DEREK WALCOTT A ROMA
Martedì 22 marzo 2011, ore 18.30
Il Premio Nobel Derek Walcott legge dalla sua più recente raccolta di poesie Isole (Adelphi, 2009),
e dialoga con il suo traduttore italiano Matteo Campagnoli.
Introduce Vanni Bianconi, direttore artistico di Babel.
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Il Premio Nobel Derek Walcott legge dalla sua più recente raccolta di poesie Isole (Adelphi, 2009),
e dialoga con il suo traduttore italiano Matteo Campagnoli.
Dopo le letture, il direttore artistico Vanni Bianconi presenterà al pubblico romano Babel, il festival
di letteratura e traduzione che si svolge da ormai sei anni a Bellinzona (Canton Ticino, Svizzera) e
l’edizione 2011 dedicata alla Palestina.
L’incontro ha una valenza speciale in quanto Matteo Campagnoli è tra i fondatori del festival, e
Derek Walcott è, in qualche modo, il padrino di Babel, avendolo aperto in anteprima con la sua
versione teatrale dell’Odissea nel 2006.
Derek Walcott, Isole, Adelphi 2009, a cura di Matteo Campagnoli
Dal risvolto del volume
Un paio di decenni fa Iosif Brodskij ebbe a scrivere di Walcott: «Per quasi quarant’anni, senza sosta, i suoi versi pulsanti e inesorabili sono arrivati nella lingua inglese come onde di marea, coagulandosi in un arcipelago di poesie senza il quale la mappa della letteratura moderna assomiglierebbe, di fatto, a una carta da parati». Un arcipelago al quale, da allora, non hanno mai smesso di aggiungersi nuove isole, ma le cui coordinate sono rimaste immutate: dalle promesse giovanili di In una notte verde – imparare «a soffrire in giambici accurati», «lodare finché amore duri, i vivi e i morti bruni» – alle riflessioni sull’arte e sulla vecchiaia del Prodigo. Una dedizione totale alla poesia e una preoccupazione per la condizione umana nate dalla volontà di rimanere fedele a un’epifania precoce – magistralmente narrata nel poema autobiografico Un’altra vita – che, alla maniera di Dante, ha segnato e continua a segnare il corso di un’intera esistenza. Ripercorrere l’avventura letteraria di Walcott significa assistere al dispiegarsi di un dono poetico capace, come forse nessun altro ai nostri giorni, di coniugare il lampo lirico dell’istante «in cui ogni sfaccettatura» è «còlta in un cristallo di ambiguità» con il gesto aperto e impersonale dell’epica. Il risultato, sulla pagina, è un’opera di straordinaria versatilità formale, magnificenza linguistica e precisione metaforica, costantemente illuminata da una compassione ampia, come nei grandi poeti di ogni tempo.
splendida lettura di walcott! certo la serata valeva la pena anche soltanto per il seguente scambio di battute.
– SIGNORA DEL PUBBLICO: c’è qualche poeta contemporaneo che le interessa?
– WALCOTT: non parlo italiano e quindi non leggo poeti italiani contemporanei.
– FRANCO BUFFONI (dal pubblico): ma derek, cinque minuti fa mi hai detto che io sembro la versione italiana di john ashbery! adesso devi dirci cosa pensi della poesia di ashbery!
– WALCOTT: apparently there’s someone from the poetry mafia here…
[sipario]
infine, forzato a dire la sua su ashbery, walcott ha detto che ne trova la poesia spesso “irritating” per la gratuita complicazione. restano senza risposta le seguenti domande: (i) ma allora il paragone tra la poesia di ashbery e quella di buffoni era voluto e non lusinghiero??? (ii) non è che walcott voleva dire che buffoni assomiglia ad ashbery fisicamente??!!!!
salut,
maman
errata corrige:
– SIGNORA DEL PUBBLICO: c’è qualche poeta contemporaneo ITALIANO che le interessa?