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Il Colpo dello Strega

From July 2010  back to July 1947


di

Anna Maria Papi

Era un  amico ma si chiamava Andrea, Era il luglio del 47 ma eravamo a Roma. Era nei socialisti ma faceva  caldo. Guidava una Topolino ma c’era Lelio Basso. Avevo diciotto anni ma l’invito era alle nove. Faceva caldo ma si chiamava Andrea. Era un amico ma era il luglio del 47.C’era Lelio Basso ma avevo diciotto anni. Levati il cappotto ma guidava una Topolino.Gilda e Glenn Ford ma lui era socialista. Amado mio ma l’invito è alle nove. Avevo diciotto anni ma Paul Henreid e Rita Hayworth. Era un poeta ma guidava una Topolino.Virginia Blend ma sciolte e a pacchetti. Era il luglio del 47 ma levati il cappotto. Guido Alberti ma nel cono grazie. Nocciola e fragola ma Maria Bellonci.  Players Navy Cut ma faceva caldo. Roma città aperta ma avevo diciotto anni. Roberto Rossellini ma ci sono i Military Police. Ennio Flaiano ma Casablanca.  Lelio Basso ma dammi una sigaretta. Era nei comunisti ma si chiama Alvaro. Le parole sono pietre ma prendi il 27. Silvio Micheli ma nel cono grazie. Casablanca ma sciolte e a pacchetti. Players Navy Cut ma Paola Masino. Faceva caldo ma si chiamava Andrea. Prendi il 27 ma Cristo si è fermato a Eboli. Avevo i sandali ma nocciola e fragola. Era il luglio del 47 ma Massimo Bontempelli. Avevo diciotto anni ma levati il cappotto. Erano  comunisti ma faceva caldo. Nel cono grazie ma era un poeta. Guidava una topolino ma erano senza tacco. Anna Banti ma Put the blame on m’em boy,   Avevo i sandali ma i Military Police. Dammi una sigaretta ma era il luglio del 47. Era il luglio del 47 ma faceva caldo. Faceva caldo ma era il luglio del 47.Ma ero a Roma. Ma faceva caldo. Ma era il 47. Ma avevo 18 anni. Ma avevo i sandali. Ma senza tacco. Ma ero con Andrea. Ma era socialista. Ma era un poeta. Ma era distratto. Ma aveva il cappotto. Ma in Topolino. Ma c’era Lelio Basso. Ma siamo stati al cinema. Ma abbiamo visto Gilda. Ma abbiamo comprato le sigarette. Ma abbiamo preso il gelato. Ma l’invito era per le nove. Ma per il premio Strega. Ma il primo premio Strega. Ma di 64  lugli fa. Ma dopo il premio, la via Appia. Ma il Premio Strega era alle nove. Ma dopo il Premio la via Appia. Ma alla via Appia c’era la luna. Ma c’era la luna sulla via Appia. Ma 64 anni fa. Ma faceva caldo 63 anni fa.

Erano tutti li, assiepati, come i cormorani su uno scoglio, su un piccolo atollo,ed ogni tanto muovevano le ali, e non si distingueva quanti fossero, migliaia forse o centinaia, tutti uguali, una razza sola, che i cormorani stanno tutti insieme su uno scoglio, ed i gabbiani tutti insieme su un altro, ogni razza  il suo scoglio, e quanti ce ne stanno e quanti ce né, che lo scoglio non si vede più, sotto di loro, non si vede neanche più, sembra non ci sia, e fanno un po impressione, così appiccicati, brulicanti, in tanti tutti uguali, stessa razza, sembra siano assiepati nel nulla e stanno li  ed ogni tanto ne arriva uno,un altro e svolazza dentro, in quell’atollo………erano i letterati convenuti al premio Strega opera prima, anno domini 1947,Roma.

Erano stipati all’inverosimile intorno ad una Dea imperante e circesca, dalle chiome nigre, il  seno ampio e spazioso, il sedere prominente,il naso e la bocca severi,  ed il piglio impettito da Grande Madre della Letteratura Italiana formato Extra Large: Maria Bellonci. Davanti a quel portamento altero da romanzo fin de siècle zona Verga, gli scrittori uomini che le stavano intorno sembravano piccoli e mingherlini.

Oltre a quella maestosa polena di Maria Bellonci,

c’erano tutti. Anche quelli che non c’erano.

E c’erano tutte. Fasciate di abiti di seta, emprimée, con le calze, gli orecchini, gli anelli e le collane. Le grosse collane. Loro, le scrittrici. Truccatissime, che allora il trucco pesante lo avevano solo le puttane e le scrittrici. I capelli a vol ou vent coi colpi di hennè,le fibbie a farfalla, il kajal sugli occhi,gli ombretti arancioni, le unghie tinte di viola e il frisson parisien delle calze di seta nera.

Gli uomini no, erano vestiti miserini ,da reduci stirati, quegli abiti di rayon misto cotone con la martingala cucita anni 40, il risvolto ai pantaloni, le camicie aperte sul collo comme il faut per un intellettuale, e qualcuno col brivido del foularino. Gli uomini sembravano di un film francese nouvelle vague.

Il dopoguerra. Eravamo tutti dei dopoguerrini. Noi ragazzine avevamo le sottane sopra al ginocchio ed i sandali con la zeppa di sughero.

Il mio amico Andrea,socialista e poeta, un giovane carrarino di radici anarchiche familiari, si teneva addosso il cappotto, perchè sotto aveva un vestito impresentabile. Lelio Basso aveva il taglio da gerarchetto.

Starring Banti e Masino , addobbatissime, che con la Gianna Manzini facevano il Trio Lescano.

Lea Quaretti ; Neri Pozza, Alberto e Virginia Mondadori, l’ineffabile Valentino Bompiani, e naturalmente, Carlo Levi, Moravia, Falqui, Piovene e tutti gli altri.

Una lista totale,non mancava nessuno e pure quelli del cinema, i registi, la Magnani, la Alba de Cespedes col marito chiamato il grullo del focolare. Qualche aficionado del generone romano, un pizzico di pre dolce vita, qualche rampollo bene, poi i Savinio, i Mastrocinque, i Cecchi, Vigolo, Ettore Maselli, Ungaretti, Quasimodo.

Si mangiò? Mi pare. Si bevve, sono certa. La Coca Cola e la boule di Negroni. Lo so, perchè mi piazzarono a distribuirla, insieme alle mie coetanee Angelica Savinio e Cocò Mastrocinque.

Vinse Flaiano, un tipo simpaticissimo.

Bellonci Superstar aspettava solo di essere assunta in cielo.  Ci  rimase malissimo perchè questo non avvenne.

Ma le collane? Le collanone a tre o quattro giri, a chicchi enormi, che dal mento avvolgono il collo e poi sprofondano  giro dopo giro nel seno, quelle collane di ambra, corallo, madreperla, giada, fantasia?

E gli orecchini baldanzosi, gli anelloni dragoneschi, i fermagli a farfalla di tartaruga?

Non sono di proprietà privata, personale.

Dal 1947,da sessantatre anni, luglio dopo luglio,  le stesse storiche collane a pippi grossi indossate alla prima edizione, e gli anelli, orecchini, fermagli, nell’occasione di ogni Premio Strega, vengono spolverate con cura e distribuite all’entrata alle scrittrici ed alle signore intellettuali e mondane che partecipano al festoso evento culturale, che indossando i  fastosi monili siglano con una tradizione di grazia e di colori, l’intramontabile ripetersi del: VINCA IL MIGLIORE!!

Il 4 luglio scorso, venti giorni fa ,ho zappingato sulla TV fermandomi sul primo. Forse mi sentivo male, forse avevo un’ allucinazione, forse Minzolini voleva farmi uno scherzo. SENEPAPOSIBLE…………….MAIGOD………SANTOCIELO………BLADIHELL,,,,,,,,,,SCIT

Sul piccolo schermo la ripresa a colori con zoommate di primi piani virtuosi, sui volti delle persone presenti al 64 Premio Strega, Ninfeo di Valle Giulia, Roma.

Erano le stesse persone, le stesse signore  di 64 anni fa.

Con le stesse collane. Lo stesso trucco. Supertrucco. Orecchini. Anelloni.

Fantasmi? Collane fantasma? Premi fantasmici?

Ho telefonato a un mio vecchio amico, FF, dalla paura

Anna Maria Papi   24 luglio 2010 ore 23. 46

expressely for Francesco Forlani,Esq.

11 COMMENTS

  1. sai Chiara, questa è energia pura, è tutto quello che deve poter fare una scrittura lontana dagli addendi (logiche di mercato) e dividendi (neo avanguardie)
    e infatti raccoglie poche reazioni, pazienza!
    effeffe

  2. “Ma” perno della scrittura, due universi non opposti, condividenti di un’epoca. Premio strega- alcool degli anni- poesia della vignetta.
    Dagli anni mescolati a frammenti di vita, rimangono parole di una canzone, film, pub, è il centro vitale del ritmo della scrittura di Anna Maria Papi, per lottare contro i fantasmi e uccidere il tempo.

  3. Nel ’47 avevo anni 6. Sì.
    Non sapevo dello Strega, allora.
    Delle streghe, sì, anche delle masche e di certi cespugli vaganti nella notte che t’inseguivano sborbottando e sfarfugliando: quelli mi facevano paura da matti.

    Però c’era ‘na bottiglia di quel giallo Strega su’n mobilozzo di mio zio.
    Mi affascinava perché se lo centellinava belle bello colla bocca a succhiotto.

    Poi ho visto Guido Alberti al cine.
    Anche Anna Magnani, con lui.
    In giro per casa mia e dintorni non c’erano donne con collanone.

    Anche Lelio Basso, che vidi una volta, non portava collanone.
    Mi sembrava un brav’uomo davvero.

    Lo scritto vivace di sopra, della signora Anna Maria, mi è piaciuto molto e mi ha anche diverito, pur facendomi lacrimare un po’ di nostalgia.

    MarioB.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017