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Raoul Ruiz (25 luglio 1941 – 19 agosto 2011)

Dunque scompare il filosofo cineasta cileno Raoul Ruiz. Scompare l’autore della filmografia più aperta e mutante, una sorta di forma organica vivente, di planimetria folle. Quanti film ha veramente girato Raoul Ruiz? Una stima attuale (è morto mentre montava l’ultimo) arriva facilmente a più di 120. E i film nei film (come spesso gli piaceva ricordare)? Ci sono dei progetti che si guardano allo specchio e poi svaniscono. Ce ne sono altri mai realizzati e sempre in procinto di esserlo. Qualche relitto. Rovine. Trappole. Molta carne in putrefazione. Parassiti. Schizzi. Palindromi. Rompicapi. Ripetizioni. Falsi raccordi. Fessure che si allargano. Formati, durate, colori in-verificabili. Viraggi. Filtri. Prismi. Profonde deformazioni ottiche. Complicazioni. «La relazione fra la dissomiglianza e ciò che è simile si chiama passione» (Raoul Ruiz).
(l.e./d.t)

PERCHÉ NO

Raoul Ruiz

Una settimana fa ho udito uno storico del cinema cileno affermare: «In quel periodo (quello della mia prima giovinezza), i film si realizzavano perché sì, non c’erano né piani di finanziamento, né aspettative, non c’erano indagini di mercato (non c’era mercato), a nessun cineasta veniva in mente di domandarsi “Per quale pubblico sto facendo questo film?” (non c’era un pubblico). I film si facevano, come ho detto, perché sì». Mi sono permesso di interromperlo. «Con tutto il rispetto, gli ho detto, i film di quel periodo non si facevano perché sì, si facevano perché no».

Questo credo. I film si facevano (e nel mio caso si continuano a fare) perché no. Perché non si può pensare che non esistano. Di fatto, se ci penso bene, io ero convinto che, come dice il vangelo, la “nostra lotta non era contro le tentazioni, i peccati, i crimini o gli scherzi malvagi; la nostra lotta era contro gli esseri invisibili che abitano nell’aria”. L’evangelista diceva “contro”. Noi avremmo detto: il nostro impegno e sforzo non aveva come scopo né di mostrare gli scherzi, né le tentazioni peccaminose, ma di mostrare i demoni invisibili che danzano nell’aria e che fuggono dall’occhio ebbro di realtà raccontate. Gli indicibili simulacri.

Hermes era il nostro angelo custode e in un certo senso questo ci ha condannato all’ermetismo pieno di fervore di coloro che ridono di tutto, come Democrito, e che piangono di tanto ridere, come Eraclito di fronte al fiume.

Dico: “perché no?”, si legga: “perché non possono non esistere?”. Perché sono in ogni luogo, invisibili, chiedendo di farsi vedere.

Ricordo in questi momenti una canzone contadina.

“Como la mariposa
que anda alrededor de la vela
aunque me queme las alas
siempre estoy de centinela
como la mariposa que va volando
tengo mis amorcillos
de vez en cuando si
la mariposa
hace sus amorcillos
de cualquier cosa”[1]

Modo semplice di dire che il cineasta deve stare sempre all’erta, anche se si dovesse bruciare e che il cinema non si fa con grandi temi. Il cinema, atto d’amore, si fa con qualsiasi cosa e di qualsiasi cosa: un filo di ferro, una goccia d’acqua, un tuono lontano, il miagolio di un gatto. Tutto può essere punto di partenza o punto di arrivo. Il cinema non è necessariamente un’arte totale, come l’opera, ma è l’arte di far vedere la parte invisibile di ogni cosa fatto del Creato.

(trad. it. Daniele Dottorini e Sandra Palermo)

Il testo di Ruiz è la sua introduzione al volume Ruiz faber, a cura di E. Bruno, L. Esposito, B. Roberti, D. Turco, Minimum Fax, Roma 2007 (libro pubblicato in occasione della retrospettiva che «Filmcritica» ha organizzato, ospitata dalla Festa del Cinema di Roma, nel 2007).

[1] “Come la farfalla/che vola intorno alla candela/anche se mi bruciassi le ali/sempre sto di guardia/Come la farfalla che va volando/Ho i miei piccoli amori/Ogni tanto sì/La farfalla/Vive i suoi piccoli amori/ per qualsiasi cosa”.

4 COMMENTS

  1. Pensa un po’, l’ho conosciuto solo un paio di giorni fa, che ho visto “Lo stato delle cose” di Wim Wenders, film su un film, e che ha tutta una storia fuori dal film, nato perché Wenders andò a portare al suo amico Ruiz, che stava girando un film in Portogallo e che era rimasto senza pellicole, dei rotoli di pellicola in regalo. Vide la troupe di Ruiz, vide lo splendido posto sull’oceano, e decise di restare lì con loro a fare un film a basso costo. Il risultato è il bellissimo “Lo stato delle cose”. Ciao Ruiz.

  2. “il nostro impegno e sforzo non aveva come scopo né di mostrare gli scherzi, né le tentazioni peccaminose, ma di mostrare i demoni invisibili che danzano nell’aria e che fuggono dall’occhio ebbro di realtà raccontate. Gli indicibili simulacri.”
    Grandissimo! Il grande cinema rende visibile l’invisibile.
    Grazie per il post.

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.