qualcosa di trascendente e metafisico ci sia davvero nella lettura e nella scrittura, ed è per questo che Pecoraro si ostina a negarlo; se una cosa è evidentemente falsa, perchè mai una persona intelligente – come presumo Pecoraro sia – deve impiegare tutte queste energie a dimostrare che è falsa? Forse perchè falsa non è.
quello che tu chiami trascendenza e metafisica – ma guarda dove sta finendo questo discorso e forse a causa mia – non è altro che quello che metti Galvano della Volpe chiamava il polisenso artistico, vale a dire l’inafferabilità di qualsivoglia univocità nell’opera d’arte, la sua capacità di sfuggire anche alla lettura più arguta, più sapiente, più centrata, per ri-presentarsi come nuova alla lettura successiva: ma questo non è né assoluto, né per sempre. sono solo le caratteristiche in virtù delle quali chiamiamo “d’arte” un’opera.
personalmente considero artistica qualsiasi opera umana che tende al giudizio estetico, anche se questo giudizio dovesse risultare negativo.
“almeno sappiamo perché ti dobbiamo fare un occhio nero”
Quello metà fisico, s’intende.
“ci” dobbiamo fare un occhio nero, @fortebraccio, non “ti”
all’idea della rissa fisica io cerco subito il gruppo e cerco di infilarmi al centro tenendo d’occhio il nemico
cmq, visto che questa sarebbe metà fisica, potrei anche gonfiare mezzo torace
ma la verità vera, l’unica cosa che conta, la vivida esperienza personale, quella che lascia il segno e trascende la dolorosa realtà del liceo è questa: tash ha avuto un’insegnante di lettere trascendente, dopo di che e forse anche perciò, ha fatto l’architetto, e fiuta però ovunque l’odore della megera
mettiamola in piazza ‘sta donna, tash, una volta per tutte, e facciamola fuori
alcor deve averci colto. Io al ginnasio avevo una professoressa di lettere completamente pazza, e per nulla trascendente. Sono sempre più convinto che sia stata la mia vera Maestra.
Non preoccuparti Alcor, quel ti era metà forico e metà stasio.
E poi Tash ci serve con gli occhi ben aperti. Come farebbe, altrimenti, a riconoscere tra tanta gente, in piazza, la megera trascendent(al)e?
no no, non era trascendentale, era proprio trascendente, scendeva dal soffitto appesa a un filo e con il dito indicava lassù
era un prete.
irrilevante.
come questa discussion.
@ Alcor
Scusa, pensavo fosse la sorella della mia.
@ Tash
“era un prete”
Altro che irrilevante allora!
Adesso sì che si spiegano tante cose e i conti finalmente tornano…
fortebraccio
inutile che insista,
il mio maestro è austero!
molti baci nè
la funambola
chi è veltroni?
Chissà perché vengo attirato ad un certo momento dalle continue boiate che si assommano nei commenti e solo successivamente dal testo da commentare, sarà colpa della televisione? p.s. Per i più sensibili: ci sono anche commenti adorabili.
finalmente i conti tornano: amen, dunque.
Rizzante, sei un poeta in fondo come tanti in giro e non credo che tu faccia un discorso alto. Neanche come critico se ci pensi bene. E la tua visibilita’ resta scarsa, non ti illudere. E non perche’ tu faccia un discorso alto.
tanto per cominciare invito tutti a dare un’occhiata all’intervista di cui si parla
http://generazionep.blog.lastampa.it/generazione_p/2009/10/walter-veltroni-noi-intervista-sul-precariato-di-marco-patruno.html
Il Sig Veltroni, per meglio dire il politico Veltroni, ha scritto un libro, e lo promuove avendo lui il privilegio di poter piazzare il suo prodotto tramite i soliti canali di marketing, lui che non ha niente a che vedere con la letteratura.
E ci mancherebbe pure che Massimo Rizzante perda il suo tempo e leggere e recensire un libro del genere
M.R. ha espresso un’opinione sulle affermazioni fatte dal politico Veltroni, cio’ che rimane della sinistra, e su cosa intendono i politici per letteratura.
Il politico Veltroni invece di perder tempo (ma forse in compenso guadagna soldi) a scrivere libri giocando a fare lo scrittore, dovrebbe darsi da fare perche’ la cultura abbia lo spazio e le risorse degne di un paese democratico.
E finchè in questo paese lo status economico e il prestigio sociale dei preti, i geometri, i medici e i notai, gli avvocati e forse anche gli idraulici e’ piu’ importante di quello dei professori, avremo poco di che rallegrarci