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Ippocrate e Antigone

di Antonio Sparzani

Purtroppo viviamo in un mondo nel quale ormai fa ridere ripetere che non s’ha da sparare sulla Croce Rossa o anche solo ricordare il giuramento d’Ippocrate. Qualcuno però si ostina a non ridere e a denunciare pervicacemente gli orrori, pochi su probabili tanti, di cui viene a conoscenza. L’ultimo in ordine di tempo è passato via il più liscio possibile, quello delle dure condanne ai medici del Bahrain, che hanno prestato cure alle persone sbagliate.

La premessa di tutto è che lo stato del Bahrain, sostanzialmente un arcipelago, che esiste formalmente indipendente dal 1971 ‒ prima era protettorato britannico ‒, è la sede della quinta flotta degli Stati Uniti, e soprattutto in quanto tale non deve essere turbato da alcuna turbolenza, né molestato da alcuna molestia. La cosiddetta primavera araba non deve entrare nei suoi confini, non deve varcare il braccio di mare che lo divide dall’Arabia Saudita e dal Qatar. Riferisce il blog Le Persone E La Dignità, frutto di collaborazione tra Corriere della Sera e Amnesty International:

«Venti medici e paramedici di un ospedale di Manama sono stati condannati fino a 15 anni di reclusione da un tribunale militare in Bahrein per avere avuto un ruolo nelle proteste dell’inverno scorso contro la dinastia regnante, represse con un bilancio di almeno 30 morti e conclusesi in marzo quando truppe dell’Arabia Saudita e degli Emirati arabi uniti sono intervenute per dare man forte alla dinastia degli Al Khalifa, sunnita, che regna su un Paese dove la maggioranza è sciita. La loro colpa è di aver cercato di salvare le vite di quelli che arrivavano al Salmaniya Hospital in condizioni disperate. ”Siamo medici – ha detto Nada Dhaif, 36 anni, due figlie, condannata a 15 anni di reclusione -, abbiamo semplicemente trattato i feriti che sono arrivati da noi. Nessuno ha chiesto loro se erano sunniti o sciiti, abbiamo fatto il nostro lavoro. E questo ci rende dei criminali”.

Nada ha raccontato delle torture subite in carcere perché firmasse una confessione:
“Mi hanno dato le scariche elettriche nelle orecchie. Mi hanno picchiato, preso a calci, minacciato di violentarmi. Quando mi hanno portato dei documenti da firmare io non li ho nemmeno guardati, li ho firmati e basta Cos’altro potevo fare?”.

Anche gli altri imputati (a sinistra una protesta davanti all’ospedale) hanno dato testimonianze simili. Fatima Haji, 32 anni, condannata a cinque anni carcere, ha detto di essere stata molestata dalle guardie e di aver perso temporaneamente la vista a causa delle scariche elettriche: “Mi aspettavo la sentenza, qui la legge non esiste. E’ solo un gioco politico, nulla di più“.
L’udienza è durata meno di dieci minuti. Non sono state prodotte prove. Non c’è stato un controinterrogatorio. Gli imputati non erano nemmeno presenti, eppure sono stati riconosciuti colpevoli di avere occupato per protesta il complesso ospedaliero, di avervi nascosto bottiglie incendiarie, di avere confiscato materiale ospedaliero, di avere «diffuso false notizie e menzogne al fine di disturbare l’ordine pubblico e commettere reati con finalità terroristiche». Tredici di loro, tra i quali otto medici, sono stati condannati a 15 anni di reclusione, altri due imputati a cinque anni ciascuno e cinque a cinque anni ciascuno. “Siamo rimasti scioccati dal verdetto – ha detto l’avvocato della difesa Mohsen al-Alawi – ricorreremo in appello ma siamo pessimisti”. “Quei dottori sono stati riconosciuti colpevoli di aver usato il nosocomio per motivi politici. Nessuno è al di sopra della legge” ha detto, invece, un portavoce del governo.

Alla lettura del verdetto erano presenti diplomatici americani, britannici e francesi. Il ministro degli Esteri inglese William Hague ha giudicato “preoccupante” la sentenza e ha detto che potrebbe “minare i passi del governo del Bahrein verso il dialogo e le riforme”. Da Washington il portavoce del Dipartimento di Stato Mark Toner ha detto che gli Usa sono ”profondamente turbati” dal processo: “Invitiamo il governo del Bahrein a tenere fede al suo impegno per una giustizia trasparente che inclusa processi equi, l’accesso a una difesa e verdetti basati su prove credibili”. Le associazione per la difesa dei diritti umani accusano il governo di mettere in scena falsi processi. Amnesty ha definito la sentenza “un travestimento della giustizia”. “Abbiamo detto mille volte che una corte militare non dovrebbe giudicare i civili“ ha detto Philip Luther, vice direttore del programma di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa.
“E l’Occidente che fa?” ha chiesto una delle dottoresse condannate a un giornalista straniero subito dopo la sentenza. Finora ha guardato dall’altra parte. Nessuna minaccia di sanzioni, nessuna presa di posizione. Soprattutto dopo che l’Arabia Saudita, grande fornitrice di petrolio dell’Occidente, è corsa in soccorso della dinastia sunnita lo scorso marzo. Ma anche per paura di perdere un’importante base militare americana. Un effetto della sentenza, però, potrebbe essere la definitiva cancellazione della Formula Uno in Bahrein. L’evento era già stato disdetto quest’anno a causa dei disordini e riprogrammato per il prossimo aprile.»

Avete notato che vigorose proteste sono arrivate da USA e Regno Unito, quanta determinazione, quali dure minacce sono state proferite nei confronti del Bahrain? Sono persino “profondamente turbati” i nostri compassati diplomatici occidentali, inconsolabili, prenderanno un’aspirina.

Mi colpisce invece questa frase «Colpevoli di aver usato il nosocomio per motivi politici», con la quale il rappresentante della dittatura giustifica il verdetto della “corte”, essa rende già chiaro tutto: è permesso dalla legge soltanto curare i buoni; ricordate quando Boris Eltsin, nell’ottobre del 1993, ordinò ai carri armati di sparare sul parlamento russo, e dei 500 morti ammazzati ordinò di seppellire con tutti gli onori solo quelli della sua parte, e gli altri a marcire all’aria? La storia di Antigone, parallela a quella di Ippocrate, continua a ripetersi.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato anche due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia, pubblicato presso Mimesis. Ha curato anche il carteggio tra W. Pauli e Carl Gustav Jung, pubblicato da Moretti & Vitali nel 2016. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.