Libro dei sogni
Per quanto ne sa la mamma, la sua non è l’unica famiglia a cui capitano le disgrazie. Figlie che spariscono nei boschi, figlie che cadono nel giro della prostituzione, figlie che s’innamorano di marinai, figlie che finiscono nelle fauci di lupi. Da piccola, la mamma venne a sapere di una fanciulla graziosissima che fu strappata via dalla vasca da bagno da un grosso uccello pidocchioso; la afferrò con gli artigli e poi, gracchiando allegramente, la portò su in cielo. I genitori della fanciulla lasciarono la vasca da bagno fuori casa, accanto al fienile, nella speranza che l’uccello si annoiasse della compagnia della loro figlia e la riportasse indietro. Ma col passare del tempo la vasca cominciò ad arrugginirsi e a sferragliare nel vento, e qualche volta si vedevano i topolini zampettare lungo il bordo e affogarci dentro.
Ma le sventure delle altre famiglie sembrano sempre implicare scomparse o rapimenti. Della fanciulla si sente la mancanza, la fanciulla viene compianta, la fanciulla viene ricordata come bella, servizievole e leggiadra. Che perdita! Che vergogna! Le madri si stringono al petto le proprie figliole e sussurrano nelle loro orecchie cose mostruose: Tenebre. Libidine. Alberi. E nemmeno uno spicchio di luna a rischiararti la strada.
E poi c’è Madeleine che non va mai da nessuna parte; che occupa spazio; che attira l’attenzione di tutti; che giace lì, sospirando voluttuosamente, mentre la mamma suda sul fuoco.
La bella addormentata si chiama Madeleine. Non abita rinchiusa in qualche torre, circondata da una foresta di rovi centenari; non ha da temere arcolai, fate offese, suocere cannibali né tantomeno attende un principe che la risvegli con un bacio, dopo aver ampiamente approfittato del suo corpo disteso. Anzi se arrivasse un principe, animato dalle più nobili intenzioni, resterebbe assai stupito di ritrovarsi una principessa di panbiscotto, e pezzi del suo volto come briciole attorno alla bocca. Una principessa cotta a puntino, appena uscita dal forno materno. No, Madeleine vive in un paesino della Francia, in un Ottocento surreale, non aspetta nessuno, piuttosto sogna. Dormire, forse sognare. E dai suoi sogni crescono figure-specchio: una donna obesa a cui spuntano le ali; la bella Charlotte maritata ad un enorme Barbablù le cui vittime non sono più spose in carne ed ossa, ma strumenti musicali che del femmineo hanno le forme; un uomo flatulento, capace di un formidabile controllo sui muscoli dell’ano, grazie a cui modula diversi suoni e spenge candele a grandi distanze; una cantante d’opera che ama impersonare ruoli maschili, rovinata dalla ribalta di un castrato; una vedova, contraltare della madre; un fotografo maldestro. E crescono infine nel mondo dei vivi, degli svegli, frutti in grande quantità, pomi delle Esperidi d’improvviso maturati nei campi dietro casa, da cui la madre di Madeleine ricava buonissime confetture. Strutturalmente e tematicamente affine al sogno, il libro di Sarah Shun-Lien Bynum è costruito per brevi capitoli impressionistici, attraverso cui come nelle fiabe, si compie il rito dell’adolescenza – una bambina diventa donna. A farle da coro uno stuolo di fratelli e sorelle minori che si muovono divisi tra la loro stessa brama di andare nel mondo, e la fedeltà all’idolo magnifico della madre. Tuttavia la tradizione fiabesca è sovvertita, le visioni si dipanano in immagini erotiche, grottesche, ai limiti dell’osceno e della pedofilia, le convenzioni sociali vengono sistematicamente messe alla berlina. E soprattutto i confini tra il sonno della protagonista e la realtà si mescolano, lasciando al lettore un senso di affascinato deragliamento – ogni via è smarrita, la matassa non ha bandolo, ma è un insieme variopinto di fili, vagamente riconducibili ad una stessa sostanza. Il lettore deve forse ricordarsi che non sta leggendo, ma spiando, dal buco della serratura di un vecchio baule, lo svolgersi di un’avventura onirica. Forse proprio la sua. Varie sono le fiabe che sembra di riconoscere e varie sono le piste da seguire, ma qualcosa alla fine non torna, il vecchio Destino viene travolto dagli umori di Morfeo 1. Questa può essere la storia di una punizione e di un riscatto: la madre della protagonista le immerge le mani nella liscivia bollente, dopo la scoperta dei suoi giochi sessuali con lo scemo del villaggio; come ne La ragazza senza mani, aspetteremo un aiuto soprannaturale e misericordioso, ma la guarigione comporterà la saldatura delle dita in due bizzarre palette e condurrà Madeleine lontana dal convento delle suore, al seguito di un circo di zingari. Ed è anche la storia dell’amore impossibile per Monsieur Pujol, il petomane, che Madeleine sculaccia con le sue mani-muffole, in parallelo a quella di un matrimonio infelice, in cui la donna va alla ricerca del proprio viso perduto; o la storia antica di un conflitto madre-figlia, ma alle scarpe di ferro-rovente in cui la matrigna di Biancaneve è costretta a danzare fino alla morte, qui si sostituisce il fallimento economico, il biasimo dei benpensanti ed il risveglio da qualche parte di una Madeleine che non è più la bella dormiente, al sicuro nella sua stanza infantile. O infine, perdendo la direzione e il senno in questo proliferare caleidoscopico di individui curiosi, è nel bel mezzo della ricerca esplicita di un’identità sessuale e personale, scevra da ogni condizionamento e stereotipo, che si ritrova il lettore e Madeleine è un’ ulteriore Alice, stufa e incurante delle norme della società adulta. La consonanza con Alice va oltre il personaggio letterario: si ricorderà che Lewis Carroll amava ritrarre le sue giovani amiche, tra cui la stessa Alice Liddell ispiratrice dei libri, in fotografie ambigue in cui la bellezza delle bambine non spicca certo per pudicizia e innocenza. Madeleine non sfigurerebbe affatto in un simile album. Promiscua, irriverente e soprattutto gioiosa, lei fa a modo suo, ed è sempre qualcun’altra, qualcosa che non si afferra, che è in procinto di cominciare, emergere dalla marmellata del sogno, come da una lastra fotografica, in cui si passa dal nero per sortire alla luce.
Adrien, dando in pasto la lastra alle nere fauci della sua macchina, dice: Ti sto semplicemente facendo una foto.
Quella nella foto non sono io, incalza Madeleine. È il fantasma di Madeleine, immortalato qui sulla carta.
Adrien barcolla pericolosamente; la sua apparecchiatura ondeggia: Sei pronta?
Ma il suo soggetto non è per nulla soddisfatto: Chi è
quella nella foto?
Uno, due, tre, Adrien conta.
Non è che c’è un’altra bambina là fuori, crudele e ingrugnata, che hai fotografato per sbaglio e che si chiama Madeleine?
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Recensione a Madeleine dorme di Sarah Shun-Lien Bynum (Transeuropa, 2011).
NOTE- Il riferimento è alla saga a fumetti del Sandman di Neil Gaiman, dove il più vecchio dei sette Eterni è appunto Destino, seguito da Morte, Sogno, Distruzione, Desiderio e Disperazione, Delirio. n.d.f.🡅
bellissima recensione. io ancora devo leggere il libro. ora lo faccio.
Grazie del contributo. L’onirico femminile rivoltoso (!) è specie attraente.
Bellissima recensione. Ho fatto una ricerca in francese. Ma non è tradotta nella mia lingua madre…