DROGA? NO, GRAZIE
Pubblico volentieri questo appello, che sintetizza quanto personalmente penso sul problema “droga” da quando raggiunsi l’età della ragione. Franco Buffoni, antiproibizionista da sempre.
di Alice Jay – Avaaz.org
Nel giro di pochi giorni potremmo finalmente assistere all’avvio della fine della “guerra alle droghe”. Questa costosissima guerra contro la piaga della dipendenza dalle droghe ha fallito miseramente, mentre ha lasciato sul campo numerose vite umane, ha devastato intere comunità, e ha versato miliardi di euro nelle casse di violente organizzazioni criminali.
Gli esperti sono d’accordo nel sostenere che la politica più efficace sia la regolamentazione, ma i politici hanno paura di toccare l’argomento. Fra qualche giorno una commissione globale, cui parteciperanno fra gli altri i Capi di stato e i responsabili degli affari esteri di ONU, UE, USA, Brasile, Messico e molti altri, romperà il tabù e chiederà pubblicamente un nuovo approccio, che comprenda la depenalizzazione e la regolamentazione delle droghe.
Questo potrebbe essere un momento cruciale, di quelli che capitano rarissimamente; se però saremo in molti a chiedere la fine di tutta questa follia. I politici dicono di capire che la guerra alle droghe ha fallito, ma ritengono che l’opinione pubblica non sia preparata per l’alternativa. Dimostriamo loro che siamo pronti ad accettare solo una politica sana e umana: lo esigiamo. Clicca sotto per firmare la petizione e condividerla con tutti: se raggiungeremo 1 milione di voci, la consegneremo personalmente ai leader mondiali presenti alla commissione globale:
http://www.avaaz.org/it/end_the_war_on_drugs/?vl
E’ da 50 anni che l’attuale politica sulle droghe ha fallito con chiunque e ovunque, ma il dibattito pubblico si è impantanato nella palude della paura e della disinformazione. Tutti, persino il dipartimento ONU sulle Droghe e il Crimine, che è responsabile dell’implementazione di questa politica, ritengono che l’utilizzo di militari e poliziotti per bruciare le fattorie della droga, la caccia ai trafficanti, e il carcere per gli spacciatori e i drogati, siano uno sbaglio che stiamo pagando molto caro. E con il costo enorme in termini di vite umane, dall’Afganistan al Messico agli USA, il traffico illegale di droga sta distruggendo paesi in tutto il mondo, mentre la dipendenza, le morti per overdose e le infezioni di AIDS/HIV continuano a crescere.
Nel frattempo i paesi che non usano il pugno duro, come la Svizzera, il Portogallo, l’Olanda e l’Australia, non hanno registrato l’esplosione nell’uso di droghe che i promotori della guerra alle stesse avevano predetto. Al contrario, hanno visto un declino significativo dei crimini legati alla droga, delle dipendenze e delle morti, e sono in grado di focalizzarsi esclusivamente sulla lotta contro gli imperi del crimine.
Lobby molto potenti stanno cercando di ostacolare la via del cambiamento, inclusi i militari, le forze dell’ordine e i dipartimenti carcerari, i cui budget sono ora in pericolo. E i politici temono che gli elettori li mandino a casa se sosterranno politiche alternative, perché potrebbero apparire deboli nelle politiche sulla sicurezza. Ma molti ex Ministri degli Interni e Capi di stato si sono espressi in favore della riforma non appena hanno lasciato il loro incarico, e i sondaggi dimostrano che i cittadini in tutto il mondo sanno che le politiche attuali sono un disastro. Sta arrivando l’ora delle nuove scelte, particolarmente nelle regioni devastate dal traffico di droga.
Se nei prossimi giorni riusciremo a creare un appello globale in favore delle dichiarazioni coraggiose della Commissione Globale sulle Politiche sulla Droga, potremo essere più forti delle scuse per il mantenimento dello status quo. Le nostre voci hanno in mano la chiave del cambiamento: firma la petizione e fai il passaparola:
http://www.avaaz.org/it/end_the_war_on_drugs/?vl
Abbiamo la possibilità di cominciare il capitolo conclusivo di questa “guerra” brutale che ha distrutto milioni di vite. L’opinione pubblica globale determinerà se questa politica catastrofica sarà fermata o se i politici sgattaioleranno via dalla riforma. Attiviamoci immediatamente per spingere i nostri leader, esitanti dal dubbio e dalla paura, fino alla ragione.
Con speranza e determinazione,
Alice, Laura, Ricken, Maria Paz, Shibayan e tutto il team di Avaaz
FONTI:
I dati che dimostrano che la guerra alle droghe ha fallito (in inglese)
http://idpc.net/publications/failure-regime-selected-publications
I dati che dimostrano che gli approcci alternativi come la depenalizzazione stanno funzionando (in inglese)
http://idpc.net/publications/alternative-strategies-selected-publications
Relazione generale sulla legislazione messa in pratica di riforma delle droghe (in inglese)
http://www.tni.org/report/legislative-innovation-drug-policy
Cosa possiamo imparare dalla depenalizzazione delle droghe in Portogallo? (in inglese)
http://bjc.oxfordjournals.org/content/50/6/999.abstract
La Commissione Globale sulle Politiche sulla Droga che chiederà all’ONU di mettere fine alla guerra contro le droghe
http://www.globalcommissionondrugs.org/Documents.aspx
La guerra alle droghe in cifre (in inglese)
http://www.drugpolicy.org/facts/drug-war-numbers
La relazione finale della Commissione latinoamericana sulle droghe e la democrazia (in inglese)
http://www.drogasedemocracia.org/English/Destaques.asp?IdRegistro=8
Petizione firmata. Prima di subito.
Un saluto!,
Antonio Coda
Firmata, basta proibizionismo. Che si liberino le droghe naturali (marijuana, piante psichedeliche, funghi ecc) e si controllino quelle sintetiche (farmaci, eroina, cocaina, metadone, crack, LSD, alcool, tabacco ecc)
tenendo conto che hanno usato infingardamente la scusa del traffico di sostanze stupefacenti come grimaldello per disinnescare una delle rivoluzioni più interessanti(quella hippy,della controcultura e dei sensi)non credo che i grandi poteri finanziari vogliano togliersi dalla manica l’asso utile a perpetuare uno status quo in cui evidentemente hanno molto da guadagnarci
http://mufakkaracing.com/music/The%20Lemonheads/Unknown%20Album/Mrs.%20Robinson.mp3
Firmata la petizione. Io sono per l’assoluto antiproibizionismo. Per il resto, dato che la guerra alle droghe è essenzialmente strumentale, la vedo difficile.
Bravo Franco! Il Lello antiantiantianti-proibizionista…
Dio c’è, liberiamo la Marja….
:DDD
speriamo! :)
bravo franco buffoni!
bacio
la fu
addavenìmaria! :)
IL COSTO FISCALE DEL PROIBIZIONISMO: UNA SIMULAZIONE CONTABILE
di Marco Rossi
Abstract
Recenti contributi teorici sostengono la superiorità degli strumenti fiscali nel contenere il consumo di droghe rispetto all’applicazione di una normativa proibizionista. In Italia il consumo di tabacchi ed alcolici è appunto scoraggiato tramite l’imposizione di una elevata tassazione. Questo lavoro stima quale sarebbe stata l’implicazione fiscale per l’erario nazionale se nel periodo 2000-05 il mercato delle droghe fosse stato regolato come quello dei tabacchi. Le nostre stime suggeriscono un beneficio fiscale annuale di quasi 10 miliardi euro (quasi 60 in totale). In particolare, l’erario risparmierebbe circa 2 miliardi all’anno di spese per l’applicazione della normativa proibizionista (polizia, magistratura, carceri), ed incasserebbe circa 8 miliardi all’anno dalle imposte sulle vendite (5,5 dalla sola cannabis).
1. Introduzione.
L’assunzione che il consumo di droghe causi esternalità negative per la collettività motiva l’intervento pubblico volto a contenere l’attività di questo mercato. La teoria economica suggerisce che un livello di consumo socialmente ottimale può essere ottenuto tramite due diversi strumenti: il primo consiste nell’imposizione di vincoli sulle massime quantità scambiabili, fino al divieto totale; il secondo nell’imposizione di una tassazione sulle vendite. In un recente contributo alla teoria dell’enforcement ottimale, applicata al caso delle droghe, Becker, Grossman e Murphy (2006) sostengono che l’equivalenza tra questi due strumenti poggia sopra l’ipotesi di gratuità dell’enforcement. Qualora si ammetta che l’applicazione di una normativa comporti dei costi, BGM (2006) sostengono la superiorità dello strumento fiscale (tassazione) rispetto alla imposizione di una forma estrema di contingentamento, quale il proibizionismo. Si noti che nel modello di BGM (2006) la maggiore efficienza dello strumento fiscale deriva dalla supposta rigidità della domanda e/o dell’offerta di droghe. Assunte tali rigidità, il livello di consumo socialmente ottimale sarebbe minore nel caso di legalizzazione delle droghe e tassazione dei loro scambi rispetto al caso di ottimale applicazione di una normativa proibizionista. Questi minori consumi sarebbero indotti da un prezzo di equilibrio (cum-tax) sul mercato legale maggiore rispetto al prezzo di equilibrio delle droghe sul mercato nero. L’adozione dello strumento della tassazione comporterebbe, inoltre, dei benefici per l’erario nazionale rispetto all’utilizzo dello strumento proibizionista. In primo luogo, la legalizzazione delle droghe permetterebbe agli agenti di questo mercato di emergere dal mercato nero, cioè di produrre legalmente e di pagare le tasse. In aggiunta alle entrate fiscali derivanti dalla tassazione degli scambi, la legalizzazione implicherebbe anche una riduzione dei costi di enforcement. I costi di applicazione di una normativa sono inferiori nel caso in cui sia solo una parte degli agenti del mercato a non rispettarla (quelli che preferiscono rimanere nel mercato nero per evitare latassazione) rispetto al caso in cui tutti gli agenti del mercato debbano operare illegalmente (come nel caso del proibizionismo). La regolamentazione italiana del mercato di alcune droghe (cannabis, cocaina, eroina, ecc.) consiste nel divieto della loro produzione e vendita, mentre il consumo di altre droghe (tabacco, alcol, ecc.) è scoraggiato tramite l’imposizione di elevate tasse sul loro prezzo di vendita.
Il nostro contributo consiste nella stima dei benefici fiscale che l’erario italiano avrebbe riscosso nel periodo 2000-05 se la regolamentazione applicata al mercato dei tabacchi fosse stata estesa anche al mercato delle altre droghe. In altri termini abbiamo condotto una sorta di simulazione contabile volta a stimare quale sia stato il costo fiscale del proibizionismo in Italia. Applicando al caso italiano il metodo di stima suggerito da Miron (2006), identifichiamo quali costi del proibizionismo sia le spese per l’applicazione della normativa proibizionista (risorse di polizia, magistratura e carceri), sia il costo-opportunità delle tasse non riscosse. In questo lavoro sono stimati solamente i costi di applicazione della normativa proibizionista, non si tenta alcuna valutazione circa l’impatto fiscale dei cambiamenti nelle politiche educative e sanitarie eventualmente connessi alla legalizzazione del mercato delle droghe. Si assume, cioè, che tali politiche siano indipendenti dalla normativa del mercato delle droghe. Le nostre stime non considerano altre (indirette) implicazioni fiscali del proibizionismo. Tra queste ricordiamo il crimine indotto dal proibizionismo. Il proibizionismo genera criminalità per vari motivi. In primo luogo il proibizionismo è incompatibile con la tutela giudiziaria dei diritti di proprietà sui beni o le attività vietate. I soggetti coinvolti nel mercato nero devono quindi risolvere le loro controversie in via extra-giudiziale, ricorrendo alla violenza come strumento residuale (Mirlees, 1975). In secondo luogo, la concavità della funzione delle sanzioni rispetto al numero di crimini commessi implica che il proibizionismo riduca il costo marginale sostenuto dai narcotrafficanti per il compimento di altre attività criminose1. L’utilizzo di risorse investigative, giudiziarie, ecc. per l’applicazione della normativa proibizionista compete, infine, con l’utilizzo degli stessi strumenti per il controllo di altre attività criminali. Se ammettiamo che l’applicazione del proibizionismo sottragga risorse utili per altri compiti di polizia, è ipotizzabile che ciò induca un aumento generalizzato della criminalità. Questo aumento della criminalità, indirettamente indotto dal proibizionismo, ha implicazioni sull’attività economica e quindi sul piano fiscale. Sebbene l’evidenza empirica corrobori l’ipotesi che il proibizionismo induca un aumento della criminalità (Miron, 1997), l’impatto fiscale di questo fenomeno è tuttavia omesso dai nostri calcoli, che, pertanto, sottostimano le implicazioni fiscali del proibizionismo. Altre implicazioni fiscali concernono l’impatto del proibizionismo sulle capacità contributive dei soggetti coinvolti nel mercato illegale delle droghe. In primo luogo, il proibizionismo implica che l’erario non possa riscuotere l’imposta sul reddito personale ottenuto da traffici dichiarati illeciti. Solamente nel caso in cui i trafficanti siano condannati, i proventi del traffico di droga sono confiscati, altrimenti i redditi dei trafficanti sono esentasse. In secondo luogo, l’adozione di una normativa proibizionista implica l’applicazione di sanzioni nei confronti dei suoi violatori, limitazioni della libertà personali (carcere, ecc.) che riducono le capacità contributive di questi soggetti. Infine, una normativa proibizionista impedisce l’adozione di garanzie legali sugli standard qualitativi dei prodotti scambiati. Il conseguente aumento dei rischi per la salute dei consumatori di droghe (avvelenamenti, ecc.) ne riduce le capacità contributive. L’omissione di queste poste dal nostro modello implica una sottostima dei costi fiscali del proibizionismo.
In conclusione, il nostro studio stima in circa 60 miliardi di euro il costo fiscale del proibizionismo in Italia dal 2000 al 2005 (in media circa 10 miliardi di euro annui). La legalizzazione del commercio delle droghe avrebbe fatto risparmiare circa 2 miliardi all’anno di spese connesse all’applicazione della normativa proibizionista. Estendendo al mercato delle droghe la normativa fiscale applicata a quello dei tabacchi, l’erario nazionale avrebbe inoltre incassato circa 8 miliardi all’anno dalla tassazione sulle vendite. Complessivamente, la proibizione della cannabis ha implicato un costo fiscale di circa 38 miliardi di euro, a fronte di 15 miliardi per la cocaina e di 6 l’eroina.
1. La legislazione italiana in materia di droga e la sua applicazione.
La legislazione italiana in materia di droga è il “Testo Unico sulla Droga”, D.P.R. 03/10/90, n.309. In seguito al referendum popolare del 1993, ne è stata abrogata la parte che classificava il consumo di droga come reato penale. Successive modifiche sono consistite nella L. 350 (24/12/03), L. 251 (5/12/05), ed infine nella L. 49 (21/02/06). La legge italiana punisce sia la vendita sia il consumo di droghe. Le medesime sanzioni sono applicate senza distinzione tra stupefacenti, ma per ciascuna droga sono previste specifiche soglie quantitative al fine distinguere tra possesso finalizzato al consumo o allo spaccio. Le sanzioni previste per il reato di traffico di stupefacenti sono sia di natura pecuniaria (multa da 26mila a 260mila euro), sia detentiva (da 6 a 26 anni di reclusione). Il consumo di stupefacenti è invece punito per via amministrativa tramite l’applicazione di varie sanzioni quali il ritiro del passaporto, della patente di guida, del permesso di soggiorno, ecc. per un periodo compreso tra un mese ed un anno, sono inoltre previste altre sanzioni amministrative fino a due anni. Per quanto concerne l’applicazione della suddetta normativa, l’Italia primeggia in Europa per il numero di denunce di violazioni della legge sulla droga2. Dal 2000 al 2005 le forze dell’ordine italiane hanno condotto oltre 140mila operazioni antidroga (quasi 24mila all’anno), di cui la metà concernenti la cannabis (tab. 2.1.1). In seguito a questa attività investigativa, 226.700 persone sono state denunciate alla magistratura (quasi 38mila all’anno). La distribuzione delle denunce per sostanze indica che il 40% dei casi riguardava la cannabis, oltre il 30% la cocaina ed il 25% l’eroina (tab. 2.1.2). In questo periodo, 250mila persone sono state processate in Italia e 130mila condannate per violazione della legge sulla droga (circa 22mila condanne all’anno). Dal 2000 al 2005 circa il 38% dei detenuti nelle carceri italiane scontava condanne per violazioni della legge sulla droga3 (tab. 2.1.3)
2.2 Il mercato delle droghe in Italia.
In Italia il consumo di sostanze illecite è significativo (tab. 2.2.1), ed in particolare la diffusione del consumo di cannabis, cocaina ed eroina è ben al di sopra della media mondiale. Si stima che in Italia quasi 4,5 milioni di persone consumino annualmente cannabis, circa 800mila cocaina e circa 300mila eroina (Unodoc, 2007). In termini di diffusione del consumo tra la popolazione in età lavorativa, l’Italia primeggia in Europa per la diffusione del consumo di cannabis (11%, inferiore solo a quello cipriota), cocaina (terzo tasso in Europa dopo Spagna ed Inghilterra) ed eroina (quinto tasso di diffusione in Europa). La diffusione del consumo di droghe sintetiche (ATS) in Italia è invece nettamente inferiore rispetto al resto d’Europa (Unodoc, 2007)4. In base a queste stime sulla diffusione del consumo di droghe, abbiamo calcolato che nel 2005 in Italia siano state consumate circa 1200 tonnellate di cannabis, 32 di cocaina e 9 di eroina (par. 4.2.1). Moltiplicando queste quantità per i prezzi al dettaglio registrati nel mercato nero (Unodoc, 2007), abbiamo stimato una spesa per l’acquisto di droghe di circa 11 miliardi di euro (di cui: il 68% per la cannabis, il 26% cocaina ed il 6% eroina).
3. Il modello per la stima dei costi fiscali del proibizionismo.
Il modello qui utilizzato per stimare il costo fiscale del proibizionismo adatta al caso italiano il metodo già utilizzato da Miron (2006) per stimare le implicazioni fiscali del proibizionismo della cannabis negli Usa: BBL = E+ T*QL
In questo modello il costo fiscale del proibizionismo (BBL) è costituito da due poste: a) la spesa sostenuta per l’applicazione della normativa proibizionista (E); b) un costo opportunità, pari alle imposte (non riscosse) sulle vendite (T*QL); dove T* indica l’aliquota d’imposta ottimale (“sin tax”) e QL (volume delle vendite legalizzate) la base imponibile.
La spesa pubblica destinata all’applicazione della normativa proibizionista (E) è identificata nella somme di tre componenti principali: E = EP + EC + EJ: dove EP sono le risorse impiegate dalle forze dell’ordine; EC quelle impiegate dalla magistratura ed EJ quelle carcerarie.
La spesa delle forze dell’ordine destinata all’applicazione della normativa proibizionista (EP) è stimata moltiplicando le risorse pubbliche destinate a servizi di polizia per la percentuale di denunce per reati droga sul totale delle denunce sporte dalle forze dell’ordine presso la magistratura5. La spesa della magistratura destinata all’applicazione della normativa proibizionista (Ec) è stimata moltiplicando la metà6 delle risorse pubbliche destinate alla magistratura per la percentuale di condannati per reati droga sul totale di condannati. La spesa carceraria implicata dal proibizionismo (EJ) e’ stimata moltiplicando l’ammontare delle risorse destinate alle carceri per la percentuale di detenuti che scontano condanne per reati di droga7. La spesa per servizi di polizia implicata dal proibizionismo è stata poi ripartita tra le varie droghe usando come indice di ponderazione il peso (percentuale) che ciascuna sostanza ha avuto nell’ambito delle operazioni di polizia. La spesa della magistratura e quella carceraria sono state invece ripartite tra le varie droghe usando come indice di ponderazione la frequenza che ciascuna sostanza ha avuto nell’insieme delle denunce per violazione della legge sugli stupefacenti. La stima delle entrate fiscali (non riscosse) richiede la scelta di un’aliquota ottimale (T*) e la stima della quantità di droghe (legalizzate) consumata (QL). La scelta della “sin tax” (T*) è un problema di scelta dell’aliquota ottimale, la cui soluzione consiste nello scegliere un livello di tassazione che sia sufficientemente alto da contenere i consumi di droga dentro il loro livello socialmente ottimale, ma non tanto alto da ricondurne gli scambi nel mercato nero. La nostra ipotesi contabile estende al mercato delle droghe la normativa fiscale applicata nel mercato italiano delle sigarette: cioè un’aliquota del 75,5% (L.23/12/05, n.266) sul prezzo di vendita al dettaglio. Si noti che, nonostante l’imposizione di una tassazione così elevata, il contrabbando di sigarette in Italia non è quantitativamente significativo. Per analogia, ipotizziamo che l’imposizione del medesimo regime fiscale al mercato delle droghe non dovrebbe generare significativi fenomeni di contrabbando.
Come proxy del consumo legalizzato di droghe (QL) utilizziamo la stima del consumo di droghe illegali (QB). Essa deriva dalla seguente procedura: i) stima della quantità di droghe disponibile per il consumo: differenza tra produzione mondiale e quantità sequestrate (dati Unodoc (2007)); ii) stima del consumo annuale medio pro capite: rapporto tra produzione disponibile e numero di consumatori stimati (ibidem); iii) stima della quantità di droga consumata annualmente in Italia (QB): prodotto tra stima del consumo medio annuale pro capite e stima del numero di consumatori italiani di droghe (ibidem).
L’assunzione del corrente volume di scambi del mercato nero (QB) quale migliore proxy dell’ipotetico volume di scambi legalizzati (QL) deriva dalle seguenti considerazioni. Da punto di vista della domanda di droghe, la loro legalizzazione implicherebbe una riduzione dei costi (monetari e non) connessi all’acquisto, possesso e consumo. Tra questi citiamo i costi e pericoli connessi allo svolgimento degli acquisti in un mercato illegale; l’eliminazione delle sanzioni connesse al possesso di droga; l’instaurazione di standard qualitativi garantiti; ecc. L’analisi dei profili motivazionali contrappone l’esistenza di un sentimento di “rispetto per la legge” alla biblica attrazione verso il “frutto proibito”. Mentre le suddette considerazioni spingono ad ipotizzare che una legalizzazione delle droghe induca un aumento della loro domanda, l’evidenza storica è contraddittoria. Da una parte, Cameron e Williams (2001) sostengono l’esistenza di una correlazione inversa tra stringenza della normativa proibizionista e consumo di cannabis nella popolazione adulta dell’Australia meridionale. Dall’altra, Miron (1997) sostiene che la fine del proibizionismo degli alcolici negli Usa (1993) non indusse un aumento del loro consumo. Dal punto di vista sezionale, la diffusione del consumo (illegale) di cannabis in Italia coinvolge annualmente l’11,2% della popolazione in età lavorativa (dati relativi al 2005, Unodoc, 2007), mentre il consumo (de facto) legale di cannabis in Olanda solamente il 6,5% (ibidem). Dal punto di vista della curva d’offerta di droghe, la loro legalizzazione sortirebbe due effetti contrapposti. Da una parte i venditori godrebbero della eliminazione dei costi (monetari e non) implicati dal proibizionismo: rischio di arresto, carcere, multe, ecc. Dall’altra, l’emersione dal mercato nero implicherebbe per gli stessi venditori un aumento dei costi dovuti al rispetto della normativa fiscale, sanitaria, ecc.
Per quanto concerne i possibili cambiamenti strutturali del mercato della droga conseguenti alla sua legalizzazione, una tradizionale ipotesi sostiene che la clandestinità favorisca una struttura oligopolistica del mercato (Baldassarri, 1993). A causa della presenza di economie di scala e di scopo nell’esercizio delle attività illegali, il proibizionismo induce la concentrazione dell’offerta nelle mani di poche grandi organizzazioni criminali8, la legalizzazione, invece, indurrebbe una dispersione dell’offerta. L’aumento della concorrenzialità interna del mercato delle droghe, dovuta alla loro legalizzazione, indurrebbe una riduzione dei prezzi d’offerta. L’evidenza empirica mostra che i prezzi al dettaglio della cannabis rilevati nel mercato olandese sono superiori a quelli del mercato italiano (Unodoc, 2007), inducendo a supporre che la legalizzazione delle droghe induca uno spostamento verso l’origine della curva d’offerta di droghe. Riassumendo, l’insieme di queste considerazioni non fornisce un’indicazione univoca circa gli spostamenti delle curve di domanda e d’offerta di droga dovuti ad una sua ipotetica legalizzazione. Mentre l’insieme delle considerazioni congetturali indurrebbe ad ipotizzare un aumento sia della domanda sia dell’offerta, l’evidenza empirica non pare corroborare questa ipotesi. In conclusione, è ipotizzabile che la legalizzazione delle droghe possa indurre un volume di scambi (ante-tax) almeno pari a quello dell’attuale mercato nero. Tuttavia, per una sorta di “conservatorismo accademico”, usiamo i dati relativi al mercato nero italiano (QB) come proxy di QL, consci che questa identificazione possa indurre una sottostima delle implicazioni fiscali del proibizionismo.
4. La stima del costo fiscale del proibizionismo.
In questa sezione simuliamo le implicazioni fiscali del proibizionismo della droga in Italia dal 2000 al 2005. Iniziamo stimando la spesa sostenuta per l’applicazione della normativa proibizionista (E). Il nostro modello (par.3) identifica tale spesa in tre capitoli: E = EP (spese per servizi di polizia) + EC (le spese giudiziarie) + EJ (spese carcerarie). Come indicato nella tab. 4.1.1, il totale delle spese sostenute per l’applicazione della normativa proibizionista (E) in Italia dal 2000 al 2005 ammontano a quasi 13 miliardi di euro, oltre 2 miliardi all’anno. Di queste solo l’8,4% è identificato come spese di magistratura, il resto è quasi pariteticamente diviso tra spese di polizia e carcerarie. Per quanto concerne la ripartizione tra le varie droghe, le nostre stime (tab. 4.1.2) indicano che quasi la metà (44,%) della spesa è attribuibile alla proibizione della cannabis, il restante è attribuito a cocaina (29%) ed eroina (23%). Il nostro modello identifica la stima dei volumi scambi registrati nel mercato nero (QB) come base imponibile per il calcolo delle entrate fiscali (non riscosse). Applicando la procedura indicata nel par.3, i nostri calcoli (tab. 4.2.1 e 4.2.2) indicano che in Italia, nell’anno 2005, sono state consumate circa 1200 tonnellate di cannabis, 33 di cocaina e 9 di eroina. Imponendo un’aliquota del 75,5% sui prezzi all’ingrosso registrati nel mercato nero9, il prezzo d’offerta (cum-tax) della cannabis sarebbe leggermente superiore a quello attualmente registrato nel mercato nero, mentre cocaina ed eroina costerebbe quasi il doppio10 (tab.4.2.3). Sulla base delle stime disponibili circa l’elasticità della domanda di droghe rispetto al loro prezzo (BGM, 2006), il raddoppio del prezzo d’offerta (cum tax) di eroina e cocaina ne dimezzerebbe il consumo11, mentre il consumo cannabis rimarrebbe sostanzialmente uguale.
Come indicato nella tabella 4.2.4, l’applicazione dal 2000 al 2005 di una “sin tax” (T*) su questi volumi stimati (QL) avrebbe implicato per l’erario italiano una entrata di quasi 47 miliardi di euro (8 all’anno), di cui circa il 70% dall’imposta sulla vendita di cannabis (32 miliardi), il 24% dall’imposta sulla cocaina (11 miliardi) e solo il 6% dalle vendite di eroina (3 miliardi). In conclusione, tra spese sostenute per l’applicazione della normativa (2 miliardi all’anno) ed entrate non riscosse (8 all’anno), il nostro studio stima che il costo fiscale del proibizionismo delle droghe in Italia sia ammontato a circa 59 miliardi, in media circa 10 all’anno dal 2000 al 2005 (tab. 4.3.1). Ripartendo questo costo tra le principali droghe (tab. 4.3.2), stimiamo che il costo fiscale della proibizione della cannabis sia stato di 38 miliardi di euro (ossia il 65% del totale), quello della cocaina 15 miliardi, e 6 quello dell’eroina12.
5. Conclusioni.
Questo lavoro prende spunto da un recente contributo teorico (Becker, Grossman e Murphy, 2006) in cui si sostiene che, nel caso delle droghe, lo strumento della tassazione sia più efficiente rispetto alla proibizione degli scambi. L’imposizione di un’aliquota ottimale (“sin tax”) sui prezzi di vendita indurrebbe un equilibrio in cui il consumo di droga è inferiore rispetto a quello del mercato nero. La legalizzazione degli scambi avrebbe, inoltre, delle benefiche implicazioni per l’erario nazionale: l’eliminazione dei costi di applicazione della normativa proibizionista e la riscossione delle imposte sulle vendite di droga. In Italia lo strumento fiscale è usato per il contenimento del consumo di alcune droghe (tabacchi ed alcolici). In particolare, sul prezzo di vendita delle sigarette grava un’aliquota assai pesante (75,5%), senza che ciò induca un contrabbando quantitativamente significativo. Assumendo l’ottimalità di questa aliquota, abbiamo stimato quale sarebbe stato il beneficio per l’erario italiano se nel periodo 2000-05 il mercato delle droghe fosse stato regolato come quello dei tabacchi. A tal fine applichiamo al caso italiano un modello che identifica il costo fiscale del proibizionismo nelle spese per servizi di polizia, giudiziari e carcerari e nelle entrate (non riscosse) sulle vendite. Abbiamo così stimato che dal 2000 al 2005 il costo del proibizionismo sia ammontato a quasi 60 miliardi di euro, in media 10 miliardi all’anno, di cui quasi 8 miliardi di euro all’anno d’imposte non riscosse. Guardando alla ripartizione dei costi per sostanze, si nota che circa 2/3 del totale siano attribuibili alla proibizione della cannabis (circa 38 miliardi), mentre minori benefici fiscali sarebbero derivati dalla legalizzazione della cocaina (15 miliardi) e dell’eroina (6 miliardi).
Il nostro studio ignora altre indirette implicazioni fiscali del proibizionismo, tra cui l’aumento della criminalità e dei rischi per la salute dei consumatori dovuti alla relegazione degli scambi di droga nel mercato nero13. L’omissione di queste poste fa sì che le suddette cifre rappresentino una sottostima del costo fiscale del proibizionismo.
Bibliografia.
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Miron, Jeffrey A. e Jeffrey Ziebel (1991) Alcohol consumption during prohibition. American Economic Review, 81, 242-47.
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UNODOC (United Nations, Office on Drugs and Crime, 2007) World Drug Report, 2007. Wien.
Viscusi, W.K.: Cigarette tax and the social consequences of smocking. NBER Woking Paper n.48941, Cambdridge, MA (1994).
Note
1 L’analisi criminologica indica che queste economie di scopo sono state sfruttate dalle organizzazioni criminali italiane (DCSA, 2007).
2 OEDT (2007).
3 Nell’anno 2004, il 30% dei detenuti delle carceri italiane erano tossicodipendenti (Istat, 2006, tab. 10.13).
4 L’insignificante diffusione del consumo di droghe sintetiche in Italia ci ha indotto ad omettere tali sostanze dalle nostre stime.
5 Assumiamo che la tecnologia esibisca rendimenti costanti di scala.
6 Fattore che approssima la ripartizione delle risorse tra magistratura civile e penale.
7 La presenza di pluricondannati nell’insieme dei detenuti per reati di droga, induce una sovrastima del costo carcerario del proibizionismo.
8 L’analisi criminologica conferma il significativo ruolo svolto dalle maggiori organizzazioni criminali italiane nel traffico di stupefacenti (DCSA, 2007).
9 La scelta di questi prezzi deriva dall’ipotesi che, in un mercato nero, la differenza tra prezzi all’ingrosso e quelli al dettaglio sia principalmente un premio per il rischio connesso allo spaccio.
10 Questi prezzi d’offerta sono stati indicizzati sulla base delle relative serie storiche di prezzi all’ingrosso (Unodoc, 2007). In mancanza di una serie storica relativa alla cannabis, il suo prezzo d’offerta è stato indicizzato usando una media (non ponderata) dei prezzi all’ingrosso di eroina e cocaina.
11 Il modello di consumo razionale di droga (Becker, Grossman e Murphy, 1991) identifica nei consumatori meno abbienti e/o più giovani le categorie più sensibili a questo effetto prezzo.
12 Ammettendo una sostituibilità tra droghe in base al loro status legale (Di Nardo e Lemeieux, 1992), ciascuna di queste cifre rappresenta una probabile sottostima del beneficio fiscale derivante dalla legalizzazione di una singola sostanza.
13 Miron (1997) illustra la letteratura empirica sulla relazione tra criminalità e proibizionismo, Miron e Ziebel (1991) le conseguenze del probizionismo degli alcolici negli Usa sulla salute dei consumatori.
fonte: http://www.fuoriluogo.it