Falso movimento. Su un romanzo di casa Pound


di Francesco Forlani

Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga

Jorge Luis Borges, “Altre inquisizioni”, in “Metamorfosi della tartaruga

Ad un’amica 1 su cui erano inciampati gli uni, più o meno della nostra parte e gli altri di quell’altra, dopo la lettura di un post che secondo me andrebbe portato nelle scuole libere come esempio di “smontaggio” delle attuali pratiche dell’ignominia a mezzo stampa, avevo scritto:

Cara amica, sono d’accordo con te. il livello di manipolazione è allucinante. Per esempio, ho letto il romanzo Casapound, Nessun dolore   e sulle prime mi sono detto , non è affatto un libro brutto. Ho lasciato che la lettura sedimentasse -intanto dicevo al mio Achille di non agitarsi – e man mano si faceva più chiaro il paesaggio, cominciavano ad apparire le svastichette, la violenza ecc. Tralascio i passaggi del libro in cui si palesa insieme a quella violenza primaria il decalogo del nuovo fascista – attenti però a non confonderlo con vitalismo che è altro-  ma è bastata una semplice cosa. A un certo punto risuonava in me, come lettore, il nome della  band che il protagonista utiizza come soundtrack del romanzo e che ritorna una pagina su due come No logo no party delle magliette in salsa casa Pound, e voilà, svelato l’arcano. Visita il sito, ascolta se ce la fai fino alla fine una canzone e la maschera vien giù, il sottotraccia della timeline  di questo strano video récit, apparentemente dissimulato sotto gli anabolizzanti dei neo palestrati della violenza purificatrice, appare in tutto il suo splendore. Quello che sconvolge è come persone che reputo serie – vd l’einaudiana Rosella Postorino o Vins Gallico 2 – vengano citate nei ringraziamenti insomma a quel punto Achille, te lo assicuro, non riuscivo a tenerlo più fermo. Tuo effeffe

E già. Achille. Una nuova versione del celebre paradosso, da applicare a queste nuove rappresentazioni di fascismo ordinario, si potrebbe sintetizzare così.

Achille, il lettore critico, non raggiunge la tartaruga perché mentre sta ancora lì a canticchiarsi “Nessun dolore” , della premiata ditta Battisti Mogol-  ecco il primo cliché, Lucio Battisti, destra, Francesco De Gregori sinistra, Gaber non so- ecco che quando ancora  sta ancora sulla frase, “non c’è tensione, non c’è emozione,  appaiono  i sottotitoli della cosa che avete fra le mani.

Sottosopra, sottosopra, sottosopra!
Sottovuoto, sottovuoto, sottovuoto!
Sottotraccia, sottotraccia, sottotraccia!
Sottocontrollo!
(essi cantano)

Achille osserva la Tartaruga.

Il Romanzo “Nessun dolore” parla, certo , ai lettori. La voce di Domenico di Tullio ti parla, alla maniera di certi personaggi, tipo il marito di un’antica compagna di Storia, – sai è di destra, ti aveva avvisato al telefono- con cui scopri che è perfino piacevole farci due chiacchiere, che su certe cose ci sono dei campi comuni, e condividete dei valori come l’amore per il calcio,- ma perché, diamine,lo sport deve essere considerato un valore di destra!- il rispetto della parola data, la tradizione, anche se per te è immediatamente plurale, e per lui no- e poi d’improvviso, quando lei torna, ti caccia le chiavi di casa per porgerle all’amata, e quello strano miscuglio di ferri piegati ti fa pensare a  una svastica,- però che c’entra, quello era un simbolo egizio e poi, dimentichi il giubbotto di pelle di Sid Vicious? Forse sì ma non dimentichi le facce dell”Olocausto. Ora parlate di Palestina ed ecco che le cose si complicano, lei cambia discorso, anzi va in bagno, e ti lascia solo con lui e provi lo stesso imbarazzo di quando un amico di Slow food ti sgama che ti stai a mangiare un macdò con la libidine che ti esce dagli occhi. Domenico di Tullio ti parla così e magari in un’occasione pericolosa ti salva pure la vita. Mentre torni a casa ti dici che molte delle atmosfere del libro somigliano a certi passaggi , Old fasciòn, tipo Quadrophenia.

Certo lì the who cantavano My generation, qui i Zeta zero alfa, Cinghiamattanza, però lì se le davano di santa ragione a anche qui. Forse non Arancia Meccanica, anche se in Nessun dolore, i protagonisti un po’ sembrano scimmiottare  l’ideal tipo rappresentato dal celebre Alex, l’eroe di Kubrick, soprattutto nell’attacco alla borghesia di sinistra, quella troppo illuminata se confrontata all’oscurità dei quartieri sottoproletari e popolari. E nella descrizione delle scene di violenza, descritte con tratti iperrealisti e molto riusciti dal punto di vista letterario, si tocca con mano quello che il lucido Achille- un altro Achille- Bonito Oliva aveva detto a proposito dell’affresco kubrickiano della violenza.

« Kubrick profetizza anche la pericolosità di una violenza “estetizzante” anzi, la rappresenta, ce la mette sotto gli occhi, utilizzando la Nona di Beethoven e Rossini: una violenza a ritmo di musica. »

Però per fortuna qui non c’è Beethoven, e nemmeno Rossini ma  una semplice variante di band ska e punkabbestia. Da molti è stato definito il romanzo di casa Pound. Perfino gente onesta come quelli di Rizzoli, la casa editrice che ha sdoganato il mostro, scrive nella presentazione dell’opera: Nessun dolore è una grande storia d’amicizia, è il ritratto di una città a più facce, ma soprattutto è il primo romanzo a raccontare l’epica quotidiana di quelli che si definiscono i “fascisti del Terzo Millennio”, un’officina sociale che ha radici in tutta Italia e mette in dubbio molte delle nostre certezze.

Selling Editions By the Pound, mi viene da cantare in questa palingenesis di fascismo ordinario e comunque  delle vostre certezze  sinceramente non so che farmene. Achille sembra ormai addosso alla tartaruga e , ohps, invece no, quella si gira e rivolgendosi ad Achille gli fa:

Ma perché, forse non è vero che le nostre case sono dalla parte del popolo, aperte alla gente, e quando sono chiuse le apriamo per occuparle  e metterci dentro famiglie sbattute fuori dalle vostre amministrazioni? E chi ha sbattuto fuori i poveri dai quartieri popolari per comprare a poco prezzo case dai vecchietti coi balconi tesi sulla grande masquerade del multietnico, come al Pigneto a Roma o a San Salvario a Torino, neh? Noi raccontiamo il carcere duro nel cuore della città voi le prigioni dorate dei nuovi Bourgeois Bohémiens, i bobò, dei radical chic, gli alternativi, i fighetti di sinistra…

Achille a questo punto sembra cedere, la fatica, ma forse sarebbe meglio dire la noia, lo fa quasi recedere dal proposito dell’acchiappo . E poi chi cazzo glielo ha ordinato di mettersi alle costole di una tartaruga! Certo qui c’è  un viavai di idee, di icone, Che Guevara uno di noi, essi dicono, ma non eravamo stati noi i primi a dirlo? Negli stadi c’erano gli uni e gli altri, un tempo, ma ora solo loro, da una parte e dall’altra delle gradinate. E intanto molti ragazzi e ragazze affidano le proprie miserie e turbamenti ai nuovi guru del tribale, libertà in cambio di appartenenza, e in più va di moda. Il New fashion parte dal basso mentre il Movimento Studentesco sembra figlio di un sessantotto che si è venduto ai mercati. Si però non tutti i padri. Per i migliori, come Pier Paolo Pasolini, la cultura popolare era il luogo in cui si ritrovava quando parlava della società consumistica come di un fascismo, un fascismo di gran lunga più pericoloso del precedente. Ecco che Achille  agita lo scudo che porta con sé. L’ecfrasi, ovvero la descrizione delle immagini che vi sono ritratte, si affida alle cose che stanno succedendo nelle scuole e università Italiane, nelle fabbriche, perfino sulle gru, in queste ore. La tartaruga rimane a guardare, sinceramente non capisce. Achille potrebbe saltargli addosso, ma capisce che non vale la pena. Così gli da le spalle e se ne va con un’unica certezza. Se Achille non poteva raggiungere la Tartaruga figuriamoci la tartaruga Achille!

Corollario

Non sono un fascista e amo Pound. Sul numero 3 di Sud, la rivista che dirigo, grazie al fotografo Vittorugo Contino avevamo pubblicato un ritratto del poeta e un’intervista a lui che lo aveva fotografato e frequentato negli ultimi anni.  Contino racconta di un verso che in nessuna delle edizioni di A lume spento,  era presente e che il poeta aveva aggiunto  alla sua edizione.  Me li porto appresso, quei versi, come viatico del cuore.

Make strong the old

dreams

Least this our world lose

heart

(Rendi forti i vecchi sogni

Perché questo nostro mondo

non perda coraggio)

(1908) A lume spento»

NOTE

  1. all’amica quelli del Fatto non hanno mica risposto!🡅
  2. dopo l’intervento di Rosella Postorino e Vins Gallico nei commenti a seguire ho reputato giusto modificare il passaggio “indicate nei ringraziamenti come i veri deus ex machina , gli editor di questa storia.” con quello attuale.🡅

93 COMMENTS

  1. I raggi X istintivi – li abbiamo tutti – quelli che ci smascherano senza radioattività,ancora prima di sentirli parlare, quelli di “destra”, di quella destra nociva? no,di tutte le destre e nocive ed innocue perchè tutte le destre sono velenose.Si ripopolano generazione dopo generazione, e fanno paura perchè sembravano,sembrano,sembreranno innocui.Perchè gli X Ray funzionino bisogna ricordarsi di tenere aperto il pulsante,sempre,ogni mattina,ogni ora, anche sotto la doccia, anche allo stadio, anche facendo all’amore.E’ la regola numero uno,il pulsante aperto,i raggi x in funzione. Sempre. I raggi x istintivi ce lo dicono subito, ancor prima di sentirli parlare.

  2. Mio dio, i raggi X istintivi…
    Le destre sono sempre velenose… le sinistre sono sempre staliniste…
    Ma quando la smetteremo di avere bisogno di miti fondatori e nemici?
    Quanti decenni devono ancora passare dal novecento?
    Diceva bene Victor Cavallo: Fascismo e comunismo sono due bestie, due vipere che avvelenano il cuore.
    Ridistribuzione della ricchezza ci vuole e niente altro…

  3. Massimo, non credo si possa dire di quest’articolo che abbia una matrice stalinista. credo come te che i miti fondatori vadano decostruiti. Appunto.
    effeffe

  4. …perchè dietro ogni mito c’è un simbolo, c’è un bisogno inespresso od occultato e de/costruirli, i miti, a questo serve, ad illuminare quei simboli, quei bisogni inespressi. Recensire, per poter meglio leggerli questi nuovi/vecchi miti, altro non è che provare a redistribuire la ricchezza del sapere, del conoscere. O almeno un po’…sempre che ci si intenda, poi.

  5. ottimo pezzo, francesco. il ribaltamento del paradosso “Se Achille non poteva raggiungere la Tartaruga figuriamoci la tartaruga Achille!” e l’immagine del falso movimento sono forse davvero le migliori chiavi per ogni possibile lettura di una proposta editoriale come questa, sia per quel che riguarda il merito della narrazione di/su casa pound, sia per quel che riguarda la politica (ma forse meglio: l’ideologia) culturale di cui è sintomo.

    l’italia a quanto pare sta affrontando una profondissima crisi che colpisce prima di tutto la sua classe dirigente – che era riuscita a trovare una sintesi precarissima nella figura autoritaria di berlusconi ma ora, come vediamo, non riesce più a mantenerla. e questo perché molte delle stipulazioni su cui si basava sono state indebolite sia dall’evento della crisi economica che dall’evoluzione di processi come l’immigrazione, la globalizzazione e così via. questo è il movimento vero, generato da tanti piccoli o grandi cedimenti, spostamenti, rotture, a cui corrisponde una specie di guerra di bande molto legata al territorio, puntualizzata in una miriade di gruppi di interesse locali e regionali e pochi grandi attori nazionali e internazionali. nello stesso tempo, la vulgata dell’industria culturale ci propone un movimento dialogico bloccato da opposti estremismi e, nel caso di questo libro, riduce le incongruenze del patto sociale corrente all’epica da strada di forza nuova. estetizza la politica, in buona sostanza, e ci chiede di accettarne il patto, la sospensione dell’incredulità necessaria.
    e giustamente, con francesco e il suo achille, si può non accettare. si può riunciare al “rossi e neri son tutti uguali” e misurarsi con gli smottamenti veri (e rimettere i piedi per aria, stando alle ultime azioni sui tetti e sulle gru). ed è forse l’opzione giusta, perché in questo modo vediamo che la tartaruga sconta lo stesso paradosso di achille e che la vulgata, le semplificazioni, l’obliterazione di ciò che è in corso non sono mai sufficienti né totalizzanti.

    un’ultima parola sui miti: i miti non sono mai statici; il set di simboli/figure/valori che mettono in gioco sono troppo ricchi per essere veramente cristallizzati. a ben vedere ogni loro decostruzione è una riattivazione (lo dimostra proprio il gioco del “paradosso sul paradosso” di francesco). e, quindi, nello specifico di “senza dolore”, non parlerei di miti proprio perché le figure con cui abbiamo a che fare sono bloccate, costrette appunto in un falso movimento. mi sembra piuttosto che quello che sottoponiamo a decostruzione, qui, sia un metodo di figurazione, una riproduzione del reale in termini di imprese, motti, emblemi.

  6. caro effeffe,

    rispondo in merito all’affermazione “Quello che sconvolge è come persone che reputo serie ( vd l’einaudiana Rosella Postorino o Vins Gallico) vengano indicate nei ringraziamenti come i veri deus ex machina , gli editor di questa storia”.
    vorrei capire da dove hai dedotto che io sia stata l’editor di questo libro, che tra l’altro è uscito per rizzoli, mentre io, come sai, sono editor di einaudi stile libero e solo per einaudi stile libero lavoro.
    conosco domenico di tullio come persona, non lo conosco come scrittore perché non ho ancora letto il suo libro, anche se ho intenzione di farlo, per capire un fenomeno da me molto lontano ma che probabilmente vale la pena di conoscere.
    nei ringraziamenti di domenico di tullio vengono citati alcuni scrittori che lui apprezza, e che conosce personalmente. tutto qui.
    mi premeva chiarire questo punto.

  7. caro francesco,
    faccio eco a quanto dice rosella.
    io mi occupo di editoria soltanto perché vendo i libri o li traduco. e ogni tanto provo a scriverne qualcuno. non solo non ho editato, né fatto da deus ex machina al libro di domenico, ma finora non ne ho letto neanche una pagina. lo farò perché anch’io lo conosco personalmente e sono curioso. e dio sa quante volte ci ho litigato proprio perché non concordo con la sua scelta ideologica.
    ormai non ci litigo neanche più, tanto radicalmente opposte sono le nostre posizioni.

  8. cari Rosella e Vins, l’ intervento tipo lettura manoscritto ed eventuali consigli di tipo editoriale – in questo caso parlavo di deus ex machina- l’ho dedotto dalla pagina dei ringraziamenti che cita voi, e voi soli come scrittori. Nel senso che trovo normale che si ringrazi un amico scrittore in un libro per un apporto dato en amitié alla stesura dello stesso- questo mi sembra pratica corrente. Ed era questo che mi meravigliava non certo il fatto di avere amici di idee e visioni dl mondo diverse dalle vostre, cosa che non solo reputo giusto ma perfino segno di salute mentale e infatti di amici dalle idee differenti ne ho un bel numero.
    Entrambi però mi dite di non averlo ancora letto ma che vi proponete di farlo perché pensate che ne valga la pena per capire un fenomeno nuovo – o forse assai vecchio- nel panorama attuale. Per le stesse ragioni l’ho comprato e letto, anch’io. Interessante allora sarebbe per me confrontarmi con la lettura che ne darete e se ravvisate come me una sotto traccia cercando di capire se e come determinati fenomeni siano un buono o un cattivo segno. Nessun ostracismo a priori su questo come su nessun libro in generale, sia ben chiaro, ma desiderio non solo di capire lo slancio e il passo che lo hanno prodotto quanto il tipo di campo in cui sia atterrato. Come ho scritto, la matrice non mente mai e non ci sono fascismi buoni – non dico destra, dico fascismo, così come non è accettabile una visione del mondo irrorata dalla violenza estetizzante. questo è tutto, ovvero quasi.
    effeffe

  9. Bello, Francesco, quest’attraversamento.
    L’ho già scritto in privato: l’ebbrezza comunitarista, il ritorno al corpo di cui i “fascisti del terzo millennio” sembrano nutrirsi, sono questioni decisive, perché lì dentro c’è un valore di verità pervertito, ed è questo che coglie e accoglie molti ragazzi oggi. Si tratta di far vedere quella verità, e la sua perversione.
    Il punto di verità (della perversione), al di là dell’ideologia e della mistica, è esattamente la cinghiamattanza.

  10. sai Marco, quando leggi sull’espresso a firma di Emanuele Toscano una recensione che si conclude così:

    “Rimettere in discussione le proprie certezze aiuterebbe a capire – ma qui non c’è lettura che tenga, se non c’è la volontà di fare autocritica– dove e perché questi ragazzi e queste ragazze sono riusciti a diventare un punto di riferimento per i loro coetanei e per le nuove generazioni che si affacciano alla politica nelle scuole e nei quartieri delle città. Forse, è ora di capire che è inutile tapparsi le orecchie e coprirsi gli occhi per evitare di sentire e vedere quello che – purtroppo o per fortuna – è la realtà che “Nessun Dolore” descrive così bene: fanno politica, e si divertono.”

    ti dici che l’unica possibilità che hai di disinnescare certi dispositivi è quella di coglierne una dopo l’altra tutte le sotto tracce con la speranza che anche i critici di professione, su testate come l’espresso, facciano semplicemente il loro dovere e permettano ad altri lettori di non esclamare: ma stiamo parlando dello stesso libro? effeffe

  11. @marco rovelli

    sono almeno 30 anni che i giovani investono parte del loro tempo nella cura del corpo, in parte nel culto del corpo. tutti i giovani, non solo quelli fanatici. è una questione complicata. mi sembra sciocco ridurla a verità pervertita e regalare il valore corpo alla destra fascista, come fa lei, sostanzialmente disprezzandolo: il corpo non è né di destra né di sinistra. certo, il culto del corpo che si sta sempre più affermando, almeno indirettamente nega la primarietà della ragione e della classe che ne possiede finanche il concetto. penso sia questo il punto. ma non per dire che da una parte c’è la ragione, che sarebbe giusta e corretta, e dall’altra l’orribile culto del corpo. non è così. se la mettete così fate danno a tutta la sinistra, perché descrivendo come corretto solo ciò che è minoritario, gettate l’elettorato in massa nelle braccia dei partiti di destra, che si fondano, appunto, sul culto del corpo del leader.

    @massimo

    con victor cavallo, che vivaddio non sono il solo a ricordare, ne parlai a lungo di quanto siano bestie feroci il fascismo e il comunismo, anche se lui inizialmente faceva resistenza a metterli sullo stesso piano, perché veniva da una tradizione di comunismo senza se e senza ma, anche estremo. era un gran poeta anche perché sapeva miscelare corpo, follia e ragione.

  12. Ma no Larry, lei non mi ha capito o non mi ha voluto capire o metto in conto di essere stato ellittico io, non c’è problema. E’ ovvio che non ritengo il “corpo” e la sua grande ragione come perversione. Ma lei preferisce pensare che io dica sciocchezze, non è la prima volta, faccia pure.

  13. @marco rovelli

    non ce l’ho affatto con lei, può darsi che mi sbagli io, ma quello che ha scritto qui è del tutto mal interpretabile. giudicherà chi legge. dove sta il problema?

  14. Se è stato solo un malinteso, allora meglio così. Intendevo infatti dire che, come sappiamo bene tutti credo, il corpo è non solo un tema, ma l’elemento fondativo della politica e – almeno da Nietzsche in poi – della filosofia. In epoca di smaterializzazione e mercificazione (dove il culto del corpo come fatto di massa e fatto mediatico è in realtà il suo annichilimento) è chiaro che il corpo “reale” resiste, e l’appeal di certe “situazioni” si spiega anche così . Solo che – per dirla in una battuta – la perversione sta nel fatto che si sacralizza il Corpo (luogo estremo di sfida ed esposizione di virilità gerarchizzante; laddove, peraltro, questo si interseca paradossalmente col narcisismo di massa contemporaneo) invece di fare il sacro a/traverso i corpi, necessariamente plurali, esposti, aperti.

  15. @larry
    il corpo è di destra, è sempre stato di destra, sarà sempre di destra.
    il corpo è il territorio privilegiato della destra.
    è di destra la sua ineluttabilità.
    com’è di destra la sua eventuale bellezza.
    è ancor più di destra la sua bruttezza.
    eccetera.
    il corpo è natura, la destra è natura.
    doppio eccetera.
    (…per me i fasci sono restati quelli che menavano, quelli che a un certo punto arrivavano con spranghe e bastoni, quelli da cui occorreva scappare a gambe levate perché non guardavano in faccia a nessuno e ti spaccavano la testa, quando andava bene: non ho intenzione di “rimettere in discussione” questa “certezza”, perché è vita vissuta: certo molti dicono (forse hanno ragione), apperò tra destra e sinistra…, apperò la violenza non ha colore…, eccetera, apperò, bisogna rivedere le scertezze: certo, però rivedetevele voi le certezze…)

  16. Ah ok, non avevo letto l’ultima postilla. Se il trascendentale è fascista, allora la fuoriuscita non può essere che la morte. Ma una morte non detta ed esposta, atrimenti anche quella è fascista. :-)

  17. sicuramente la questione dei corpi imposti – ex- posti è una questione chiave soprattutto quando si relaziona attraverso dei codici programmati per il sopruso e l’affermazione – volontà di potenza- alla violenza estetizzante. Però attenzione a non confondere cultura del corpo e culturismo. nell’articolo citavo la voce sport ma sarebbe per esempio interessante prendere in considerazione la danza. In Italia negli ultimi anni abbiamo assistito a un crescente disinteresse delle élites intellettuali, principalmente a sinistra, verso lo sport con un’attitudine spesso snob, e sufficiente. Una idiosincrasia verso principi come la disciplina, spirito di gruppo, riconoscimento de proprio e dell’altrui ruolo, vocazione, talento, piacere che secondo me ha creato dei grandi disastri soprattutto nelle scuole. Il corpo mi sembra il primo campo in cui si possono sperimentare i propri limiti, limiti che esistono anche a livello morale e mentale, evidentemente, ma che in questo caso è possibile non riconoscersi. Ridurre il corpo a una macchina che percuote, offende, rompe, fa paura è una perversione. Una delle esperienze più autentiche a cui io abbia assistito nella mia vita sono state per esempio le paralimpiadi a torino. In quegli atleti affetti da handicap sentivo una relazione sana al corpo malato che non mi è mai capitato di osservare né in un legionario in pattugliamento o in una pornostar. effeffe

  18. Che malleabilità, che permeabilità culturale pur di sentirsi intellettuali “non ideologici”, pensatori “del terzo millennio”! Pur di mettere modernamente in discussione ogni certezza, si abdica alla certezza dei fatti. Il fascismo è fascismo, e lo è senza se e senza ma: violenza, morte, sopraffazione. Trovarne estetizzante il vitalismo (?), il machismo, il culto della virilità e la retorica della famiglia e della patria, è il cedimento a un’interpretazione mistificata della storia, quella che finisce per legittimare i repubblichini pur di capirne asurdamente le ragioni. Poveri repubblichini, vittime non dell’ideologia fascista ma dell’ideologia tout court, è l’assunto! Così Di Tullio “vale la pena di conoscerlo come persona” (cosa significherà mai?), qualcuno ci ha litigato “per la sua scelta ideologica” (come dire: perché tifa Milan e non Inter) ma ora non ci litiga più (e magari se la spassano insieme la sera), perfino è indice di salute “avere amici di idee e visioni del mondo diverse dalle nostre” (il che è ovvio, solo che qui si parla di idee di sterminio e di visioni di un mondo sotto dittatura: è irrilevante?). Singolare incongruenza, a ben vedere, con l’unanime sdegno per il ritrattino che fa Luca Telese del balilla Sallusti (si veda il post di Orsola Puecher qui sotto), in fin dei conti un amicone solo un tantino fissato con Salò.

  19. caro Francesco,
    leggerò e rileggerò questo tuo pezzo,

    Prima di commentare.

    che, da queste parti – ovvero dalle mie (Matera -Pomarico ecc.)
    casapound non è forte come a roma ecc ma inizia a esserci,
    non a caso la fascia metapontina, tra l’altro ha sempre avuto
    forte e variegata presenza fascista.

    tra l’altro, qualche mese fa, sul Quotidiano della Basilicata con casapound
    – ci sono tracce su internet! –
    ho avuto forte polemica, e anche un forte dibattito seguente a mie critiche
    con il saggio, per certi e per certi versi, U. M. Tassinari:
    che è uno degli sponsor di: questi nuovi fasci.

    dunque a presto.

    b!

    Nunzio Festa

    e spiriti resistenti
    per chi ancora non ha a soccomber d’idee

  20. Il fascismo è natura. La natura è di destra. Sì, sono d’accordo con Pecoraro.
    Il fascismo è sopraffazione, bestia che mangia la bestia.
    Tutto ciò che si è trovato come alternativa al fascismo è la normativa dello sbranamento.
    La burocratizzazione della natura. Te magno, ma a intervalli regolari. Oppure te magno, ma facciamo finta che qui non te magna nessuno.

    Ognuno ha i ricordi che ha. Io ricordo il conformismo becero di tutti, pronti a fare a botte senza nemmeno chiedersi perché tipo ramelli con una chiave tra i capelli e hazet 36 fascista dove sei e gli scontri fuori dalla scuola con i fasci del leone XIII e noi pischelli che si scappava, perché i fasci tiravano fuori le accette e i compagni più grandi tiravano fuori le spranghe e c’erano le camionette della polizia fuori dalla scuola e si trovavano scritte nere fatte durante la notte e allora si facevano spedizioni punitive al leone XIII e poi le ragazze più carine facevano a gara per mettersi con il ragazzo più figo che era anche quello più compagno di tutti e poi c’è stato il rapimento Moro e tutti dicevano adesso scoppia la guerra civile e nessuno di noi pischelli capiva perché doveva scoppiare la guerra civile, solo che poi non è scoppiato niente. E poi ricordo un ragazzo durante un’assemblea collettiva che era stato costretto a confessare davanti a tutti di avere avuto contatti con il Fronte della Gioventù e quando questo confessa tutti si mettono a strillare fascista carogna bastardo e lo vogliono menare ed è solo grazie a Ferrando (sì, proprio quello del PC del lavoratori, allora mio professore) che questo poveretto di 17 anni non è stato corcato de bbotte. Ricordo un sacco di cose, ma quello che ricordo di più era l’atmosfera di assoluto conformismo che regnava tra tutti. L’incapacità di uscire da quelle robe tipo la falce e il martello e la svastica e il fascio littorio e Marx e Evola. Io per un curioso caso del destino, ho avuto a che fare con tutti e due i fronti e infatti ho rischiato di brutto, perché a un certo punto non capivo perché persone interessanti dovevano essere trattate come delinquenti. C’era la ragazza fissata con l’URSS che te ne parlava come di un posto fighissimo (lei ci andava ogni anno perché il padre ingegnere lavorava lì). C’era il tipo con il bomber e che faceva paracadutismo e mi ha regalato Cavalcare la tigre di Evola. Mi ricordo che parlare con lui era molto interessante, come parlare con la ragazza che andava tutte le estati nell’URSS. Ma il mio ambiente normale era quello dei compagni mediamente di sinistra che però mi accorgevo, quando andavo a casa loro che non c’era manco un proletario in mezzo a tutta questa gente con safi e eskimo e cazzi vari. Questi figli della rivoluzione avevano certe case che mi facevano vergognare della mia. Dopo il mondo è andato avanti e il compagno figo più compagno di tutti (aveva messo una specie di armeria fatta di bastoni spranghe e molotov nascosta dentro la scuola) è diventato vigile urbano e dopo il 1982 in televisione sono cominciati canale 5 e Italia 1 e tutte queste cose non sono sembrate più importanti a nessuno di quelli che prima si agitavano tanto.
    Situazione grave ma non seria, per dirla con Flaiano.

  21. ho letto l’articolo e tutta la discussione con vivo interesse, non aggiungo alcunché ma milimito a sottolieare quento dice effe effe: “In Italia negli ultimi anni abbiamo assistito a un crescente disinteresse delle élites intellettuali, principalmente a sinistra, verso lo sport con un’attitudine spesso snob, e sufficiente”.
    Vero!! Verissimo.
    un sacco di persone considerano il calcio (per eccellenza lo sport dei poveri, vistpo che si può praticare con una palla di stracci e 4 sassi) come l’incarnazione del male, la parte oscura della forza, ma spesso questi pensieri vengono elaborati sopra barche a vela costosissime.

  22. Molto tangenzialmente, sul corpo.
    Sono perfettamente d’accordo sul fatto che, come dice Marco, c’è corpo e corpi.
    Però, Francesco, scusami.
    Tu dici: «una delle esperienze più autentiche a cui io abbia assistito nella mia vita sono state per esempio le paralimpiadi a torino. In quegli atleti affetti da handicap sentivo una relazione sana al corpo malato che non mi è mai capitato di osservare né in un legionario in pattugliamento o in una pornostar».
    Può darsi, per carità.
    Come puoi generalizzare in questo modo?
    Come puoi usare una categoria come «relazione sana col corpo malato» e farla aderire a un’intera categoria di persone?
    E poi. Come puoi dire che il corpo di un handicappato è «malato»? È un corpo «diverso», ma la sua non è una malattia: è una condizione.

    Sarà che questo è un thread in cui hanno scritto più uomini che donne; sarà che son sensibile io, e forse mi sbaglio: ma il corpo è stato evocato come idolo, come mezzo bellico, luogo di competizione estetizzante, come luogo di «esposizione» e di «apertura». L’unico riferimento al corpo di una donna riguardava la pornostar, di cui si afferma una relazione con il suo corpo meno sana di quella che ha col proprio un atleta delle paralimpiadi.
    Ora, nel ragionar se il corpo sia di destra o di sinistra – questione che non so se sia ben posta, ma forse non l’ha posta nessuno e la sto ponendo io – come si può dimenticare che il corpo è ciò che ci è dato per appartenere al nostro genere?

  23. cara Federica secondo me hai messo il dito nella piaga, anzi ti dirò di più, il corpo femminile latita totalmente in questo thread visto che porno star , parola in sé senza genere lo avevo usato in riferimento ai celoduristi, gli annerchiati, per usare un’infelice formula assai in voga negli ambienti militarizzati – militarizzati non militari. E così in questa galleria di volti uniformi e sguardi annerchiati capirai come il femminile, da qui intendersi come categoria dello spirito oltre che del corpo diventa proprio uno dei campi di battaglia del new old fashion. Basti pensare per esempio all’omofobia strisciante, alla femminilizzazione del maschio raccontata spesso come il peggiore dei mali possibili ma soprattutto nell’identificazione della donna con un soggetto gregario, una roba da conquistare. In arancia meccanica per esempio il corpo della signora è violato davanti agli occhi del marito come se lo scopo fosse semplicemente quello di infliggere una maggiore violenza al maschio, e che il dolore della donna fosse solamente un mezzo non un fine, All’autore di Nessun dolore va peraltro riconosciuta una sensibilità letteraria al femminile, nella descrizione del rapporto che i due amici hanno con una ragazza di cui sono a turno innamorati, e direi perfino omosessuale – vd quando uno dei due protagonisti viene iniziato alle regole di sopravvivenza del carcere dal compagno di cella esperto e benevolo – però l’humus di cui si nutre quell’immaginario nei confronti della donna è tutt’altro che paritetico e men che meno fondato su ” un pensiero della differenza”, tanto per citare una impostazione a me molto cara. Per quanto riguarda la domanda che poni sull’appartenenza del corpo, della sua tematizzazione a una ideologia piuttosto che a un’altra, credo che questo romanzo lo risolva con un ennesimo cliché. Il corpo, i muscoli, sono di destra, il corpo con le sue emozioni – il dolore, la paura, la vergogna- sono di sinistra. I corpi felici percossi da scariche di adrenalina di destra e quelli pensanti di sinistra. E infatti si ripescano i miti celtici e sanguinari, non certo le dimissioni dal corpo, del Cristo.
    effeffe

  24. Sì, Francesco.
    Lasciami solo riaffermare due cose.
    Una è che i corpi degli handicappati non sono per forza malati, ma si trovano più spesso in una «condizione».
    L’altra è che non considero sensato generalizzare sostenendo che essi, perlomeno quelli che partecipano alle paralimpiadi, abbiano col loro corpo un rapporto sano.
    Non solo perché è estremamente difficile stabilire che cosa sia sano – ma qui, te ne dò atto, siamo alla lana caprina – ma anche perché non credo sia possibile guardare all’handicap come a una categoria contrassegnata da caratteristiche omogenee, anche se si tratta di atleti paralimpici.
    Per farti un esempio che spero non svii: spesso sento dire che gli handicappati, per dire, sono assai più sensibili delle persone «normali».
    Si pensa di conferire un riconoscimento, e invece non si fa che rimarcare un’inferiorità, perché si nega l’identità.
    Così come quello aveva conosciuto zingari felici, io ho conosciuto handicappati imbecilli.
    Un certo numero.

  25. però federica lasciati dire una cosa. io ti ho citato un’esperienza precisa – le paralimpiadi-che in qualche modo riassumeva uno dei temi del post senza affatto rfiutare la complessità di certe categorie, corpo sano corpo malato, abilità o disabilità, che certi mondi presuppongono. Così se considero lo sport con tutta la visione del mondo, seppure attraverso degli ideal tipi – vd la lealtà, disciplina, rispetto dell’avversario competizione, non è che neghi altri usi ed esperienze dello stesso vd doping, scorrettezza, egoismo e quant’altro. E ti dirò di più. Una delle possibilità più autentiche del “romanzo” e della letteratura in generale dovrebbe forse proprio essere quella di riuscire a rappresentare i vari gangli, le zone d’ombra, le inevitabili contraddizioni che esistono in qualsiasi tipo di relazione, di me al corpo, del mio corpo con altri corpi ecc. Quando un romanzo si affida a delle scorciatoie mentali e aggiungo ideologiche è inevitabile che si incorra in certe nefandezze e soprattutto che si mantengano intatti e granitici certi convincimenti o idee precostituite. Io non credo per esempio che a un’opera – e al suo autore- basti essere di sinistra, o di destra, per essere una buona o cattiva opera.
    effeffe

  26. Certo, Francesco. Sull’inesistenza di un rapporto di corrispondenza biunivoca fra parte politica e letteratura non potrei darti torto neanche se oggi fosse la Giornata mondiale dell’ipocrisia e della provocazione.
    Ho capito il tuo punto, e ho capito a quale affermazione era correttamente funzionale. Quel che dicevo io prescindeva dal romanzo, e nasceva dalla mia esperienza. La discrasia (dev’essere la Giornata mondiale della politezza) nasceva da qui.
    Ciao.

  27. Ciao, cari.
    Scopro casualmente tutto ciò e avrei una gentile richiesta.
    Potreste evitare di accostare il mio nome e il mio romanzo al Nazismo?
    Sono figlio di un deportato in Germania nel settembre del 1943 e papa’ non apprezzerebbe.
    Rosella e Vincenzo, se volete e ci tenete a far parte di questa élite culturale da riserva, potete anche evitate di leggere.
    Per il resto, ho sempre pensato che scrivere significasse comunicare.
    Non oggi, non qui.
    AUGH.

  28. “vorrei capire da dove hai dedotto” Che Domenico Di Tullio Ti “stimi come scrittrice”
    Scherzo;)

  29. Caro domenico
    anch’io l’ho sempre pensato e infatti mi sono accostato al tuo libro, gli ho dato fiducia, l’ho comprato, proprio perché sentivo il bisogno di entrare in relazione con quell’opera. Si legge un libro per il piacere di leggere, siamo d’accordo no?, e come ho scritto nella recensione quel piacere, da lettore l’ho provato. Da critico volevo invece capire, e non sempre è piacevole capire, voler capire, entrare nell’atelier di uno scrittore, coglierne magari anche i retroscena. per me fascismo ordinario o estetizzante è un retroscena, qualcosa che è dietro la scena, appunto. tu hai lasciato che scrivessero romanzo di casa Pound, ma avresti potuto scrivere anche romanzo fascista. Di un certo tipo di fascismo, appunto. e allora su questo io mi interrogo. Ne abbiamo bisogno’ abbiamo bisogno di romanzi fascisti o di sinistra? magari basterebbero dei buoni romanzi no? Non entro nel merito della tua osservazione sul da che parte stare. credo tu abbia avuto molti lettori di sinistra, me per esempio. o molti, certamente, di estrema destra, persone che magari un ex deportato non avrebbe davvero voglia di sentire parlare. Forse è da quelli che ti dovresti guardare…
    effeffe

  30. Non appartengo a Casa Pound, non sono di destra e non mi riconosco nell’Intellighentia di sinistra che imperversa oggi nei circoli culturali. Sono mediamente intelligente , ma la mia mediocrità mi rende libera da schemi e preconcetti. Ed è con questo spirito che mi sono accostata al romanzo di Di Tullio e vi assicuro che alla fine della lettura non mi sono rimaste impresse svastiche e violenza, ma solo la voglia di saperne di più su Casa Pound, se è lecito, oltre che il sorriso sulle labbra che solo un bel romanzo sa regalarti. Nulla a che vedere con le rigide e plumbee atmosfere di Arancia Meccanica, anche quello capolavoro, ma che sicuramente non ha mai trasmesso un messaggio positivo.
    Ma la mia è solo un’opinione, a quanto pare condivisa da molti e sempre più lettori. Forse siamo diventati tutti cultori della Cinghiamattanza??? No, mi spiace. E’ solo il potere della bella letteratura. E meno male che ancora esiste.

  31. cara blackrose, scrivo nella mia nota:
    “Forse non Arancia Meccanica, anche se in Nessun dolore, i protagonisti un po’ sembrano scimmiottare l’ideal tipo rappresentato dal celebre Alex, l’eroe di Kubrick, soprattutto nell’attacco alla borghesia di sinistra, quella troppo illuminata se confrontata all’oscurità dei quartieri sottoproletari e popolari.”

    dunque lungi da me l’accostamento di cui parli se non nella rappresentazione che i personaggi di di Tullio fanno dei rapporti di forza e di violenza. Ti faccio un esempio: a un certo punto un barbone riceve un calcio gratuito, violento da parte di un ideal tipo di nemico, un rumeno? un albanese? Al che il nostro si precipita su di lui e lo massacra con la stessa violenza. Questa rappresentazione peraltro ben costruita perché arriva dopo due paginette- forse una, vado a memoria- di propositi modello primavera estate front nationale a me non ha fatto sorridere affatto, né ha problematicizzato alcunchè come invece qualsiasi personaggio romanzesco, per odioso che esso sia deve poter fare. Non mi meraviglia che nessun dolore abbia molti lettori, e come ho già scritto non ho in nessun caso svalutato il talento letterario dell’autore. Quello che dico è che se di un libro si scrive quello che hai scritto tu, peraltro assai condivisibile, e allo stesso tempo “un romanzo camerata” o corbellerie del genere significa che questo lettorato è assai vario, quasi avariato.
    effeffe
    ps
    neanche a me piacciono i circoli figurarsi poi i quadrati. preferisco le parabole (le palommelle)

  32. Gentile Francesco,
    con molto umiltà, senza voler entra nel merito della tua lettura critica, sulla copertina è riportato “una storia di casapound”. Io mi sono lasciato scrivere un romanzo, -gradevole o infimo, questo lo dicano a ragione i lettori- che racconta un mondo, uno spirito, uno stile, che prescinde da etichette, confortanti nelle loro indicazioni generiche e rassicuranti nelle prescrizioni d’uso, anche se Rizzoli ha voluto in copertina il gradevole simbolo grafico della tartaruga frecciata. Leggere un buon romanzo è un’esperienza, anche di qualcosa lontano da noi, e può essere un mezzo per comprendere le ragioni e i sentimenti, persino sperimentare, anche senza condividere. I buoni romanzi servono sempre: alla fine arricchiscono.

    Per il resto, conforterà il dato che, in dieci anni di difesa professionale di CP e, in precedenza, del gruppo umano che l’ha originata, non sono mai stato impegnato in reati aggravati da motivi di discriminazione sessuale, etnica, religiosa. CasaPound, con buona pace del preconcetto imperante, è, con la sua azione e il suo impegno, limite a tanti comportamenti devianti anche nel suo ambiente naturale. Questo non è un romanzo, è un fatto.

    Saluti da piazza Vittorio.
    ddt

  33. Vi ho letto con tempo e attenzione.

    Mi sentirei, da profana, di fare qualche domanda sparsa, mentre con la mente continuo a canticchiare un sottovoce e veloce Tommy can you hear me (passaggio più o meno logico, attinente solo in senso di riccioli biondi di Roger, dicevo, passaggio traghettato da Quadrophenia).

    A chi vuole rispondere, qualche domanda, a me che mi addentro ora, studio Casa Pound da sola, ho letto Nessun dolore e non so che pensare.

    – Prendersi il nome di un poeta come Pound. Un caso o una strategia?
    – Io, dopo letture, dopo video, dopo dialoghi, vi giuro che non ho ancora capito COSA FA CONCRETAMENTE Casa Pound, in che senso agisce. Uniche azioni concrete che ho visto con i miei occhi sono stati atti di violenza nei pressi di San Giovanni (Roma).
    – Conoscere è un po’ diventare la cosa che stai conoscendo e quindi temerla di meno. Ho provato a saperne di più per capire se andavano temuti o no. Ma non ho capito nullasulle loro azioni e gli scopi. E meno che mai ho capito se questo non comprendere, questo sì, può essere un motivo di timore.

    Miao, intanto.

  34. caro Domenico,
    la mia esperienza personale – tre anni di scuola militare dai quindici ai diciotto anni, ovvero Nunziatella, insieme ai rimanenti 25 in tutt’altre aree del pianeta mentale o ideologico- se qualcosa ha prodotto sicuramente non è una visione granitica e dogmatica della vita. Dico questo perché se mi invitassi a casa Pound o in una libreria qualunque, ad avere un confronto diretto con te e il tuo romanzo non avrei problemi a farlo, e anzi la reputerei un’occasione importante di confronto e di crescita. A condizione però che si sia nell’autenticità del discorso e non nel doppio linguaggio – e qui sta il limite della tua, ripeto, ottima narrazione. Mi spiego: quando scrivi di essere al di là delle etichette confortanti nelle loro indicazioni generiche e rassicuranti nelle prescrizioni d’uso-, seppure nelle tue intenzioni, di fatto, nel romanzo è esattamente quello che accade. E questa ambiguità tra sono aperto al dialogo da una parte e dall’altra non c’è dialogo possibile e se posso ti apro, ma non il dialogo, è palese nel tuo romanzo. Come è palese il lavoro che hai fatto – o ti hanno spinto a fare da Rizzoli- di autocensura.
    In altri termini, già dal titolo che è un’etichetta, ovvero piccola etica mode d’emploi pret à porter, si realizza quel lato propaganda che ogni ideologia di destra o sinistra che sia mette in opera. Quando leggevo il romanzo, con il libro aperto davanti a me in treno, il mio dirimpettaio si trovava di fronte la tartaruga ninja e non la mia faccia, che per carità sarà pure meno stilizzata però era la mia faccia. La faccia di un libro è la sua identità palesata come su un documento. Ovvero non ci sono dubbi, quello è. Ecco che la prima identificazione del tuo romanzo con casa pound pone degli interrogtativi. Si può amare Nessun dolore senza provare mal di pancia quando passi davanti a un banchetto di blocco studentesco o di casa Pound? Certo, ti rispondo io, però permetti che si cerchino immediatamente dei rimedi. Il tuo romanzo come ho scritto vale perché si occupa di amicizia, e tratta la questione dell’errore che si può commettere in una esperienza condivisa. Bene. Il problema è che quel mondo, quell’esperienza, essere giovani, tu lo racconti con due etichette ben precise, NOI, e loro. Per loro nessuna pietà, ci vai pesante, e devo dire che in alcuni momenti sei stato anche convincente come nel ritrarre i gauchistes caviar dei quartieri popolari. Ecco, se solo avessi usato la stessa cattiveria, però sincera, nel descrivere certi zombies teste rasate che gravitano nella tua area saresti stato un migliore romanziere. Tanti anni fa, per esempio, vidi un film, il grande blek, che racconta bene quelle inquietudini, segue i due percorsi, del blouson noir, fascista, sergio rubini amico prima di quella divisione in due blocchi del compagno Roberto Di Francesco. In quel film peraltro duro negli esiti e per meno confortevole, si problematizzava proprio il discorso dell’appartenenza rispetto a valori come l’amicizia, la fedeltà, l’affetto che possono assolutamente accadere tra due persone dalle visioni diverse. Insomma, un romanzo dovrebbe esprimere quel “che non siamo e che non vogliamo” piuttosto che “noi siamo questo, prendere o lasciare”. la cosa che mi sta più sul gozzo – per restare alle zeta- è il pretendere che vitalità e gioia siano da una parte soltanto. Un esempio, leggi questo:

    Attingere in tale fede la capacità e la forza di rinnovarsi ad ogni istante, render la vita come umanità che si svolge e si supera, debolezza che si vince senza arrestarsi mai, concretezza in cui ogni umile atto acquista la sua santità, la sua consacrazione, perché è atto nostro: ecco la gioia e il significato dell’essere, la divinità del tempo, che è progresso in cui muore l’ostacolo!

    sai di chi è?
    Piero Gobetti,
    il 12 febbraio del 1922,fa uscire il primo numero della rivista “La Rivoluzione Liberale, i esule a Parigi nella notte tra il 15 e il 16 febbraio 1926, muore in seguito alle ferite riportate dall’aggressione fascista. Non aveva nemmeno venticinque anni.

    Nel tuo romanzo essere antifascisti significa essere senza palle. Ecco, io leggo Gobetti e mi sento antifascista. Riuscireste a leggerlo anche voi? a casa Pound, magari…
    effeffe

  35. Alix, è molto facile: casapound.org per quello che fa, ideodromocasapound.org per ció che pensa, uno qualsiasi degli incontri, conferenze, presentazioni ormai bisettimanali a Via NapoleoneIII n. 8, per ció che dice. Delle violenze a san g., non mi risulta. Strano, forse hanno cambiato avv. Negli ultimi 15 minuti, senza dirmelo.
    Francesco, sono fuori Roma per lavoro e presentazioni, attendi fiducioso.
    Alla prossima.
    DDT

  36. Cara Alice, quello che fa casapound lo trovi su casapound.org, ció che pensa su ideodromocasapound.org, se sei romana, a via Napoleone III n.8 ascolterai, durante presentazioni di libri, conferenze, dibattiti, che si tengono con frequenza oramai bisettimanale come pubblicizzato da manifesti dalla grafica riconoscibilissima, ció che dice. È anche vicino al Colosseo, luogo d’elezione di gattare d’eccellenza. Sempre che tu non sia solo una gatta morta, miao.
    Non mi sovvengono poi episodi di violenza che hanno coinvolto giovani del Blocco o Tartarughe in San Giovanni o nei pressi, forse potresti aiutare a ricordarceli?
    Boh, oppure bau.

    Francesco, sono fuori per lavoro e presentazioni, dotato di scomoda tastiera touch screen, tuttavia mi riservo il diritto di replica.
    A prestissimo.
    ddt

  37. Commovente davvero. Artisti nell’empireo, si annusano, si fiutano, si attraggono volteggiando… E’ tempo che Nazione Indiana chiuda.

  38. Se mi dicono: guarda, c’è un romanzo sui fascisti del terzo millennio! Dico tra me: c’era da aspettarselo. Hanno fatto romanzi su ogni tipo di realtà giovanile, un po’ esotica, che esista. Solo che del romanzo sui fascisti del terzo millenio personalmente non m’importa nulla. Se voglio sapere qualcosa sui fascisti del terzo millennio, vado a vederli di persona, o se preferisco non vederli di persona, vado a leggere ciò che scrivono, o m’informo su ciò che fanno da fonti sufficientemente lucide e spregiudicate. C’è, insomma, un sacco di romanzi non interessanti su faccende che possono essere interessanti.

    Se i critici dell’espresso consigliano questo romanzo, perché mette in dubbio le loro certezze, di sicuro allora non dovrò leggerlo, infatti le certezze dei critici dell’espresso non sono le mie.

    Se qualcuno mi dice che questo romanzo sui fascisti del terzo millennio vale la pena di leggerlo perché è un buon romanzo, allora io cercherò di vincere il mio scetticismo naturale, perché un buon romanzo vale sempre la pena di leggerlo. Se però un amico, di cui stimo il sicuro fiuto, e anche la libertà di giudizio, scrive le cose che ha scritto qui FF, allora davvero posso fare a meno di leggerlo questo libro.

    “Il tuo romanzo come ho scritto vale perché si occupa di amicizia, e tratta la questione dell’errore che si può commettere in una esperienza condivisa. Bene. Il problema è che quel mondo, quell’esperienza, essere giovani, tu lo racconti con due etichette ben precise, NOI, e loro. Per loro nessuna pietà, ci vai pesante, e devo dire che in alcuni momenti sei stato anche convincente come nel ritrarre i gauchistes caviar dei quartieri popolari. Ecco, se solo avessi usato la stessa cattiveria, però sincera, nel descrivere certi zombies teste rasate che gravitano nella tua area saresti stato un migliore romanziere.”

  39. Se mi dicono che un fascista ha scritto un buon romanzo, leggo il romanzo e verifico se è buono. Del fascista invece non verifico nulla, né immagino di diventarne mai amico. Anche se sono (immagino di essere) scrittore io stesso.

  40. Niky è sei anni che ci chiedono (o prospettano o augurano) di chiudere. Quando sarà il momento ci penseremo noi, grazie.

  41. il fatto che chi costruisce la sua idea di politica/società sull’identità non vada poi a mettere in crisi (a problematizzare) quella stessa identità non mi stupisce. per lui, parlando schematicamente, il “male” sono gli altri (quelli che, per evitare le ovvie contraddizioni, definisce come “chi ha in odio tutte le identità”) e, tra lui e i suoi sodali, non può esserci che il “bene”. quindi, ripeto, non è una sorpresa questa impostazione come non lo è il conseguente tono sulla difensiva di di tullio – che anche a chi chiede informazioni dà preventivamente della “gatta morta”, giusto per chiarire che le cose sono così come vengono riportate nell’ideodromo e non vanno discusse.

    la cosa che mi stupisce, piuttosto, è come fa un esponente di una forza politica, che porta da destra un attacco al capitalismo, a non problematizzare minimamente l’essere stato cristallizzato nell’ennesima edizione di un ruolo necessario all’industria culturale. il ruolo diciamo del ribelle idealista che, da un punto di vista ideologico, serve solo a dimostrare la “naturalezza” dello status quo.

    mi rendo conto che in cambio si ottiene l’obliterazione di tutti gli aspetti diciamo “oscuri” della matrice culturale di cui si è espressione e si raggiunge un’agibilità politica e culturale che prima non era possibile. eppure quell’agibilità è pur sempre un’agibilità iconografica, un simulacro di soggettività politica, e quell’identità che si vuole ribadire diventa semplicemente un brand venduto alla rizzoli. mi sembra un nodo non da poco per una cultura come quella che sembra espressa da casa pound.

  42. Chi diceva che il termine NaziRock fosse esagerato in riferimento alle band più in voga del panorama neofascista legato a Casa Pound Italia, prima fra tutte la band ZetaZeroAlfa, evidentemente non ha mai sentito parlare di Gaszimmer.
    La one-man band attiva fin dal 1999, non nasconde minimamente le sue simpatie verso il nazismo ed Adolf Hitler.

    Cosa c’entra con Casa Pound Italia la vicenda di un gruppo legato alla scena NSBM (Black Metal _Nazional Socialista)?

    Molto! Dal momento che l’unico membro dei Gaszimmer è Ercole Marchionni (in arteNamter) il portavoce avezzanese di Casa Pound Italia.

    A partire dal nome Gaszimmer (in italiano “Camere a Gas”), questo personaggio lascia ben pochi dubbi riguardo l’immaginario di riferimento.

    Ascoltando i testi dell’album emergono contenuti inquietanti.

    A parte la canzone “onore”: nonostante i ripetuti ascolti non ne ho trovato nessuna traccia.

    La canzone “odio”, si chiude con la frase: “Dei pagani per la superiorità dell’essere, Zyclon B per la massa incapace”.Lo Zyclon B era il gas utilizzato dai nazisti nelle camere a gas dei campi di concentramento, e con cui hanno causato la morte di milioni di esseri umani.

    In “disciplina militiae”, la vecchia paura degli ebrei torna ancora una volta a turbare le notti insonne dei nazisti e lacanzone infatti per tutto il tempo propaganda una presunta guerra in corso contro gli ebrei.

    L’album si chiude con l’inno nazista “Die Fahne Hoch”in versione orginale.

    Questo inno (in italiano “in alto la bandiera”) era la canzone più famosa de Terzo Reich divenuta in breve tempo dopo la morta del nazista Horst Wessel che l’aveva composta, l’inno ufficiale del Partito Nazista di Adolf Hitler.

    Ma non finisce qui, nei video Namter si spinge ben oltre.

    A parte l’improbabile uniforme con gotta medievale cui cui si è vestito nel videodella canzone “Natura Duce”, in quello della canzone “Fedeltà”sempre di Gaszimmer, Namter non sembra per nulla imbarazzato a suonare con vistosissime celtiche fasciste sul palco e mentre dal pubblico lo salutano romanamente con braccia tese.

    La cosa che lascia pù perplessi è vedere montato nel suo video ufficiale il filmato d’epoca di una sfilata nazista in Germania.

    Certo Casa Pound Italia sta facendo di tutto per rendersi presentabile e darsi un tono di credibilità, soprattutto ora che le elezioni sono più vicine, considerando che il patto elettorale con il Popolo delle Liberta è tutt’altro che velato.

    Dubito che si porranno mai il problema di dover spiegare a quei pochiche li stanno ad ascoltare le loro passioni per il neonazismo, di sicuro però ai loro compari moderati del PDL non farà piacere sapere chetra le fila di quell’accozzaglia di nostalgici che è il PDL, c’è anche chi ancora oggi propaganda il Terzo Reich come modello da seguire.

    Da bravi cagnolini, scodinzolando al PDL, i black metal pagani di Casa Pound diranno che questa dei nazisti è solo arte e non c’è nessun richiamo all’odio antisemita dell’ideologia nazifascista.

  43. Simpatico post, questo che precede. Importante, tuttavia, perché, nel caso fosse vero ciò che il nostro anonimo giustiziere riporta, dimostra come dai diciannove ai trent’anni si possa cambiare idea, forse crescere e maturare, diventando persone migliori, anche con l’aiuto della militanza in CP. Di fatto quest’ultima, con il suo esempio pratico, rimane baluardo a comportamenti devianti e criminali di una intera area e opera, al contrario di molti suoi detrattori, sempre a viso scoperto.

    Invece, FF:

    1) scusa, ma visto che la polemica l’hai iniziata tu, trova una posto e invitami. Vengo domani a parlare del romanzo, con la schiettezza di sempre. Verranno anche le giovani Tartarughe, come in ogni altra presentazione o reading e potrai verificare con i tuoi occhi la verosimiglianza del narrato al reale:

    2) interessanti considerazioni quelle sulla doppiezza e sul confronto, ma temo che si basino su un equivoco: il presuppoto che il confronto

  44. (continua)
    debba essere necessariamente INTERNO al romanzo. Non sono di quest’opinione, ho inteso raccontare un mondo, un sentire, uno spirito, dei luoghi fino ad ora mai scritti, non il breviario esaustivo delle storture e bellezza del millennio;

    3) di zombi rasati è pieno il mondo: fatti il giro in qualche post rave, verso le 6/7 di mattina e ne trovi di tutte le fogge, colori, opinioni politiche.

    4) temo che di ventenni trucidati, nella storia recente di questo paese, ce ne siano stati troppi, anche non antifascisti. E non voglio entrare in grottesche elenchi mortuari, né patetici giudizi di valore. Non ho mai sentito leggere Gobetti a CP, tuttavia ho sentito leggere Bianciardi, come ho personalmente letto e discusso Fenoglio. Molte Tartarughe non riuscirebbero a leggere solo se, di notte, qualcuno tagliasse la corrente elettrica e mancassero torce o candele.

    Per il resto e per tutti gli altri, continuo a credere fermamente che per parlare degnamente di un libro bisogna averlo letto.

    Ossequi.
    ddt

  45. Simpatico ddt (azzeccato acronimo, peraltro: gli ebrei erano “pidocchi da sterminare”, nel lessico dei vostri padri), sono anonimo come la rete è anonima: basta un giro in rete e di esempi come questi anche lei ne troverà, stia sicuro. Dai diciannove ai trent’anni si “cambia idea”: eh già, signor ddt, ci se la cava con poco dalle vostre parti, una risciacquatura e via, come sotto le docce purificatrici.

  46. carissimo Domenico
    io ho come l’impressione che tu non abbia mai letto Piero Gobetti.
    dommage
    comunque grazie per essere intervenuto per quanto non abbia risposto a nessuna delle domande fatte in modo diretto. .
    effeffe

  47. Caro effeffe,
    Non sono onnisciente e non ho letto Gobetti, poiché mi interesso d’altro che far a chi ce l’ha più grosso solo descrivendolo, come nelle ore di buco alla scuola media. Qui sono capitato per caso, non per giocare al tirassegno facendo da bersaglio per le vostre esercitazioni intellettuali e citazionismi aux legumes (a fava, per i non francofoni). Sono intervenuto per raccontarvi un pezzo di storia di famiglia che sgombera il campo dalle vostre ipocrite insinuazioni di criptonazismi, per smentire falsità generiche e preconcetti da bar, qui piuttosto contortamente riportati. Per il resto, credendo fermamente nel confronto, sono disponibile ad esso, dovunque tu voglia. Perché amo guardare le persone negli occhi, quando parlano. Concludo, ieri, alla presentazione ad Acqui Terme, 80 intervenuti e una mini contestazione antifa’ ( ricordavano l’articolo 39 della costituzione, ignari che fosse sull’organizzazione sindacale), per tua buona pace, un distinto signore, intervenuto per presentare il mio libro, citava Gobetti. In questo caso, a ragione.
    Saluti, ovviamente romani.
    ddt

  48. con tutti i romanzi che non ho letto, figuriamoci se mi perdo l’occasione di non leggere quello su casa pound. ma nei manifesti casa pound, che invece ho letto, sono contenuti principalmente appelli al vitalismo etico spirituale estetico, oltre i partiti, né destra né sinistra. si disegna l’uomo forte e integro, che sostanzialmente se ne frega dello stato di diritto. credo non si tratti di altro che di fascismo rimbellettato per il nuovo millennio. il nuovo fascismo, di casa pound o di altre più raffinate menti, non mi piace. sono sicuro che non andrà da nessuna parte, ma temo porterà acqua con le orecchie a chi sta tentando derive democratico-presidenzialiste-autoritarie. punto.

  49. il link iniziale al mio pezzo “L’amavo troppo la mia patria non la tradite…” si dissocia dai cinguettìi estetici fra “scrittori” e ovviamente dai saluti, ovviamente, romani

  50. saluti romani, caro di tullio rispediti al mittente
    i cinguettii pure
    insomma l’essenziale è nei dettagli direbbe il filosofo e questo basti
    effeffe

  51. Ciao a tutti
    il dibattito è interessante ma a tratti mi sembra sterile perchè sembra giocato sulla volontà di voler dare un giudizio definitivo di giusto e sbagliato, bianco e nero e con poca volontà di capire le sfumature, visto che la verità sta nei dettagli. Premetto che esprimo la mia opinione avendo sentito parlare varie volte l’autore del romanzo e pur non condividendone l’idea da cui tutto sembra muovere apprezzo alcuni aspetti di quello che si produce da questa idea. Visto che siamo partiti dal romanzo volevo però dire che da lettrice media di romanzi, ho apprezzato la scrittura, l’ho trovata una penna felice che può produrre bei romanzi. Il ragazzo ha fatto buone letture. Certo da fastidio molte volte la contrapposizione del noi e del loro, noi tutti buoni loro tutti cattivi, di una certa mancanza di acriticità su alcuni aspetti ma come biasimare la voglia di raccontare solo il bello e i valori dopo che non si è mai avuto voce e spazio per farlo? E poi diciamolo quei compagni di sinistra di cui si parla son quelli che fan rabbia anche a noi così come casa pound detesta quelli di Forza nuova (o no?) E non mi sembra che ci sia qualcuno che inneggia all’omofobia, xenofobia, dittatura, violenza (ah si la cinghiamattanza, che pratica barbara, veramente inesplicabile, ma fin tanto che è libera scelta senza imposizione all’altrui). In generale non credo che un avvocato direbbe una menzogna sapendo di poter essere smentito e se non ci sono casi che li hanno coinvolti sarà vero. Quindi mi è venuta curiosità di sapere questo senso di sociale e socialità che hanno, quello che vorrebbero per capire se può andare bene in generale e i mezzi per ottenerlo: l’occupazione delle case con Famiglie e non da parte di ragazzini ricchi che giocano a fare l’alternativi, i gruppi di volontari all’Acquila e in veneto per l’alluvione, gli incontri con Paola Concia, Ilaria Cucchi, la famiglia guareschi ed altri. Sono persino andata su Youtube a vedere gli scontri di Piazza Navona e ho dovuto ammettere che il blocco studentesco è stato attaccato e stavano chiedendo esattamente le stesse cose degli altri ragazzi e la gelmini può imperare solo dividendo. l’unione fa sempre la foza. Ecco I nemici oggi mi sembrano altri, fascismo e comunismo si sono fronteggiati 70 anni fa e poi ognuno ha commesso i suoi errori da nascondere rinnegare e dimenticare (alcuni più gravi di altri, sono pieanmente d’accordo su questo punto di vista), ora i nemici sono le criminalità organizzate, la politica corrotta di ogni colore e se vogliamo ancora continuare a disquisire sui saluti romani (secondo me Di Tullio stava provocando, mi sa che rideva, ma si dai) e i pugni alzati non ci accorgeremo di chi nel frattempo che alzavamo le mani ci metteva qualcosa nel di dietro. Però comprendo che è bello parlare dei massimi sistemi e sarebbe bello che il tizio di Avezzano ci dicesse se si è ravveduto oppure no, che Miao raccontasse di che scontri parla di piazza San Giovanni, che Effe Effe e Di Tullio facessero una presentazione pubblica del libro dove si parlasse di stli e contenuti senza la pretesa di cambiare idea agli altri ma di capire di cosa l’altro sta parlando. Tanto voglio dire se pur di nemico si tratta tanto vale conoscerlo meglio se proprio lo si deve battere o no? No forse è meglio continuare a pensare che si sa già tutto e andare avanti così, è meno impegnativo

  52. I fascisti non cambieranno mai. Si divertono a fare gli infiltrati, ma poi si mimetizzano peggio del carabiniere di provincia facendosi riconoscere subito. Tipo Geisha qui sopra. Che parte fingendo di essere di quel “noi” che non sopporta gli “estremisti” (semplifichiamo pure). E poi fa l’elenco delle beltà casapoundiane.
    I gruppi di volontari “all’Acquila” – e già verrebbe facile ironizzare, ma facciamo finta di non aver visto. [Al di là degli strafalcioni grammaticali, è vero che ai fascisti di casapound va riconosciuto il fatto di dare un’idea di politica in realtà dove la politica è scomparsa. E’ un’idea profondamente sbagliata e perversa, ma la praticano, e tanto basta].
    I centri sociali occupati da famiglie e non da “ragazzini ricchi che giocano a fare gli alternativi”: ecco che qua già si svela il cuore nero, il classico luogo comune d’area fascia. Ho girato parecchio i centri sociali in Italia, e ce ne sono di tutti i tipi. Ci sono anche gli alternativi ricchi, certo, magari punkabbestia. Ma ci sono anche centri sociali che si fanno un culo così per tenere aperto e ospitare persone che hanno bisogno di un letto, italiani e immigrati indifferentemente. Penso al laboratorio di Palermo, uno per tutti, regolarmente attaccato e incendiato da squadre fasciste.
    Gli scontri di piazza Navona su youtube che causano la metanoia (sì, la conversione). Che ridere. E’ assolutamente evidente come questi irrompono con i loro bastoni in piazza, e menano come biglietto da visita dei ragazzetti. Geisha, la prossima volta impara, evita di farti riconoscere in questa maniera.
    Sono convinto che lo sterminatore ddt non ridesse facendo i saluti romani, non vedo cosa avrebbe da ridere visto che questa è la regola, sono fascisti dunque fanno il saluto romano, del resto basta andare a sguardare i forum d’area, i motti, gli avatar e le icone di stile spesso paranazista di chi li frequenta. Ogni tanto li leggo quei forum, proprio per farmi un’idea precisa. So che non sono tutti bastonatori e squadristi, lo so. Ci sono anche persone mediamente colte. Ma era così anche il primo fascismo, anche allora le persone mediamente colte enunciavano principi, ma la dottrina fascista, come affermò la vostra Testa di cazzo rasata, era azione. E l’azione la facevano, e la fanno, le squadre.

  53. Rovelli, guardali vari video su Piazza Navona, perché in tutta evidenza non lo hai ancora fatto.

    E invece di stare tutto il tempo sui forum e sui blog di persone straordinariamente colte, esci e fai due passi a vedere come cambia il mondo.

    Fai un giro e prenditi in giro, ogni tanto, che dubitare di se stessi e delle proprie granitiche convinzioni è umano e spesso ingentilisce.

    E fattele du’ risate, che me pari mi’ zia.
    Con romana ironia.
    ddt

  54. di Tullio,
    non c’è nulla di più trito e scontato, in questi anni, suprattutto sul web, del dire a qualcuno:
    1) esci e fai due passi a conoscere il mondo
    2) ci vuole autoironia.

    Sono le più banali e prevedibili critiche che si potevano fare. Farle assieme una dietro l’altra era quasi impossibile, erano mesi che non le leggevo, ma tu ce l’hai fatta. I miei più sinceri complimenti.

    (inutile dire che Rovelli è una delle persone più attive nel “mondo vero”, sempre in giro, a lottare, discutere, aiutare, comprendere. E lo fa con uno spirito e una ironia rara. Ma che te lo dico a ffa?)

  55. Gentile DDT (gentile lo si concede a tutti, anche Eichmann era persona squisita raccontano le testimonianze), in tutta evidenza io i video li ho visti e con ancor maggiore evidenza lei non ha argomenti.
    Le risate me le faccio, non tema, ma non certo con lei. Magari su di lei, piuttosto. La sua “romana ironia”, per esempio, fa molto ridere.

  56. Gent.mo Sig. Rovelli
    si quando scrivo commetto sicuramente errori, sarà perchè scrivere non è il mio mestiere (e già sembro il testo di una canzone) e scrivo come parlo e non rileggo e quindi sì parlo anche in modo sconclusionato però non è meschino legare la mia non capacità a riprova che devo essere sicuramente “fascista” oltre a quello che lei ritiene di evincere dalle mie argomentazioni? Perchè pensa che lo scrivere bene e la cultura appartenga solo alla sinistra? Non è un po’ sciocco e datato come commento? Comunque io non ho mai votato a destra in vita mia, un po’ per famiglia e anche per nascita, sono toscana e vengo da una delle zone più rosse d’Italia. Però sono curiosa, curiosa non per rivisitare il passato o cambiare opinioni o convinzioni ma per capire, conoscere e sapere. E siccome parlare con dei destrorsi non ti attacca malattie o tigna, frequentare o avere amici che votano a destra non mi fa vergognare e cambiare marciapiede per strada se li incrocio con la mia compagnia di intellettuali di sinistra (non si preoccupi li frequento solo per lavoro, non ce la farei anche fuor d’ufficio son troppo ignorante), credo che continuerò a farlo. Smetterò se queste persone mi risulteranno antipatiche, se si dimostreranno cattive, insopportabili, bugiarde o meschine, faranno male del me o agli altri. Per il resto la invito veramente a rivedere bene tutti i video di Youtube e, se vuole, parlare anche con vari giornalisti presenti quel giorno e le diranno che il blocco studentesco fu aggredito dai ragazzi o uomini dei centri sociali ed universitari lasciati passare dal cordone poliziesco. Potrà infastidirla tutto ciò ma è andata così, anche a sinistra s può sbagliare oppure si può anche dire che non è sbagliato ma è giusto perchè si tratta di mettere a tacere i “fascisti” e nel nome dell’antifascismo tutto è lecito (!!). Comunque io pensavo che essere democratici significasse ascoltare tutte le voci, capire e conoscere e dispotismo mettere a tacere le opinioni altrui ma visto che come lei mi fa capire sono ignorante, poco colta e scrivo in modo sgrammaticato probabilmente oltre a non aver diritto di scrittura non l’ho nemmeno di pensiero e di espressione (si ma forse ha ragione lei devo solo andare da un’altra parte ad esprimerlo). Per quanto riguarda uscire invece che stare sul web, sarà anche un modo di dire banale quello di Di Tullio però scusate, siete veramente certi che tutto tutto possa essere sviscerato tramite delle email e degli scambi di opionioni di questo tipo?? Che l’esperienza possa esaurirsi qui? Certo è bello stare qui, scambiarsi delle opinioni, poi leggere dei libri scrivere dei pezzi parlare con degli editor e tornare qui e scambiarsi delle opionioni, andare a fare un pezzo di giornale, una presentazione di un libro, accompagnare le bimbe a scuola, una passseggiata e poi tornare qui ecc ecc.Io sono certa che pur nel ribrezzo che vi possa fare un simile pensiero tutti voi avete dei sentire comuni, che produrrebbero molto di più se si incontrassero ma non sarà così, perchè esiste solo il bianco e il nero e a seconda del colore che scegliete il resto vi farà schifo, niente sarà salvabile o apprezzabile. E’ un vero peccato sapete già tutto, tutto è stato detto e quello che non vi è stato detto lo potete leggere dai libri o dal web schierati dalla parte che preferite. Vi ripeto a me da questa impressione molte volte leggere i vostri commenti, però non voglio fare l’errore del Sig. Rovelli e giudicare in modo troppo dure persone che non conosco. Vi ringrazio dello spazio concesso ma credo siate d’accordo anche voi, non ci sono margini per continuare

  57. Geisha,
    “voi” chi?
    Con chi ce l’hai? Non esiste un noi e un voi. Ci sono io, ci sei tu. Oppure credi che si possano mettere le persone dentro delle caselle precostituite e immutabili?
    Nel coacervo di prevedibili banalità del tuo commento alcune sono le classiche perle del qualunquismo (che non so se è di destra o di sinistra ma è qualunquismo becero):
    – la falsa lamentela della inadeguatezza linguistica e l’intrinseco orgoglio del parlare come si mangia
    – il finto senso di inferiorità e il conseguente sprezzo per “l’intellettuale” (roba che, conseguentemente, appena si sente la parole cultura si mette mano alla pistola)
    – lo stereotipo delle orgini come lasciapassare (la mitica Toscana! Come se lì fossimo come in Bulgaria ai tempi della cortina di ferro. Conosco decine di fascisti, e pdlellini, pure qualche leghista, in Toscana, io).
    – il conseguente stereotipo della compagnia intellettuale che non può essere che di sinistra (vedi il punto sopra) e perciò intrinsecamente lontana dal popolo e dedita ai salotti.
    – i salotti, appunto. Che siano veri o virtuali. Redazioni di giornali o web.
    – la visione manichea del mondo propinata agli altri “Con noi o contro di noi” versus il liberismo delle opinioni dove tutti possono dire tutto. Democraticismo friabile e peloso.
    – e poi il VOI. Il magnifico VOI. Voi chi?
    Cosa sai di me, della mia vita, delle mie amicizie, dei posti che frequento, delle mie passioni, delle mie sofferenze, del mio affitto da pagare? Come ti permetti di giudicare un tanto al chilo, mettendo tutti sulla stessa pira sacrificale, o, se vuoi, facendo di tutta l’erba un FASCIO?

  58. Biondillo,
    commento originale anche il suo derivato, come da copione. L’oscar dello scontato e della replica di stile lo vince tuttavia il thread antifa “perché iddio lo vuole” e io, purtroppo, mi adeguo. Sono un uomo qualunque, anche se lei non mi conosce. Oddio, che scontatezza! Appunto.

    E so benissimo chi è Rovelli e cosa fa, anche se lo preferisco quando sul palco canta con gli anarchisti, invece di predicare citando nazismi assortiti a conforto di quanto sono sporco e cattivo. Mi è capitato persino di andare ad un paio di suoi concerti e senza travestirmi da volante rossa.

    Rovelli,
    come premesso, non sono qui per argomentare e rispondere (tra l’altro estrapolare delle domande dalle asserzioni apodittiche qui lette è estremamente difficile anche per me, che sulle domande e sulle risposte mi guadagno il soldo), troppo facile ergersi vate e sparare l’ennesima balla imprecisa e difficilmente confutabile in queste forme epistolari pubbliche, ma per precisare e aggiungere. E poi trovo massimamente inelegante che un autore difenda direttamente il suo libro e poi i veri giudici sono i lettori, non i critici.

    I miei argomenti in merito a Piazza Navona sono piuttosto elaborati e supportati da precisi riscontri, oggettivi perché contenuti in oltre un’ora e trenta di riprese video. Ovviamente non mi riferisco a quelle operate direttamente dal Bocco, ma il lungo servizio della redazione di Matrix, contenuto negli atti processuali e reperibile in buona parte anche in rete.
    E che giudichi, anche in questo caso, chi le guarda.
    Sono sicuro che molti compagni suoi la pensino diversamente da lei. sicuro per averne incontrati e aver discusso e esserci confrontati, senza per questo passare per il figlio di Eichmann.

    E poi, le confesso, la romana ironia era proprio per farla ridere e farla sembrare un po’ meno una (mia) vecchia zia. Tra l’altro ho una zietta antifa’, ma dotata di grande umorismo.

    Per i l resto, che dirvi, sono a Milano il 14 dicembre per presentare il libro e dare adito all’ennesimo presidio antiqualcosa.
    Come si dice a Roma, se ve regge.

  59. “i veri giudici sono i lettori, non i critici”, ché i lettori critici non lo possono essere? Dai, su, fa’ uno sforzo.
    Non ci si conosce reciprocamente, di Tullio. Non sentirti l’unico uomo qualunque sulla faccia della terra, è una contraddizione in termini.

    Non so cosa intendi per *il thread antifa “perché iddio lo vuole”*. Non amo chi distorce nomi e fatti, lo trovo meschino.
    Io conosco un pezzo pubblicato da una persona che non ho mai visto in faccia, della quale non conosco il suono della sua voce, né i problemi di vita quotidiana che sta passando (come ogni persona qualunque).
    Eppure so che quel post, “L’amavo troppo la mia patria non la tradite”, è una delle lezioni morali più alte che ho avuto la fortuna di incrociare su queste pagine. Piacerebbe un casino anche a tua zia, fidati.

  60. @Domenico Di Tullio, solo poche cose, non credo ci sia molto altro da aggiungere – il thread “antifa” da lei citato forse meriterebbe del rispetto da uno che chiede non accostate il mio nome al nazismo visto che mio padre…; che racconta Casa Pound come baluardo di giustizia sociale (e magari, dico, ha anche le sue ragioni – su questo occorre riflettere). Quel thread così banale racconta una vicenda umana, personale e sofferta, perfino finita nei documenti storici, biecamente manipolata da un “notevole” personaggio. Credo che il confronto con l’avversario, anche teso, passi sempre prima di tutto dal riconoscimento dei fatti, da una forma in disuso di pudore, che dovrebbe proibire di liquidare in due battute il prossimo solo perchè “sta dall’altra parte”. L’impressione è che qui, anche con toni forti e accesi, ci sia stato un tentativo di dialogo, pure difficilissimo, probabilmente impossibile, con lei e la sua parte. A cui ha risposto che sarebbe meglio andare a farci un giro, esercitare l’autoironia, considerare la pura oggettività dei suoi commenti su Piazza Navona, ma, al tempo stesso, esibendo in due righe una discutibile soggettività di giudizio sulla carne e il sangue di altri che non sono i “suoi”. Potrebbe dare sempre il buon esempio, qui c’è gente volenterosa che adora imparare, iniziando a fare autoironia lei, ovviamente non scontata e banale, sul privato e sul pubblico da lei esperito. Buonanotte.

  61. Non mi duole, ddt, che lei sia venuto ad ascoltarmi, contento lei. Ma gli è che lei dev’essere un ascoltatore distratto, evidentemente pensava ad altro quando si cantava Dai monti di Sarzana: E le brigate nere noi le farem morire.

    Sa, nelle nostre terre apuane per fortuna sono vive le memorie delle stragi ed eccidi, compiute dai nazisti cameratescamente a braccetto con gli italianissimi fascisti.
    Ma dev’esserle sfuggito, per la sua distrazione, anche questo.
    E’ per una questione di memorie e distrazioni, diciamola brevemente, che tra noi non può esserci dialogo, tantomeno infarcito di ironie goliardiche.

  62. caro domenico
    non mi sorprende affatto che tu possa vederti e goderti un concerto degli anarchistes, né che tu possa amare Pier Paolo Pasolini o Che Guevara- non lo hai detto ma avresti potuto, e ascoltare i Clash,o amare i fumetti di Hugo Pratt o quant’altro. Non mi sorprende in sé la cosa. Però farlo con una premessa del tipo, sono fascista ma così illuminatamente fascista che posso permettermi anche di amare le “vostre” cose, è una boiata pazzesca. Primo perché non sono cose nostre ma opere progetti percorsi che hanno forme e visioni precise del mondo, al di là di ogni ideologia. Secondo perché quel tuo discorso, ma come sì, tutti a tavola però mi raccomando, dice la mamma, non si parli di politica altrimenti zia, la zia compagna si incazza, è natale, e poi la roma e la lazio… Vedi Domenico è questa banalità caciarona, tipo e a san remo si canta bella ciao, prima, e faccetta nera poi, anzi no sorteggiamolo pescando da un canestrino sul culo di ogni italiano, che non va. manca decenza di pensiero e di animo. Queste, mi permetterai, sono maschere comode, da gilet e manganello, davanti alle quali ci si trova come di fronte a un ricatto. Sei Arlecchino tu, e giù legnate, è la prima. Oppure togliere la maschera sollevare le vesti (nere) di quel falso pop fascion e mostrare a tutti che sotto non ci sono le palle.
    Sai non è questione di capirci per forza, anzi, se prima non ci capivamo ora, da un certo punto in poi delle tue risposte, ti capisco benissimo, al punto di dirti che non mi piaci, per nulla, come non mi piace per nulla quello che non è scritto a chiare lettere nel tuo romanzo ninja, ma che è possibile leggere e capire abbastanza da poter dire qui, in questo libro non c’è traccia di arte del romanzo.
    effeffe

  63. Che tristezza, tanto speco di erudizione e bella (?) scrittura, tanta voglia di stupire e fare gli splendidi per finire poi con i commentini noiosi come discorsi di Napolitano: “I valori della resishdenza… i grimini del bassato… la follia nazzzifascista…l’attualità della gostiduzione”… vabbè, mi è venuto più Biscardi che Napolitano, ma ci siamo capiti… Mi è solo sfuggita una cosa: si è già presentato quello che ha preso le cintate a Piazza Navona? No perché è la tipologia umana più trendy… una volta non si negava a nessuno un nonno partigiano (che poi magari era nato nel ’44, ma mica si stava a sottilizzare), ora non sei nessuno se non conosci un cinghiamattato… ma chi porta le pizzette?

  64. Matteoni,
    il filotto antifa’ citato era questo qui, non altri. Per il resto, le parrà strano, sono d’accordo con lei sul tentativo di dialogo e perciò ho scritto il libro. Ovviamente un dialogo tra sordi è difficile, ma sto pian piano imparando il linguaggio dei gesti. Per il resto, quando mio padre si trovava a villeggiare in Germania a spese del III Reich, mio nonno era alloggiato in bed & breakfast presso la certosa a Padula da simpatici liberatori Anglo & Americani. Sono il frutto di un Italia complessa e composita, che parla molto di politica quando si ritrova a tavola e litiga, ben consapevole di essere una famiglia sola.

    Rovelli,
    mi piace documentarmi ed ho buoni amici compagni, ma, stia tranquillo, il suo non è il genere musicale che preferisco. A lei, duole dirlo perché un artista dovrebbe avere nella mia immaginazione una capacità di dialogo di comprensione e di superamento del pregiudizio molto maggiore, deve esserle sfuggito parecchio altro, in questi ultimi sessant’anni, con buona pace dei campi e delle fucine, se ancora esistono. E di quelli che sono morti cantando le canzoni che lei ricanta, lei in tempi altri e in contesti più rilassati e fricchettini, ho gran rispetto. Quando sono autentici, i sentimenti e le passioni lo meritano sempre. Diversamente le cover e i mestieranti non vanno confusi e non devono avere la tentazione di confondersi con ciò che cantano: scesi dal palco, sono altro.

    ff,
    è la premessa che premetti che, se mi permetti, è una sciocchezza: io non sono fascista e non mi sono mai detto tale. Sono stato un militante della destra radicale, ma ora come allora, se mi dovessi collocare a destra o a sinistra, in barba a Ortega y Gasset, sceglierei certamente la sinistra. Certamente non la sinistra italiana, ma questo è un altro discorso.
    A proposito di lievi imprecisioni, Pratt era un un primo repubblicano, lo sapevi? Voi li chiamate repubblichini, per esser chiari.

    Ritengo, inoltre, che la banalità romana caciarona (ma non confonderla con la romanità critica: bombolo è ben diverso da trilussa) è quella di chi chiacchiera di libri non avendo letto, di chi sparla di uomini e donne coraggiosi senza sapere nulla di ciò che fanno, dicono, pensano, di chi tradisce gli amici per paura di perdere il piatto di lenticchie della repubblica antifa’, piuttosto che cercare, con fatica e dignità, di difendere la verità e di praticarla. Anche nella scrittura, anche nell’inventiva letteraria e nel romanzo.

    Che io non ti piaccia, non mi stupisce: vengo a pisciare nel salotto di casa tua, tra barbapapa’ e cantori dell’ovvio, sibille apuane e vecchie zie con evidente emiparesi facciale, ma lo faccio perché questo mi pare l’arena triste di un circo in smobilitazione, mica per cattiveria. Ancor più triste perché voi, in tanti contro uno per scelta, come al solito vi sentite leoni, anche se ridacchiate ululando invece di ruggire.

    Per scrivere ci vuole cuore e palle, sì. E se ti va di vederle, ben ancorate ad un romanzare senz’arte né parte, ovviamente la tua arte partigiana da repubblica delle banane antifa’, vienimi sotto.
    Letterariamente, s’intende.

    Saluti, questa volta semplici, che non ti voglio far andare di traverso il cafellatte.
    ddt

  65. Di Tullio, permettimi di dire che dici cose scontate: se tu ti sentissi di sinistra, come tanti che casualmente si sono ritrovati a destra negli anni passati e per destra intendo l’extraparlamentare, non staresti più con il mondo neofascista ma saresti semplicemente, tanto per rinverdire letture jungeriane, uno che passa il Meridiano Zero per infilarsi nel bosco.

  66. “Per scrivere ci vuole cuore e palle.”
    Inquietante figurarsi quest’uomo pieno di accorata passione con la minchia sulla tastiera. Questo sì che è “scrivere a cazzo”!

  67. Volevo solo dire che la rissa da pollaio è il risultato che si ottiene quando si valuta un romanzo a partire dai suoi contenuti. Ancora peggio quando si valuta la persona che lo ha scritto come parte dell’opera… Si ottiene, insomma, una critica del cazzo.

    ps: non c’era proprio modo ignorarlo questo romanzo? Magari concentrandosi sull’inquietante fenomeno casa pound, sui deliranti manifesti denominati ESTREMOCENTROALTO, quelli si da valutare nei contenuti?

    ps2: se casa pound è nata e si è diffusa nelle periferie urbane è perché i tenutari delle culture (i legittimatori delle pratiche culturali) si sono mantenuti al centro, o vicino ad esso, rendendo deserto tutto il resto. Ma gli spazi vuoti vengono riempiti, soprattutto in politica.

  68. “Per scrivere ci vuole cuore e palle, sì. E se ti va di vederle, ben ancorate ad un romanzare senz’arte né parte, ovviamente la tua arte partigiana da repubblica delle banane antifa’, vienimi sotto.
    Letterariamente, s’intende.”
    Perché continuate a dar corda a ‘sto tizio? Per scrivere ci vuole cuore e palle? Forse ci vuole anche il cervello.

  69. Domenico, visto dall’alto questo thread ti fa pensare all’epica di certe tue visioni con l’uno contro tutti eppure basterebbe scendere un po’ d’altitudine per cogliere sfumature, differenze, questioni ben più profonde à monte. No, ti assicuro, non sono il gaio musicante che se la canta e se la suona a bordo di una nave un tempo ammiraglia e ora alla deriva su chissà quale iceberg. e molte delle persone intervenute qui, posso assicurarti, non abitano quella nave perché semplicemente quella nave non esiste. Qui sono state scritte cose, e allora che i lettori traggano le loro conclusioni. A me sembri assai confuso ma non posso fartene una colpa, ci mancherebbe altro. Ognuno ha i suoi maestri no? il mio è Albert Camus, come ho detto ieri ad una conferenza hommage qui a Torino. Albert Camus, tu vois,
    effeffe

  70. Comunque stasera hanno citato anche Gobetti. A CasaPound. Giuro. L’ha citato un relatore fascista, ignorando questa discussione. Un relatore fascista ha invitato a leggere Gobetti. Ed è uscito con le sue gambe. Pensa un po’…

  71. No, Erio e credo di averlo dimostrato nei giorni scorsi proprio qui. Sono soltanto convinto che per essere spiriti davvero liberi ci vogliano consapevolezza – ovvero disciplina, rigore, esercizio di ogni capacità critica, emotiva o culturale che sia – e coerenza. Per cogliere ogni sfumatura di grigio in quella complessità che è la vita, difficilmente comprensibile se semplificata nei suoi soli bianchi e neri, è necessario che a monte quella chiarezza ci sia. Non si entra nelle zone grigie – la violenza, l’aggregazione, il conflitto, la bellezza ecc con una visione grigia in cui ci sia tutto, dal dogma al relativismo più spietato. Visioni blob, zapping concettuali, queste che sembrano non creare problema a chi vorrebbe spacciarle per libertà di pensiero e in cui tutti insieme, appassionatamente, da Franco a Che Guevara, Mussolini e Gobetti, Pasolini ed Evola, ci ballano il gran Can Can della fine della storia. Magari ad altri non creano problemi ma a me si.
    effeffe

  72. Monina,
    Tempo fa ho letto, con una certa difficoltà, il suo Milanabad e ci vuole ben poco cervello e molto fegatone per fare la il discrimine tra buoni e cattivi rapperz milanesi, osannando Mondomarcio e “dimenticandosi” Marracash e Dogo, ma lei ci è riuscito. Rileggendola qui, non me ne stupisco.

    Biondillo,
    Biondì, per te sarebbe comunque tecnicamente impossibile, temo.

    Forlani,
    che dire? Abbiamo discusso di tutto e di tutti, più che altro dandoci pacche e schiaffoni letterari, cambiando ritmi e registri, a seconda di quello che ci conveniva, rianimando resistenze, i bianciardi (mille volte meglio) e i camus, apprendendo che anche i fa’, parlando di fiume, riescono a citare il citato Gobetti… io, forse confuso dai confusi ma mai contuso, mi sono anche molto divertito a leggere e scrivere in questa confusione. Ti saluto, definitivamente.
    Ci vediamo alla prossima.
    ddt

  73. di Tullio: infatti, non metto mai lo scroto sui tasti. Non oso immaginare l’igiene della tua tastiera.

  74. Di Tullio, mi ripeto, ci vuole cervello, ma anche gli occhi, e anche un minimo di cognizione di causa. In Milanabad i Dogo e la loro gang li cito, eccome se li cito. Ma forse lei legge con cuore e palle, e basta, in una strana forma di braille. Si è già sufficientemente coperto di ridicolo, da queste parti, non vedo perché accanirsi così ostinatamente su se stesso. Stacchi la spina, suvvia.

  75. ff

    ci s’intende, dato che non afferro la frase l’ho messa su gugletraduscion. mi da’: migliaia di affamati nel vuoto. è un verso endecasillabo straordinario.

    a proposito del mio amore per il nulla, volevo anche dire un miliardo di volte meglio il nulla di di tullio e i suoi amici.

    avendo anche io, come te (tu reverenziale), la passione per la lingua napoletana (da dilettante, s’intende) ho inventato il massinotraduscion italonapoletano. Ci ho messo la canzone che in italiano non capivo, in napoletano mi pare perfetta

    Tu si’ ‘e còre e te jett’n ‘o prèvete
    Tu si’ fetènt e te jett’n ‘o prèvete
    qualunquemento cosa fa’
    dovunquemento te ne va’
    tu semp ‘o prèvete ‘n facc’ pigliàrrai
    Tu si’ ricc e te jett’n ‘o prèvete
    Nu si’ ricc e te jett’n ‘o prèvete
    a ‘o munn nu v’è mai
    quacche cos ca gli va a issi
    e ‘o prèvete pigliàrrai senz cumpassion
    E sarà accussi’ finchè avvìvrai
    sarà accussì …

    Se fatichi te jett’n ‘o prèvete
    vo’ fa nu cazz e te jett’n ‘o prèvete
    ‘u jorno ca vurrai
    spallià, ‘u verrai cu l’uocchie tuoje
    ca sol ‘o prèvete ‘n faccia pigliàrrai
    Se si’ ianco te jett’n ‘o prèvete
    se si’ niro te jett’n ‘o prèvete
    a ‘o munn nu v’è mai
    quacche cos ca gli va a issi
    e ‘o prèvete pigliàrrai senz cumpàssiona
    E sarà accussi’ f’nché avvìvrai
    sarà accussì …

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Nota di lettura di Francesco Forlani al romanzo La donna capovolta di Titti Marrone Dei libri mi piace cogliere i segni che sono...

Il postino di Mozzi

brani di Guglielmo Fernando Castanar (in corsivo) e Arianna Destito Cominciai questo lavoro di raccolta dopo il terzo o il...

Penultimi ( note fuori dal coro )

    Nota (continua) di Francesco Forlani     I Può capitare alla fine dei corsi quando mi aggiro tra i banchi vuoti, di ritrovare dei tappi di penne righelli...

NApolinaire Sud n°18- Editoriale + Pasquale Panella

Editoriale effeffe   Diciotto   18 Novembre. Una data importante per noi ex allievi della Nunziatella. Anniversario della nascita del Real Collegio, anno...
francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017