Le condizioni della luce
Luca Minola
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Per mancanza ha ragione nel tempo
di essere altro nel tempo
se sbaglia ad inanellarsi la vita
dentro le macchine, è un quintale
di musica e coito
in quel tubo, in quell’istante segnato
fra bordi e tapparelle
a filo linee di miele sugli occhi.
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Nello spazio preciso, muoversi in lei
di nuovo goccia. Dentro è sciolta
se si tiene nell’aria come appesa
(ganci che fanno pareti)
riflessi per la tensione.
1
Se non c’è, è la noia dell’abito
a fare il motore, il servizio che serve
(la trama).
1
Senza emissioni le vibrazioni dei sessi
rimangono nell’ordine
ispezionate nel lungo stato di chiarezza.
Non cederà il corpo venuto di pazienza e spazio
nel legno fra le cose esatte.
(Luce stravolta nello stile).
2
Sanno prendere tempo nei sudari
cercare l’ovatta che funzioni in libertà,
nei cuori pulsa nelle vene come chiaro ematoma.
Fra i cuscini e le sedie
sembra estate, steli grano oro dei creditori,
sogno ripetuto, replay.
2
Intorno lampeggiano
dentro fotogrammi lunghi paesaggi
In filigrana sente la parte non data,
registra come bagliore gli occhi che non vedono.
Chiaro riferimento alla cecità.
3
(soluzioni)
Dopo si brucia il verde delle foglie,
la fibra che c’è in briciole e brani
fra le cose interrate lasciate a sostenere,
estensioni e crampi
dilatati nel tempo,
nello spazio ingrossato fra le strade
pronunciate e costruite.
(Nervi)
4
La luce (scarti del giorno)
fra lampade e infissi, prese a rasoiate le immagini.
La calura del verde nelle gambe, (sotto è Giugno),
con questa lingua ancora si leccano le radiografie,
i bordi delle lettere.
(Vengono dorate le foglie a pieni polmoni).
5
Attraverso la sera rifletteva il ciclo,
l’illuminazione delle trasmissioni.
Usava livelli d’indagine, luci del coito.
Dopo l’accensione delle pelli, l’ epidermide,
la felpa nera dell’abito
5
E in su motrici di gambe a scalare
terre asfalti sassi come raddrizzati.
Ma a sfiorare le pietre un rilievo erano le mani
le sue ancora le sue a non sapere,
il sonno che riproduce l’abbondanza.
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(rovesciamento)
Tutti quanti lasciati a macerare
con le luci a mucchi.
Castrati, calcificati nei segni.
Musa (pietra da radice).
Sulle mani nel sole sugli occhi le vesti,
ma sono a chiudere cerniere e ciglia
in movimento piatto.
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È dispersione, sfondamento di reti,
nostalgia avanzata fra le condizioni,
stampo di immagine protetta.
Se irradia è solo luce, sistema di luce.
Si separa, rotola nel flusso
in veloci soluzioni, fuori dai complessi strumenti.
7
Se umida e fragile
basta l’attimo, toccare un cavo e il seme scende
portato dalla luce.
Per fonte stava pelle e pelle
nella sua piccola quotidiana signoria
nella quantità.
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Nel sonno i rigidi.
(aria di polvere sui letti).
Breve l’immagine, la giusta temperatura
dei radiatori tirata ai bordi sprofonda nei sistemi.
Raddoppia la notte isterica.
8
Come passano gli anni è un cronometro di terra
a muovere scariche elettriche
in abbondanza un registratore fornito d’entrata per la parola,
adesso, in tempo reale
con stupide reazioni, con isolanti collegati alle case
non è rilevazione
se brillano.
9
Nasce silenzioso come bruciature sulla pelle,
eclissi forte nella lampada.
Irradia solo lo schermo del cortile
mosso ad attaccare film di luce.
Raggiunge l’interruttore al termine
un calore forte, occhio adatto al muro
avvicinato nelle circostanze.
9
Soggetto, cade nel segno
mediano, prossimo.
Se più sottile e questi esercizi come rifatti
ma senza massa nell’occhio,
nella pupilla ariosa.
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Fra i cavi i motori nei condotti della luce
Vista ancora per poco
nelle reti appese senza limite e motivo.
(Convulsioni da sogni subacquei)
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Esposizione, scia argentata nella casa
introdotta dalle finestre
negli occhi molecole e carta, come messi a frammenti
sulla scura regola, sulla forma su punti fissi d’immagine.
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Negli episodi delle fibre
si immagina i riflessi degli alberi
e lei sullo schermo che stringe testicoli
odori
segni che c’è stata vita toccata e leccata via.
Solo vecchie immagini in garze
fra le dita così capace di staccarsi.
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Scheletri dei corpi.
Il ribollire dell’autunno
negli abiti il cotone freddo.
Mani di garze, foglie
di garze: i castagni.
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Soltanto la tensione nei nostri genitali
svuotati anche sangue perso nel controllo,
( aria polverosa). Lo chiama vento sopra nella bocca
scivolano sospensori d’acqua
fisici muscoli dello stomaco , accumulatori
a guaina che noi abbiamo acceso.
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Le barriere per le mani
(ripetizione di parole da non capire).
Inguine macchiato negli apparecchi
accanto si immagina il nastro
che ripete spine dorsali, una morbida carne,
iniettando il brillare
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Pensava di interrarsi fuori casa
ritirata dai piedi, nella terra
di ricordi e acqua
( scivolo dell’acqua).
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Inascoltata in una sezione
vuole passare attraverso.
Voce di megafono dai condotti
portata a illuminare se decisa.
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I raggi puntano il costato,
la linea diretta dell’affronto.
Sempre più su nella spina, nell’alto.
Letture di sé
direttamente nella luce.
Pelle della lingua, saliva
( luminosità d’interni).
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Sono pieni di motori nelle braccia,
cercano di migliorare il cielo
sulla zona addormentata,
Giugno, il minore,
il più lungo mese nella luce.
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Poesia che fotografia la luce, la luce del paesaggio nel rifletto verdissimo, nel vertice di giugno, la luce del sesso, la chiarezza del corpo- ogni momento di poesia è radioscopia della parola.
Molto belle, Luca, complimenti (e perdona questo commento frettoloso e completamente inutile). Vorrei chiederti, se hai tempo e voglia, lumi sul titolo della serie, rispetto all’antitetico della Cronica del nero che ho potuto leggere in estate…
un saluto,
f.
numeri doppi potrebbe starci bene ?:-)
le ho gustate come si fa con l’aperitivo, prima del pranzo…
Noto un cambiamento radicale rispetto a quanto ho letto di Luca tempo fa. Un’occasione per salutarlo e chiedergli se ha pubblicato.
Ciao!
Liliana Z.
E’ la prima volta che leggo le poesie di Luca: l’impressione è quella di una selezione molto compatta, pur con alti e bassi (non so quanto derivanti da “situazioni di gusto” o meno) ma anche momenti felici, soprattutto nei testi in cui sono meglio calibrati la scansione dei versi e l’uso dello spazio (anche dello spazio bianco, perché no).
Inoltre, ho l’impressione di aver già incontrato l’autore una settimana fa circa, seduti al bar in compagnia di altri, prima di una mostra/reading a Milano. Nonostante tutto, non mi spiego il perché sia linkato come un autore di plan de clivage, dato che a noi di plan de clivage (io e Manuel Micaletto, benché il terzo del blog si chiami Luca anch’egli) non risulta, ma fa comunque piacere. :D
(Niente, ho visto che il link adesso è stato rimosso, giusto questo)
mi scuso per link e tag plan de clivage!!! ultimamente combino un pasticcio dietro all’altro ma è solo perché sono un neo-padre felice e rimbambito. portate pazienza ;-)
veronique, carla: grazie mille del vostro commento.
liliana, grazie anche a te, sono contento di sentirti; non ho ancora avuto occasione di pubblicare e non penso lo farò a breve.
daniele, grazie per il commento. Sì, sono proprio io; piacere di risentirti.Mi spiace per l’incoveniente tag…
fabio, grazie mille come sempre e scusa per la fretta. ti spiegherò tutto con molto piacere appena mi è possibile.
ringrazio ancora tutti e ciao ciao a gherardo!
mi pare un’idea felice quella di lavorare sulla sospensione e la distanza come fondamenti dell’erotismo – interessante anche il tema della luce che non illumina ma filtra, rifrange, ‘infrarosseggia’ e cos’altro…”luce stravolta nello stile”, appunto. bei testi, grazie
Cara Renata, hai perfettamente ragione quando parli di sospesione e distanza nell’erotismo, il tentativo è ricreare l’atto amoroso, l’attimo in maniera artificiale e addirittura quasi fredda. Fermarlo in un istante.
Per me è molto importante riuscire a rilevare la mancanza e la perdita del corpo dell’altro; una dispersione che non riesce a risolversi attraverso l’uso del ricordo.
Per quanto riguarda la luce, ti devo dare ancora ragione, l’elemento fondamentale non è l’illuminazione ma appunto il filtrare le immagini, i corpi; attraverso un continuo passaggio della luce ricreare una sorta di rapimento, di trasparenza. Tutto si filtra, tutto è attraversato.
Grazie ancora un caro saluto Luca.
Caro Gabriele,
ti ringrazio veramente molto per le tue belle parole, non so che dire…….; mi sembra che abbia già detto tutto tu…..
un caro saluto Luca